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Equa riparazione: diritto all’indennizzo anche per crediti piccoli

Alcune società creditrici in una procedura fallimentare durata oltre dieci anni hanno richiesto un’equa riparazione per l’eccessiva durata del processo. La Corte d’Appello aveva negato l’indennizzo, ritenendo i crediti di valore irrisorio. La Corte di Cassazione ha annullato questa decisione, stabilendo che il diritto all’equa riparazione sussiste a prescindere dal valore del credito, purché non sia meramente bagatellare (sotto i 500 euro), e indipendentemente dalle concrete possibilità di recupero del credito stesso.

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Equa riparazione: la Cassazione conferma il diritto anche per crediti di modesto valore

L’eccessiva durata dei processi è una delle problematiche più sentite del sistema giudiziario italiano. Per tutelare i cittadini, la legge prevede il diritto a un’equa riparazione per chi subisce un danno a causa di un ritardo irragionevole. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: questo diritto non dipende né dal valore della causa né dalle concrete speranze di vittoria o di recupero del credito.

Il Caso in Esame: Un’Attesa Lunga un Decennio

La vicenda riguarda quattro società che vantavano dei crediti nei confronti di un’azienda dichiarata fallita. Le società si erano insinuate al passivo della procedura fallimentare, vedendo riconosciuto il loro diritto. Tuttavia, la procedura si è protratta per oltre dieci anni, un tempo di gran lunga superiore al limite di ragionevolezza.

Di fronte a tale ritardo, le società hanno agito in giudizio contro il Ministero della Giustizia per ottenere l’indennizzo previsto per l’irragionevole durata del processo.

La Decisione della Corte d’Appello

In un primo momento, la Corte d’Appello aveva respinto la domanda delle società. La motivazione si basava su due punti principali:
1. La ‘minima entità’ dei crediti, considerati irrisori.
2. La scarsissima probabilità che le società potessero effettivamente recuperare le somme, data la presenza di numerosi altri creditori con privilegi.

In sostanza, secondo i giudici di secondo grado, non avendo le società nutrito reali speranze di soddisfazione del loro credito, non avrebbero subito un danno concreto a causa del ritardo.

Le motivazioni della Cassazione: un’equa riparazione per tutti

La Corte di Cassazione ha completamente ribaltato questa visione, accogliendo il ricorso delle società e chiarendo i principi che governano l’equa riparazione.

Il Valore della Causa e il “Pregiudizio Importante”

La Corte ha innanzitutto chiarito che il criterio dell'”irrisorietà” della pretesa deve essere interpretato alla luce della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). Secondo tale orientamento, si ritiene che manchi un “pregiudizio importante” solo per cause di valore bagatellare, generalmente identificato in un importo inferiore a 500 euro.
Nel caso di specie, i crediti delle società, seppur non milionari, erano tutti di gran lunga superiori a questa soglia (ammontavano a diverse migliaia di euro ciascuno) e quindi non potevano essere considerati irrilevanti.

L’Irrilevanza dell’Esito del Processo

Il punto più significativo della decisione è l’affermazione secondo cui il diritto all’indennizzo per l’eccessiva durata sorge per il semplice fatto che il processo si è protratto oltre un termine ragionevole. Non ha alcuna importanza quale sarà l’esito finale della causa presupposta.
Per un creditore ammesso al passivo di un fallimento, ciò che conta è il riconoscimento del suo diritto di credito, non la somma che effettivamente riuscirà a incassare alla fine della procedura. L’attesa e l’incertezza causate dal ritardo costituiscono di per sé un danno indennizzabile.

Il Danno Non Patrimoniale per le Società

Infine, la Cassazione ha ricordato che il danno non patrimoniale (il disagio, lo stress, il turbamento) è una conseguenza normale, anche se non automatica, della violazione del diritto a un processo di durata ragionevole. Questo principio vale anche per le persone giuridiche, come le società. Il danno, in questi casi, si manifesta nel turbamento psicologico subito dalle persone che gestiscono l’ente (amministratori, soci).
Spetta all’amministrazione resistente, e non al ricorrente, dimostrare l’eventuale assenza di tale danno in un caso specifico.

Conclusioni: La Tutela di un Diritto Fondamentale

L’ordinanza della Cassazione rafforza un principio di giustizia cruciale: il diritto a un processo celere è un diritto fondamentale che deve essere garantito a tutti, indipendentemente dall’entità della posta in gioco. Negare l’equa riparazione basandosi sul valore del credito o sulle probabilità di successo finale significherebbe creare una giustizia a due velocità, dove i diritti di alcuni valgono meno di quelli di altri. La Corte ha quindi cassato la decisione impugnata e rinviato la causa alla Corte d’Appello per una nuova valutazione basata sui principi di diritto affermati.

Ho diritto a un indennizzo per un processo troppo lungo anche se il valore della mia causa è basso?
Sì, il diritto all’indennizzo sussiste a meno che il valore della causa non sia considerato meramente bagatellare. La giurisprudenza, anche europea, tende a fissare questa soglia al di sotto dei 500 euro. Per importi superiori, il diritto all’equa riparazione non può essere escluso solo sulla base del valore.

Se sono un creditore in un fallimento, le mie scarse possibilità di recuperare il denaro influiscono sul diritto all’indennizzo per la durata del processo?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il diritto all’indennizzo deriva dalla violazione della ragionevole durata del processo in sé. Una volta che il credito è stato ammesso al passivo fallimentare, l’incertezza e l’attesa prolungate costituiscono un pregiudizio, indipendentemente dalla somma che si riuscirà effettivamente a riscuotere alla fine della procedura.

Una società può chiedere un risarcimento per il “danno morale” causato da un processo eccessivamente lungo?
Sì. Secondo la Cassazione, anche per le persone giuridiche il danno non patrimoniale è una conseguenza normale della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo. Tale danno si manifesta attraverso i disagi e i turbamenti psicologici subiti dalle persone fisiche che gestiscono l’ente, come gli amministratori o i soci.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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