Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16687 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16687 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 4906 del ruolo generale dell’anno 2021
, proposto da
RAGIONE_SOCIALE , P.IVA P_IVA, in persona del suo legale rappresentate p.t., Prof. NOME COGNOME, con sede in Salerno in INDIRIZZO rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE -pec: EMAIL) e NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE– pec: EMAIL), del foro di Salerno, con domicilio in Salerno alla INDIRIZZO in virtù della procura speciale alle liti loro conferita con atto separato e unita in calce alla memoria di costituzione di nuovo difensore in atti del pct.
Ricorrente
contro
Azienda Sanitaria Locale Salerno , in persona del Direttore Generale e legale rapp.te p.t., dr. NOME COGNOME, dom.to per la carica in Salerno alla INDIRIZZO rapp.ta e difesa- dagli avv.ti NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, e NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, con i quali elettivamente domicilia presso l’indirizzo PEC: EMAILaslsalemoEMAIL, giusta procura
speciale a margine del controricorso. Ai fini delle relative comunicazioni, gli avv.ti COGNOME e COGNOME indicano che le stesse potranno essere effettuate ai seguenti indirizzi p.e.c.: EMAIL, EMAIL.
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno n° 1462 depositata il 23 dicembre 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-La RAGIONE_SOCIALE dichiarandosi creditrice dell’Asl Salerno per euro 10.595,86, oltre interessi ex d.lgs. n° 231/2002, a titolo di saldo per prestazioni di fisiokinesiterapia eseguite nel 2013, otteneva dal tribunale della stessa città un decreto ingiuntivo contro la debitrice.
Quest’ultima lo opponeva e il tribunale, dopo aver constatato che l’Asl aveva provveduto al pagamento della somma ingiunta prima dell’emissione dell’ingiunzione, revocava il decreto e, quanto alla domanda relativa agli interessi maturati, nulla riconosceva, sul rilievo che alla fattispecie non potesse applicarsi né l’art. 1193, né l’art. 1194 cod. civ.
2 .- Averso tale decisione proponeva appello la struttura privata, lamentando che il tribunale avesse illegittimamente respinto la domanda concernente gli interessi.
La Corte territoriale rigettava l’appello, confermando la sentenza del tribunale, ma con diversa motivazione.
Osservava, infatti, il secondo giudice che la RAGIONE_SOCIALE aveva preteso la remunerazione delle prestazioni rese nel gennaio, febbraio e marzo 2013, e che, tuttavia, il contratto evocato dalla ricorrente per ottenere il decreto monitorio era stato sottoscritto nell’ottobre di quell’anno, con la conseguenza che esso non poteva
considerarsi in alcun modo come fonte valida ed efficace per le prestazioni predette.
Infatti, i contratti tra Pubblica amministrazione e privati dovevano necessariamente rivestire forma scritta anche quando la PA agiva jure privatorum e non potevano essere desunti da comportamenti, atti o fatti riconducibili ad essa.
La forma scritta ad substantiam non poteva essere surrogata dalla deliberazione dell’organo che autorizzato la stipula del contratto, né era possibile procedere a sanatoria, convalida o ratifica.
Il giudice del primo grado non aveva rilevato la nullità del contratto e le parti non avevano impugnato tale implicita statuizione con alcun motivo di gravame.
Nondimeno, la nullità poteva essere rilevata d’ufficio dal giudice d’appello, anche in controversie decise sulla presupposizione della validità ed efficacia del contratto, come statuito da Cass. n° 7294/17 e, nel medesimo senso, da Cass. n° 19251/18.
3 .- Ricorre per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidando il gravame a due mezzi, illustrati da memoria.
Resiste l’Asl, che conclude per la reiezione dell’impugnazione.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Col primo mezzo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 n° 3, cod. proc. civ., la ‘ violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8quinquies. comma 2. del d.lgs n. 502/1992, dell’art. 32, comma 8, della legge 27 dicembre 1997, dell’art. 2 comma 5 della legge 28 dicembre 1995 N. 549, dell’art. 1, comma 32, della legge 23 dicembre 1996. N. 662, e degli artt. 1322, 1372 e 2697 c.c. ‘.
Deduce che, sebbene il contratto che remunerava le prestazioni sanitarie del gennaio-marzo 2013 fosse intervenuto il 13 ottobre di quello stesso anno, non per questo poteva considerarsi nullo, non essendo stato concepito in termini di ratifica, sanatoria o convalida
ed essendo connaturato al sistema di remunerazione delle strutture private l’individuazione a posteriori del tetto di spesa di ciascuna impresa privata.
Col secondo motivo -formulato ex art. 360 n° 3 cod. proc. civ. ed intitolato ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 co. 4 d.lgs. 192/2012, della direttiva 2011/7/UE, del d.lgs. 231/2002, degli artt. 1321, 1322, 1323, 1341, 1372 c.c. ‘ -la ricorrente lamenta che la Corte, dichiarando la nullità del contratto, avrebbe anche leso il suo diritto ad ottenere gli interessi sui tardivi pagamenti, che le erano stati negati dal primo giudice.
5 .-Il primo mezzo è fondato e determina l’assorbimento del secondo.
Il Collegio aderisce all’orientamento espresso da Cass., sez. I, 17 giugno 2025, n° 16221, deliberata all’esito della medesima odierna adunanza camerale ed emessa in fattispecie sovrapponibile a quella in esame.
In generale, va premesso che nel diritto positivo è vigente il principio (espressamente riconosciuto da Cass., sez. un., 12 maggio 2008, n° 11656) per cui le persone giuridiche, comprese quelle pubbliche, godono della stessa capacità giuridica delle persone fisiche, fatta ovviamente eccezione per quelle situazioni soggettive riferibili solo a queste ultime (quali quelle derivanti da rapporti di famiglia, di successione legittima, da status personali, ecc…).
Ne deriva che le norme giuridiche, esplicite o implicite (spesso ricavabili dalle finalità istituzionali dei singoli Enti), che limitano positivamente o negativamente le attribuzioni ed escludono che un soggetto pubblico possa stipulare determinati negozi di diritto civile, devono essere interpretate in senso restrittivo (come ad es. nel caso degli artt. 203 e ss. del d.lgs. n° 267/2000), presentandosi come eccezioni al principio della generale capacità giuridica degli Enti pubblici.
Nel caso (che rappresenta l’ipotesi più consueta) in cui non vi siano particolari restrizioni di legge, la Pubblica amministrazione è libera di concludere negozi di diritto privato senza alcuna limitazione, salvo il rispetto della forma dei contratti imposta dagli artt. 16 e 18 del r.d. 18 novembre 1923 n° 2440, necessaria soprattutto al fine di rendere possibili i controlli istituzionali dell’autorità tutoria (Cass., sez. I, 3 gennaio 2001, n° 59, in tema di appalto pubblico; Cass., sez. II, 30 maggio 2002, n° 7913, in tema di conferimento di incarichi a professionisti; di recente Cass., sez. II, 27 marzo 2023, n° 8574; Cass., sez. II, 3 aprile 2024, n° 8753).
La forma scritta dei contratti tra PA e privati, allora, va vista come strumento indefettibile di garanzia del regolare svolgimento dell’attività negoziale della prima, sia nell’interesse dei cittadini, in quanto costituisce remora ad arbitri, sia nell’interesse della stessa Amministrazione, in quanto agevola l’espletamento della funzione di controllo e la concreta osservanza dei principi di buon andamento ed imparzialità dell’agire amministrativo (Cass., sez. I, 12 luglio 2001, n° 9428; Cass., sez. III, 24 giugno 2002, n° 9165; Cass., sez. I, 3 aprile 2024, n° 8753, già citata).
Per tali contratti, allora, non solo deve escludersi che la manifestazione di volontà delle parti possa essere implicita o desumibile da comportamenti meramente attuativi (Cass., sez. III, 3 agosto 2002, n° 11649), ma è da escludere altresì qualunque forma di sanatoria o la validità di manifestazioni di volontà implicita o desumibile da comportamenti puramente attuativi (Cass., sez. III, 15 marzo 2004, n° 5234; Cass., sez. I, 3 aprile 2024, n° 8753 già citata).
Tanto premesso e ricapitolato in ordine alla forma necessaria del contratto tra PA e privati, occorre tuttavia osservare che, già da un primo esame, le norme citate (art. 16 e 18) non precludono affatto l’apposizione di un termine iniziale di efficacia ad un accordo negoziale tra privato e PA, limitandosi a stabilire che i contratti a
trattativa privata, oltre che nella forma pubblica ammnistrativa disciplinata dall’art. 16 cit., possono essere stipulati anche nelle forme semplificate previste dall’art. 17 del r.d. n° 2440/1923.
Pertanto, volta che sia osservata la forma prevista da tale ultima disposizione, non sembra che la libertà della PA di pattuire liberamente il contenuto delle clausole negoziali (e, dunque, anche di apporre un termine iniziale di efficacia del contratto anteriore alla sua stipula) possa essere limitato dalle disposizioni che disciplinano la forma dei contratti.
Ora, la stipula dei contratti di prestazioni sanitarie tra Aziende sanitarie locali e strutture private è specificamente disciplinata dall’art. 8 -quinquies del d.lgs. n° 502/1992: per cui è a tale disposizione che occorre fare riferimento al fine di verificare se, in ipotesi, essa preveda un divieto di apporre al contratto tra Asl e struttura privata un termine di efficacia anteriore o, comunque, una clausola che disciplini le prestazioni già in precedenza erogate.
Ebbene, questo divieto non sembra evincibile dal testo di legge, il quale, infatti, si limita a prevede che la regione e le Aziende sanitarie (definiscono accordi con le strutture pubbliche ed equiparate e) stipulano contratti con quelle private, specificando inoltre che tali negozi devono prevedere, oltre ai requisiti previsti alle lettere da a) a c), anche ‘ d) il corrispettivo preventivato (…) da verificare a consuntivo ‘.
Si tratta, in sostanza, dato il loro contenuto normativamente disciplinato e la loro obbligatorietà, di contratti ‘ imposti ‘, ossia di contratti che rappresentano il risultato finale di un complesso procedimento amministrativo a latere , a formazione necessariamente progressiva.
La verifica ‘ a consuntivo ‘ del rispetto del limite di spesa sostenibile nell’esercizio è dunque rimesso fisiologicamente (in quanto è la stessa legge a prevederlo) ad un momento successivo nel quale le parti concordano il prezzo delle prestazioni complessivamente rese
nell’anno di riferimento, verificando in particolare il rispetto del tetto di spesa e l’eventuale necessità di procedere a regressione tariffaria secondo le indicazioni che in genere vengono assunte in una particolare sede, generalmente definita nelle varie disposizioni legislative regionali come ‘ tavolo tecnico ‘.
La consustanzialità al sistema della verifica ‘ a consuntivo ‘ del sistema di spesa sanitaria regionale è confermata anche dalla Corte costituzionale, la quale ha osservato che ‘ nel contesto del mercato amministrato delle prestazioni sanitarie, la sopravvenienza dell’atto determinativo della spesa solo in epoca successiva all’inizio di erogazione del servizio ha carattere fisiologico ‘ (Corte cost. n° 203/2016).
Ne deriva, da un lato, che, se l’operatore prudente e accorto è tenuto a sapere di essere esposto a correttivi dei contenuti economici del contratto imposti in corso d’anno, dall’altro, la variazione dei limiti di spesa e, dunque, della remunerabilità delle prestazioni eseguite è un semplice effetto derivante da una previsione negoziale, che non ha nulla a che vedere con la diversa ipotesi del contratto di diritto privato della PA concluso senza l’osservanza delle forme previste dagli artt. 16 e 18 del r.d. n° 2440/1923.
Peraltro, deve pure osservarsi che nella prassi applicativa le Asl e le strutture private concludono, in qualche caso, il contratto di prestazioni sanitarie prima ancora di sapere con esattezza il limite di remunerabilità delle prestazioni, ma rimettendo, grazie ad una apposita clausola negoziale, la determinazione di tale tetto ad un atto amministrativo successivo, che la struttura privata si obbliga ad osservare in via anticipata.
È evidente che in tale ipotesi si viene ad ottenere il medesimo effetto giuridico della apposizione di un termine di efficacia contrattuale anteriore alla stipula: evenienza che dovrebbe indurre a riflettere sul fatto che la stipula di un contratto in corso di
esercizio e la forma imperativa prevista dagli artt. 16 e 18 citati sono temi che non presentano punti di interferenza, nel senso che la previsione di un termine di efficacia del contratto anteriore alla sua stipula (ossia, in sostanza, di un termine iniziale) non viola alcuna norma imperativa sulla forma.
Più in generale deve anche aggiungersi che il complesso sistema normativo che disciplina la conclusione degli accordi aventi ad oggetto prestazioni sanitarie e loro remunerazione è deputato non solo all’ottenimento del più alto livello di prestazioni possibili, tenuto conto della spesa sostenibile, ma anche alla verifica del rispetto di tale spesa nel corso del rapporto e, in particolare, al termine dell’esercizio: sicché il divieto di apporre un termine iniziale di efficacia del negozio avrebbe potuto, al più, avere un senso ove da tale previsione negoziale fosse derivato l’obbligo della PA di remunerare comunque le prestazioni, pregresse o meno, rese oltre gli importi preventivati nel bilancio regionale.
Ma, dato che per costante giurisprudenza il limite di spesa è ineludibile e non consente alcuna remunerazione delle prestazioni rese oltre la sua misura ( ex multis : Cass., sez. III, 29 ottobre 2019, n° 27608), è evidente che non vi sia alcun ostacolo ad una previsione negoziale retroattiva, giacché essa dovrebbe comunque esplicare i suoi effetti sempre nell’ambito della spesa ammessa e vincolante.
Va poi aggiunto che il principio affermato dalla Corte d’appello in subiecta materia sarebbe suscettibile di generalizzazione, implicando, a bene vedere, il generale divieto per la PA di attribuire ai propri negozi iure privatorum un termine iniziale di efficacia o un’efficacia retroattiva: conclusione che si pone in contrasto con precedenti giurisprudenziali di questa Corte, con i quali si è affermato, ad esempio in materia locatizia (Cass., sez. III, 7 dicembre 2000, n° 15530), che la PA, ove sia conduttrice, ben può pattuire in un contratto un termine iniziale di efficacia anteriore alla
stipula (o, il che è lo stesso, ‘ attribuire ad esso efficacia retroattiva ‘).
Applicando, poi, il principio predicato dalla Corte territoriale a fattispecie diverse, come a quella giuslavoristica, ne discenderebbe, ad esempio, l’impossibilità di apporre alla transazione o alla rinuncia ex art. 2113 cod. civ., stipulata tra PA e dipendente pubblico, un termine iniziale di efficacia anteriore alla stipula stessa, precludendo in tal modo una gran parte dei possibili accordi tra PA datore e dipendente pubblico.
In conclusione, a meno che non ostino ragioni contabili e, soprattutto, di bilancio -queste sì oggettivamente impeditive di un accordo che determini una maggiore spesa -l’apposizione di un termine iniziale di efficacia ad un negozio della PA, come pure la previsione della sua retroattività, non sono precluse dalle norme imperative sulla forma dei contratti (artt. 16 e 18 citt.), ma unicamente dalla previsione inderogabile della copertura della spesa, secondo nel norme che riguardano la singola PA contraente.
6 .-All’accoglimento del primo motivo, che determina l’assorbimento del secondo, segue la cassazione della sentenza ed il rinvio della causa alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
p.q.m.
la Corte accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo. Cassa e rinvia alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma il 13 giugno 2025, nella camera di consiglio della prima sezione.
Il presidente NOME COGNOME