Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7210 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7210 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12109/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE; rappresentato e difeso da ll’A vv. NOME (CODICE_FISCALE per procura speciale del 1° dicembre 2022;
-ricorrente-
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’ Avv. NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; rappresentato e difeso dagli Avv. COGNOME (CODICE_FISCALE e COGNOME (CODICE_FISCALE per procura speciale in calce al controricorso;
e
CONSORZIO RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege in Roma, presso la cancelleria della Corte di
cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE per procura speciale allegata al controricorso;
-controricorrenti- nonché contro
COGNOME
NOME
e
COGNOME
NOME
-intimati- avverso la sentenza della Corte d’appello di Perugia n. 97/2021, depositata il 09/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME deducendo di avere acquistato, con scrittura privata del 10/03/1981, dal Consorzio RAGIONE_SOCIALE (con la garanzia del suo rappresentante legale NOME COGNOME), un appartamento in INDIRIZZO e due negozi in INDIRIZZO di Città di Castello, convenne in giudizio RAGIONE_SOCIALE e COGNOME per sentire accertare l’autenticità delle sottoscrizioni apposte alla suddetta scrittura privata e per ottenere una riduzione del prezzo della compravendita (in ragione della presenza di vincoli non dichiarati sui beni) e la condanna dei convenuti al risarcimento del danno per mancata stipulazione dell ‘ atto pubblico e per mancata consegna degli immobili acquistati. Al giudizio fu assegnato il numero di registro generale 4136/1998.
Dopo aver appreso che l’appartamento in INDIRIZZO era stato successivamente venduto da COGNOME a suo fratello NOME (con atto trascritto prima della propria domanda giudiziale), NOME COGNOME introdusse un altro giudizio (che assunse il numero di registro generale 3798/1989), volto ad ottenere da NOME, NOME
COGNOME e NOME COGNOME il risarcimento dei danni per la doppia alienazione immobiliare.
I due procedimenti vennero riuniti e decisi, con sentenza n. 1297/2003, dal Tribunale di Perugia, che accolse le domande avanzate da NOME COGNOME nelle due cause e condannò i convenuti al risarcimento dei danni, nonché gli eredi di NOME COGNOME (ovvero NOME COGNOME, NOME e NOME COGNOME) a tenere indenne COGNOME ed NOME dagli effetti della condanna derivante dalla doppia alienazione immobiliare.
Nel corso del giudizio d’appello (promosso in via principale da Edarco), emerse l’avvenuta stipulazione, i n data 14 luglio 1997, di una transazione, con la quale i fratelli COGNOME avevano inteso regolare i rapporti ereditari, reciprocamente rinunciando a tutte le cause tra di loro pendenti. In particolare, NOME NOME aveva rinunciato ‘ad ogni pretesa relativa all’appartamento intestato a NOME COGNOME sito in Città di Castello INDIRIZZO, mentre NOME aveva acconsentito a che ‘i due negozi da ricavare dall’unico locale siti in INDIRIZZOINDIRIZZO intestati l’uno a NOME COGNOME e l’altro a NOME COGNOME.
L’appellante COGNOME dunque, dichiarando di voler profittare della transazione, ai sensi dell’art. 1304 c.c., invocò la consequenziale dichiarazione di cessazione della materia del contendere, insistendo, in subordine, per il rigetto delle domande originariamente avanzate dall’attore (nonché, in ulteriore subordine, per essere tenuto indenne dagli eredi di NOME COGNOME dalle conseguenze di un’eventuale condanna al risarcimento dei danni).
Deduzioni analoghe spiegarono NOME COGNOME e NOME COGNOME con i rispettivi appelli incidentali.
NOME COGNOME nel ribadire le proprie difese, negò che la transazione (circoscritta ai fratelli COGNOME) potesse determinare
l’estinzione del giudizio in cui erano parti altri soggetti (COGNOME e COGNOME).
Il processo d’appello venne, quindi, sospeso in attesa del passaggio in giudicato della decisione che definisse un ulteriore procedimento (n. r.g. 2047/2004), instaurato da NOME COGNOME e avente ad oggetto la domanda di risoluzione per inadempimento, da parte dei fratelli, della transazione più volte richiamata. Quest’ultimo venne definito dalla Corte d’appello di Perugia con la sentenza n. 270/2015, che escluse l’inadempimento , attribuendo alla transazione natura novativa.
Riassunta, conseguentemente, la causa n. r.g. 95/2004, la Corte d’appello di Perugia, con sentenza n. 175/2016, ritenne che la transazione -da ritenersi efficace anche nei confronti di RAGIONE_SOCIALE -imponesse il rigetto delle domande proposte da NOME COGNOME.
Quest’ultimo propose ricorso per cassazione.
La S.C., con sentenza n. 24557/2018, accolse il quarto motivo di ricorso, sul presupposto che la sentenza impugnata (n. 175/2016), nel l’opinare che la transazione novativa avesse ormai definito in toto il giudizio pendente tra le parti, si ponesse in contrasto con quella (passata in giudicato) n. 270/2015 la quale, ‘ interpretando la transazione oggetto dell’attuale controversia, aveva stabilito che la clausola n. 4 della transazione stipulata dai tre fratelli COGNOME il 14.7.2007 aveva riconosciuto all’attuale ricorrente, quale corrispettivo della rinuncia a pretendere la proprietà dell’immobile acquistato dal Consorzio RAGIONE_SOCIALE, la proprietà di un altro immobile, da ricavarsi da un unico locale, sito in Trestina e da attribuirsi in parte al fratello NOME .
A seguito di riassunzione ex art. 392 c.p.c., la Corte d’appello di Perugia, con la sentenza in questa sede impugnata, ritenne che non potesse essere rimessa in discussione (in quanto coperta dal giudicato) la declaratoria di cessazione della materia del
contendere rispetto al giudizio di primo grado n. 3798/89 r.g. (relativo al risarcimento del danno per doppia alienazione immobiliare); che ancora sub judice potevano ritenersi solo le domande avanzate da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME, in seno al giudizio r.g. n. 4136/88, rispetto alle quali NOME COGNOME era carente di legittimazione passiva (per non esserne mai stato parte); che NOME COGNOME non poteva pretendere la riduzione del prezzo, essendo mancata la prova che lo avesse corrisposto (ed anzi essendo emerso che era stato il padre a pagarlo); che doveva essere rigettata pure la domanda risarcitoria, ‘sia per le co nsiderazioni sopra svolte sia in considerazione del fatto che il realtà NOME NOME NOME non ha mai dato la prova dei danni in concreto subiti’ (pag. 6 della sentenza in questa sede impugnata).
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di quattro motivi.
Hanno depositato distinti controricorsi NOME COGNOME ed NOMECOGNOME mentre NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati.
NOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 384, comma 2, c.p.c. e 2908 e 2909 c.c., per essersi discostata la Corte d’appello di Perugia , in sede di rinvio, dal dictum della Corte di cassazione, che aveva escluso che la transazione si riferisse anche alla domanda svolta nel processo r.g. n. 3798/1989 da NOME Enrico COGNOME contro RAGIONE_SOCIALE e Burini.
Con il secondo motivo di ricorso la sentenza impugnata viene censurata, invece, per violazione degli artt. 384, comma 2, c.p.c. e 1304, comma 1, 1362, 1363, 1372, comma 2, c.c., per non avere interpretato il riferimento al ‘giudizio pendente nei confronti di
NOME COGNOME e di NOME‘ , contenuto al punto 4 della transazion e, ‘alla luce del principio della parziale efficacia soggettiva della transazione, anche in relazione alla intenzione delle parti quale risultava dal punto 1 della transazione’ (pag. 24 del ricorso per cassazione).
Con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 384 c.p.c. ‘sotto altro profilo’ . Secondo la prospettazione del ricorrente, il riferimento al ‘riconoscimento della proprietà’ dei negozi, effettuato in seno alla transazione da parte di NOME in favore di NOME Enrico, è indice che la Corte di cassazione, nella sentenza n. 24557/2018, avesse inteso alludere alla scrittura privata del 1981, quale titolo di acquisto dei negozi, così precludendo al giudice del rinvio di ricondurlo, invece, alla transazione stessa.
Nel quarto motivo di ricorso, la deduzione della violazione dell’art. 384 c.p.c. è accompagnata a quella degli artt. 2908 e 2909, con riguardo alla decisione della Corte d’appello in ordine alle domande di restituzione del prezzo e di risarcimento del danno contro RAGIONE_SOCIALE COGNOME. Sostiene il ricorrente che la statuizione in ordine alla sussistenza del suo interesse ad agire limitatamente a tali domande (‘in quanto l’effettivo acquirente dei negozi sarebbe il padre NOME‘) sia ‘palesemente viziata in quanto sussiste anche relativamente a tale questione di fatto (l’acquisto della proprietà da parte di NOME COGNOME con la scrittura del 1981) la preclusione della sentenza di rinvio della S.C. n. 24557/2018′ (pag. 27 della sentenza impugnata).
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono infondati.
La prospettazione del ricorrente è che la sentenza di legittimità n. 24557/2018 avesse stabilito che l’efficacia soggettiva della transazione del 1997 era limitata ai fratelli COGNOME (in tal senso -a quanto pare evincersi dalle espressioni usate a pag. 20 e s. del
ricorso -dovrebbe interpretarsi il riferimento alla natura ‘parziale’ della transazione), con la conseguenza che il riferimento al ‘giudizio pendente nei confronti di NOME COGNOME e di COGNOME‘ (di cui al punto 4 della transazione) non potesse valere ad estinguere l’azione risarcitoria promossa da NOME COGNOME contro RAGIONE_SOCIALE in seno al giudizio r.g. n. 3798/89. In altri termini, secondo il ricorrente, a seguito della cassazione (‘in ogni sua parte’) della sentenza d’appello n. 175/2016 , anche le domande azionate in seno al giudizio n. 3798/89 erano tornate sub judice dinanzi al giudice del rinvio, il quale, dunque, non avrebbe potuto ritenerle interessate dalla cessazione della materia del contendere. Inoltre, per come formulata, la suddetta transazione avrebbe pur sempre fatto (implicito) riferimento al titolo d’acquisto rappresentato dalla scrittura privata del 1981.
Nella sentenza n. 270/2015 la Corte d’ Appello di Perugia qualificò la transazione del 1997 come novativa, in quanto ‘l’obbligazione che risulta dalla scrittura (…) è in parte nuova e indipendente dalle precedenti, atteso che il diritto dei fratelli COGNOME, NOME e NOME, al riconoscimento del loro diritto di proprietà su di un garage in Trentina -in luogo dell’azione volta al risarcimento del danno per equivalente, precedentemente spiegata -, si fonda esclusivamente sull’ultima scrittura. A fronte di ciò, vi è il corrispondente diritto di NOME COGNOME al riconoscimento della proprietà esclusiva di altro immobile, situato in Città di Castello, con rinuncia all’azione di rivendicazione promossa su quel bene’ (pag. 35 del controricorso di NOME COGNOME, nel quale viene testualmente riportata la motivazione della sentenza). La successiva sentenza n. 175/2016 partì, dunque, dal presupposto dell’avvenuta formazione del giudicato sulla questione ‘della vincolatività ed efficacia della transazione’ del 1997 ‘nei confronti di tutti coloro che vi hanno partecipato ‘ (vale a dire, i tre fratelli COGNOME), per poi far discendere, dall’art. 4 della stessa (secondo cui
‘il giudizio pendente nei confronti di NOME COGNOME e di NOME si intende definito con la rinuncia di NOME COGNOME ad ogni pretesa relativa all’appartamento intestato a NOME COGNOME sito in città di Castello INDIRIZZO NOME COGNOME presta consenso perché i due negozi da ricavare dall’unico locale attuale siti in INDIRIZZOINDIRIZZO siano intestati l’uno a NOME COGNOME e l’altro a NOME COGNOME, a spese compensate’: pag. 5 e s. del ricorso per cassazione), la cessazione della materia del contendere della causa r.g. n. 3798/89, dovendosi ritenere ‘che con la transazione citata COGNOME NOME NOME abbia totalmente rinunciato, nei confronti di tutti i possibili condebitori solidali, alle domande risarcitorie formulate nella causa, recante il n. 3798/89 e aventi a oggetto il risarcimento del danno conseguente alla doppia alienazione dell’immobile sito alla frazione Riosecco, INDIRIZZO‘ (pag. 39 del controricorso di NOME COGNOME). La transazione, peraltro, secondo la pronuncia in esame (n. 175/2016), si riferiva anche alle pretese relative ai negozi, fatte valere da NOME COGNOME nell’ambito del giudizio r.g. n. 4136/1988: ‘nella transazione si dichiarava espressamente di definire il giudizio pendente nei confronti di NOME COGNOME e di NOME e il richiamo deve intendersi, ad avviso di questa Corte, a entrambe le cause riunite, considerato che nell’ambito delle reciproche concessioni, oggetto del negozio transattivo, vi era quella che faceva capo a NOME COGNOME di consentire l’intestazione ai suoi fratelli dei due negozi, da ricavare dall’unico locale oggetto della compravendita dall’Edarco, situazione che rappresentava un quid novi rispetto ai patti, assunti tra i fratelli’ (pag. 44 del controricorso NOME COGNOME).
Nell’impugnare per cassazione tale pronuncia, NOME COGNOME obiettò che la transazione concernesse unicamente il giudizio r.g. n. 3798/89, sicché restava in piedi la pretesa (afferente, però, soltanto ai negozi) di cui al giudizio r.g. n.
4136/1988, ‘essendo l’esito di tale giudizio necessario al fine di rendere possibile l’attuazione della transazione nei confronti dello stesso NOME COGNOME e di NOME‘ (pag. 59 del controricorso di NOME COGNOME nella parte in cui viene trascritto il ricorso per cassazione di NOME COGNOME avverso la sentenza n. 175/2016 della Corte d’appello di Perugia). In particolare, con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente assumeva che la sentenza d’appello del 2015 avesse stabilito ‘che la transazione riguarda esclusivamente il giudizio relativo alla doppia vendita dell’appartamento in INDIRIZZO e i relativi debiti risarcitori’, e che quindi la successiva sentenza del 2016 si fosse da essa illegittimamente discostata.
La Corte Suprema di C assazione, nell’accogliere tale motivo, stabilì l’esistenza di un giudicato sulla circostanza che la transazione del 1997 concerneva la materia del contendere di cui al procedimento r.g. n. 4136/88, nella parte in cui attribuiva a NOME COGNOME ‘quale corrispettivo della rinuncia a pretendere la proprietà dell’immobile acquistato dal Consorzio RAGIONE_SOCIALE, la proprietà di un altro immobile, da ricavarsi da un unico locale, sito in Trestina e da attribuirsi in parte al fratello NOME‘ (pag. 7 della sentenza n. 24557/2018 della S.C.). In definitiva, secondo la Corte di cassazione, la transazione del 1997 aveva oggetto ‘parziale’ (come ritenuto dalla Corte d’appello del 2015, con sentenza passata in giudicato), e non ‘globale’ (come ritenuto, invece, dalla Corte d’appello del 2016).
Sulla scorta di tali premesse, non corrisponde al vero, dunque, che la sentenza della SRAGIONE_SOCIALE abbia ‘afferma il principio di diritto per cui l’efficacia soggettiva della transazione era circoscritta ai fratelli COGNOME (così l’ odierno ricorrente a pag. 22 del ricorso introduttivo del presente giudizio), di modo che non se ne può trarre la conseguenza che, nell’ambito del giudizio n. 3798/89 r.g., bisognerebbe distinguere le domande proposte contro NOME
COGNOME (che sarebbero ‘coperte’ dalla transazione) da quelle proposte contro COGNOME e COGNOME (che invece non lo sarebbero).
La SRAGIONE_SOCIALE osservò, infatti, in definitiva, sotto il profilo oggettivo, che la transazione non consentiva di definire il giudizio anche per la parte relativa all’accordo sull’immobile adibito a negozi. Poiché la causa in cui si discuteva della proprietà dei negozi era la n. 4136/88, correttamente la Corte d’appello di Perugia si è pronunciata su di essa nella sentenza di rinvio, in quanto rimasta sub judice . Né si può dire -come sembra fare il ricorrente a pag. 26 del proprio ricorso per cassazione -che la sentenza di legittimità del 2018 (pronunciatasi unicamente sulla transazione novativa) avesse deciso con efficacia di giudicato che il titolo d’acquisto dei negozi in capo all’odierno ricorrente rimontasse alla scrittura del 1981 (ciò da cui dovrebbe conseguire -secondo la prospettazione dello stesso ricorrente -la sussistenza del diritto alla riduzione del prezzo e al risarcimento dei danni), perché di un’affermazione di tal fatta non v’è traccia nella motivazione della stessa. Ne consegue che la statuizione di carenza di interesse di NOME COGNOME a coltivare l’originaria domanda di accertamento dell’autenticità delle sottoscrizioni, contenuta nella sentenza di rinvio, in quanto afferente a questione rimasta sub judice dopo la prima sentenza della S.C., non si pone in contrasto con la stessa (e, conseguentemente, non configura una violazione dell’art. 384 c.p.c.).
All’infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore di ciascun controricorrente, seguono la soccombenza.
Va altresì disposta la condanna del ricorrente al pagamento di somme, liquidate in dispositivo, ex art. 96, 3° co., c.p.c., ricorrendone i presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento: delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi € 12.200,00, di cui euro 12.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, nonché della somma di euro 12,000,00 ex art. 96, 3° co., c.p.c., in favore del controricorrente Pasqui; delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi € 10.200,00 , di cui euro 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, nonché della somma di euro 10.000,00 ex art. 96, 3° co., c.p.c., in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello del ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza sezione