Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34874 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34874 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26047/2022 R.G. proposto da: COGNOME NOMECOGNOME NOME, elettivamente domiciliate in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME EMAIL rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME EMAIL giusta procura speciale in calce al ricorso.
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME
(EMAIL, giusta procura speciale allegata al ricorso.
–
contro
ricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in qualità di procuratore di RAGIONE_SOCIALE
–
intimato – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 3542/2022 depositata il 27/07/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/10/2024 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
RAGIONE_SOCIALE nella qualità di procuratore speciale della Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza, poi divenuta Credit RAGIONE_SOCIALE, conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Napoli Nazzaro NOME e NOME, nella loro qualità di fideiussori omnibus della fallita società RAGIONE_SOCIALE per ottenere la loro condanna al pagamento in solido della somma di euro 116.991,88, quale debito complessivo della garantita, chiedendo altresì la declaratoria di inefficacia ex art 2901 cod. civ. degli atti di destinazione ex art. 2645-ter cod. civ. compiuti dalle convenute.
Si costituivano NOME e COGNOME NOME, eccependo l’inesistenza del credito e, per altro verso, la validità ed efficacia degli atti di disposizione compiuti sul proprio patrimonio immobiliare; inoltre, NOME NOME disconosceva come proprie le sottoscrizioni apposte al contratto di fideiussione.
Accertata l’autenticità della sottoscrizione della COGNOME a mezzo di c.t.u. grafologica ed espletata la fase istruttoria, con
sentenza n. 7687/2016 il Tribunale di Napoli accoglieva le domande tutte proposte dalla banca attrice, sia di condanna delle convenute al pagamento, sia di revocatoria dei loro atti di disposizione del patrimonio.
Avverso tale sentenza NOME e NOME proponevano appello, nel corso del quale spiegava intervento la RAGIONE_SOCIALE in qualità di cessionaria del credito.
La Corte d’Appello di Napoli inizialmente sospendeva il processo, in attesa della definizione del giudizio, instaurato da COGNOME Lucia dinanzi al Tribunale di Napoli -Sezione specializzata Impresee volto all’accertamento e declaratoria di nullità ed inefficacia della fideiussione omnibus del 23/11/2010, della successiva variazione del 14/01/2011, nonché della fideiussione specifica del 05/09/2011, intervenute tra COGNOME Lucia e la banca convenuta, per violazione dell’art. 2 e ss. della legge n. 287/1990.
4.1. Riassunto il processo dalle appellanti, che deducevano il passaggio in giudicato della sentenza resa dal Tribunale delle Imprese, con sentenza n. 3542/2022 del 27/07/2022 la Corte d’Appello di Napoli rigettava il gravame.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ora ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE, cessionaria del credito da Credit Agricole Cariparma s.p.a.
L’altra intimata società RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo le ricorrenti denunziano ‘Violazione o falsa applicazione dell’art. 132 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3, cod. proc. civ.’
Lamentano che la corte territoriale ha omesso di considerare le conclusioni espresse dal difensore di COGNOME COGNOME in ordine alla rilevanza della sentenza del Tribunale delle Imprese di Napoli, passata in giudicato e da cui, a loro dire, discenderebbe la non debenza della garanzia fideiussoria; di conseguenza l’impugnata sentenza sarebbe nulla in quanto viziata da omessa pronuncia.
Con il secondo motivo le ricorrenti denunziano ‘Violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 cod. proc. civ.’.
Lamentano che la corte di merito non ha correttamente considerato l’incidenza della decisione resa dal Tribunale delle Imprese, tale da comportare la nullità parziale della fideiussione a suo tempo prestata dalle garanti NOME COGNOME ed NOME COGNOME.
Con il terzo motivo le ricorrenti denunziano ‘Violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. e art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 cod. proc. civ.’.
Lamentano che, erroneamente, la Corte di Appello di Napoli ha violato ovvero ha erroneamente applicato gli artt. 2909 e 2697 cod. civ., là dove, dopo aver rilevato che il giudicato di annullamento era riferito a sole tre clausole della fideiussione prestata dalla COGNOME, ha altresì affermato: ‘… non v’è prova che nell’esecuzione del contratto di fideiussione si sia fatto ricorso alle clausole in questione’.
Deducono che il Tribunale delle Imprese ‘non si è limitato ad accertare la nullità parziale del contratto di fideiussione in relazione alla deroga pattizia all’art. 1957 c.c., alle clausole di reviviscenza della fideiussione e di irripetibilità dei pagamenti
effettuati in caso di sopravvenuta invalidità o inefficacia dell’obbligazione principale’, ma ha altresì statuito che ‘Nel caso di specie, viene in assorbente rilievo la deroga pattizia all’art. 1957, c.1°, c.c. che consente all’istituto bancario di coltivare azioni recuperatorie nei confronti del fideiussore anche dopo la scadenza dei sei mesi ivi prevista per l’inizio delle medesime azioni nei confronti del debitore principale, altrimenti non consentita in caso di inerzia della banca verso quest’ultimo. Il coacervo dei documenti esibiti consente di ritenere che si controverte, per quanto riguarda la fideiussione omnibus in esame, in un contratto del tipo di quelli stigmatizzati dal Garante. La Banca convenuta non ha provato alcunché in ordine a fatti e situazioni elidenti la portata delle conseguenze di quanto sopra dedotto, come pure era suo onere, come già in precedenza riferito, vertendosi in tema di prova c.d. ‘privilegiata, da cui scaturisce una presunzione, relativa, della sussistenza dei fatti addebitati. In particolare, non ha provato l’inizio di azioni recuperatorie nei confronti del debitore principale nel termine di cui all’art.1957, c.1°, c.c.’ (cfr. sentenza Tr. Imprese pag. 6)’.
4. I motivi, che possono essere scrutinati congiuntamente per la loro stretta connessione, sono inammissibili, per plurime ragioni.
4.1. L’invocazione del giudicato e dei suoi effetti ex art. 2909 cod. civ. presuppone anzitutto che esso sia tale, a fronte del costante orientamento di legittimità secondo cui ‘Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il
riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo’ (v. Cass., n. 2880 depositata il 31 gennaio 2023).
Orbene, nel caso di specie, è pacifico che il giudizio definito dalla sentenza passata in giudicato da parte della Sezione Imprese del Tribunale di Napoli, era stato introdotto soltanto da NOME COGNOME -non anche da NOME COGNOME– ed aveva ad oggetto la fideiussione da lei soltanto prestata.
Difettano dunque i presupposti, evidenziati dalla giurisprudenza di legittimità, per cui si possa ritualmente parlare di giudicato tra le parti.
Le ricorrenti sostengono ora -assertivamente e senza osservare gli oneri di specificazione e di localizzazione della questione nel precedente contesto processualeche ‘Sul punto, si precisa che trattandosi di cofideiussione, per avere le odierne ricorrenti sottoscritto la medesima garanzia, ossia un unico contratto di fideiussione, va da sé che tutto quanto riconosciuto in favore della sig.ra NOME COGNOME è estendibile altresì alla sig.ra NOME COGNOME e che per l’effetto l’estinzione della fideiussione (che si ribadisce è unica) comporta il venir meno di qualsiasi diritto di credito della resistente in favore delle predette signore’.
Trattasi tuttavia di questione nuova, sollevata per la prima volta in sede di legittimità, in violazione del consolidato orientamento di legittimità secondo cui ‘qualora una questione giuridica -implicante un accertamento di fatto -non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo
abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa’ (Cass., 13/12/2019, n. 32804; Cass., 24/01/2019, n. 2038; Cass., 13/06/2018, n. 15430).
4.2. Inoltre, con i primi due motivi le ricorrenti lamentano che la corte territoriale ha omesso di considerare le conclusioni espresse dal difensore di COGNOME Lucia in ordine alla rilevanza della sentenza del Tribunale delle Imprese di Napoli, passata in giudicato e da cui, a loro dire, discenderebbe la non debenza della garanzia fideiussoria prestata sia dalla COGNOME sia dalla COGNOME.
Senonché, come si evince dalla p. 15, punto 4.8., della motivazione, l’impugnata sentenza ha espressamente preso in considerazione la sentenza emessa dal Tribunale delle Imprese di Napoli.
Da ciò deriva: a) che la sentenza è congruamente motivata e, anche se non ha riportato formalmente le conclusioni assunte dal difensore di NOME COGNOME non può dirsi viziata da nullità, a fronte del principio, anche richiamato dalle stesse ricorrenti, secondo cui ‘l’omessa trascrizione delle conclusioni delle parti non è di per sé causa di nullità della sentenza, assumendo rilevanza solo se ed in quanto accompagnata dalla mancata considerazione delle stesse da parte del giudice (Cass., 09/05/2018, n.11150); b) che la sentenza non ha tratto, dalla pur avvenuta considerazione dell’esistenza della pronuncia del Tribunale delle Imprese, passata in giudicato, le conseguenze auspicate dalle odierne ricorrenti, dato che ha invece rilevato che la accertata nullità di alcune clausole della fideiussione prestata dalla -solaNazzaro ‘non abbia inciso in concreto sul rapporto di garanzia’, posto che ‘non v’è prova che nell’esecuzione del contratto di fideiussione si sia fatto ricorso alle clausole in questione’ (v. p. 15); c) che, a fronte di tale articolata
motivazione -ed in disparte il non marginale rilievo per cui il primo motivo deduce il vizio di omessa pronuncia inammissibilmente in termini di violazione di legge e non come error in procedendo (v. Cass., 18/05/2012, n. 7871; Cass., 12/01/2016, n. 329)- entrambi i motivi (il primo eventualmente da riqualificare ai sensi dell’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., secondo gli insegnamenti posti da Cass., Sez. Un., 24/0/2013, n. 17931) esprimono doglianze generiche e finiscono quindi per non risultare specificatamente correlati alla motivazione resa dalla corte napoletana (v. Cass., 22/04/2020, n. 8036, secondo cui il motivo di impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto di impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, poiché per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto di impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere).
4.3. Con il terzo motivo le ricorrenti lamentano che, nel rilevare che le allora appellanti non avessero assolto all’onere della prova, la corte territoriale non avrebbe considerato né la totalità delle statuizioni contenute nella sentenza emessa dal Tribunale di Napoli, Sezione Specializzata delle Imprese, che non è limitata solo all’accertamento della nullità relativa del contratto di garanzia, dall’altro, né il valore e gli effetti dei principi di cui all’art. 2909 cod. civ.
Orbene, sulla effettiva esistenza del giudicato, prima ancora
che dei suoi effetti, si è già detto più sopra, mentre il rilievo della assenza di prova nel caso di specie costituisce una valutazione di merito, rispetto alla quale, secondo granitico orientamento di questa Suprema Corte, risulta precluso il sindacato di legittimità, sindacato che neppure può essere sollecitato mediante la invocazione, da parte delle ricorrenti, della violazione dell’art. 2697 cod. civ., la quale, appunto, è censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (v., tra le tante, le recenti Cass., 23 maggio 2024, n. 14482; Cass., 02/01/2024, n. 78).
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
Non è viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore dell’altra intimata , non avendo la medesima svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna le ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 4.200,00, di cui euro 4.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, al competente ufficio di
merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza