Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15821 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15821 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMENOME COGNOME NOME NOME COGNOME NOME , rappresentati e difesi da ll’ AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliati presso il suo, in Altamura, INDIRIZZO
-ricorrenti-
Contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata da RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
nonchè
Curatela del Fallimento RAGIONE_SOCIALE
Oggetto: contratti bancari ripetizione di indebito
-intimata-
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze n.756/2020, pubblicata l’8 .4.2020, notificata il 19.4.2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20.3.2024 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
─ la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE era convenuta in giudizio da parte della società RAGIONE_SOCIALE con azione di accertamento negativo e di ripetizione dell’indebito, ma aveva fatto valere, in via riconvenzionale, nei confronti della società e dei suoi fideiussori COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, le seguenti ragioni di credito:
€ 800.977,39 per capitale, oltre interessi di mora sino al saldo, di cui:
€ 22.467,22 per saldo debitore del conto corrente n. 3188,64 intrattenuto dalla RAGIONE_SOCIALE e calcolato alla data valuta dell’1.3.2011, oltre interessi di mora e competenze dal 2.3.2011;
€ 286.052,50 credito in linea capitale dipendente da n. 7 operazioni di anticipo concesse alla RAGIONE_SOCIALE, oltre interessi e spese dalle singole scadenze degli anticipi sino al saldo;
€ 469.738,23 per capitale portato da n. 59 effetti ri.ba a suo tempo anticipati dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE e tornati impagati, oltre € 331,76 per spese di insoluto ed oltre interessi di mora dalle singole scadenze delle ri.ba al saldo;
€ 22.387,68 per ultime due rate scadute, in data 1.7.2010, di € 11.218,32 e, in data 1.10.2010, di € 11.169,36, a fronte del finanziamento chirografario concesso alla RAGIONE_SOCIALE, in data 2.2.2006, di originari € 200.000 ;
credito della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE quale incorporante la RAGIONE_SOCIALE pari ad € 134.287,32 di cui:
€ 41.979,82 per saldo debitore del conto corrente n. 2119,03 intrattenuto dalla RAGIONE_SOCIALE con la Filiale di RAGIONE_SOCIALElguidi di
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, calcolato alla data dell’1.3.2011, oltre interessi di mora e spese dal 2.3.2011 al saldo;
€ 92.297,60, capitale portato da n. 6 effetti ri.ba. a suo tempo anticipati alla RAGIONE_SOCIALE e tornati impagati, oltre 9,90 per spese di insoluto ed oltre interessi di mora dalle singole scadenze delle ri.ba al saldo.
─ Il Tribunale di Pistoia, espletata CTU contabile e ritenuto che uno dei contratti non era sottoscritto né da cliente né dalla RAGIONE_SOCIALE, determinava la pretesa creditoria della RAGIONE_SOCIALE nei confronti della società -nelle more dichiarata fallita -in € 911.114,11 e , conseguentemente, condannava COGNOME NOME e COGNOME NOME in solido al pagamento di detta somma e COGNOME NOME al pagamento della minor somma di € 264.000 .
─ Gli attuali ricorrenti hanno proposto gravame, dinanzi alla Corte di Appello di Firenze. La Corte adita con la sentenza qui impugnata ha rigettato l’appello .
Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha statuito che:
era inammissibile il motivo d’appello articolato per la prima volta nella comparsa conclusionale, con il quale era dedotta la nullità delle fideiussioni per effetto della violazione della normativa antitrust sanzionata dal provvedimento della RAGIONE_SOCIALE d’Italia del 2 maggio 2005, poiché non erano stati allegati, sin dal giudizio di I grado, i fatti costitutivi dell’eccezione nella comparsa di risposta o con le memorie ex art. 183 c.p.c.;
la ricostruzione del saldo dei rapporti di conto corrente, mediante CTU, non è impedita dalla incompleta produzione degli estratti conto laddove risulti ugualmente possibile ricostruire con attendibilità l’evoluzione del rapporto ;
gli appellanti non hanno mai mosso obiezioni sui quesiti posti al CTU né hanno sollevato alcuna contestazione in ordine al suo metodo di indagine e alle sue conclusioni;
Il CTU ha operato operazioni di raccordo che non sono state oggetto di osservazioni;
con riferimento alla contestazione, da parte degli appellanti, della conformità all’originale delle cop ie degli estratti conto prodotti dalla banca, il disconoscimento di una copia per non conformità all’originale deve avvalersi di una dichiarazione che evidenzi in modo chiaro e inequivoco gli elementi differenziali del documento prodotto rispetto all’originale e non sono sufficienti contestazioni generi che o omnicomprensive;
la documentazione esibita per le operazioni di anticipo ha indubbia valenza probatoria stante la mancata contestazione in costanza di rapporto da parte del cliente e le contestazioni generiche formulate nel corso del giudizio dai fideiubenti;
egualmente la RAGIONE_SOCIALE ha dimostrato l’esistenza del contratto di mutuo e l’effettiva erogazione del finanziamento;
le eccezioni riguardanti le voci di spese applicate ai vari rapporti sono generiche;
non è risultato che il contratto di anticipazione sia stato sottoscritto in bianco e in ogni caso in assenza di uno specifico accordo di riempimento l’eccezione doveva essere fatta valere con la proposizione di apposita querela di falso;
quanto alla contestazione dell ‘applicazione di interessi anatocistici, gli appellanti non avevano censurato la statuizione del Tribunale, che l’aveva respinta essendo i rapporti per cui è causa sorti in epoca successiva alla delibera CICR del 9 febbraio 2000;
la dedotta invalidità delle fideiussioni per violazione degli artt. 1955 e 1957 c.c. è stata tardiva stante le preclusioni maturate ai sensi degli artt. 167 e 183 c.p.c. per essersi i fideiubenti tardivamente costituiti in giudizio; a nche l’eccezione sollevata dalla COGNOME ex art. 1956 c.c. è tardiva perché proposta per la prima volta in appello;
n ) le contestazioni sull’inesistenza delle fideiussioni, per mancata sottoscrizione riguardanti l’atto del 3.1.2006, sono ininfluenti poiché la garanzia era già stata costituita validamente con atto del 18.5.2005 ed era stata ampliata con scrittura del 4.6.2007;
o ) l’omessa revoca dell’ordinanza ex art. 186 ter c.p.c. era pronunzia non necessaria poiché la predetta ordinanza era destinata ad essere assorbita dall’emissione della sentenza;
─ COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno presentato ricorso per cassazione con due motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso ed anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente deduce:
5. ─ Con il primo motivo: Violazione e falsa applicazione di norme di diritto di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. con riferimento all’art. 1421 c.c. all’art. 101, comma 3, c.p.c. e alla l. n. 287/1990. La Corte ha ritenuto inammissibile il motivo di appello articolato, per la prima volta, solo in comparsa conclusionale, con il quale è stata dedotta la nullità delle fideiussioni rilasciate dai ricorrenti per essere relative a clausole identiche allo schema contrattuale tipo p redisposto dall’RAGIONE_SOCIALE che ne vieta l’applicazione per violazione della l. n. 287/1990.
5.1 ─ La censura è infondata.
La Corte d’appello ha motivato l’inammissibilità con la considerazione che, per quanto la nullità di un contratto sia rilevabile anche d’ufficio da parte del giudice, è pur sempre necessario che i presupposti fattuali di detta nullità siano stati tempestivamente dedotti e provati in giudizio dalla parte interessata, la quale, però, nella specie aveva dedotto le circostanze di fatto a base della nullità -ossia l’intesa anticoncorrenziale tra banche e la conformità della fideiussione a tale intesa -soltanto con la comparsa conclusionale d’appello, allorché erano ampiamente maturate le preclusioni istruttorie.
Tale motivazione è conforme alla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 201713/2023, 5952/2014).
6 .-Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 2697 e 2719 c.c. e 116 e 221 ss c.p.c., nonché omesso esame di fatto decisivo. I ricorrenti contestano l’accertamento dei crediti della banca compiuto dalla Corte d’appello con una lunga trattazione, che procede da pag. 23 a pag. 42 del ricorso, in cui il contenuto della sentenza impugnata viene riprodotto per amplissimi stralci, onde non è agevole individuare precise censure rivolte a specifiche affermazioni della Corte d’appello, in mancanza delle quali il motivo stesso è destinato inevitabilmente alla inammissibilità. Può tuttavia individuarsi la proposizione di alcune questioni di diritto, cui dare risposta in questa sede.
6.1. In primo luogo, lamentano i ricorrenti che la Corte d’appello abbia accolto la domanda della banca nonostante l’incompleta produzione degli estratti conto da parte dell’attrice in riconvenzionale, ciò che escluderebbe l’osservanza dell’onere probatorio sulla stessa incombente.
6.1.1. La censura è infondata, avendo questa Corte già avuto occasione di chiarire che nei rapporti bancari in conto corrente, una volta esclusa la validità di talune pattuizioni relative agli interessi a carico del correntista, la rideterminazione del saldo del conto deve avvenire attraverso la produzione in giudizio dei relativi estratti a partire dalla data della sua apertura; non trattandosi tuttavia di prova legale esclusiva, all’individuazione del saldo finale possono concorrere anche altre prove documentali, nonché gli argomenti di prova desunti dalla condotta processuale tenuta del medesimo correntista e la effettuazione di una consulenza tecnica contabile (Cass. 14074/RAGIONE_SOCIALE, in motivazione, 9526/2019, 11543/2019, 1550/2022, 22290/2023). La Corte d’ap pello si è appunto attenuta a tale principio, valorizzando tra l’altro, in particolare, la genericità
delle contestazioni mosse dai fideiussori alla documentazione prodotta dalla banca.
Per il resto, le critiche mosse dai ricorrenti all’accertamento fattuale del credito della banca, si risolvono in censure di merito, non deducibili in sede di legittimità, ove, com’è noto, gli accertamenti di fatto sono censurabili esclusivamente mediante la deduzione dell’omesso esame di fatti decisivi, ai sensi e nei modi di cui al n. 5 dell’art. 360 cpc. Una siffatta denuncia, però, non viene in realtà articolata nel ricorso, che soltanto a pag. 29 accenna a tale asserito vizio della sentenza impugnata d educendo, però, l’omissione non già dell’esame di un ‘fatto’ da parte del giudice di appello, bensì l’omissione secondo i ricorrenti obbligatoria, ma a torto, per quanto sopra già osservato -della produzione degli estratti scalari da parte della banca.
6.2. Un’altra questione di diritto isolabile nella non sistematica esposizione dei ricorrenti attiene al disconoscimento della fotocopia di alcuni estratti conto, ritenuto dalla Corte d’appello inefficace in quanto generico. I ricorrenti censurano tale valutazione di genericità riportando il testo, in parte qua , del loro atto di citazione in appello.
6.2.1. La censura è però inammissibile, perché il passo riportato dai ricorrenti («… di cui si contestano integralmente gli estratti conti e le singole operazioni bancarie riportate nelle risultanze contabili della banca, nonché il saldo debitore risultante dai richiamati cc/cc, per essere gli stessi non rispondenti alle somme maturate ed effettivamente utilizzate dalla debitrice principale» ) non attiene affatto alla contestazione della conformità di una copia all’originale, che è invece oggetto della statuizione della Corte di merito qui impugnata.
6.3. Altra questione individuabile nella trattazione dei ricorrenti è relativa alla capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, la cui nullità i ricorrenti insistono sia rilevabile anche d’ufficio dal giudice di merito, censurando così la sentenza im pugnata, che invece non l’ha
rilevata. Si tratta, però, ancora una volta, di una censura inammissibile per difetto di attinenza con la ratio decidendi della sentenza impugnata sul punto. La Corte d’appello , infatti, ha statuito che, quanto agli interessi anatocistici, gli appellanti avevano omesso di censurare l’affermazione del giudice di primo grado, che ne aveva escluso l’esistenza per essere i rapporti per cui è causa sorti in epoca successiva alla delibera CICR del 9 febbraio 2020. Tale ratio decidendi è rimasta non censurata con il ricorso per cassazione.
6.4. Inammissibile è, infine, anche la censura della statuizione della Corte d’appello che esclude essere stato il contratto di anticipazione sottoscritto in bianco da RAGIONE_SOCIALE quanto alle condizioni generali e che nega comunque possa ritenersi provato l’abusivo riempimento del documento, in assenza di un accordo di riempimento ( absque pactis ), essendo a tal fine necessaria la querela di falso.
La censura dei ricorrenti, i quali sostengono che in realtà il documento era stato sottoscritto in bianco e che mai vi era stato riempimento degli spazi lasciati in bianco, sicché doveva concludersi che non erano stati pattuiti per iscritto interessi convenzionali a tasso ultralegale, è inammissibile perché presuppone accertamenti di fatto -sul contenuto del documento di cui trattasi -inibiti a questa Corte di legittimità.
7 . ─ Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 186 ter c.p.c. e omesso esame di fatto decisivo. Si censura il rigetto della richiesta di espressa revoca dell’ordinanza ex art. 186 ter cpc, recante la condanna per un importo maggiore di quello stabilito con la sentenza.
7.1. Il motivo è infondato. Come chiarito anche dalla Sezioni unite di questa Corte (cfr. sentenza n. 1820 del 2007), l’ordinanza ex art. 186 ter c.p.c. è destinata ad essere assorbita dalla sentenza finale, essendo soggetta al regime delle ordinanze revocabili di cui agli artt.
177 e 178 c.p.c. Un’espressa revoca, con la sentenza, non è pertanto necessaria.
─ Per quanto esposto, il ricorso va rigettato con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 12.000 per compensi e € 200 per esborsi , oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione