Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17172 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17172 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 7363/2021 proposto da:
COGNOME rappresentati e difeso i all’avv. NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-ricorrente
–
-contro-
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 1313/2020 de lla Corte d’appello di Catanzaro , pubblicata il 24.03.2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/05/2025 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME e NOME COGNOME citarono innanzi al Tribunale di Castrovillari la BCC Gestione Crediti spa, proponendo opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei confronti della RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE, della COGNOME, quale socia accomandataria, e del COGNOME, quest’ultimi fideiussori , per la somma di euro 49.773,81 oltre interessi di mora convenzionali decorrenti dal 5.12.12, contestando la pretesa della banca: per l’intervenuta decadenza dalla relativa azione; per non aver proposto le proprie istanze contro il debitore principale; per non aver permesso ai fideiussori di esercitare il diritto di regresso e di surroga, in quanto a sostegno del ricorso monitorio era stato prodotto un semplice saldo nel quale erano state conteggiate somme calcolate indebitamente, tali da azzerare il credito dell’opposta; per aver richiesto gli interessi anatocistici.
Con sentenza del 2016 il Tribunale rigettava la domanda, osservando che: era valida la deroga a ll’art. 1957 cc e quindi la legittimità dell’azione di recupero della banca nei confronti degli opponenti, anche in virtù della clausola n. 6 del contratto di fideiussione con la quale i garanti avevano espressamente esonerato la banca dall’obbligo di agir e preventivamente nei confronti della correntista nei termini di cui all’art. 1957 cc; la fattispecie era pertanto inquadrabile nell’ambito del contratto autonom o di garanzia, risultante peraltro dall’art. 7 del medesimo contratto; gli interessi erano stati pattuiti a condizione di reciprocità, mentre le commissioni erano state legittimamente pattuite. Con sentenza del 26.9.2020 la Corte territoriale rigettava l’appello degli opponenti, osservando che: le parti avevano validamente derogato all’art. 1957 cc – approvando specificamente la relativa clausola, ex art. 1341 cc, ed avevano nel contempo stabilito che i diritti della banca
derivanti dalla fideiussione restavano integri sino alla totale estinzione di ogni credito verso il creditore, senza che la banca fosse tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore entro i termini di cui all’art. 1957 cc; non era verosimile ritenere che la COGNOME, quale accomandataria della società debitrice, non avesse saputo dell’estinzione della società e dunque il fatto che l’obbligazione solidale contratta quale fideiussore fosse diventata esclusiva nei confronti della banca dal 2010; la banca aveva prodotto tutte le lettere-estratto relative al rapporto di conto corrente, mentre erano stati espressamente pattuiti in forma scritta il tasso debitore, le commissioni e gli altri oneri di gestione; la banca aveva correttamente applicato gli interessi moratori pattuiti maturati alla data del passaggio a sofferenza del conto corrente, pari a euro 49.773,81, e quelli moratori dal 5.2.2012 sino al soddisfo, comprensivi di anatocismo trimestrale, in conformità dell’art. 120 dlgs 385/93, come modificato dall’art. 25 dlgs. 342/99 e dalla delibera CICR 9.2.2000, essendo stato il contratto stipulato in epoca successivo, con la stessa reciproca periodicità del conteggio degli interessi, creditori e debitori.
NOME COGNOME e NOME COGNOME quali fideiussori, ricorrono in cassazione con tre motivi, illustrati da memoria. BBC Gestione crediti RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione degli artt. 1956, 1957 cc, 33, 34 e 36 codice del consumo, 112 cpc, nonché omesso esame di fatto decisivo, per non aver la Corte d’appello tenuto conto de l fatto che il COGNOME era da considerare consumatore, non avendo interesse nell’attività commerciale e, dunque , per aver ritenuto valida la clausola di deroga al l’art. 1957 cc.
Al riguardo, i ricorrenti lamentano che la Corte territoriale non abbia applicato la disciplina consumeristica, conseguendone l’operatività della presunzione di vessatorietà della clausola relativa alla decadenza della banca dalla garanzia contemplata dal predetto art. 1957 c.c., non superata attraverso la prova che tale clausola sia stata oggetto di trattativa individuale e di specifica approvazione.
Pertanto, i ricorrenti invocano la nullità parziale della fideiussione per non aver la banca coltivato diligentemente le proprie ragioni entro il termine di legge, e censurano altresì la statuizione sul contratto autonomo di garanzia, per non averne la Corte di merito indicato gli elementi probatori, applicandosi comunque l’art. 33 codice consumo.
Il secondo motivo deduce omessa pronuncia, in relazione agli artt. 1950 cc e 112 cpc, in ordine alla questione della consapevolezza, da parte del Misica , dell’estinzione della società, ai fini della possibilità di esercitare il diritto di surroga nei confronti della società debitrice, estintasi nel 2010.
Il terzo motivo denunzia violazione dell’art. 360, n.4, cpc, in relazione agli artt. 112 cpc, 1832 cc, per aver la Corte d’appello pronunciato su un’eccezione diversa da quella sollevata dagli appellanti.
Al riguardo, i ricorrenti assumono di aver formulato la specifica eccezione di disconoscimento dei vari addebiti (in ordine a prelievi di somme dal conto, asseritamente non riferibili al correntista, a penali, spese e commissioni non dovute)- ritenuta erroneamente assorbita dal Tribunalementre la Corte d’appello ha pronunciato sull’infondatezza dell’eccezione d’estinzione del debito, mai sollevata, ritenendo provato il credito della banca, sulla base dei documenti allegati al ricorso monitorio (contratto; estratti-conto; saldo certificato ex art. 50 TUB), senza peraltro tener conto della mancata comunicazione degli estratti conto.
Il primo motivo è inammissibile.
Anzitutto, va osservato che la questione relativa all’applicabilità del codice del consumo è nuova, non essendo mai stata formulata; né i ricorrenti allegano quando e come avrebbero sollevato tale eccezione.
Parimenti inammissibile è la doglianza relativa alla configurabilità del contratto autonomo di garanzia, in quanto generica, consistendo in una vaga critica circa l’asserita mancata indicazione degli elementi di prova fonte del co nvincimento della Corte d’appello.
Il secondo motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi .
I ricorrenti lamentano che la Corte d’appello non ha pronunciato sulla questione dell’impossibilità del Misica di esercitare la surroga nei confronti della società debitrice, a causa della sua estinzione nel 2010, ma solo con riguardo alla COGNOME quale accomandataria.
Invero, la sentenza impugnata ha dapprima rilevato che entrambi gli opponenti avrebbero dovuto tenersi al corrente delle condizioni patrimoniali della debitrice informandosi presso la società, e poi evidenziato la specifica qualità della COGNOME quale socia accomandataria della stessa società.
Ora, la doglianza è generica, non sorretta da allegazioni afferenti a specifici impedimenti che avrebbero impedito l’acquisizione delle suddette informazioni da parte del Misica.
Il terzo motivo è parimenti inammissibile. Anzitutto, va osservato che è nuova la questione della mancata comunicazione degli estratti-conto periodici, non emergente dalla sentenza impugnata; né i ricorrenti allegano quando e come avrebbero introdotto tale eccezione.
Inoltre, la Corte d’appello ha pronunciato sulla prova fornita dalla banca, ritenendo che il credito fosse dimostrato dal contratto e dagli estratti-conto prodotti dai quali si evinceva il tasso debitore nella
misura fissa indicata nel modulo sottoscritto dal correntista e l’indicazione delle commissioni, delle spese e degli altri oneri di gestione, del pari sottoscritte.
A fronte di tali allegazioni, i ricorrenti non hanno dimostrato le eccezioni impeditive formulate, limitandosi a lamentare che la sentenza impugnata non avrebbe esaminato le contestazioni fondate sui ‘disconoscimenti’ dei vari prelievi addebitati, né hanno provato l’inesistenza delle varie operazioni d’addebito.
Al riguardo, come desumibile dalla trascrizione del motivo d’appello, gli appellanti hanno eccepito che i vari addebiti e prelievi indicati non erano riferibili alla parte correntista; l’assoluta genericità della doglianza, non corredata da nessun elemento esplicativo dell’asserita non riferibilità delle suddette poste, rende del tutto corretta la statuizione impugnata circa l’idoneità dei documenti prodotti dalla banca a fornire la prova del credito fatto valere.
Sul punto, giova richiamare la consolidata giurisprudenza di questa Corte che afferma il principio secondo il quale spetta al cliente di avanzare contestazioni avverso la contabilità tenuta dall’istituto di credito e comunicata in estratto comporta che tale contabilità può costituire prova del saldo attivo a favore della banca qualora il cliente si limiti ad una generica affermazione di nulla dovere, o di dovere una somma inferiore, senza muovere addebiti specifici e circostanziati sulle singole poste dalle quali discende quel saldo (Cass., n. 1281/2002; n. 14849/2000).
Ne consegue che non sussiste il lamentato difetto di pronuncia sull’eccezione riguardante le contestazioni dei suddetti addebiti Infine, la doglianza relativa alle penali, spese e commissioni è del tutto generica e non pertinente alla statuizione impugnata.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nella somma di euro 6.200,00 di cui 200,00 per esborsi- oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 29 maggio 2025.