Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13345 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13345 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 781/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE E DEL RAGIONE_SOCIALE, in persona del Curatore, NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, SEZ.DIST. DI SASSARI, n. 351/2020, depositata il 9/11/2020, notificata in data 24/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO
Il Tribunale di Sassari, con la sentenza n. 1167/2018, dopo aver rigettato la domanda di nullità per omessa allegazione del contratto di leasing , come disposto dal provvedimento della Banca d’Italia del 25 maggio 2003: i) accoglieva quella subordinata del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di contenuto restitutorio e condannava la società RAGIONE_SOCIALE al pagamento di euro 326.402,97, pari ai canoni corrisposti in esecuzione del contratto di leasing traslativo avente ad oggetto un immobile, sito in Cagliari, stipulato in data 18/12/2007; detto contratto si era risolto l’11/07/2012 per inadempimento dell’utilizzatrice, a seguito dell’attivazione, da parte della società RAGIONE_SOCIALE, della clausola risolutiva espressa ivi contenuta; ii) riteneva tardiva e quindi inammissibile la domanda della RAGIONE_SOCIALE di liquidazione dell’equo indennizzo.
La Corte d’appello di Cagliari, sez. distaccata di Sassari, con la sentenza n. 351/2020, pubblicata in data 9/11/2020 e notificata in data 28/10/2020, ha rigettato l’impugnazione proposta dalla società RAGIONE_SOCIALE e confermato la sentenza del Tribunale.
Per quanto ancora di rilievo, ha escluso l’applicazione dell’art. 72 l. Fall., non essendo in discussione lo scioglimento del contratto di leasing a seguito del fallimento dell’utilizzatore; ha altresì negato l’applicazione alla fattispecie per cui è causa della l. n. 24/2017, data la sua irretroattività; ha condiviso la statuizione del Tribunale
che aveva ritenuto tardiva la richiesta risarcitoria formulata dalla RAGIONE_SOCIALE solo con la comparsa depositata a seguito di riassunzione, richiamando Cass. n. 19287/2010, secondo la quale il diritto all’equo compenso e il diritto al risarcimento del danno costituiscono pretese autonome non direttamente discendenti dall’applicazione dell’art. 1526 cod.civ.; ha aggiunto che la società concedente non aveva fornito argomenti che giustificassero la rimessione in termini e non ha considerato rilevante, a tal fine, l’aver dovuto attendere l’esito del procedimento endofallimentare, posto che nel procedimenti dinanzi al Tribunale ordinario non avrebbe potuto ottenere una pronuncia di condanna, ma avrebbe potuto eccepire tempestivamente l’esistenza di un controcredito sub iudice in sede fallimentare.
RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulando tre motivi.
Resiste con controricorso il RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 1173, 1321, 1322, 1362 ss, 1372 cod.civ., degli artt. 112, 113 e 115 cod.proc.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 e n. 5, cod.proc.civ.
La tesi è che la Corte d’appello abbia omesso di esaminare il contenuto del contratto di leasing , il quale disciplinava espressamente gli effetti della risoluzione, prevedendo che ‘in caso di inadempimento dell’Utilizzatore al pagamento anche di un solo corrispettivo periodico o di uno degli obblighi sopra indicati ed espressamente indicati nella clausola risolutiva espressa, il concedente ha facoltà di risolvere di diritto i contratto mediante il
semplice invio di una raccomandata a.r.’ e che ‘a seguito della risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore, il concedente ha diritto di pretendere da questi, fatto salvo il maggior danno, una penale di risoluzione, il cui importo, all’uopo indicato, è pari ai canoni scaduti e non pagati sino al momento della risoluzione, nonché di quelli a scadere attualizzati al tasso indicato maggiorato degli interessi di mora e delle spese, nonché del prezzo per l’opzione finale di acquisto e dedotto quanto ricavato dalla vendita del bene’.
Sulla scorta di detta clausola, la Corte d’appello avrebbe dovuto accertare -ad avviso della ricorrente – che le parti avevano pattuito l’irretroattività degli effetti della risoluzione per inadempimento e previsto il diritto della RAGIONE_SOCIALE di trattenere, a titolo di penale convenzionale, le somme pagate per canoni sino alla data di risoluzione. Di qui la denuncia di violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., atteso che la Corte d’appello avrebbe omesso di pronunciarsi sugli effetti della risoluzione per inadempimento del contratto, così come regolati dalle parti.
Il motivo è inammissibile.
Il Collegio rileva che la società ricorrente, pur avendo denunciato un error in procedendo , avrebbe dovuto dimostrare di avere invocato l’applicazione della clausola convenzionale sopra riportata. Affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 cod.proc.civ. è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda o un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente e inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronuncia si sia resa necessaria e ineludibile, e, dall’altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde
consentire al giudice di verificarne, in primis , la ritualità e la tempestività e, in secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi. Ove, quindi, si deduca la violazione, nel giudizio di merito, del citato art. 112 cod.proc.civ., riconducibile alla prospettazione di un’ipotesi di “error in procedendo” per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del fatto processuale, detto vizio, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all’adempimento da parte del ricorrente -per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l’altro, il rinvio per relationem agli atti della fase di merito dell’onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere a una loro autonoma ricerca, ma solo a una verifica degli stessi (Cass . 05/08/2019, n. 20924).
Il soddisfacimento delle prescrizioni di cui all’art. 366, 1° comma, n. 6, cod.proc.civ., era, peraltro, ancor più necessario, in considerazione del fatto che la clausola contrattuale su cui la Corte d’appello avrebbe omesso di pronunciarsi è qualificata dalla giurisprudenza di questa Corte come ‘clausola penale’ sulla quale il giudice non è tenuto a pronunciarsi d’ufficio, spettando alla parte interessata chiederne l’applicazione, trattandosi di eccezione in senso stretto: (Cass., Sez. Un., 29/01/ 2021, n. 2142, § 5.1; Cass., 12/09/2014, n. 19272).
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 disp. legge in generale, dell’art. 1, commi 136 e ss., della l. n. 124/2017 e/o dell’art. 72 quater della l. fall.
L’errore ascritto alla Corte d’appello è quello di avere applicato analogicamente l’art. 1526 cod.civ. in luogo dell’art. 1, commi 136 e ss., della l. n. 1 24/2017 o dell’art. 72 quater l. fall.
Il motivo è infondato.
Questa Corte, a Sezioni Unite, con la pronuncia del 28/01/2021, n.2061, ha escluso che la (cosiddetta ‘legge sulla concorrenza’) abbia effetti retroattivi e che trovi, quindi, applicazione per i contratti di leasing finanziario in cui i presupposti della risoluzione per l’inadempimento dell’utilizzatore, previsti dal comma 137 in poi, non si siano ancora verificati al momento della sua entrata in vigore, ed ha statuito che ‘per i contratti risolti in precedenza e rispetto ai quali sia intervenuto il fallimento dell’utilizzatore soltanto successivamente alla risoluzione contrattuale, rimane valida la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo, dovendo per quest’ultimo social-tipo negoziale applicarsi, in via analogica, la disciplina di cui all’
e non quella dettata dall’
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‘
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Con il terzo motivo la ricorrente imputa alla Corte d’appello la violazione e /falsa applicazione degli artt. 1526 cod.civ., 99, 100, 112, 113, 115, 153, 167 e 183 cod.proc.civ., ex art. 360, 1° comma, n. 3 e n. 5, cod.proc.civ.
Anche ammettendo che alla fattispecie in esame dovesse applicarsi analogicamente l’art. 1526 cod.civ., la Corte d’appello avrebbe erroneamente considerato inammissibile, perché tardiva la richiesta dell’equo compenso o del risarcimento del danno.
L’errore consisterebbe nel non aver considerato che la richiesta dell’equo compenso o del risarcimento del danno erano eccezioni riconvenzionali che non ampliavano il petitum e non ledevano il principio del contraddittorio.
Il motivo è fondato.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, nel giudizio come nella specie promosso dal curatore per il recupero di un credito del fallito, il convenuto ben può eccepire in compensazione, in via riconvenzionale, l’esistenza di un proprio controcredito verso il RAGIONE_SOCIALE, atteso che tale eccezione è diretta esclusivamente a neutralizzare la domanda attrice ottenendone il rigetto totale o
parziale e che in tale ipotesi non opera il rito speciale per l’accertamento del passivo, previsto dagli artt. 93 ss. l. fall. (Cass. 18/12/2017, n. ; Cass. 14/04/2022, n. .
La società utilizzatrice, chiedendo di accertare il suo diritto ad ottenere l’ indennizzo e il risarcimento del danno, ‘ha fatto valere il proprio controcredito per paralizzare, in termini correlativi al relativo importo, la domanda del RAGIONE_SOCIALE‘, perciò la corte di merito ha nell’impugnata sentenza disatteso i suindicati principi, erroneamente qualificando la domanda spiegata dall’odierna ricorrente come domanda anziché come eccezione riconvenzionale.
Ribadito che, come insegna la giurisprudenza di questa Corte, la distinzione tra domanda ed eccezione riconvenzionale non dipende dal titolo posto a base della difesa del convenuto, ma dal relativo oggetto, vale a dire dal risultato processuale che lo stesso intende con essa ottenere, che è limitato, nel secondo caso, quello dell’eccezione riconvenzionale, al rigetto della domanda proposta dall’attore, è da ritenere in tale ultima ipotesi, che è quella che ricorre nel caso di specie, che non sussistono limiti al possibile ampliamento del tema della controversia da parte del convenuto, il quale può allegare fatti o rapporti giuridici prospettati come idonei a determinare l’estinzione o la modificazione dei diritti fatti valere dall’attore, ed in base ai quali si chiede la reiezione delle domande da questo proposte e non una pronunzia di accoglimento di ulteriori e diverse domande (per tutte cfr. la più recente Cass. 07/11/2023, n. 21010), a condizione che il giudice del merito accerti se il fatto, cui la parte intende collegare l’effetto di eccezione riconvenzionale, sia stato tempestivamente introdotto in primo grado in base ai termini previsti dall’art. 183 cod.proc.civ.
Per le ragioni esposte va accolto il terzo motivo, va dichiarato inammissibile il primo e va rigettato il secondo. La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’appello
di Cagliari, Sez. dist. di Sassari, in diversa composizione che provvederà anche a liquidare le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo, dichiara inammissibile il primo e rigetta il secondo. Cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’appello di Cagliari, Sez. dist. di Sassari, in diversa composizione, che provvederà anche a liquidare le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 29/04/2024 dalla Terza