Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 31753 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 31753 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 17460-2022 proposto da:
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonché
RAGIONE_SOCIALE quale società di gestione del comparto del fondo comune di investimento RAGIONE_SOCIALE, denominato ‘ Multi-Asset Sub-Fund 3 ‘ (‘MAF3′), quest’ ultimo (MAF3) assuntore del Concordato Fallimentare CE.RAGIONE_SOCIALE PER AZIONI, rappresentata e difesa dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in atti;
– interventore – avverso il DECRETO del TRIBUNALE DI NAPOLI NORD depositato il 17/6/2022;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 6/11/2024;
FATTI DI CAUSA
1.1. NOME COGNOME, con ricorso del 5/5/2021, ha proposto domanda di ammissione allo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE società consortile per azioni per la somma complessiva di €. 50.752,00, al lordo della ritenuta d ‘ acconto, con la collocazione corrispondente al privilegio previsto dall ‘ art. 2751 bis n. 2 c.c., deducendo di aver svolto l ‘ incarico di componente effettivo del collegio sindacale della società poi fallita e di non aver ricevuto, per il periodo di tempo tra l ‘ 1/5/2016 ed il 30/4/2017 e tra l ‘ 1/5/2017 ed il 30/4/2018, il compenso a lui spettante nella misura determinata dall ‘ assemblea dei soci con delibera del 16/6/2015.
1.2. Il Fallimento, dal suo canto, ha dedotto che, come emerge dall ‘ esame della documentazione contabile, amministrativa e fiscale della società, l ‘ organo di controllo della fallita ha violato i relativi doveri, come il comportamento omissivo prestato in relazione alla ritardata emersione delle perdite di esercizio e al mancato ribaltamento sui soci consorziati delle perdite emerse negli esercizi 2015 e 2016, che hanno arrecato pregiudizio al patrimonio sociale tale da renderlo insufficiente all ‘ integrale soddisfazione dei creditori, ed ha, in forza di tale rilievo, eccepito, ai fini previsti dall ‘ art. 1460 c.c., l ‘ inadempimento del creditore istante, chiedendo il rigetto della domanda proposta.
1.3. Il giudice delegato, recependo le eccezioni sollevate dal Fallimento, ha rigettato la domanda.
1.4. NOME COGNOME ha proposto opposizione allo stato passivo ribadendo la domanda di ammissione per la somma
complessiva di €. 50.752,00, al lordo della ritenuta d’ acconto, con il privilegio previsto dall ‘ art. 2751 bis n. 2 c.c..
1.5. Il Fallimento si è costituito in giudizio e ha resistito all ‘ opposizione proposta deducendo che, come emerge anche dall ‘ atto di citazione con il quale il 10/6/2021 è stata promossa nei confronti del sindaco opponente l ‘ azione di responsabilità prevista dall ‘ art. 146 l.fall., l ‘ eccezione d ‘ inadempimento era fondata sul ‘ comportamento omissivo ‘ assunto dallo stesso ‘ in relazione alla ritardata emersione della perdita di esercizio ‘, occultata (attraverso la ‘ mancata svalutazione dei crediti ‘) quanto meno a far data dall ‘ esercizio al 31/12/2011, e alla mancata adozione dei provvedimenti conseguenti alla ‘ totale erosione del capitale ‘, nonché ‘ al mancato ribaltamento ai consorziati delle perdite di esercizio degli anni 2015 e 2016 ‘, e cioè ‘ condotte omissive che si sono rilevate foriere di danni alla massa dei creditori ‘ .
1.6. Il Tribunale, con il decreto in epigrafe, ha, sia pur in parte, accolto l ‘ opposizione proposta, ammettendo l ‘ istante al passivo del Fallimento per la somma di €. 23.199,99, oltre accessori, con la collocazione privilegiata prevista dall ‘ art. 2751 bis n. 2 c.c.
1.7. Il Tribunale, in particolare, ha ritenuto, innanzitutto, che l ‘ opponente, attraverso i documenti prodotti in giudizio (come le relazioni ai bilanci di esercizio e i verbali delle riunioni del collegio sindacale), ‘ ha dimostrato di aver svolto la propria funzione diretta al controllo di legittimità sostanziale dell ‘ operato dell ‘ organo amministrativo ‘ e, in secondo luogo , che ‘ le eccezioni di inadempimento formulate dalla curatela sono generiche e nella loro formulazione approssimativa sono prive del connotato della gravità ‘ tale ‘ da pregiudicare gli interessi dei soci e dei creditori sociali ‘.
1.8. Il Tribunale, infine, ha ritenuto che il credito dell ‘ opponente dovesse essere determinato in ragione del compenso così come stabilito nella delibera assembleare di nomina, pari al la somma complessiva di €. 23.199,99, oltre accessori.
1.9. Il Fallimento, con ricorso notificato il 13/7/2022, ha chiesto, per quattro motivi, la cassazione del decreto.
1.10. NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
1.11. È intervenuta in giudizio, con atto del 9/7/2024, la RAGIONE_SOCIALE nella qualità di società di gestione del comparto del Fondo comune di investimento RAGIONE_SOCIALE, denominato ‘ Multi-Asset Sub-Fund 3 ‘ (‘MAF3’), quest ‘ ultimo (MAF3) assuntore del concordato fallimentare RAGIONE_SOCIALE, ed ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, il Fallimento ricorrente, lamentando l a ‘ violazione di norme sulla competenza in relazione all ‘ accertamento della (mancata) responsabilità del sindaco (art. 360, n. 2 cpc) ‘, ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il Tribunale ha respinto l ‘ eccezione d ‘ inadempimento sollevata dal Fallimento, procedendo, in tal modo, ad un accertamento, con efficacia di possibile giudicato quanto meno endofallimentare, dell ‘ insussistenza della responsabilità del sindaco opponente, che è, tuttavia, riservato al Tribunale delle imprese; innanzi al quale, del resto, il Fallimento ha proposto l ‘ azione prevista dall ‘ art. 146 l.fall. proprio per l ‘ accertamento della responsabilità di tutti i componenti dell ‘ organo di controllo della società fallita.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la ‘ violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 295 cpc., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 cpc) ‘, ha censurato il decreto
impugnato nella parte in cui il Tribunale ha respinto l ‘ eccezione d ‘ inadempimento in ragione dell ‘ affermata insussistenza della responsabilità del sindaco opponente, senza, tuttavia, procedere, come il Fallimento aveva chiesto nel corso del giudizio, alla relativa sospensione in attesa dell ‘ esito dell ‘ azione di responsabilità proposta dal Fallimento innanzi al Tribunale delle imprese di Napoli.
2.3. I motivi sono infondati. Nel giudizio d ‘ opposizione allo stato passivo, il Tribunale fallimentare è, infatti, investito della competenza a decidere su tutti i fatti modificativi od estintivi dei crediti azionati dai creditori concorsuali, sicché il curatore può proporre in detta sede un ‘ eccezione riconvenzionale d ‘ inadempimento di un controcredito vantato dalla società poi fallita nei confronti del creditore istante al solo fine di ottenere (a seguito di cognizione in via incidentale della sussistenza di tale credito e del relativo inadempimento) il rigetto della domanda proposta da quest ‘ ultimo di partecipazione al concorso, senza che il relativo giudizio possa o debba essere sospeso a norma dell ‘ art. 295 c.p.c. in ragione della deduzione in via principale dell ‘ inadempimento di tale credito in altro giudizio, innanzi al Tribunale a tal fine competente, volto ad ottenere la condanna di quest ‘ ultimo al risarcimento dei danni arrecati al patrimonio della società fallita (cfr. Cass. n. 10528 del 2019).
2.4. La contemporanea pendenza di un ‘ azione di responsabilità, promossa dal curatore nei confronti di un amministratore o di un sindaco della società fallita, e di un ‘ opposizione allo stato passivo, instaurata dal medesimo amministratore o sindaco per il riconoscimento del compenso per l ‘ attività svolta, non giustifica, pertanto, né l ‘ ammissione del credito con riserva, che è consentita solo nei casi tassativamente
indicati nell ‘ art. 96, comma 2°, l.fall., né la sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. del giudizio di opposizione al passivo, in quanto, in sede di verifica del passivo, il curatore può eccepire i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere dal creditore (Cass. n. 3804 del 2022).
2.5. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamentando la ‘ violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 cpc in relazione agli artt. 1460 e 2697 c.c.) ‘, ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il Tribunale ha respinto l ‘ eccezione d ‘ inadempimento sul rilievo che le censure formulate in ordine all ‘ inadempimento del sindaco erano generiche, vaghe ed indeterminate, omettendo, tuttavia, di considerare che: – nel giudizio d ‘ opposizione allo stato passivo, ove il Fallimento avanzi un ‘ eccezione d ‘ inadempimento, il riparto degli oneri probatori segue le regole ordinarie, in forza delle quali il creditore che agisce per l ‘ adempimento deve soltanto provare la fonte del suo diritto, limitandosi ad allegare l ‘ inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell ‘ onere di provare il fatto estintivo dell ‘ altrui pretesa, costituito dall ‘ avvenuto adempimento; -eguale criterio di riparto dell ‘ onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto si avvalga dell ‘ eccezione d ‘ inadempimento prevista dall ‘ art. 1460 c.c.; – il Fallimento, quale creditore, ha eccepito, in modo tutt ‘ altro che generico, l ‘ altrui inadempimento o inesatto adempimento, provando la fonte del proprio diritto ed allegando le circostanze dell ‘ inadempimento, come le omissioni del sindaco opponente rispetto alla ritardata emersione della perdita di esercizio e al mancato ribaltamento sui consorziati delle perdite di esercizio relative agli anni 2015 e 2016; l ‘ opponente, dal suo canto, non ha, per contro, provato, pur avendone l ‘ onere, l ‘ avvenuto adempimento, essendosi, in
effetti, limitato a produrre i verbali in cui vengono evidenziate le condotte dell ‘ organo amministrativo, omettendo di provare il puntuale e diligente svolgimento del proprio incarico, e cioè di essersi attivato per porre rimedio alle condotte illegittime poste in essere dagli amministratori.
2.6. Con il quarto motivo, il ricorrente, lamentando la ‘ violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 cpc in relazione agli artt. 2393, 2394, 2395, 2403, 2403 bis, 2406, 2407 2409, 1176 cod.civ.)’ e l”omesso esame circa un fatto decisivo pe il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, I co., n. 5 cpc) ‘, ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il Tribunale ha respinto l ‘ eccezione d ‘ inadempimento proposta dal Fallimento senza, tuttavia, considerare che: – l ‘ opponente, pur a fronte dei numerosi degli elementi d ‘ inadempimento invocati, non ha fornito la prova di aver eseguito la propria prestazione ‘in maniera diligente e completa ‘, essendosi , in realtà, limitato, in relazione al mancato ribaltamento delle perdite, a denunciare l ‘ illegittimo comportamento dell ‘ organo amministrativo, mentre, per ciò che riguarda la ritardata rilevazione delle stesse, non ha dedotto né documentato alcunché, consentendo, in tal modo, in mancanza di azioni concrete, che l ‘ attività aziendale proseguisse accumulando le ulteriori perdite emerse in sede di sbilancio fallimentare, compreso tra i 50 ed i 100 milioni di euro.
2.7. Il terzo e il quarto motivo, da esaminare congiuntamente, sono fondati.
2.8. Il Tribunale, infatti, ha ritenuto l ‘ infondatezza dell ‘ eccezione d ‘ inadempimento con la quale il Fallimento aveva dedotto la carenza di qualsivoglia attività di controllo da parte del sindaco opponente sull ‘ attività di gestione compiuta dagli amministratori della società, come la mancata rilevazione
(quanto meno a far data dall ‘ esercizio al 31/12/2011) di perdite che avevano totalmente eroso il capitale sociale e il mancato ribaltamento sui consorziati delle perdite maturate negli anni 2015 e 2016, limitandosi, in sostanza, a rilevare: a) per un verso, che le eccezioni sollevate dal Fallimento, in ragione della loro generica ed approssimativa formulazione, erano ‘ prive del connotato della gravità ‘, non avendo precisato né quale dato dello stato patrimoniale non era stato correttamente valutato ai sensi dell ‘ art. 2426 c.c., con il conseguente occultamento della perdita del capitale sociale, né quali erano stati i soci morosi nel pagamento dei crediti verso la società poi fallita; b) per altro verso, che l ‘ opponente aveva dimostrato, con la produzione in giudizio dei verbali delle riunioni del collegio sindacale e delle relazioni redatte dallo stesso, di aver svolto la propria funzione di controllo sulla legittimità dell ‘ operato dell ‘ organo amministrativo in ordine all ‘ emersione di perdite rilevanti e al loro ribaltamento sui soci, rendendo edotti i soci e i creditori sociali delle ‘ criticità ‘ riscontrate, con la conseguente esclusione di un inadempimento da parte del sindaco così grave da giustificare la sospensione della prestazione da parte della società.
2.9. Il Tribunale, tuttavia, ha, in tal modo, erroneamente omesso di considerare, così cadendo nel vizio di falsa applicazione delle norme invocate dal ricorrente, come in precedenza indicate, il principio, che questa Corte ha ripetutamente affermato (e di recente ribadito: Cass. n. 2350 del 2024; Cass. n. 2400 del 2024), secondo il quale, nel giudizio di verificazione conseguente alla domanda di ammissione del credito vantato dal professionista (come il sindaco della società poi fallita) al compenso asseritamente maturato nei confronti della stessa, il curatore del fallimento della società committente
è legittimato a sollevare l ‘ eccezione d ‘ inadempimento (anche nel caso in cui si fosse prescritta la corrispondente azione: art. 95, comma 1°, l.fall.) secondo i canoni diretti a far valere la responsabilità contrattuale: vale a dire con il (solo) onere di contestare, in relazione alle circostanze del caso (come i contegni gestori, asseritamente contrari ai principi di regolare e corretta amministrazione, che ha specificamente dedotto in giudizio quali fatti storici che avrebbero imposto al sindaco la condotta che, in relazione al mandato ricevuto, avrebbe dovuto tenere e non ha, invece, tenuto), la negligente o incompleta esecuzione, ad opera del professionista istante, della prestazione di vigilanza dovuta, restando, per contro, a carico di quest ‘ ultimo l ‘ onere di dimostrare, a fronte delle circostanze dedotte e provate dal curatore, di aver, invece, esattamente adempiuto per la rispondenza della sua condotta al modello professionale e deontologico richiesto in concreto dalla situazione su cui è intervenuto con la propria opera (cfr. Cass. SU n. 42093 del 2021).
2.10. In tema di prova dell ‘ inadempimento di un ‘ obbligazione, infatti, il creditore che agisca per l ‘ adempimento di un ‘ obbligazione contrattuale e per il risarcimento dei danni asseritamente subiti, deve soltanto provare la fonte del suo diritto (e cioè del contratto e del relativo termine di scadenza), limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell ‘ inadempimento della controparte, mentre spetta al debitore convenuto l ‘ onere di provare il fatto estintivo dell ‘ altrui pretesa, costituito dall ‘ avvenuto adempimento (Cass. SU n. 13533 del 2001).
2.11. Si tratta, peraltro, di un criterio di riparto dell ‘ onere della prova applicabile anche al caso in cui il debitore convenuto si avvalga, com ‘ è accaduto nel caso in esame, dell ‘ eccezione
d ‘ inadempimento di cui all ‘ art. 1460 c.c. poiché il debitore eccipiente può limitarsi ad allegare l ‘ altrui inadempimento (o l ‘ inesatto adempimento) alle obbligazioni assunte dal creditore (di cui deve dedurre e dimostrare il fatto costitutivo), spettando, per contro, a quest ‘ ultimo, che ha agito in giudizio, l ‘ onere di provare di aver esattamente adempiuto alle stesse (Cass. SU n. 13533 del 2001; Cass. n. 3373 del 2010; Cass. n. 826 del 2015; Cass. n. 3527 del 2021).
2.12. Ne consegue che, ove il preteso creditore (come il sindaco della società fallita) proponga opposizione allo stato passivo, dolendosi dell ‘ esclusione di un credito (al compenso maturato) del quale aveva chiesto l ‘ ammissione, il Fallimento, dinanzi alla pretesa creditoria azionata nei suoi confronti, può sollevare, per paralizzarne l ‘ accoglimento in tutto o in parte, l ‘ eccezione di totale o parziale inadempimento o d ‘ inesatto adempimento da parte dello stesso ai propri obblighi contrattuali (e cioè, com ‘ è accaduto nel caso in esame, la carenza di un effettivo controllo da parte del sindaco opponente in ordine all ‘ attività di gestione compiuta ovvero omessa dagli amministratori, che il curatore ha dedotto, in quanto, a suo dire, contrarie alla regolare e corretta amministrazione, a partire dal ‘ comportamento omissivo ‘ assunto dallo stesso ‘ in relazione alla ritardata emersione della perdita di esercizio ‘, asseritamente occultata dagli amministratori, quanto meno a far data dall’esercizio al 31/12/2011, attraverso la ‘ mancata svalutazione dei crediti ‘ e la mancata adozione dei provvedimenti conseguenti alla ‘ totale erosione del capitale ‘ ), con, appunto, il solo onere di allegare, in relazione alle circostanze di fatto del caso (che ha l ‘ onere di dedurre e dimostrare in giudizio con tutti i mezzi a tal fine utilizzabili, a partire dalla richiesta di consulenza tecnica d ‘ ufficio),
l ‘ inadempimento del sindaco istante (al suo dovere di vigilanza sull ‘ attività di gestione della società: art. 2403, comma 1°, c.c.).
2.13. Spetta, poi, a quest ‘ ultimo il compito di provare il fatto estintivo di tale dovere, costituito dall ‘ avvenuto esatto adempimento, e cioè di aver adeguatamente vigilato sulla condotta degli amministratori, attivando, con la diligenza professionale dallo stesso esigibile in relazione alla situazione concreta, i poteri-doveri inerenti alla carica (art. 2407, comma 1°, c.c.). I sindaci, in effetti, non esauriscono l ‘ adempimento dei proprio compiti con il mero e burocratico espletamento delle attività specificamente indicate dalla legge avendo, piuttosto, l ‘ obbligo di adottare (ed, anzi, di ricercare lo strumento di volta in volta più consono ed opportuno di reazione, vale a dire) ogni altro atto (del quale il sindaco deve fornire la dimostrazione) che, in relazione alle circostanze del caso (ed, in particolare, degli atti o delle omissioni degli amministratori che, in ipotesi, non siano stati rispettosi della legge, dello statuto o dei principi di corretta amministrazione) fosse utile e necessario ai fini di un ‘ effettiva ed efficace (e non meramente formale) vigilanza sull ‘ amministrazione della società e le relative operazioni gestorie (cfr., al riguardo, Cass. n. 18770 del 2019, in motiv., per cui ‘ l ‘ onere di allegazione e di prova nelle azioni di responsabilità avverso l ‘ organo sindacale si atteggia nel senso che spetta all ‘ attore allegare l ‘ inerzia del sindaco e provare il fatto illecito gestorio, accanto all ‘ esistenza di segnali d ‘ allarme che avrebbero dovuto porre i sindaci sull ‘ avviso; assolto tale onere, l ‘ inerzia del sindaco integra di per sé la responsabilità, restando a carico del medesimo l ‘ onere di provare di non aver avuto nessuna possibilità di attivarsi utilmente, ponendo in essere tutta la gamma di atti, sollecitazioni, richieste, richiami, indagini, sino alle denunce alle autorità civile e penale ‘).
2.14. Né, d ‘ altra parte, può rilevare il fatto il fatto che le obbligazioni inerenti all ‘ esercizio di un ‘ attività professionale, come quelle che gravano sui componenti del collegio sindacale, sono, di regola, obbligazioni di mezzi e non di risultato: – è senz ‘ altro vero, infatti, che il professionista, assumendo l ‘ incarico, s ‘ impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato (come, nel caso del sindaco, la legittimità e la correttezza dell ‘ intera gestione sociale) ma non anche a conseguirlo e che l ‘ inadempimento del professionista non può essere, pertanto, desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile avuto di mira dalla società committente, dovendo essere, piuttosto, valutato alla stregua dei doveri inerenti allo svolgimento dell ‘ attività professionale ed, in particolare, al dovere di diligenza professionale fissato dall ‘ art. 1176, comma 2°, c.c. (e, nel caso del sindaci, dall ‘ art. 2407, comma 1°, c.c.); – è anche vero, tuttavia, che il diritto del professionista al compenso (che nel caso dei sindaci è previsto dall ‘ art. 2402 c.c. e dev ‘ essere corrisposto anno per anno: Cass. n. 6027 del 2021), se non implica il raggiungimento del risultato programmato con il conferimento del relativo incarico (e cioè la legittimità dell ‘ intera gestione sociale e la sua conformità ai principi di corretta amministrazione: art. 2403, comma 1°, c.c.), richiede, nondimeno, che il giudice di merito accerti, in fatto, la concreta ed effettiva idoneità funzionale delle prestazioni svolte a conseguire tale risultato, essendo, in effetti, evidente che, in difetto, pur in mancanza di una responsabilità contrattuale del professionista a tal fine incaricato (per insussistenza, ad esempio, di danno che ne sia conseguito), non potrebbe neppure parlarsi di atto di adempimento degli obblighi contrattualmente assunti dallo stesso (cfr. Cass. n. 36071 del 2022, in motiv.) e giustifica, quindi, il rifiuto del committente, a norma dell ‘ art.
1460 c.c., al pagamento, in tutto o in parte, del compenso (in ipotesi) maturato.
2.15. Se, infatti, l ‘obbligo di pagare la remunerazione ‘ si pone in rapporto di dipendenza diretta con il corretto espletamento delle funzioni determinate dalla legge e dal contratto sociale ‘, risulta, allora, evidente che ‘ il pagamento del compenso non può ontologicamente restare indifferente alle possibili anomalie nell ‘ adempimento dei relativi obblighi di fonte eterodeterminata, dovendosi perciò escludere ogni preteso automatismo nel suo riconoscimento ‘, con la conseguenza che, in tal caso, ‘ risulta giustificata l ‘ estensione, al rapporto remuneratorio intercorrente tra amministratore e società, del rimedio che l ‘ art. 1460 c.c. ha istituito per rafforzare l ‘ obbligo di adempimento delle obbligazioni nei contesti di corrispettività, anche se solo di natura lato sensu contrattuale ‘, per cui ‘ il giudice è tenuto a procedere ad una valutazione comparativa dei comportamenti delle parti contrapposte tenendo conto non solo dell ‘ elemento cronologico, ma anche (e soprattutto) dei rapporti di causalità e proporzionalità esistenti tra le prestazioni inadempiute, e della loro incidenza sulla funzione economicosociale del contratto (Cass. 12978/2002) ‘ (cfr. Cass. n. 29252 del 2021, in motiv., con riferimento al caso, ai fini in esame del tutto simile a quello di specie, dell ‘ amministratore della società).
2.16. L ‘ eccezione d ‘ inadempimento di cui all ‘ art. 1460 c.c. può essere, pertanto, opposta dal cliente (o dal curatore del relativo fallimento) al professionista (come il sindaco) che abbia violato l ‘ obbligo di diligenza professionale quando le prestazioni svolte dallo stesso, a prescindere dal mancato conseguimento del risultato perseguito, non sono state, per la negligenza con cui sono state eseguite, oggettivamente funzionali, in tutto o in parte, alla soddisfazione degli interessi del primo, così come
dedotti, per volontà delle parti o (come nel caso dei sindaci) della legge, nel contratto di prestazione d ‘ opera professionale tra loro intercorso ed abbiano, di conseguenza, negativamente inciso sulla effettiva realizzazione (o possibilità di realizzazione) degli stessi (cfr. Cass. n. 13207 del 2021).
2.17. Il dovere di vigilanza imposto ai sindaci dall ‘ art. 2403 c.c. è, in effetti, configurato dalla legge con particolare ampiezza poiché non è circoscritto all ‘ operato degli amministratori ma si estende al regolare svolgimento dell ‘ intera gestione sociale in funzione della tutela non solo dell ‘ interesse dei soci ma anche di quello concorrente dei creditori sociali (Cass. n. 2772 del 1999; Cass. n. 5287 del 1998; più di recente, in tema di sanzioni amministrative, Cass. n. 1601 del 2021): né, d ‘ altra parte, riguarda solo il mero e formale controllo sulla documentazione messa a disposizione dagli amministratori, essendo conferito ai componenti del relativo collegio il poteredovere di chiedere notizie sull ‘ andamento generale e su specifiche operazioni ove queste (come lo ‘ stato di pesante difficoltà finanziaria ‘ in cui la società si è trovata ‘ a causa della carenza di liquidità originata, tra l’altro, dalle difficoltà di incasso dei propri crediti ‘ , come emerge dal verbale del collegio sindacale del 3/2/2016: v. il decreto, p. 11) possono suscitare perplessità (se non altro per la mancata svalutazione dei predetti crediti), per le modalità delle loro scelte o della loro esecuzione.
2.18. Il compito essenziale dei sindaci, infatti, è di verificare il rispetto dei principi di corretta e regolare amministrazione, cioè vigilare sul rispetto della legge e dell ‘ atto costitutivo, secondo la diligenza professionale prevista dall ‘ art. 1176, comma 2°, c.c., vale a dire controllare in ogni tempo che gli amministratori, alla stregua delle circostanze del caso
concreto, compiano la scelta gestoria nel rispetto di tutte le regole che disciplinano il corretto procedimento decisionale.
2.19. Se è pur vero, pertanto, che il sindaco non risponde automaticamente, in termini d ‘ inadempimento ai propri doveri giuridici, per ogni fatto gestorio aziendale non conforme alla legge o allo statuto ovvero ai principi di corretta amministrazione, è, tuttavia, necessario, a fini del corretto adempimento dei propri obblighi, che abbia esercitato (o, quanto meno, tentato, con la dovuta diligenza professionale, di esercitare) l ‘ intera gamma dei poteri istruttori ed impeditivi affidatigli dalla legge.
2.20. Come questa Corte ha di recente ribadito, infatti, solo un più penetrante controllo, attuato mediante attività informative e valutative, a partire dalla richiesta di informazioni o di ispezione ai sensi dell ‘ art. 2403 bis c.c., può dare concreto contenuto all ‘ obbligo di tutela degli essenziali interessi affidati al collegio sindacale, cui non è consentito rimanere acriticamente legato e dipendente dalle scelte dell ‘ amministratore, quando queste collidano con i doveri imposti dalla legge, avendo, piuttosto, il dovere di individuarle e di segnalarle ad amministratori e soci, nè potendo assistere nell ‘ inerzia alle altrui condotte dannose: senza neppure potersi limitare alla richiesta di chiarimenti all ‘ organo gestorio ma dovendosi spingere a pretendere dal medesimo le cd. azioni correttive necessarie.
2.21. Nello stesso modo, il sindaco dovrà fare ricorso agli altri strumenti previsti dall ‘ ordinamento, come i reiterati inviti a desistere dall ‘ attività dannosa, la convocazione dell ‘ assemblea ai sensi dell ‘ art. 2406 c.c. (ove omessa dagli amministratori, o per la segnalazione all ‘ assemblea delle irregolarità di gestione riscontrate, dunque anche ex artt. 2446 e 2447 c.c.), il ricorso al Tribunale per la riduzione del capitale per perdite (ai sensi di
tali disposizioni), i solleciti alla revoca delle deliberazioni assembleari o sindacali illegittime, l ‘ impugnazione delle deliberazioni viziate, il ricorso al Tribunale per la nomina dei liquidatori ex art. 2487 c.c., la denunzia (ove proponibile) al Tribunale ex art. 2409 c.c. o all ‘ autorità giudiziaria penale ed altre simili iniziative (Cass. n. 18770 del 2019, in motiv.).
2.22. La configurabilità dell ‘ inosservanza del dovere di vigilanza imposto ai sindaci dall ‘ art. 2407, comma 2°, c.c. non richiede, del resto, l ‘ individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, essendo, piuttosto, sufficiente che gli stessi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o, comunque, non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l ‘ incarico con diligenza, correttezza e buona fede, eventualmente anche segnalando all ‘ assemblea le irregolarità di gestione riscontrate o denunciando i fatti al pubblico ministero per consentirgli di provvedere, ove possibile, ai sensi dell ‘ art. 2409 c.c. (cfr. Cass. n. 32397 del 2019; Cass. n. 16314 del 2017; Cass. n. 13517 del 2014).
2.23. D ‘ altra parte, anche la semplice minaccia di ricorrere ad un ‘ autorità esterna può costituire deterrente, sotto il profilo psicologico, al proseguimento di attività antidoverose da parte dei delegati: e senza trascurare, altresì, che la condotta impediente omessa va valutata nel contesto complessivo delle concrete circostanze in quanto l ‘ inerzia del singolo nell ‘ unirsi all ‘ identico atteggiamento omissivo degli altri acquista efficacia causale dato che, all ‘ opposto, una condotta attiva giova a ‘ rompere il silenzio ‘ sollecitando, con il richiamo agli obblighi imposti dalla legge e ai principi di corretta amministrazione, un analogo atteggiamento degli altri (Cass. n. 18770 del 2019, in motiv.).
2.24. Il decreto impugnato, lì dove ha escluso l ‘ inadempimento dedotto dal curatore senza valutare se ed in quale misura il sindaco aveva effettivamente vigilato sulle condotte gestorie (attive oppure omissive) così come dedotte dal curatore opposto (a partire dall’occultamento delle perdite di esercizio a partire dal 2011 attraverso la mancata svalutazione dei crediti appostati nei bilanci della società poi fallita) e se ed in che modo lo stesso aveva realmente reagito come avrebbe dovuto al loro compimento, si è, pertanto, posto in contrasto con i principi esposti e si espone, come tale, alle censure svolte sul punto dal ricorrente.
Il ricorso dev’essere, quindi, accolto e il decreto impugnato, per l’effetto, cassato con rinvio , per un nuovo esame, al Tribunale di Napoli Nord che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo e il quarto motivo di ricorso, rigetta il primo e il secondo; cassa, in relazione ai motivi accolti, il decreto impugnato con rinvio, per un nuovo esame, al Tribunale di Napoli Nord che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima