Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2379 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2379 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12479/2023 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
FALLIMENTO DELLA RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE N. 23/2022, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di RAGIONE_SOCIALE n. 591/2023 depositato il 28/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
AVV_NOTAIO ha chiesto di essere ammesso al passivo del fallimento della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in privilegio ex art. 2751-bis, n. 2, cod. civ., per i compensi professionali maturati nel l’attività di sindaco della società tra il 23-10-2020 e il 17-3-2022.
Il credito è stato escluso perché il curatore aveva formulato un’eccezione di inadempimento a fronte della quale il professionista non aveva adempiuto alla prova contraria.
COGNOME ha proposizione opposizione affermando che, a fronte della prova dell’ esecuzione della prestazione, il Fallimento non aveva fornito invece la prova dell’inadempimento contestato .
Il tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha respinto l’opposizione e avverso il provvedimento è stato proposto ricorso per cassazione in tre motivi, illustrati da memoria.
Il Fallimento ha resistito con controricorso.
Ragioni della decisione
– Occorre premettere che il tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha confermato il diniego di ammissione rilevando che la curatela aveva eccepito l’inadempimento del sindaco ai doveri discendenti dalla carica.
Specificamente era stato addebitato al sindaco:
di ‘ aver consentito la prosecuzione – a partire dall’ultimo periodo dell’anno 2020 – dell’attività sociale in assenza di continuità aziendale ed in condizione di conclamata insolvenza desumibile da una pluralità di situazioni e circostanze fra le quali (i) la manifesta antieconomicità della gestione caratteristica; ii) l’indisponibilità o incapacità dei soci a sostenere
finanziariamente il fabbisogno della società; iii) le evidenti difficoltà amministrative e societarie; (iv) il continuo avvicendamento di amministratori che duravano in carica solo poche settimane; (v) l’incertezza nella reale composizione della compagine sociale (vicenda RAGIONE_SOCIALE); (vi) le inadempienze nel pagamento degli impegni correnti, comprese costanti e crescenti omissioni nel versamento di imposte e contributi previdenziali; (vii) la notifica di decreti ingiuntivi; (viii) le penalizzazioni inflitte dagli organi di controllo della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE; (ix) lo svincolo dei calciatori di maggior valore sul mercato; (x) i richiami e solleciti della RAGIONE_SOCIALE per la mancata presentazione alle scadenze previste dal regolamento interno degli indici di solidità finanziaria e delle situazioni trimestrali e così via; (xi) a fronte di quanto sopra, di aver consentito la prosecuzione dell’attività senza richiami all’organo amministrativo, omettendo di ricorrere ex art. 2409 c.c., quando, invece, sarebbe stato necessario adottare tutti gli strumenti previsti dalla legge per impedire la prosecuzione della gestione, anche accedendo ad una procedura concorsuale’ .
Il tribunale ha ritenuto che fosse emersa dai documenti versati in atti -e in particolari dai verbali di assemblea – la consapevolezza da parte di COGNOME del fatto che la società RAGIONE_SOCIALE operava in perdita fin dal 2020 e che i soci non erano disponibili a finanziarla o a ricapitalizzarla. Ha ritenuto che l’inadempimento del sindaco fosse a sua volta desumibile dalla condotta completamente inerziale sul piano delle possibili segnalazioni e verifiche, e ha precisato che ciò era emerso anche dalla documentazione dallo stesso prodotta, in particolare le relazioni della società di revisione tese a esprimere, già nel 2020, un giudizio negativo sulla gestione e l’andamento della società.
II. -Il ricorrente muove tre censure.
Col primo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1460 e 1243 cod. civ. per avere il tribunale considerato l’eccezione di inadempimento formulata dalla curatela come munita di efficacia estintiva della pretesa del creditore non ammesso, così essendosi dissimulata una sorta di compensazione giudiziale impropria.
Si assume che la prestazione di sindaco si era esaurita con le dimissioni e che solo in sede fallimentare era stato dedotto un inadempimento per negligenza.
S ollevando l’eccezione in sede di accertamento dello stato passivo la curatela avrebbe così ottenuto non l’accertamento sulla sussistenza della negligenza di una prestazione comunque resa, ma l’estinzione definitiva dell ‘obbligazione di pagamento del corrispettivo .
In tal senso sarebbe stata operata una totale o parziale compensazione giudiziale di crediti contrapposti: il compenso professionale e il presunto credito risarcitorio; cosa non consentita in difetto del presupposto di esigibilità di entrambi i crediti, avendo il ricorrente contestato l’avverso assunto di esistenza del controcredito risarcitorio.
III. – Il motivo è inammissibile, perché eccentrico rispetto alla questione che rileva e inconferente nell’argomentazione.
Secondo il ricorrente la decisione del tribunale sarebbe errata perché, accogliendo l’eccezione di inadempimento , ha determinato un effetto estintivo dell’obbligazione , implicitamente riconoscendo l’esistenza di un eventuale controcredito risarcitorio idoneo a estinguere, per compensazione giudiziale, il credito vantato.
Questa cosa è completamente priva di costrutto e mostra che il ricorrente non ha capito il senso dell’eccezione e l’ambito di sua operatività.
L’eccezione d’inadempimento può essere opposta, anche in sede di insinuazione fallimentare, al professionista che si assuma aver violato i doveri di diligenza professionale richiesti ai fini dell’espletamento del suo incarico , alla sola condizione che, per ciò che attiene ai doveri della carica sindacale, sia specifica: vale a dire che contenga l’allegazione di specifici comportamenti negligenti e della doverosità della condotta non tenuta in relazione al mandato ricevuto.
L ‘eccezione non prospetta un effetto estintivo dell’obbligazione di pagamento, ma incide semplicemente sull ‘ esigibilità del compenso, escludendola a cagione dell’inadempimento come sempre accade nell’alveo dell’art. 1460 cod. civ. (v. ex aliis Cass. Sez. 2 n. 25894-16, Cass. Sez. 2 n. 11304-12).
IV. -Col secondo motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1460, 1176, 2403 e 2407 cod. civ. per la mancanza del nesso causale tra la condotta genericamente contestata al sindaco e l’evento di danno.
Sostiene che l’ eccezione era stata sì corredata dall ‘ allegazione di una condotta negligente e dall’omissione in ordine alla doverosità di attivarsi ‘per rilevare tempestivamente la crisi d’impresa, in violazione dell’art. 2403 c.c.’ , ma che era tuttavia mancata la considerazione dell’essere stato egli nominato sindaco in una situazione di crisi già conclamata, con un’esposizione debitoria certificata in bilancio, e del non essere stata l’eccezione accompagnata dall’indicazione del nesso di causalità col danno causato.
Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
È inammissibile a misura del riferimento alla preesistenza della condizione di crisi, dal momento che non si comprende in cosa ciò rileverebbe sul piano del dovere di attivarsi da parte del sindaco una volta assunta la carica: a tutto concedere, una già conclamata e preesistente situazione di crisi impone al sindaco subentrante l’onere di attivarsi immediatamente.
Il motivo è poi infondato nel riferimento al nesso di causa, perché l’allegazione di un comportamento specifico e negligente, secondo quanto espresso dalla proposizione di un’eccezione effettiva e non sommaria di inadempimento, si manifesta per sé come un fatto modificativo del diritto al compenso del creditore. E d inanzi a un’eccezione associata alla violazione dei doveri di controllo dei sindaci sulla gestione e sull’andamento della società, la prova a carico dell’eccipiente si estende ai fatti sui quali si innesta la deviazione dalla condotta esigibile dal sindaco, non anche invece al profilo del danno effettivamente patito dalla società.
Invero, per paralizzare l’avversa pretesa al compenso è sufficiente la dimostrazione della potenzialità dannosa della condotta negligente.
V. -Col terzo mezzo il ricorrente deduce l’o messo esame di fatto decisivo a proposito del l’effettivo assolvimento dell’onere della prova sulla diligenza del mandato di sindaco.
La decisione, secondo il ricorrente, sarebbe ingiusta perché non avrebbe valutato, anche solo ai fini probatori della correttezza e diligenza del mandato sindacale, l’attività in concreto svolta, e in tal senso avrebbe mancato di prendere in esame la probante e copiosa documentazione che era stata depositata a sostegno della richiesta del compenso.
Il motivo è inammissibile perché riflette, nella sua lunga esposizione, un mero tentativo di sovvertimento del giudizio sulla prova, e quindi del giudizio di merito. Non risulta invero specificato alcun fatto storico decisivo realmente omesso nella motivazione del tribunale (v. Cass. Sez. U n. 8053-14) a cui associare il vizio suscettibile di determinare la cassazione del provvedimento.
VI. -Le spese seguono la soccombenza.
p.q.m.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in 7.200,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile, addì