Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5295 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5295 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso n.57/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME;
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in qualità di procuratrice speciale di RAGIONE_SOCIALE;
– intimata –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, quale procuratrice speciale di RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 923/2020 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 16/3/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che: 57/2021
RAGIONE_SOCIALE, poi RAGIONE_SOCIALE conveniva nel 2015 davanti al Tribunale di Vicenza NOME COGNOME ed NOME COGNOME perché fosse dichiarato simulato o soggetto all’azione pauliana un atto di compravendita stipulato il 31 luglio 2013 con il quale NOME COGNOME aveva ceduto alla moglie NOME metà della nuda proprietà e metà della piena proprietà di beni immobili, essendo NOME COGNOME debitore dell’attrice per fideiussione rilasciata a favore di RAGIONE_SOCIALE, che poi era fallita. I convenuti si costituivano separatamente, resistendo entrambi. Si costituiva nel 2016, quale interveniente adesiva all’attrice, RAGIONE_SOCIALE quale procuratrice speciale di RAGIONE_SOCIALE Popolare dell’Alto Adige.
Con sentenza del 7 marzo 2018 il Tribunale accoglieva l’azione pauliana dichiarando l’inefficacia dell’atto di compravendita nei confronti della banca cessionaria.
NOME COGNOME ed NOME COGNOME proponevano due distinti appelli, che venivano poi riuniti; COGNOME si costituiva quale procuratrice generale di RAGIONE_SOCIALE cessionaria del credito di RAGIONE_SOCIALE-, chiedendo il rigetto di entrambi i gravami.
La Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 16 marzo 2020, rigettava gli appelli.
NOME COGNOME ed NOME COGNOME propongono ora ricorso per cassazione, composto di quattro motivi, illustrati con memoria.
Resiste con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE, procuratrice speciale della società RAGIONE_SOCIALE
L’altra intimata non ha svolto attività difensiva.
Considerato che:
1.1 Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e/o falsa applicazione degli articoli 166 e 167 c.p.c. in relazione all’articolo 2901, terzo comma, c.c. O sserva che il giudice d’appello ha ritenuto tardiva l’eccezione sollevata dagli appellanti, attualmente ricorrenti, ai sensi dell’articolo 2901, terzo comma, c.c. in quanto risalente solo all’udienza di prima comparizione nel primo giudizio, mentre, essendo eccezione in senso stretto, avrebbe dovuto essere sollevata con tempestiva comparsa di costituzione.
Contesta tale asserto, in sintesi sostenendo che sono eccezioni in senso stretto soltanto quelle espressamente rimesse dalla legge all’iniziativa della parte (S.U. 10531/2013); e Cass. 19340/2017 avrebbe escluso che in tale specie rientri l’eccezione di irrevocabilità della vendita compiuta per pagare i debiti pregressi. 1.2 Cass. 19340/2017 è una sentenza non massimata, nella cui motivazione, palesemente quale obiter dictum mentre si illustra la dichiarazione di inammissibilità del motivo apportante la questione, si rinviene che ‘le eccezioni in senso stretto … sono soltanto quelle espressamente riservate dalla legge all’iniziativa della parte (così, risolutivamente, Sez. U, Ordin. interloc. n. 10531 del 07/05/2013) e tra queste non rientra l’eccezione di irrevocabilità della vend ita compiuta per pagare i debiti pregressi’.
Tale obiter dictum diverge dal saldo orientamento che emerge dalle pronunce massimate, cui questo collegio intende dare seguito.
In particolare, Cass. 16793/2015 afferma chiaramente che la ‘fattispecie di esenzione legale’ ex articolo 2901, terzo comma, c.c. presuppone ‘l’allegazione in giudizio di fatti (impeditivi) non rilevabili d’ufficio … ma rientranti nella disponibilità della parte’ per cui si tratta ‘di eccezione in senso stretto’ . Sulla stessa linea Cass. 19963/2023 ribadisce (richiamando, oltre Cass. 16793/2015, pure la non massimata Cass. 5806/2019) che è ‘eccezione in senso stretto, presupponendo l’allegazione in giudizio di fatti impeditivi non rilevabili d’ufficio’ .
È del tutto evidente, d’altronde , che la finalità dell’atto -‘ l’adempimento di un debito scaduto ‘ -che costituisce la radice dell’eccezione è un dato fattuale che soltanto l’eccipiente può conoscere e quindi addurre.
Il motivo è dunque infondato.
Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2901 c.c. con particolare riguardo per l’ eventus damni .
È del tutto evidente che questo motivo, in realtà, costituisce sostanzialmente una ripetizione, orientata verso il profilo fattuale, del primo, concludendo infatti che ‘risulta evidente che ricorre l’ipotesi di cui al comma 3 dell’art . 2901 c.c.’.
3.1 Con il terzo motivo denunciano violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1414 e 2901 c.c. ‘in rapporto al contrasto logico tra affermazioni inconciliabili’ che sarebbero presenti nella sentenza d’appello, ‘quali il rigetto della domanda avversaria di simulazione assoluta e la declaratoria di inefficacia ex art. 2901 c.c. del medesimo atto di compravendita’.
La censura, in sostanza, mira a fondarsi su un preteso rigetto da parte della Corte d’appello della domanda di simulazione, dopo avere affermato (a pagina 5 del ricorso, genericamente) che gli attuali ricorrenti proposero appello avverso la sentenza ‘chiedendone l’integrale riforma’: e ciò per argomentare che ‘se la vendita è reale … non può giungersi ad una decisione in cui la domanda di simulazione assoluta sia respinta ed accolta invece quella ex art. 2901 c.c., dovendo al contrario respingersi entrambe’ .
3.2 Il motivo si impernia, a ben guardare, su un obiter dictum (sentenza d’appello, pagina 11: ‘nella fattispecie difetta ogni prova che dalla vendita si sia ricavato alcun corrispettivo’) per dedurne che si è accolta la domanda di accertamento di simulazione.
Però questa era la domanda principale di controparte, che fu l’attrice in primo grado, e che propose la revocatoria in subordine: ciò emerge dalla premessa del ricorso, a pagina 5, ove si dà atto che la sentenza di primo grado, ‘rigettata la domanda principale di simulazione, accoglieva quella proposta in via subordinata
… dichiarando l’inefficacia …’. Deve quindi intendersi che l’affermazione susseguente nella premessa del ricorso, cioè che nei due rispettivi appelli i coniugi chiesero ‘l’integrale riforma’ (pagina 5 del ricorso), si riferisce solo alla parte per loro sfavorevole della sentenza di primo grado, cioè all’accoglimento dell’azione pauliana, per il rigetto dell’altra domanda i coniugi non avendo interesse, essendo anzi stato tale rigetto nei loro confronti favorevole.
E la sentenza d’appello esamina tutte le censure del gravame, le quali tutte sono attinenti all’azione pauliana, l’inciso presente nella pagina 11 della sentenza essendo appunto palesemente un obiter dictum : sulla simulazione, in effetti, si era già formato il giudicato come inesistente.
Il motivo è dunque infondato.
Con il quarto motivo, denunciando violazione dell’articolo 91 c.p.c., i ricorrenti lamentano l’ erroneità della condanna totale alla rifusione delle spese perché il giudice d’appello ha confermato il rigetto della domanda di accertamento di simulazione, onde sussisterebbe una soccombenza parziale, per cui si sarebbe dovuto compensare, tutt’al più in parte, le spe se per entrambi i gradi.
Il motivo è infondato.
Per il primo grado, infatti, si verificò soccombenza parziale, ma ciò non comporta automaticamente la compensazione, che è discrezionale; per il secondo si è verificata soccombenza totale -considerato quel che si è più sopra detto a proposito della mancata devoluzione della domanda di accertamento di simulazione-, per cui non è configurabile alcuna obbligatorietà di compensazione.
5. All’infondatezza consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
Non è viceversa a farsi luogo a pronunzia in favore dell’altra intimata, non avendo la medesima svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 4.200,00, di cui euro 4.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 22 novembre 2023