Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4156 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4156 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 23188-2021 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall ‘ AVV_NOTAIO COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, rappresentato e difeso dall ‘ AVV_NOTAIO per procura in calce al controricorso ;
– controricorrente –
avverso il DECRETO DEL TRIBUNALE DI VARESE N. 191/2021, depositato il 13/7/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/1/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
1.1. Il giudice delegato al fallimento della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha respinto la domanda di ammissione al passivo proposta da NOME COGNOME del credito al compenso dallo stesso maturato, quale liquidatore della società fallita, in ragione
dei ‘ profili di responsabilità ‘, emergenti a suo carico, ‘ nell ‘ esercizio dell ‘ incarico di liquidatore giudiziale ‘ della società.
1.2. NOME COGNOME ha proposto opposizione allo stato passivo che il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha rigettato.
1.3. Il tribunale, in particolare, ha ritenuto la fondatezza dell ‘ eccezione di inadempimento sollevata dal Fallimento sul rilievo che l ‘ opponente, pur avendo, in qualità di liquidatore, l ‘ obbligo ‘di conservare il valore della società ponendo in essere ogni utile azione ed avvalendosi degli strumenti che l ‘ordinamento gli attribuisce’, non aveva compiuto alcuna attività volta ad ottenere dai soci ‘il pagamento dei contributi’ (non già per ‘ i servizi erogati ‘ dalla società, ma) ‘ per le spese ordinarie e straordinarie … ivi compresi i costi amministrativi ed ogni altro costo, onere o spesa della società’ ‘previsti ‘ a carico degli stessi ‘a livello statutario (e quindi vincolanti … ) e ribaditi nel regolamento ‘ .
1.4. Con ricorso notificato il 10/9/2021, NOME COGNOME ha chiesto, per un motivo, la cassazione del decreto, comunicato il 13/7/2021.
1.5. Il Fallimento ha resistito con controricorso illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con l ‘ unico motivo che ha articolato, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2697, 1218, 1223, 1460 e 2325 c.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto la fondatezza dell ‘ eccezione di inadempimento proposta dal Fallimento in ragione dell ‘ omessa attività di riscossione, da parte del liquidatore giudiziale, dei contributi dovuti dai soci nei confronti
della società poi fallita ai sensi dell ‘ art. 5 dello statuto societario, senza, tuttavia, considerare: a) innanzitutto, che non vi è alcuna prova dell ‘ inadempimento: – gli è stato imputato, infatti, di non avere svolto le azioni giudiziarie contro i soci per il recupero dei contributi che gli stessi avrebbero dovuto versare in favore della società ai sensi dell ‘ art. 5 dello statuto e dell ‘ art. 35 del regolamento , senza, tuttavia, considerare che ‘ i contributi dovuti dai soci-assegnatari erano legati dal sinallagma contrattuale della prestazione dei servizi che la società avrebbe dovuto erogare in loro favore ‘, laddove, nel caso di specie, ‘ nessuna prestazione ha potuto erogare la società stante il sequestro penale emesso dall ‘ autorità giudiziaria e l ‘ ordinanza di demolizione ‘, divenuta poi definitiva nel mese di giugno del 2017, con la quale il Comune di Azzate nel 2011 aveva ingiunto la demolizione di tutte le opere insistenti nella struttura denominata ‘ I RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘ ; – il Fallimento, inoltre, ‘ non ha mai specificato a quanto ammonterebbe il presunto danno ‘ derivato dall ‘ inadempimento contestato all ‘ istante, tanto più che, in mancanza di un termine di decadenza o di prescrizione, il curatore avrebbe potuto eventualmente procedere direttamente al recupero delle somme asseritamente dovute dai soci; b) in secondo luogo, che, a fronte di un inadempimento parziale, controparte non può opporre l ‘ eccezione, rifiutandosi di adempiere la propria obbligazione per intero; c) infine, che ai fini dell ‘ ammissione al passivo fallimentare del credito da compenso professionale non incombe su quest ‘ ultimo l ‘ onere di dimostrare di avere agito con la prescritta diligenza, spettando, di contro, al curatore che sollevi l ‘ eccezione d ‘ inadempimento della prestazione di facere , l ‘ allegazione di uno specifico comportamento negligente e la doverosità della condotta non tenuta in relazione al mandato ricevuto .
2.2. Il motivo è, in parte, inammissibile e, per il resto, infondato. Il ricorrente, in effetti, non si confronta realmente con il decreto che ha impugnato: il quale, invero, ha ritenuto che l ‘ istante, pur avendone l ‘ obbligo in qualità di liquidatore della società, non aveva compiuto alcuna attività volta ad ottenere dai soci ‘il pagamento dei contributi ‘, dagli stessi dovuti (non già quale corrispettivo per i servizi erogati in loro favore della società, come pretende il ricorrente, ma) per far fronte, in forza di espressa clausola contenuta nell ‘ art. 5 dello statuto (v., del resto, il ricorso, p. 7), alle ‘spese ordinarie e straordinarie … ivi compresi i costi amministrativi ed ogni altro costo, onere o spesa della società ‘ , e, in forza di tale rilievo, ha ritenuto la fondatezza dell ‘ eccezione d ‘ inadempimento sollevata dal Fallimento.
2.3. Il tribunale, per il resto e così ragionando, si è attenuto ai principi ripetutamente esposti da questa Corte, e cioè che: il curatore del fallimento della società committente è legittimato a sollevare, nel giudizio di verificazione conseguente alla domanda di ammissione del credito vantato dal professionista, come il liquidatore della società poi fallita, al compenso asseritamente maturato, l ‘ eccezione d ‘ inadempimento, secondo i canoni diretti a far valere la responsabilità contrattuale, con il (solo) onere di contestare, in relazione alle circostanze del caso, la non corretta (e cioè negligente) esecuzione, ad opera del contraente in bonis , della prestazione o l ‘ incompleto adempimento da parte dello stesso, restando, per contro, a carico di quest ‘ ultimo l ‘ onere di dimostrare l ‘ esattezza del suo adempimento per la rispondenza della sua condotta al modello professionale e deontologico richiesto in concreto dalla situazione su cui è intervenuto con la propria opera (Cass. SU n. 42093 del 2021); – in tema di prova dell ‘ inadempimento di un ‘ obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione
contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l ‘ adempimento, deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell ‘ inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell ‘ onere della dimostrazione del fatto estintivo dell ‘ altrui pretesa, costituito dall ‘ avvenuto adempimento, o dall ‘ eccezione d ‘ inadempimento del creditore ex art. 1460 c.c. (Cass. n. 25584 del 2018, la quale, in tema di opposizione allo stato passivo, ha rigettato il ricorso contro l ‘ esclusione di un credito, relativo a compensi derivanti dalla carica di componente del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale della società fallita, in virtù della prova fornita in relazione all ‘ eccezione di inadempimento, spiegata dal fallimento, dei doveri inerenti alla carica).
2.4. Il preteso creditore, il quale proponga opposizione allo stato passivo, dolendosi dell ‘ esclusione di un credito del quale aveva chiesto l ‘ ammissione, è onerato, pertanto, della prova dell ‘ esistenza del credito medesimo, secondo la regola generale stabilita dall ‘ articolo 2697 c.c.: e, una volta che il fallimento, dinanzi alla pretesa creditoria azionata nei suoi confronti in sede di opposizione allo stato passivo, avanzi un ‘ eccezione di inadempimento, il riparto degli oneri probatori segue parimenti le regole ordinarie, le quali si riassumono nel principio secondo cui, in tema di prova dell ‘ inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per l ‘ adempimento (oltre che per la risoluzione contrattuale ovvero per il risarcimento del danno) deve soltanto provare la fonte del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell ‘ inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell ‘ onere
della prova del fatto estintivo dell ‘ altrui pretesa, costituito dall ‘ avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell ‘ onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto si avvalga dell ‘ eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. (Cass. SU n. 13533 del 2001).
2.5. Il decreto impugnato ha fatto corretta applicazione del principio che precede, dal momento che il Fallimento ha dedotto un circostanziato inesatto adempimento (e cioè il mancato recupero dai soci dei contributi dagli stessi dovuti a norma dell ‘ art. 5 dello statuto) ai compiti della carica, laddove, per contro, il liquidatore opponente, come accertato in fatto dal tribunale, non ha, a sua volta, fornito la prova di aver correttamente adempiuto.
2.6. L ‘ eccezione d ‘ inadempimento, del resto, non è subordinata alla presenza degli stessi presupposti richiesti per la risoluzione del contratto in quanto la gravità (e, a fortiori , la dannosità) dell ‘ inadempimento è un requisito specificamente previsto dalla legge per la risoluzione dello stesso (e per l ‘ azione di risarcimento dei danni conseguentemente arrecati) e trova ragione nella radicale definitività di tale rimedio, e cioè lo scioglimento del rapporto contrattuale, mentre l ‘ eccezione d ‘ inadempimento, che può essere dedotta anche in caso di adempimento solo inesatto, si limita a consentire alla parte che la solleva il legittimo rifiuto di adempiere in favore dell ‘ altro contraente che a sua volta non ha adempiuto (o ha adempiuto inesattamente) la propria obbligazione (cfr. Cass. n. 12719 del 2021).
2.7. La misura dell ‘ inadempimento contestato al professionista, al fine di legittimare il committente al rifiuto del pagamento dell ‘ intero corrispettivo dovuto ai sensi dell ‘ art. 1460 c.c. (oltre a non risultare come questione devoluta alla
cognizione del tribunale) costituisce, ad ogni buon conto, l’o ggetto di un apprezzamento in fatto da parte del giudice di merito (cfr. Cass. n. 12182 del 2020; Cass. n. 6401 del 2015; Cass. n. 16579 del 2002), censurabile, come tale, solo per il vizio, nella specie neppure prospettato, previsto dall ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., e cioè l ‘ omesso esame, in sede di accertamento della fattispecie concreta, di fatti decisivi e controversi emergenti dagli atti del giudizio.
Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento in favore del Fallimento controricorrente delle spese di lite, che liquida in €. 3.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima