Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27364 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27364 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 13/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 11403/2023 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE e P. IVA P_IVA), con sede legale in Milano, INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore Rag. NOME COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE; pec EMAIL; fax NUMERO_TELEFONO) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL; fax NUMERO_TELEFONO) del Foro di Milano, con elezione di domicilio digitale presso i suddetti indirizzi PEC.
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona dei commissari straordinari AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO. NOME COGNOME.
– intimata –
avverso il decreto reso, all’esito del giudizio di opposizione allo stato passivo ai sensi dell’art. 99 L. Fall. , dal Tribunale di Verona, datato 17 marzo 2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/09/2025 dal AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
Con il decreto qui impugnato il Tribunale di Verona – decidendo sull’opposizione allo stato passivo avanzata da RAGIONE_SOCIALE, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA e in accoglimento parziale dell’opposizione – ha ammesso RAGIONE_SOCIALE al passivo di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e in amministrazione straordinaria, in chirografo, per l’importo di euro 29.760,68, a titolo di corrispettivo per l’attività di RAGIONE_SOCIALE svolta in relazione al bilancio 2014, confermando, per il resto, il provvedimento di esclusione del giudice delegato.
RAGIONE_SOCIALE aveva, infatti, proposto opposizione ex art. 98 l fall. avverso il decreto, con il quale il giudice delegato aveva escluso il credito di € 56.440,68 insinuato col privilegio di cui all’art. 2751 bis n. 2, c.c. (o, in subordine, in chirografo), a titolo di compenso per l’attività di RAGIONE_SOCIALE legale dei conti svolta dalla RAGIONE_SOCIALE opponente a favore dell’opposta in relazione agli anni 2013 e 2014.
L’a mministrazione straordinaria, costituitasi nel giudizio di opposizione, formulava eccezione d’inadempimento ex art 1460 c .c. al fine di paralizzare la pretesa creditoria dell’opponente (sostenendo che RAGIONE_SOCIALE si sarebbe sottratta al corretto adempimento dei propri obblighi di RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’opposta ). Veniva disposta, nel corso del giudizio, consulenza tecnica d’ufficio, avente ad oggetto la valutazione dell’attività di RAGIONE_SOCIALE svolta da RAGIONE_SOCIALE, con riferimento alle specifiche contestazioni mosse dall’opposta , e con successivo provvedimento del 16.4.2021 il Collegio sospendeva il giudizio di opposizione allo stato passivo, in attesa della definizione del giudizio pendente avanti al Tribunale delle imprese di Venezia e relativo alla domanda risarcitoria avanzata dall’ amministrazione straordinaria nei confronti, tra gli altri, di RAGIONE_SOCIALE e fondata sulle medesime condotte inadempitive contestate, come eccezioni, nel giudizio di opposizione. A seguito di regolamento di competenza promosso dall’opponente RAGIONE_SOCIALE, con ordinanza del 1.2.2022 la
Corte di Cassazione cassava il provvedimento di sospensione e disponeva la prosecuzione del giudizio.
3. Riassunto quindi il giudizio, il Tribunale ha osservato, quanto alle ‘questioni preliminari’ sull’eccezione d’inadempimento e per quanto qui ancora di interesse, che: (i) l’amministrazione straordinaria, ai fini e per gli effetti di cui all’art. 1460 c.c., aveva contestato a RAGIONE_SOCIALE di non aver assolto in modo adeguato al proprio compito di RAGIONE_SOCIALE; (ii) in ordine all’eccezione di genericità di formulazione dell’ecce zione di inadempimento sollevata da parte dell’opponente, se per un verso era certament e vero che era la parte che eccepiva l’inadempimento a dover indicare con sufficiente specificità in cosa fosse consistito l’inesatto adempimento imputato alla controparte, per altro verso, nella fattispecie in esame, nella comparsa di costituzione l’ammin istrazione straordinaria aveva circoscritto e specificato le carenze dell’attività di RAGIONE_SOCIALE che essa aveva imputato a RAGIONE_SOCIALE; (iii) nella successiva CTU, stante la complessità tecnica dell’attività di RAGIONE_SOCIALE demandata a RAGIONE_SOCIALE, le contestazioni d ell’opposta erano state poi oggetto di approfondimento sotto il profilo tecnico con i CTP, con richiamo specifico alle previsioni dei principi contabili applicabili nella fattispecie, nonché enucleazione e valutazione delle circostanze rilevanti ai fini de ll’espressione del giudizio di RAGIONE_SOCIALE da parte di RAGIONE_SOCIALE; (iv) trattandosi, poi, di CTU percipiente, non poteva certo sostenersi la nullità della consulenza per avere il consulente individuato e preso in considerazione anche specifiche circostanze non allegate dalle parti ed indicate nel quesito, giacché esse integravano proprio quei fatti secondari il cui accertamento postulava il ricorso a cognizioni tecnico-scientifiche o, comunque, fatti tecnici accessori o secondari che potevano essere direttamente individuati ed accertati dal CTU al fine di poter dare risposta compiuta al quesito, senza in tal modo illegittimamente supplire all’onere probatorio gravante sulla parte e relativo ai soli fatti c.d. primari posti a fondamento delle difese ed eccezioni formulate, fatti primari che l’opposta aveva senz’altro allegato tempestivamente nella sua comparsa di risposta, con la conseguenza che era dunque infondata anche la difesa di COGNOME, laddove sosteneva che tali fatti secondari, considerati e valorizzati dal CTU nel contraddittorio tecnico con i CTP,
avrebbero dovuto essere ancora prima necessariamente allegati da parte opposta nell’atto introduttivo delle sue difese; (v) in conclusione, l’eccezione di inadempimento era stata pertanto formulata da ll’ amministrazione straordinaria in modo sufficientemente analitico, sicché doveva escludersi l’inammissibilità di tale eccezione per genericità; (vi) quanto, poi, alla ripartizione dell’onere probatorio, doveva ritenersi che, a fronte dell’eccezione di inade mpimento sollevata dall’opposta, incombesse su Fidita l fornire la prova di avere esattamente adempiuto alla propria obbligazione; (vii) il creditore che propone, infatti, opposizione allo stato passivo, dolendosi dell’esclusione di un credito del quale aveva chiesto l’ammissione, è onerato della prova dell’e sistenza del credito medesimo, secondo la regola generale stabilita all’art. 2697 c.c. e, a fronte dell’eccezione di inadempimento sollevata dagli organi della procedura per paralizzare la sua pretesa, il riparto degli oneri probatori segue parimenti le regole ordinarie e, dunque, il creditore è onerato di dimostrare di avere correttamente adempiuto la propria prestazione. N ella valutazione del merito dell’eccezione di inadempimento, il Tribunale ha inoltre osservato, per quanto qui ancora rileva, che: (viii) in ordine alla ‘Omessa svalutazione di poste dell’attivo nel bilancio 2013 i c.d. claims ‘, l a contestazione di COGNOME era stata, effettivamente, precisata e specificata in modo sufficientemente analitico solo relativamente al valore dei crediti per corrispettivi aggiuntivi (i c.d. claims) su alcune commesse in corso; (ix) nel bilancio del 2013 erano stati iscritti crediti per corrispettivi aggiuntivi su commesse in corso (c.d. claims) per complessivi euro 14.113.440,00, le riserve – di cui era stata eccepita la sopravvalutazione ed inerenti alle specifiche commesse sopra evidenziate -ammontavano ad euro 8.670.554,00 e costituivano quindi il 61% dei claims complessivamente iscritti, (x) il principio contabile applicabile nella fattispecie (OIC n. 23, versione anteriore all’agosto 2014) , distingue – come evidenziato dal CTU tra pretese economiche per modifiche del lavoro richieste ed accettate dal committente (c.d. modifiche formalizzate) da considerare a tutti gli effetti quali ricavi e pretese economiche (per maggiori oneri sostenuti per cause imputabili al committente, a maggiori lavori eseguiti, a varianti di lavori non formalizzate in atti aggiuntivi) integranti vere e proprie riserve (claims) di
maggior corrispettivo avanzate nei confronti del committente; (xi) rispetto a queste ultime voci di credito il principio contabile OIC 23 ne imponeva, pertanto, la contabilizzazione secondo il principio della prudenza, con la conseguenza che il claim, quindi, deve essere iscritto in bilancio solo per l’importo che verrà incassato con ragionevole certezza ; (xii) il CTU aveva ritenuto non correttamente valorizzati i crediti per lavorazioni aggiuntive nei confronti dei committenti RAGIONE_SOCIALE (cantiere Alta velocità) e RAGIONE_SOCIALE (cantiere Provincia di Pisa) e tale conclusione doveva essere condivisa, posto che entrambe le pretese non erano state riconosciute dal cliente, sicché in applicazione del principio OIC 23 le stesse avrebbero dovuto essere prudentemente valorizzate nei limiti di quanto ragionevolmente incassabile con certezza, con la conseguenza che il credito non avrebbe comunque potuto essere valorizzato per importo superiore alla percentuale di recupero storica del 31,25%, quindi al massimo in euro 686.648,00 quanto al cliente RAGIONE_SOCIALE (mentre in bilancio era stato iscritto il maggior credito di euro 1.200.000,00, pari al 55% dell’importo richiesto) ed in euro 468.750,00 quanto al cliente RAGIONE_SOCIALE (mentre in bilancio era stato iscritto il maggior credito di euro 1.500.000,00, addirittura pari al 100% dell’importo richiesto), con una conseguente sopravvalutazione complessiva dei claims -non rilevata da RAGIONE_SOCIALE -di euro 1.544.602,00; (xiii) entro questi limiti, quindi, risultava comprov ato l’eccepito inadempimento di RAGIONE_SOCIALE rispetto all’attività di RAGIONE_SOCIALE della corretta valorizzazione delle poste dell’attivo del bilancio 2013 ; (xiv) in ordine alla errata contabilizzazione della retrocessione del contratto di leasing immobiliare con BNP Paribas, l’eccezione di inadempimento era fondata, posto che l e condizioni RAGIONE_SOCIALE del contratto di leasing escludevano espressamente la possibilità di cessione del contratto a terzi da parte dell’utilizzatore, in mancanza di assenso del concedente; (xv) non essendosi verificato alcun trasferimento (in proprietà o godimento) di azienda da NOME a COGNOME, era perciò palesemente errata l’affermazione – contenuta nel contratto di cessione da NOME a COGNOME del 6.12.13 – secondo cui il contratto di leasing ceduto consentiva tale cessione anche in assenza di consenso da parte del concedente BNP Paribas, sicché RAGIONE_SOCIALE, nell’analizzare la documentazione contrattuale, avrebbe , in primo
luogo, dovuto rilevare l’erroneità di tale affermazione ed evidenziare pertanto che con l’atto del 6.12.13 COGNOME non era affatto subentrata nel contratto di leasing e non aveva quindi acquisito il diritto ad esercitare il riscatto di proprietà dell’immobile , con la conseguenza che la posta indicata in bilancio come ‘acquisizione del diritto di riscatto del bene’ e contabilizzata tra le Immobilizzazioni materiali, non sarebbe risultata esistente, circostanza che avrebbe dovuto essere rilevata ed evidenziata da RAGIONE_SOCIALE nell’ambito della sua attività di RAGIONE_SOCIALE; (xvi) quanto, poi, alle ‘verifiche sulla continuità aziendale e finale giudizio sui bilanci 2013 e 2014 ‘, il principio di RAGIONE_SOCIALE n. 570, nel caso in cui l’utilizzo del presupposto della continuità aziendale nella redazione del bilancio risultasse appropriato, ma sussistesse comunque un’incertezza significativa sulla continuità aziendale, imponeva al revisore di verificare se il bilancio evidenziava in modo adeguato tali incertezze significative, gli eventi che le determinano e i piani della direzione per far fronte a tali criticità, con la conseguenza che il predetto principio contabile avrebbe imposto a RAGIONE_SOCIALE di esprimere almeno un giudizio con rilievi e con l’ulteriore inevitabile considerazione che doveva ritenersi effettivamente scorretto il giudizio finale invece espresso senza rilievi e con un semplice richiamo ad un’informativa di bilancio in realtà inesistente o quantomeno gravemente carente; (xvii) risultava, dunque, effettivamente sussistente l’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE rispetto all’attività di RAGIONE_SOCIALE inerente al bilancio 2013.
Il decreto, pubblicato il 17 marzo 2023, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
La RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, intimata, non ha svolto difese.
La parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la RAGIONE_SOCIALE ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., ‘la nullità del Decreto per aver pronunciato extra petita, in violazione degli artt. 112 c.p.c. e 99, co. 7 L. Fall., per la valorizzazione di fatti attinenti ad un inadempimento ex art. 1460 c.c. non tempestivamente allegati in sede di costituzione, né provati dalla controparte, ma autonomamente sviluppati dal CTU’.
1.1 Il primo motivo deve essere complessivamente rigettato.
1.1.1 Va ricordato, in premessa, che – secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte – nel giudizio di legittimità, se è vero che la Corte di Cassazione, allorquando sia denunciato un error in procedendo , quale indubbiamente il vizio di ultra o extrapetizione, è anche giudice del fatto ed ha il potere dovere di esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia, per il sorgere di tale potere – dovere è necessario, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (Sez. 5, Sentenza n. 1170 del 23/01/2004; Sez. 1, Sentenza n. 2771 del 02/02/2017; Sez. 2, Ordinanza n. 28072 del 14/10/2021; Sez. 3, Ordinanza n. 16899 del 13/06/2023).
In termini più RAGIONE_SOCIALE, questa Corte ha infatti affermato che, in tema di ricorso per cassazione, l’esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla RAGIONE_SOCIALEC. ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone l’ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell'”iter” processuale senza compiere RAGIONE_SOCIALE verifiche degli atti (così, Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23834 del 25/09/2019; v. anche Cass. n. 11738/2016).
1.1.2 Ciò posto e ricordato, va subito rilevato che la parte ricorrente non ha in alcun modo evidenziato nel motivo di ricorso qui in esame, con sufficiente determinazione e dettagliatamente , il contenuto dell’eccezione di inadempimento sollevata ex adverso nel precedente giudizio di opposizione dalla parte opposta, in modo da determinare in questa Corte l’obbligo di scrutinio diretto degli atti in relazione ai quali si è RAGIONE_SOCIALE sollevato, quale error in procedendo , il vizio di ultrapetizione, denunciato ai s ensi dell’art. 112 cod. proc. civ. Detto altrimenti, per la verifica della fondatezza dell’eccezione processuale relativa al fatto che il Tribunale si sarebbe pronunciato – secondo
la prospettiva dell’odierno ricorrente – su profili di inadempimento nuovi, come tali integranti fatti cd. principali (qualificanti la sopra ricordata eccezione di inadempimento) e non già fatti secondari (come tali rilevabili anche in sede di C.t.u. contabile, secondo quanto affermato da: Cass. Sez. U, Sentenza n. 3086 del 01/02/2022), la RAGIONE_SOCIALE ricorrente avrebbe dovuto compiutamente descrivere il contenuto dell’eccezione di inadempimento sollevata dalla parte opposta (nell’atto introduttivo delle sue difese in sede di giudizio di opposizione allo stato passivo) ed il contenuto integrale della consulenza tecnica d’ufficio, ove asseritamente sarebbero stati considerati fatti inadempitivi, prima non denunciati e sulla cui base il Tribunale si sarebbe dunque pronunciato d’ufficio, senza il rilievo della parte processuale a ciò interessata ed onerata (sulla natura di eccezione in senso stretto in relazione all’accezione di inadempimento, si legga anche da ultimo Cass. n. 19753/2025).
In realtà, l’odierna parte ricorrente si è limitata nel motivo di ricorso in esame, in una nota esplicativa riportata in calce alla parte espositiva del motivo di ricorso qui in scrutinio, ad un fugace (e dunque insufficiente) richiamo ‘topografico’ alla comparsa di costituzione nel giudizio di opposizione, senza fornire ulteriori indicazioni nel senso sopra spiegato e senza far comprendere l’oggetto della denunciata ultrapetizione attraverso la descrizione diretta degli atti di causa. E ciò a fronte di un provvedimento (quello impugnato) che, in risposta alla già sollevata eccezione di nullità della C.t.u. in sede di giudizio di opposizione, aveva correttamente spiegato che i fatti costitutivi cd. principali, qualificanti la denunciata eccezione di inadempimento, erano stati già sollevati tempestivamente nella comparsa di costituzione e risposta della parte opposta e che le ulteriori argomentazioni utilizzate dal C.t.u. (e poi riprese, in sede motivatoria, dal Tribunale) integravano al più apprezzamenti di carattere tecnico e comunque fatti cd. secondari, come tali apprezzabili in sede di consulenza tecnica d’ufficio, senza rilievi di parte . Del resto, pretendere che il Tribunale dirigesse chirurgicamente il suo iter argomentativo solo sui fatti di inadempimento denunciati, senza considerare il contesto fattuale e le circostante di carattere tecnico-contabile nelle quali l’inadempimento del revisore era maturato, pena l’integrazione – nella
prospettiva della odierna ricorrente -del vizio di extra-petizione, significherebbe costringere il giudicante ad un apprezzamento ‘atomistico’ del fatto inadempitivo, avulso dal complessivo sviluppo della esecuzione della prestazione professionale negozialmente concordata.
1.1.3 Ad ogni buon conto, a ciò va anche aggiunto che dalla stessa descrizione della vicenda processuale contenuta nel decreto RAGIONE_SOCIALE impugnato si evince che l’eccezione di inadempimento sollevata dalla parte opposta alla RAGIONE_SOCIALE era un’eccezione ‘ad ampio spettro’, coinvolgente tutta l’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’incarico professionale, con la conseguenza che disquisire, ora, di vizio di ultrapetizione a carico del decreto del Tribunale, che si è peritato di esaminare, con dovizia di giudizio (per quanto sopra ricordato in premessa), tutti i copiosi profili di inadempimento denunciati da ll’amministrazione straordinaria , risulta, a dir poco, un fuor d’opera che non trova, peraltro, riscontro alcuno già negli atti sottoposti all’esame di questo Collegio.
Con il secondo mezzo si deduce, ‘ex art. 360, n. 3, c.p.c. e anche ex art. 360, n. 5, c.p.c.’, ‘violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1460 co. 1 e 2 e, c.c.’ per ‘non aver riconosciuto la infondatezza di una siffatta eccezione avanzata non per conservare il contratto ma al solo scopo di paralizzare per l’intero la pretesa creditoria della Ricorrente in una situazione di esaurimento del rapporto e quindi di irrimediabilità -quand’anche sussistente dell’inadempimento contestato’.
2.1 Anche il secondo motivo è infondato.
Afferma la RAGIONE_SOCIALE ricorrente che l’eccezione di inadempimento postulerebbe che il rapporto sia in corso di esecuzione, posto che, una volta sciolto il contratto per effetto del fallimento, troverebbero diversamente applicazione le norme della legge fallimentare che disciplinano gli effetti dello scioglimento dei contratti. Sostiene la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE che o l’inadempimento era grave e allora l’a.s. avrebbe dovuto sollevare eccezione di risoluzione o compensazione impropria ovvero non era grave, il che non avrebbe giustificato la paralisi del credito.
2.2 Ritiene il Collegio che la questione posta col secondo motivo sia in realtà mal posta.
Invero, come affermato da questa Corte già in passato, seppure il contratto si sciolga per effetto del fallimento di una delle parti, ciascuna parte e il curatore del fallimento possono sempre rifiutare il pagamento delle opere e dei servizi per la parte non eseguita o non eseguita a regola d’arte, sollevando eccezione di inadempimento (cfr. Cass. Sez. 1, sent. n. 23810 del 20/11/2015).
Orbene, l’avvenuto scioglimento del rapporto contrattuale ha efficacia ex nunc e non preclude, evidentemente, la pretesa al pagamento delle prestazioni regolarmente erogate: cui si può ben opporre, da parte del debitore, l’inadempimento già maturato anteriormente alla dichiarazione di fallimento, consistente nell’esecuzione non a regola d’arte dell’opera o del sevizio. Diversamente opinando, si imporrebbe al debitore di pagare per intero le prestazioni ricevute, pur se in tutto o in parte non eseguite esattamente. Sul punto, l’argomento difensivo secondo cui l’eccezione sarebbe riconducibile all’art. 1460 cod. civ. e dunque, in funzione dilatoria, significativa della volontà di conservare il contratto, non coglie la finalità legittimamente perseguita, ictu oculi riconoscibile, di negare il pagamento di prestazioni per la parte ineseguita o non eseguita a regola d’arte (così, sempre Cass. n. 23810/15, cit. supra ).
3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ‘per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1460, comma 1 e 2, c.c., in quanto, anche laddove l’eccezione di inadempimento fosse idonea a introdurre una valutazione comparativa della gravità dei contrapposti inadempimenti al fine di paralizzare per l’intero la sua pretesa creditoria una volta che il rapporto si sia esaurito (come ritenuto nel Decreto), il Tribunale avrebbe violato l ‘art. 14 del D. Lgs. 39/2010 per avere ritenuto ‘inadempimenti’ del revisore fatti che non possono essere considerati tali e comunque si sarebbe limitato a riscontrare meramente la ricorrenza di tale inadempimento, senza indagarne la ‘gravità’ e/o, ex art. 360, n. 5, c.p.c., motivando in modo solo apparente tale ‘gravità’ e comunque omettendo l’esame di un fatto decisivo consistente nella sostanziale irrilevanza per la controparte del riscontrato inadempimento’.
3.1 Il terzo motivo è all’evidenza inammissibile.
Sul punto giova ricordare che – in tema di ricorso per cassazione – il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (così, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019; cfr. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017). Più precisamente è stato affermato sempre dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità che le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto: a) quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto; b) quello afferente all’applicazione della norma stessa una volta correttamente individuata ed interpretata. Il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione. Non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, comma 1, n. 3, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14/01/2019).
Ciò posto, risulta pertanto evidente che, sotto l’egida applicativa del vizio di violazione e falsa applicazione di norme di legge (sub specie dell’art. 1460, comma 1 e 2, c.c., e dell’art. 14 del D. Lgs. 39/2010), la parte RAGIONE_SOCIALE ricorrente
intende ora sottoporre all’esame di questa Corte un nuovo scrutinio della quaestio facti , quanto al profilo della gravità dell’inadempimento sollevato dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, scrutinio che tuttavia esula, per le ragioni sopra dette, dal perimetro delimitante l’area di cognizione del giudice di legittimità. Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso.
Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’intimata.
Sussistono, invece, i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 30 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME