Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3819 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1   Num. 3819  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 23905-2017 proposto da:
NOME COGNOME, rappresentato e difeso  dall ‘ AVV_NOTAIO COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  rappresentato  e  difeso dagli Avvocati NOME COGNOME, che ha poi rinunciato al  mandato,  e  NOME  COGNOME  NOME  per  procura apposta in calce al controricorso;
– controricorrente –
 avverso il DECRETO n. 3045/2017 del TRIBUNALE DI BOLOGNA, depositato il 18/9/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/1/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
1.1. Il giudice delegato al fallimento della RAGIONE_SOCIALE ha respinto la domanda di ammissione al passivo proposta da NOME COGNOME del credito al compenso dallo stesso maturato, quale  sindaco  della  società  fallita, in  ragione  delle  ‘ condotte
inadempimenti ‘ assunte dall’istante in relazione ‘ allo svolgimento del mandato conferito ‘.
1.2. NOME COGNOME ha proposto opposizione avverso tale decreto  che  il  tribunale,  con  la  pronuncia  in  epigrafe,  ha respinto.
1.3. Il tribunale, in particolare, dopo aver escluso l ‘ intervenuta maturazione della prescrizione invocata dall ‘ opponente in mancanza di prova da parte dello stesso circa l ‘ oggettiva percepibilità dell ‘ insufficienza del patrimonio sociale da parte dei creditori, ha ritenuto la fondatezza dell ‘ eccezione d ‘ inadempimento sollevata dal Fallimento sul rilievo che: innanzitutto, gli addebiti posti a fondamento di tale eccezione, e cioè l ” omessa vigilanza della rilevazione della causa di scioglimento della società amministrata, a causa della perdita del capitale sociale … occultata tramite la falsa esposizione nei bilanci … di valori fittizi degli assets immobiliari, nonché nell ‘ inadeguatezza del modello organizzativo predisposto, tenuto conto in particolare dello status di società quotata della fallita … ‘, ‘ risultano compiutamente descritti e trovano riscontro nella abbondante documentazione prodotta in atti’ ; – in secondo luogo, l ‘ opponente, a fronte dell ‘ eccezione d ‘ inadempimento sollevata dal Fallimento e fondata su allegazioni specifiche e dettagliate, aveva l ‘onere di provare ‘ l ‘ esatto e completo adempimento delle prestazioni contrattualmente dedotte ‘, laddove, al contrario, tale onere non risulta soddisfatto, essendosi l ‘ opponente limitato ad eccepire che gli addebiti formulati dal fallimento non sono stati accertati giudizialmente in sede civile o penale.
1.4. Né  rileva,  ha  aggiunto  il  tribunale,  il  fatto  che, trattandosi  di  società  quotata,  il  controllo  sulla  corretta  e regolare redazione del bilancio spettava alla società di revisione
e non al collegio sindacale, posto che, al contrario, l ‘ art. 149 TUB prevede  che  tra  i  compiti  del  sindaco  di  società  quotata  v ‘ è l ‘ obbligo di vigilare sul rispetto dei principi di corretta amministrazione nello svolgimento dell ‘ attività di gestione e che nel caso in esame all ‘ opponente viene contestato non già di aver omesso di vigilare nella redazione del documento di bilancio ma di non aver adeguatamente vigilato nei confronti degli amministratori.
1.5. E neppure, infine, ha concluso il tribunale, può rilevare la sentenza di proscioglimento pronunciata in data 17/3/2015 dal tribunale di Bologna, ai sensi dell ‘ art. 425, comma 3, c.p.p., avendo dichiarato non luogo a procedere nei confronti del COGNOME per mancanza di prova certa in ordine all ‘ elemento soggettivo dei reati in contestazione ma dopo aver espressamente affermato la colposa violazione, da parte dei sindaci, dei doveri ad essi imposti dalla legge di vigilanza e controllo sull ‘ andamento della gestione.
2.1. NOME COGNOME, con ricorso notificato il 13/10/2017, ha chiesto, per quattro motivi, la cassazione del decreto.
2.2. Il Fallimento ha resistito con controricorso.
RAGIONI AVV_NOTAIOA DECISIONE
3.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione dell ‘ art. 1243 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale, omettendo di esaminare l ‘ eccezione sollevata dall ‘ opponente d ‘ inammissibilità e d ‘ infondatezza della pretesa del Fallimento di compensare il credito vantato dall ‘ istante con quello asseritamente maggiore, ma non dimostrato, del Fallimento stesso, non ha considerato che, con tale eccezione, il Fallimento opposto aveva sostanzialmente riconosciuto il debito della società fallita.
3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione degli artt. 2393 s. c.c. e degli artt. 30 e 33 l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto l ‘ infondatezza dell ‘ eccezione di prescrizione dell ‘ azione di responsabilità , peraltro ‘ mai attivata ‘, nei confronti dei sindaci sul rilievo che l ‘ opponente non aveva fornito la prova dell ‘ oggettiva percepibilità dell ‘ insufficienza del patrimonio sociale da parte dei creditori, senza, tuttavia, considerare che, qualora le cause del dissesto siano state davvero quelle descritte e indicate dai curatori delle varie società del gruppo, proprio le relazioni presentate dagli stessi ai sensi dell ‘ art. 33 l.fall. espongono vari ed univoci elementi che dimostrano come ‘… la data di decorrenza della prescrizione andrebbe collocata in epoca certamente anteriore al 2008 … ‘ e che i creditori ‘ quanto meno dal 2008, allorché vennero depositati i bilanci 2007 ‘, avrebbero, pertanto, ‘ potuto rendersi conto dell ‘ esistenza di una così asseritamente enorme sopravvalutazione dell ‘ attivo e della conseguente perdita del patrimonio sociale ‘.
3.3. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione degli artt. 2697 e 1218 ss c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto la fondatezza dell ‘ eccezione d ‘ inadempimento sollevata dal Fallimento sul rilievo che gli addebiti posti a fondamento di tale eccezione, e cioè l ” omessa vigilanza della rilevazione della causa di scioglimento della società amministrata, a causa della perdita del capitale sociale … occultata tramite la falsa esposizione nei bilanci … di valori fittizi degli assets immobiliari, nonché nell ‘ inadeguatezza del modello organizzativo predisposto, tenuto conto in particolare dello status di società quotata della
fallita … ‘, ‘ risultano compiutamente descritti e trovano riscontro nella abbondante documentazione prodotta in atti ‘ , senza, tuttavia, considerare che: – l ‘ azione risarcitoria prevista dall ‘ art. 2407 c.c., oggetto di riserva espressa da parte del giudice delegato, presuppone la prova da parte del curatore del fallimento della violazione dei doveri imposti dalla legge, del danno patito e del nesso causale tra fatto e danno, non potendosi fare generico riferimento, ai fini della quantificazione del danno, al passivo accertato nel fallimento; – le relazioni del curatore non possono costituire prova solo delle circostanze sfavorevoli al ricorrente, come nel caso degli asseriti e non diversamente dimostrati inadempimenti ad opera dello stesso.
3.4. Con il quarto motivo, il ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione degli artt. 149 e 154 del TUB, degli artt. 2343 s. c.c. e del d.lgs. n. 231/2001 e del d.lgs. n. 39/2010, in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto la fondatezza dell ‘ eccezione d ‘ inadempimento sollevata dal Fallimento sul rilievo che tra i compiti del sindaco di una società quotata v ‘ è l ‘ obbligo di vigilare sul rispetto dei principi di corretta amministrazione nello svolgimento dell ‘ attività di gestione e che nel caso in esame all ‘ opponente viene contestato non già di aver omesso di vigilare nella redazione del documento di bilancio ma di non aver adeguatamente vigilato nei confronti degli amministratori, omettendo, tuttavia, di considerare che, in tali società, il controllo contabile spetta alla società di revisione e non al collegio sindacale, i cui compiti sono limitati all ‘ osservanza della legge e dello statuto, al rispetto dei principi di corretta amministrazione e all ‘ adeguatezza dell ‘ assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società ma non si estendono fino a comprendere il merito dell ‘ attività svolta
dagli amministratori o la correttezza delle rilevazioni contabili e delle singole poste dei bilanci, come la valutazione e la stima dei beni conferiti in società, e che la dedotta inadeguatezza degli assetti  organizzativi  del  gruppo  è  rimasta  del  tutto  priva  di riscontro concreto, senza provocare, peraltro, alcuna conseguenza dannosa.
4.1. Il  terzo  motivo,  da  esaminare  prioritariamente,  è infondato, con assorbimento degli altri.
4.2. Il tribunale, infatti, ha ritenuto la fondatezza dell ‘ eccezione d ‘ inadempimento sollevata dal Fallimento sul duplice rilievo per cui, da un lato, gli addebiti posti a fondamento della stessa, vale a dire l ” omessa vigilanza della rilevazione della causa di scioglimento della società amministrata, a causa della perdita del capitale sociale … occultata tramite la falsa esposizione nei bilanci … di valori fittizi degli assets immobiliari … ‘, ‘ risultano compiutamente descritti e trovano riscontro nella abbondante documentazione prodotta in atti’ e, dall ‘ altro lato, che l ‘ opponente, a fronte di tale eccezione, non aveva adempiuto all ‘ onere di provare ‘ l ‘ esatto e completo adempimento delle prestazioni contrattualmente dedotte ‘ .
4.3. Il tribunale, così ragionando, si è attenuto ai principi ripetutamente esposti da questa Corte, e cioè che il curatore del fallimento della società committente, nel giudizio di verificazione conseguente alla domanda di ammissione del credito vantato dal professionista (come il sindaco della società poi fallita) al compenso asseritamente maturato nei confronti d ella stessa, è legittimato a sollevare l’eccezione d’inadempimento (anche nel caso in cui si fosse prescritta la corrispondente azione: art. 95, comma 1°, l.fall.) secondo i canoni diretti a far valere la responsabilità contrattuale: vale a dire con il (solo) onere di contestare, in relazione alle
circostanze del caso (come ‘ la falsa esposizione nei bilanci … di valori fittizi degli assets immobiliari … ‘ e il conseguente l’occultamento ‘ della perdita del capitale sociale’, che ha specificamente dedotto e altrettanto doverosamente documentato in giudizio quali fatti storici che avrebbero imposto al sindaco la condotta che, in relazione al mandato ricevuto, avrebbe dovuto tenere e non ha, invece, tenuto, e cioè la tempestiva ‘ rilevazione della causa di scioglimento della società amministrata’ ), la negligente o incompleta esecuzione, ad opera del professionista istante, della prestazione di vigilanza dovuta, restando, per contro, a carico di quest’ultimo l’onere di dimostrare, a fronte delle circostanze dedotte e provate dal curatore, di aver, invece, esattamente adempiuto per la rispondenza della sua condotta al modello professionale e deontologico richiesto in concreto dalla situazione su cui è intervenuto con la propria opera (cfr. Cass. SU n. 42093 del 2021).
4.4. In tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, infatti, il creditore che agisca per l’adempimento (oltre che per la risoluzione contrattuale ovvero per il risarcimento del danno) deve soltanto provare la fonte del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento (Cass. SU n . 13533 del 2001).
4.5. Si tratta, peraltro, di un criterio di riparto dell’onere della prova applicabile anche al caso in cui il debitore convenuto si  avvalga,  com’è  accaduto  nel  caso  in  esame,  dell’eccezione d’inadempimento  di  cui  all’art.  1460  c.c. poiché  il  debitore eccipiente  può  limitarsi  ad  allegare  l’altrui  inadempimento  o
l’inesatto adempimento alle obbligazioni assunte dal creditore (di cui deve dedurre e dimostrare il fatto costitutivo), spettando, per contro, a chi ha agito in giudizio l’onere di provare di aver esattamente  adempiuto  alle  stesse  (Cass.  SU  n.  13533  del 2001; Cass. n. 3373 del 2010; Cass. n. 826 del 2015; Cass. n. 3527 del 2021).
4.6. Pertanto, ove il preteso creditore (come il sindaco della società fallita) proponga opposizione allo stato passivo, dolendosi dell’esclusione di un credito (al compenso maturato) del quale aveva chiesto l’ammissione, il Fallimento, dinanzi alla pretesa creditoria azionata nei suoi confronti, può sollevare, per paralizzarne l’accoglimento in tutto o in parte, l’eccezione di totale o parziale inadempimento o d’inesatto adempimento da parte dello stesso ai propri obblighi contrattuali (e cioè, com’è accaduto nel caso in esame, l” omessa vigilanza della rilevazione della causa di scioglimento della società amministrata, a causa della perdita del capitale sociale … occultata tramite la falsa esposizione nei bilanci … di valori fittizi degli assets immobiliari … ‘ ), con, appunto, il solo onere di allegare, in relazione alle circostanze di fatto del caso (che ha l’onere di provare), l’inadempimento del sindaco istante (al suo dovere di vigilanza sull’attività di gestione della società: art. 2403, comma 1°, c.c.); spe tta poi a quest’ultimo il compito di provare il fatto estintivo di tale dovere, costituito dall’avvenuto esatto adempimento, e cioè di aver adeguatamente vigilato sulla condotta degli amministratori, attivando, con la diligenza professionale dallo stesso esigibile in relazione alla situazione concreta, i poteri-doveri inerenti alla carica (art. 2407, comma 1°, c.c.).
4.7. I sindaci, in effetti, non esauriscono l’adempimento dei proprio compiti con il mero e burocratico espletamento delle
attività specificamente indicate dalla legge avendo, piuttosto, l’obbligo di adottare (ed, anzi, di ricercare lo strumento di volta in volta più consono ed opportuno di reazione, vale a dire) ogni altro atto (del quale il sindaco deve fornire la dimostrazione) che, in relazione alle circostanze del caso (ed, in particolare, degli atti o delle omissioni degli amministratori che, in ipotesi, non siano stati rispettosi della legge, dello statuto o dei principi di corretta amministrazione) fosse utile e necessario ai fini di un’effettiva ed efficace (e non meramente formale) vigilanza sull’amministrazione della società e le relative operazioni gestorie (cfr., al riguardo, Cass. n. 18770 del 2019, in motiv., per cui ‘ l’onere di allegazione e di prova nelle azioni di responsabilità avverso l’organo sindacale si atteggia nel senso che spetta all’attore allegare l’inerzia del sindaco e provare il fatto illecito gestorio, accanto all’esistenza di segnali d’allarme che avre bbero dovuto porre i sindaci sull’avviso; asso lto tale onere, l’inerzia del sindaco integra di per sé la responsabilità, restando a carico del medesimo l’onere di provare di non aver avuto nessuna possibilità di attivarsi utilmente, ponendo in essere tutta la gamma di atti, sollecitazioni, richieste, richiami, indagini, sino alle denunce alle autorità civile e penale ‘).
4.8. Il decreto impugnato ha fatto corretta applicazione degli esposti principi, dal momento che il Fallimento ha dedotto un circostanziato inesatto adempimento (e cioè la mancata ‘ rilevazione della causa di scioglimento della società amministrata, a causa della perdita del capitale sociale … occultata tramite la falsa esposizione nei bilanci … di valori fittizi degli assets immobiliari … ‘ ) ai compiti della carica, laddove, per contro, il sindaco opponente (senza contestare l’insussistenza di tali presupposti e i doveri giuridici che se conseguono), come
accertato in fatto dal tribunale, non ha, a sua volta, fornito la prova di aver correttamente adempiuto.
4.9. Non può, in effetti, seriamente dubitarsi che i sindaci (i quali, infatti, in caso d’inadempimento da parte degli amministratori, sono legittimati ad agire in giudizio innanzi al tribunale: artt. 2485, comma 2°, e 2487, comma 2°, c.c.) abbiano (anche se si tratta di società quotate: cfr. l’art. 154, comma 1, del d.lgs. n. 58/1998) il dovere di vigilare sul corretto e tempestivo adempimento da parte degli amministratori all’obbligo di rilevare tempestivamente la verificazione di una causa di scioglimento della società, come la perdita del capitale sociale (art. 2484, n. 4, c.c.), e di procedere alla relativa iscrizione nel registro delle imprese (art. 2485, comma 1°, c.c.), e che, in difetto, a prescindere dalla dannosità o meno di tale inosservanza, la società (o, in caso di fallimento, il suo curatore) sia legittimata ad eccepire l’inadempimento a tale dovere per escludere l’obbligo (e l’insinuazione al passivo del relativo credito) al pagamento del compenso, in ipotesi, maturato.
4.10. Nelle  società  quotate,  anzi,  il  dovere  di  vigilanza sancito  dall’art.  2403  c.c.  non  è  circoscritto  all’operato  degli amministratori ma si estende al regolare svolgimento dell’intera gestione dell’ente in modo ancora più stringente, considerata l’esigenza di garantire l’equilibrio del mercato (Cass. n. 1601 del 2021).
4.11. L’eccezione d’inadempimento, che può essere dedotta anche in caso di adempimento solo inesatto (salvo il limite  della  buona  fede:  Cass.  n.  1690  del  2006),  non  è, del resto, subordinata alla presenza degli stessi presupposti richiesti per la risoluzione del contratto e l’azione di risarcimento dei danni conseguentemente arrecati, e cioè, rispettivamente,
la gravità e la dannosità dell’inadempimento dedotto (cfr. Cass. n. 12719 del 2021).
4.12. Quanto al resto, non può che ribadirsi come la violazione dell’art. 2697 c.c. si configura solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma e non anche quando la censura abbia avuto ad oggetto, com’è accaduto nel caso in esame, la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti lì dove ha ritenuto (in ipotesi erroneamente) assolto (o non assolto) tale onere ad opera della parte (e cioè, nel caso in esame, il creditore opponente) che ne era gravata in forza della predetta norma, che è sindacabile, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti previsti dall’art. 360 n. 5 c.p.c. (cfr. Cass. n. 17313 del 2020; Cass. n. 13395 del 2018).
Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato.
Le  spese  di  giudizio  seguono  la  soccombenza  e  sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del  d.P.R.  n.  115  del  2002,  nel  testo  introdotto  dall’art.  1, comma  17,  della  l.  n.  228  del  2012,  della  sussistenza  dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La  Corte  così  provvede:  rigetta  il  ricorso;  condanna  il ricorrente al pagamento in favore del Fallimento controricorrente delle spese di lite, che liquida in €. 4.700,00, di  cui  €.  200,00  per  esborsi,  oltre  accessori  di  legge  e  spese generali  nella  misura  del  15%;  dà  atto,  ai  sensi  dell ‘ art.  13,
comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei  presupposti  processuali  per  il  versamento,  da  parte  del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima