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Eccezione di inadempimento: onere della prova

La Corte di Cassazione chiarisce che, in caso di eccezione di inadempimento sollevata dalla curatela fallimentare, spetta al professionista creditore dimostrare di aver eseguito correttamente la propria prestazione. La Corte ha rigettato il ricorso di un professionista che richiedeva il pagamento per perizie immobiliari ritenute inesatte, confermando che l’onere della prova dell’esatto adempimento grava su chi agisce per il pagamento.

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Eccezione di Inadempimento: la Cassazione ribadisce l’Onere della Prova a Carico del Professionista

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nei rapporti tra professionisti e imprese, specialmente quando queste ultime versano in stato di crisi. La pronuncia chiarisce su chi ricada l’onere della prova qualora venga sollevata una eccezione di inadempimento da parte del committente. In particolare, la Corte stabilisce che spetta al professionista dimostrare di aver eseguito la propria prestazione in modo esatto e conforme agli standard richiesti.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla richiesta di un professionista di essere ammesso al passivo di un fallimento per un credito di quasi 20.000 euro. Tale credito derivava da un incarico ricevuto dalla società, prima che fallisse, per la redazione di perizie di stima su alcuni immobili e per attività di ricerca ipotecaria. Il Giudice Delegato del fallimento aveva rigettato la domanda, e il professionista aveva quindi proposto opposizione al Tribunale.

Il Tribunale ha confermato il rigetto, basando la sua decisione su una duplice motivazione. In primo luogo, non vi era prova certa sulla quantificazione del compenso, poiché la proposta contrattuale e il preventivo non erano opponibili al fallimento. In secondo luogo, e in modo dirimente, il Tribunale ha ritenuto fondata l’eccezione di inadempimento sollevata dalla curatela fallimentare. La curatela lamentava che il professionista avesse redatto una perizia inesatta e inadeguata, portando a sostegno di ciò diverse circostanze non contestate, come la stima sproporzionata degli immobili e la non commerciabilità di uno di essi.

L’Eccezione di Inadempimento e l’Onere della Prova

Il professionista ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse erroneamente invertito l’onere della prova. A suo dire, sarebbe spettato al fallimento dimostrare il suo presunto inadempimento.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha respinto questa tesi, richiamando un principio consolidato, sancito dalle Sezioni Unite già nel 2001. Secondo tale principio, nei contratti a prestazioni corrispettive, quando il committente (il fallimento) solleva un’eccezione di inadempimento, paralizzando la pretesa di pagamento, l’onere della prova si sposta sul creditore (il professionista). È quest’ultimo a dover dimostrare di aver adempiuto esattamente alla propria obbligazione, fornendo la prova che la sua condotta è stata conforme al modello professionale e deontologico richiesto.

Nel caso specifico, di fronte alle specifiche contestazioni della curatela sulla qualità della perizia, il professionista non ha fornito elementi sufficienti a dimostrare l’esattezza e l’adeguatezza del proprio lavoro. Di conseguenza, il rigetto della sua pretesa è stato ritenuto corretto.

La rilevanza della “Doppia Ratio Decidendi”

La Corte ha inoltre evidenziato come la decisione del Tribunale fosse sorretta da una “doppia ratio decidendi”, ovvero due autonome ragioni sufficienti, da sole, a giustificare il rigetto. La prima riguardava la mancanza di prova sul quantum del compenso; la seconda, l’accoglimento dell’eccezione di inadempimento. Poiché le censure del ricorrente contro la seconda ratio sono state giudicate infondate, le censure relative alla prima sono diventate inammissibili per difetto di interesse. Anche se avessero avuto successo, la decisione sarebbe rimasta in piedi grazie alla seconda motivazione, non scalfita dal ricorso.

le motivazioni

La motivazione centrale della Suprema Corte risiede nell’applicazione dei principi generali in materia di onere della prova nell’adempimento delle obbligazioni contrattuali. Richiamando l’orientamento delle Sezioni Unite (sentenza n. 13533/2001), la Corte afferma che il creditore che agisce per il pagamento ha l’onere di provare la fonte del suo diritto e il relativo termine di scadenza, potendosi limitare ad allegare l’inadempimento della controparte. Tuttavia, se il debitore convenuto eccepisce non un semplice inadempimento, ma un inesatto adempimento, specificando le ragioni della non correttezza della prestazione ricevuta, l’onere della prova torna in capo al creditore. Sarà quest’ultimo a dover dimostrare di aver eseguito la prestazione in modo esatto e conforme a quanto pattuito e alle regole dell’arte. Nel caso di specie, il fallimento non si è limitato a negare il diritto al compenso, ma ha contestato specificamente la qualità del lavoro svolto, rendendo necessario per il professionista fornire la prova contraria, cosa che non è avvenuta.

le conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale per tutti i professionisti: la corretta esecuzione della prestazione è il presupposto per il diritto al compenso. Di fronte a una contestazione specifica e circostanziata da parte del cliente, non è sufficiente provare l’esistenza dell’incarico. È indispensabile essere in grado di dimostrare, con prove concrete, la qualità e l’accuratezza del proprio operato. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di documentare meticolosamente il proprio lavoro e di essere sempre pronti a difenderne la correttezza, specialmente nei confronti di controparti, come le curatele fallimentari, tenute a un rigoroso controllo sulla fondatezza dei crediti.

Chi deve provare l’esatto adempimento se un cliente solleva un’eccezione di inadempimento?
Secondo la Corte, quando il debitore (cliente) solleva un’eccezione di inadempimento o inesatto adempimento, l’onere di provare di aver eseguito la prestazione in modo corretto e diligente grava sul creditore (il professionista).

Perché il preventivo presentato dal professionista non è stato considerato sufficiente a provare l’importo del credito?
Il Tribunale ha ritenuto che la proposta contrattuale e il preventivo di spesa fossero privi di data certa e, pertanto, non opponibili alla procedura fallimentare, che richiede prove documentali con datazione certa anteriore alla dichiarazione di fallimento.

Cosa si intende per ‘doppia ratio decidendi’ e quali conseguenze ha sull’appello?
Significa che la decisione del giudice si fonda su due o più ragioni giuridiche autonome, ognuna delle quali è di per sé sufficiente a sostenere la decisione. Se chi ricorre in appello contesta in modo infondato anche solo una di queste ragioni, il ricorso sulle altre diventa inammissibile per mancanza di interesse, poiché la decisione impugnata rimarrebbe comunque valida sulla base della ragione non efficacemente contestata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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