Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19326 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19326 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 29481/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE c.f. 03890140407, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE c.f. NUMERO_DOCUMENTO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME controricorrente
avverso la sentenza n. 2250/2020 della Corte d’ appello di Bologna, depositata il 12-8-2020, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2-72025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale il Tribunale di Rimini l’ha condannata al pagamento di Euro 17.874,58, oltre interessi ex d.lgs. 231/2002 e spese a favore di RAGIONE_SOCIALE a titolo di corrispettivo di cui
OGGETTO:
appalto
RG. 29481/2020
C.C. 2-7-2025
alle fatture n. 867/2010 e 296/2011. La società ha dedotto che tra le parti era intercorso contratto di appalto avente a oggetto l’installazione di pannelli pubblicitari mediante il rivestimento personalizzato di una facciata del fabbricato ove aveva sede la committente; che l’opera era stata consegnata il 30-4-2011 con quattro mesi di ritardo rispetto al termine pattuito del 15-122010, con conseguente danno; che l’opera presentava difetti, denunciati il 22-72011 e che l’appaltatrice si era rifiutata di eliminare; che il prezzo richiesto era superiore a quello pattuito nel contratto, pari a Euro 12.700,00 oltre iva. L’opponente perciò ha chiesto la risoluzione del contratto per l’inadempimento dell’appaltatrice e in via subordinata la riduzione del prezzo per i vizi, con condanna al risarcimento del danno sia per i vizi sia per il ritardo.
Si è costituita RAGIONE_SOCIALE contestando le deduzioni dell’opponente e con sentenza n. 1512/2014 il Tribunale di Rimini, qualificato il contratto come appalto e ritenuto il difetto di prova dei vizi, ha rigettato la domanda di risoluzione del contratto e di riduzione del prezzo; ha revocato il decreto ingiuntivo e ha condannato RAGIONE_SOCIALE al pagamento dell’importo concordato, pari a Euro 12.700,00 oltre iva al 21%, con gli interessi di mora.
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello principale e RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello incidentale, che la Corte d’appello di Bologna ha deciso con sentenza n. 2250/2020 pubblicata il 12-82020; ha rigettato l’appello principal e e, in accoglimento dell’appello incidentale e in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE al decreto ingiuntivo e ha posto a suo carico le spese di lite di entrambi i gradi.
Per quanto interessa in relazione ai motivi di ricorso proposti, la sentenza ha rigettato il motivo di appello con il quale RAGIONE_SOCIALE lamentava il rigetto delle sue domande in relazione al ritardo nella
consegna dell’opera, aderendo alle conclusioni del primo giudi ce secondo le quali l’opera era stata consegnata al più tardi a gennaio 2011; ha aggiunto che, anche a volere considerare come termine di consegna il 15-12-2010, il ritardo non poteva essere considerato di rilevante importanza e superiore a ogni limite di tolleranza, in quanto non era emersa prova che, in prossimità della scadenza, RAGIONE_SOCIALE avesse sollecitato o diffidato Arpa al rispetto del termine e la prima contestazione sul mancato rispetto del termine era avvenuta il 13-52011, dopo il ricevimento della fattura.
La sentenza ha rigettato il motivo con il quale l’appellante aveva sostenuto non vi fosse stata accettazione tacita dell’opera, in quanto l’opera era stata consegnata, senza che RAGIONE_SOCIALE procedesse a verifica tecnica, mentre la stessa aveva avanzato contestazioni solo dopo la richiesta di pagamento e aveva anche dato indicazioni per l’emissione della fattura senza alcuna riserva. Ha rigettato il motivo con il quale l’appellante si lamentava della mancata ammissione di consulenza tecnica d’ufficio, dichiarando che l’ammissione di c.t.u. percipiente era limitata all’accertamento di fatti non altrimenti accertabili e doveva essere condivisa la valutazione del primo giudice in ordine al fatto che i vizi lamentati non richiedevano l’impiego di tecniche particolari per l’accertamento e in ordine al fatto che, in considerazione del tempo trascorso, il bene avrebbe potuto subire modificazioni. Ha rigettato il motivo relativo al rigetto della domanda di risarcimento del danno da ritardo, dichiarando che non solo non poteva configurarsi un significativo ritardo nella consegna dell’opera, ma anche che l’appellante non aveva assolto all’onere di provare la sussistenza del danno stesso.
2.RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 2-7-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il primo motivo (da pag. 25 a pag. 34 del ricorso) è intitolato ‘ violazione e falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché omesso esame di un fatto decisivo rilevante per il giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c. con riferimento all’art. 1460 c.c. in merito alla ripartizione dell’onere probatorio a seguito di eccezione di inadempimento nei contratti a prestazioni corrispettive’; la ricorrente evidenzia che, a seguito dell’eccezione di inadempimento che essa aveva sollevato, era l’appaltatrice Arpa Pubblicità a dovere dimostrare l’esatto adempimento della prest azione, e cioè di avere realizzato l’insegna a regola d’arte e di avere rispettato il termine di consegna contrattualmente pattuito. Aggiunge che, pur non essendone onerata, RAGIONE_SOCIALE ha dimostrato il mancato rispetto del termine sulla base della corrispondenza intercorsa tra le parti; lamenta che le dichiarazioni dei testimoni non siano state valutate, in quanto i testi COGNOME e COGNOME hanno confermato l’ultimazione dell’insegna il 30 -4-2011 e anche i documenti di trasporto dimostrano che alla data del 30-1-2011 l’insegna non era completata; dichiara che i documenti di trasporto sconfessano quanto dichiarato dai testi, compiacenti, di controparte. Dichiara altresì che spettava ad RAGIONE_SOCIALE dimostrare di avere realizzato l’opera a regola d’arte e, al contrario, la stessa non ha dimostrato alcunché a confutazione delle puntuali allegazioni di RAGIONE_SOCIALE, che con la propria perizia di parte aveva descritto i difetti dell’opera.
1.1. Il motivo, laddove è proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. al fine di sostenere che sia stato provato un ritardo nella
consegna dell’insegna superiore a quello ritenuto dalla sentenza impugnata e siano stati provato i difetti della cosa, è inammissibile ai sensi dell’art. 348 -ter co.5 cod. proc. civ. ratione temporis vigente, in ragione dell’introduzione del giudizio d’appello successivamente all’11 -9-2012 (la sentenza di primo grado è stata pubblicata nel 2014) e all’introduzione del giudizio di cassazione prima del 28 -2-2023; infatti, si verte in ipotesi di “doppia c onforme” con riguardo all’accertamento in ordine all’ese cuzione delle prestazioni oggetto del contratto intercorso tra le parti, avendo la sentenza di appello riformato la sentenza di primo grado soltanto con riguardo all’accertamento del prezzo concordato. In caso di ‘doppia conforme’ il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n.5 dell’art. 360 cod. proc. civ. è inammissibile se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostran do che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. 3 28-2-2023 n. 5947 Rv. 667202 -01, Cass. Sez. 1 22-12-2016 n. 26774 Rv. 643244-03, per tutte). Al contrario la ricorrente, limitandosi a lamentare che non siano state accolte le sue deduzioni, presuppone l’inesistenza di una diversità delle ragioni di fatto poste a fondamento delle decisioni di primo e di secondo grado. Del resto, il motivo proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. è inammissibile anche perché non individua il fatto o i fatti specifici oggetto di discussione tra le parti e che abbiano avuto carattere decisivo, nei termini richiesti da Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 (Rv. 629831-01); il motivo si limita a proporre una rilettura complessiva delle risultanze istruttorie, sostenendo che la Corte d’appello ne abbia fatto una lettura erronea e in questo modo svolgendo critica all’apprezzamento in fatto riservato al giudice di merito ed es traneo al sindacato di legittimità. Infatti, è pacifico che sia attività riservata al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento e, a tal
fine, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. Sez. U 11-6-1998 n. 5802 Rv. 516348-01, per tutte).
Dall’inammissibilità del tentativo di ottenere una ricostruzione dei fatti diversa da quella eseguita dalla sentenza impugnata consegue che non sussistono le violazioni di legge dedotte nel motivo; ciò in quanto la ricorrente lamenta la mancata valutazione della propria eccezione di inadempimento sulla base del presupposto che RAGIONE_SOCIALE non abbia dimostrato di avere eseguito la propria prestazione e, al contrario, la sentenza impugnata ha accertato in fatto che la prestazione è stata eseguita dalla società appaltatrice in termini che le davano diritto a ottenere il pagamento del prezzo.
2.Con il secondo motivo (da pag. 34 a pag. 38 del ricorso) la ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. dell’art. 1455 c.c. -rilevanza dell’inadempimento dell’appaltatrice ai fini dell’alterazione del sinallagma contrattuale’; lamenta che, in violazione dei principi relativi alla necessità, nei contratti a prestazione corrispettive, di comparare il comportamento di entrambe le parti per stabilire quale tra esse si sia resa responsabile delle trasgressioni maggiormente rilevanti e abbia causato il comportamento della controparte e la conseguente alterazione del sinallagma, la sentenza abbia omesso la necessaria valutazione globale della condotta di entrambe le parti; rileva che erroneamente la sentenza ha dichiarato che RAGIONE_SOCIALE non aveva manifestato interesse alla puntuale consegna, in quanto essa aveva dimostrato di avere più volte sollecitato l’ultimazione dell’opera attraverso le dichiarazioni dei testimoni COGNOME Quindi sostiene che il ritardo si era protratto oltre ogni ragionevole tolleranza e non poteva essere ritenuto di scarsa importanza, in quanto il ritardo nella consegna
di una insegna pubblicitaria di oltre quattro mesi era inadempimento rilevante ai fini della risoluzione del contratto; evidenzia che, per di più, l’insegna era affetta da vizi e quindi sostiene che RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto essere ritenuta responsabile degli adempimenti maggiormente rilevanti.
2.1.Il motivo è inammissibile in quanto, sulla base della dedotta violazione di legge, tenta di ottenere una valutazione dei fatti diversa da quella eseguita dalla sentenza impugnata. E’ acquisito nella giurisprudenza di legittimità che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di una erronea ricognizione da parte della sentenza impugnata della fattispecie astratta recata da una disposizione di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; invece, l’allegazione di u na erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile in sede di legittimità solo sotto l’a spetto del vizio di motivazione (Cass. Sez. 1 13-10-2017 n. 24155 Rv. 645538-01, Cass. Sez. L 11-1-2016 n. 195 Rv. 638425-01). Nella fattispecie la sentenza impugnata ha dimostrato di valutare e mettere a confronto la condotta di entrambe le parti contrattuali ed è giunta alla conclusione che il ritardo nella consegna come accertato non fosse tale da giustificare la risoluzione del contratto. La ricorrente tenta di rimettere in discussione tale accertamento in fatto, in termini estranei al sindacato di legittimità, in primo luogo perché sostiene l’esistenza di vizi che il giudice di merito non ha accertato e l’esistenza di un ritardo nella consegna maggiore di quello ritenuto dal giudice di merito, con statuizioni non più discutibili in questa sede in ragione dell’inammissibilità del motivo ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ.; inoltre, perché la valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione del contratto a prestazioni corrispettive ai sensi
dell’art. 1455 cod. civ. costituisce questione di fatto, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito (Cass. Sez. 6-2 22-6-2020 n. 12182 Rv. 658455-01, Cass. Sez. 3 30-3-2015 n. 6401 Rv. 634986-01).
3.Con il terzo motivo (da pag. 38 a pag. 41 del ricorso), intitolato ‘ violazione e falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. dell’art. 1226 c.c. in relazione al mancato riconoscimento di un danno patrimoniale derivante dall’inadempimento contrattuale dell a appaltatrice, liquidabile in via equitativa’, la ricorrente deduce che, alla luce di questo esposto nei precedenti motivi di ricorso, emerga con evidenza anche la violazione o errata applicazione della disciplina in materia di liquidazione equitativa del danno; sostiene che il grave e ingiustificato r itardo nella consegna dell’opera abbia procurato a RAGIONE_SOCIALE pregiudizio significativo, identificabile nella riduzione delle potenzialità commerciali della propria attività dovuta all’assenza dell’insegna che la rendesse visibile, in un periodo in cui il traffico veicolare era interamente convogliato lungo quella strada per lavori stradali; quindi dichiara che sussistevano i presupposti per la liquidazione equitativa del danno.
3.1.Il motivo è manifestamente infondato.
La ricorrente deduce l’esistenza di un danno da mancato guadagno, per non avere beneficiato della pubblicità fornita dall’insegna nel periodo di ritardo della consegna. Quindi sussistono i presupposti per applicare il principio secondo il quale il danno patri moniale da mancato guadagno, concretandosi nell’accrescimento patrimoniale effettivamente pregiudicato o impedito dall’inadempimento all’ obbligazione contrattuale, presuppone la prova, sia pure indiziaria, dell’utilità patrimoniale che il creditore avre bbe conseguito se l’obbligazione fosse stata adempiuta; la liquidazione richiede un rigoroso giudizio di probabilità che può essere
equitativamente svolto in presenza di elementi certi offerti dalla parte, dai quali il giudice possa sillogisticamente desumere l’entità del danno subito (Cass. Sez. 3 15-11-2024 n. 29486 Rv. 672884-01, Cass. Sez. 6-2 8-3-2018 n. 5613 Rv. 647991-01, Cass. Sez. 3 3-12-2015 n. 24632 Rv. 637952-01). Al contrario, nella fattispecie la ricorrente non adduce di avere fornito al giudice di merito un qualche elemento finalizzato a dimostrare l’esistenza del pregiudizio subito nel periodo di ritardo -da considerare esclusivamente per il limitato lasso di tempo, accertato dalla sentenza impugnata, per le ragioni già esposte in ordine al dato che i motivi non censurano in modo ammissibile l’accertamento in fatto eseguito dal giudice di merito sulla data di consegna-; la ricorrente avrebbe dovuto e potuto fare emergere il pregiudizio subito evidenziando i benefici apportati alla sua attività dall’insegna pubblicitaria nel periodo della sua collocazione e deducendo perciò di non avere potuto fruire di quei benefici nel periodo del ritardo. In mancanza di tale deduzione, esattamente la sentenza ha dichiarato che non era stata data la prova del danno da ritardo, in quanto la liquidazione equitativa ex art. 1226 cod. civ. non esonera dalla prova del danno ma presuppone che, a fronte dell’avvenuta dimostrazione dell’esistenza e dell’entità materiale del danno, per la parte interessata risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile provare il danno nel suo esatto ammontare (Cass. Sez. 6-3 18-3-2022 n. 8941 Rv. 664449-01, Cass. Sez. 3 4-4-2019 n. 9339 Rv. 653421-01).
4.Con il quarto motivo (da pag. 41 a pag. 45 del ricorso) la ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. dell’art. 1665 c.c. in ordine alla carenza dei presupposti configuranti l’accettazione tacita dell’opera da parte della committente’; sostiene che erroneamente la sentenza abbia ritenuto che l’opera fosse stata accettata tacitamente, pur in assenza di fatti e comportamenti manifestanti il gradimento dell’insegna e la volontà di
accettarla senza riserve e in presenza di comprovate condotte incompatibili con la volontà di accettare l’insegna. Rileva che la mera trasmissione dei dati fiscali all’appaltatrice al fine dell’emissione della fattura, valorizzata dalla sentenza impugnata, non era comportamento sufficiente a dimostrare il gradimento dell’opera e la sua accettazione senza riserve, anche in ragione del fatto che, in quel momento, l’opera non era ancora completata, come confermato dal fatto che la fattura ha data 30-4-2011; ag giunge che l’attività istruttoria ha messo in evidenza altre condotte di RAGIONE_SOCIALE del tutto incompatibili con la volontà di accettare l’insegna , delle quali la sentenza non ha tenuto conto, e dichiara perciò che vi era stata la mera presa in consegna dell’opera, inidonea a esonerare l’appaltatrice dalla responsabilità per i vizi che, per di più, non erano visibili alla consegna.
4.1.Il motivo è infondato.
Come già evidenziato da questa Corte (Cass. Sez. 2 3-6-2020 n. 10452 Rv. 657792-01, Cass. Sez. 2 21-6-2013 n. 15711 Rv. 62687401 ), in tema di appalto l’art. 1665 cod. civ., pur non enunciando la nozione di accettazione tacita dell’opera, indica i fatti e i comportamenti dai quali deve presumersi la sussistenza dell’accettazione da parte del committente e, in particolare, al quarto comma prevede come presupposto dell’accettazione tacita la consegna dell’opera al committente e come fatto concludente la ricezione senza riserve da parte di quest’ultimo, anche se non si s ia proceduto alla verifica; la concreta esistenza di tali circostanze costituisce una questio facti rimessa all’apprezzamento del giudice di merito. Nella fattispecie la sentenza ha accertato in fatto (pag. 10) – con pronuncia che rimane ferma in quanto avrebbe potuto essere censurata in modo ammissibile solo con la proposizione di motivo ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ.che l’opera è stata accettata senza riserve da RAGIONE_SOCIALE per fatti concludenti. La sentenza ha dichiarato che la consegna materiale
dell’opera era avvenuta al più tardi il 15 -3-2011 , con l’esecuzione delle ultime rifiniture, e a tale consegna non aveva fatto seguito alcuna verifica tecnica da parte di RAGIONE_SOCIALE, la quale solo con la mail 13-52011, e perciò dopo la richiesta di pagamento di RAGIONE_SOCIALE aveva avanzato contestazioni e aveva affidato a un tecnico l’accertamento dei difetti solo dopo la notifica del decreto ingiuntivo. Si tratta di elementi ritenuti dalla sentenza in fatto sufficienti a integrare l’ipotesi dell’accettazione tacita di cui all’art. 1665 co. 4 cod. civ.; quindi, la circostanza che la sentenza abbia individuato quale elemento a conferma dell’accettazione tacita il fatto che alla fine di marzo 2011 RAGIONE_SOCIALE avesse dato indicazioni per l’emissione della fattura è irrilevante. Infatti, seppure quella condotta non avesse in sé significato, rimane insuperabile l’accertamento in fatto svolto dalla sentenza impugnata, in ordine alla sequenza costituita dalla consegna, mancanza di verifica, contestazione solo a seguito della richiesta di pagamento, quale sequenza integrante l’ipotesi di cui all’art. 1665 co. 4 cod. civ.
5.Con il quinto motivo (da pag. 45 a pag. 50) la ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. dell’art. 61 c.p.c. relativamente al diniego di c.t.u. percipiente, necessaria ai fini dell’accertamento di un fatto di natura tecnica che richiedeva l’impiego di cognizioni specifiche che il giudice non possedeva’; evidenzia che, come risultava dalla descrizione contenuta nella perizia di parte prodotta, i vizi dell’insegna potevano essere valutati solo da un tecnico e quin di non poteva essere negato l’ingresso in causa alla c.t.u. percipiente, che avrebbe accertato se la struttura di supporto era solida, avrebbe accertato la qualità e resistenza dei materiali, le modalità di montaggio dei pannelli; quindi, lamenta che l’istanza di ammissione di c.t.u. sia stata rigettata sulla base dell’asserita mancanza di prova dell’esistenza di quei fatti , che la c.t.u. avrebbe
potuto dimostrare; lamenta che il mancato espletamento della c.t.u. si sia tradotto in difetto di prova dell’inadempimento contrattuale di RAGIONE_SOCIALE, nonostante fosse questa a dovere dimostrare di avere adempiuto alla prestazione.
5.1.Il motivo è inammissibile, in primo luogo perché la sentenza impugnata ha escluso l’ingresso alla c.t.u. non solo per le ragioni censurate dalla ricorrente, ma dichiarando espressamente (pag. 12) di condividere la precisazione del Tribunale secondo la quale il bene poteva avere subito modificazioni in considerazione del tempo trascorso; si tratta di elemento in sé ostativo all’intro duzione della c.t.u., del quale la ricorrente avrebbe dovuto allegare e dimostrare l’errone ità al fine di censurare compiutamente la pronuncia.
Inoltre, seppure il motivo sia formalmente proposto deducendo la violazione di legge, tutti gli argomenti sono svolti al fine di sostenere che il giudice di merito avrebbe dovuto disporre consulenza tecnica d’ufficio ; quindi il motivo deve essere esattamente qualificato ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. e di conseguenza deve essere dichiarato inammissibile. Infatti, si deve dare continuità al principio secondo il quale il giudizio sulla necessità e utilità di fare ricorso allo strumento della consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, la cui decisione è censurabile per cassazione unicamente ai sensi dell’art. 360 co. 1 n.5 cod. proc. civ., soggiacendo la relativa impugnazione alla preclusione derivante dalla regola della ‘doppia conforme’ di cui all’art. 348 -bis co. 5 cod. proc. civ. ratione temporis vigente (Cass. Sez. L 25-8-2023 n. 25281 Rv. 669071-01, Cass. Sez. 1 23-3-2017 n. 7472 Rv. 644826-02).
6.In conclusione il ricorso è integralmente rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione