Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27361 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27361 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 13/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 11398/2023 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE e P. IVA P_IVA), con sede legale in Milano, INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore Rag. NOME COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE; pec EMAIL; fax NUMERO_TELEFONO) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL; fax NUMERO_TELEFONO) del Foro di Milano, con elezione di domicilio digitale presso i suddetti indirizzi PEC.
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in Amministrazione Straordinaria, in persona dei commissari straordinari AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, con sede in Villafranca di Verona INDIRIZZO), INDIRIZZO, C.F. e P_IVA.
-intimata – avverso il decreto, reso all’esito del giudizio di opposizione allo stato passivo ai sensi dell’art. 99 l. fall., del Tribunale di Verona, datato 17 marzo 2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/09/2025 dal AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
Con il decreto impugnato il Tribunale di Verona -decidendo sull’opposizione allo stato passivo presentata da RAGIONE_SOCIALE, nei confronti del RAGIONE_SOCIALE in Amministrazione Straordinaria ha accolto parzialmente l’impugnazione, ammettendo RAGIONE_SOCIALE al passivo, in chirografo, per l’importo di € 53.220,20 , a titolo di corrispettivo per l’attività di RAGIONE_SOCIALE svolta in relazione al bilancio 2014 e per l’ulteriore attività di cui alla fattura n. 226/2014 e confermando, per il resto, il provvedimento di esclusione dal passivo emesso dal giudice delegato. 2. RAGIONE_SOCIALE aveva infatti proposto opposizione ex art. 98 l fall. avverso il decreto, con il quale il giudice delegato aveva escluso il credito di complessivi € 74.310,20, insinuato a titolo di compenso per l’attività di RAGIONE_SOCIALE legale dei conti ( svolta dalla RAGIONE_SOCIALE opponente a favore dell’opposta in relazione agli anni 2013 e 2014), nonché per prestazioni professionali relative ad un’attestazione circa il rispetto dei vincoli finanziari ‘covenants’ (calcolati con riferimento al bilancio consolidato del RAGIONE_SOCIALE al 31 dicembre 2013) e all’emissione di una nuova relazione sul bilancio 2014 , che le era stata richiesta in seguito alla presentazione di una domanda di concordato in bianco da parte di RAGIONE_SOCIALE (anche GIT), crediti insinuati, tutti, col privilegio di cui all’art. 2751 bis, n. 2, c.c., e, l’ultimo, anche in prededuzione ex art. 111 l. fall.
Nella resistenza dell’amministrazione straordinaria, il Tribunale ha osservato, quanto alle ‘q uestioni preliminari ‘ sull’eccezione d’inadempimento e per quanto qui ancora di interesse, che: (i) l ‘ amministrazione straordinaria di GIT, ai fini e per gli effetti di cui all’art. 1460 c.c., aveva contestato a RAGIONE_SOCIALE di non aver assolto in modo adeguato al proprio compito di RAGIONE_SOCIALE dei bilanci 2013 e 2014 ; (ii) in ordine all’eccezione di genericità di formulazione dell’eccezione di inadempimento sollevata da parte dell’opponente, se per un verso era certamente vero che doveva essere la parte che eccepiva l’inadempimento a dover indicare con sufficiente specificità in cosa fosse consistito l’inesatto adempimento imputato alla controparte, per altro verso,
nella fattispecie in esame , nella comparsa di costituzione l’ amministrazione straordinaria aveva circoscritto e specificato le carenze dell’attività di RAGIONE_SOCIALE che essa aveva imputato a RAGIONE_SOCIALE; (iii) nella successiva CTU, stante la complessità tecnica dell’attività di RAGIONE_SOCIALE demandata a RAGIONE_SOCIALE, le contestazioni dell’opposta erano state poi oggetto di approfondimento sotto il profilo tecnico con i CTP, con richiamo specifico alle previsioni dei principi contabili applicabili nella fattispecie, nonché enucleazione e valutazione delle circostanze rilevanti ai fini dell’espressione del giudizio di RAGIONE_SOCIALE da parte di RAGIONE_SOCIALE (es: dati relativi al capitale circolante netto, al margine di tesoreria, agli indici di redditività; indicatori e circostanze rilevanti in base al principio 570 per la verifica delle continuità, etc.); (iv) trattandosi, poi, di CTU percipiente, non poteva certo sostenersi la nullità della consulenza per avere il consulente individuato e preso in considerazione anche specifiche circostanze non allegate dalle parti ed indicate nel quesito, giacché esse integravano proprio quei fatti secondari il cui accertamento postulava il ricorso a cognizioni tecnico-scientifiche o, comunque, fatti tecnici accessori o secondari che potevano essere direttamente individuati ed accertati dal CTU al fine di poter dare risposta compiuta al quesito, senza in tal modo illegittimamente supplire all’onere probatorio gravante sulla parte e relativo ai soli fatti c.d. primari posti a fondamento delle difese ed eccezioni formulate, fatti primari che l’opposta aveva senz’altro allegato tempestivamente nella sua comparsa di risposta, con la conseguenza che era dunque infondata anche la difesa di NOME, laddove sosteneva che tali fatti secondari, considerati e valorizzati dal CTU nel contraddittorio tecnico con i CTP, avrebbero dovuto essere ancora prima necessariamente allegati da parte opposta nel l’ atto introduttivo delle sue difese; (v) in conclusione, l ‘eccezione di inadempimento era stata pertanto formulata da GIT in modo sufficientemente analitico, sicché doveva escludersi l’inammissibilità di tale eccezione per genericità; (vi) quanto, poi, alla ripartizione dell’onere probatorio, doveva ritener si che, a fronte dell’eccezione di inadempimento sollevata dall’opposta, incombesse su RAGIONE_SOCIALE fornire la prova di avere esattamente adempiuto alla propria obbligazione; (vii) il creditore che propone, infatti, opposizione allo stato passivo, dolendosi dell’esclusione di
un credito del quale aveva chiesto l’ammissione, è onerato della prova dell’esistenza del credito medesimo, secondo la regola generale stabilita all’art. 2697 c.c. e, a fronte dell’eccezione di inadempimento sollevata dagli organi della procedura per paralizzare la sua pretesa, il riparto degli oneri probatori segue parimenti le regole ordinarie e, dunque, il creditore è onerato di dimostrare di avere correttamente adempiuto la propria prestazione; (viii) nel merito degli inadempimenti ascritti alla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE – e per quanto qui ancora di interesse in relazione al profilo dell’o messa svalutazione di poste dell’attivo , delle partecipazioni ed i crediti, erano condivisibili le osservazioni svolte dal Ctu che aveva dunque ritenuto censurabile l’operato di RAGIONE_SOCIALE laddove, in presenza di iscrizione a bilancio delle partecipazioni per valori superiori alla quota del patrimonio netta detenuta da RAGIONE_SOCIALE, la stessa non aveva rilevato la totale mancanza, nella nota integrativa, di informazioni sui motivi che potevano indurre a ritenere la perdita di valore non durevole, ovvero la presenza di informazioni basate su ipotesi soltanto generiche (con particolare riferimento alla valorizzazione delle partecipazioni nelle imprese controllate RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e nelle imprese collegate RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE); (ix) quanto ai crediti verso RAGIONE_SOCIALE collegate, era del pari condivisibile il rimprovero di inadempimento svolto dal CTU laddove contestava a RAGIONE_SOCIALE di non aver compiuto, nella RAGIONE_SOCIALE del bilancio al 31 dicembre 2013, alcuna specifica verifica in ordine al loro valore di realizzo, ritenuta assorbita da quella già compiuta riguardo al valore della partecipazione; (x) ugualmente doveva ritenersi in relazione ai crediti verso RAGIONE_SOCIALE controllate, iscritti nel bilancio 2013 al loro valore nominale, in relazione ai quali la RAGIONE_SOCIALE compiuta da RAGIONE_SOCIALE era stata compiuta senza alcun test sul presumibile realizzo di tali crediti, e limitata alla quadratura dei saldi contabili nei bilanci delle diverse RAGIONE_SOCIALE del gruppo; (xi) in relazione, inoltre, alle verifiche sulla continuità aziendale e finale giudizio sui bilanci 2013 e 2014, sussisteva l’inadempimento solo per l’anno 2013, posto che, come correttamente rilevato dal Ctu, già nel bilancio al 31 dicembre 2013 vi erano incertezze significative sulla sussistenza del requisito della continuità aziendale, sulla base di una serie di indicatori e circostanze di segno negativo;
(xii) il principio di RAGIONE_SOCIALE n. 570 nel caso in cui l’utilizzo del presupposto della continuità aziendale nella redazione del bilancio fosse risultato appropriato, ma fosse comunque rimasta un’incertezza significativa sulla continuità aziendale (e cioè nel caso esattamente corrispondente a quello ricorrente nella fattispecie) – imponeva, comunque, al revisore di verificare se il bilancio avesse evidenziato, in modo adeguato, tali incertezze significative, gli eventi che le determinavano ed i piani della direzione per far fronte a tali criticità; (xiii) nella nota integrativa al bilancio di GIT al 31 dicembre 2013, nel paragrafo dedicato alla continuità aziendale (richiamato nella relazione di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE) , dopo l’esposizione del difficile contesto in cui RAGIONE_SOCIALE e le sue controllate si erano trovate ad operare negli ultimi esercizi e delle relative cause, e dopo aver dato atto del rinnovo, intervenuto nel mese di maggio 2014, di due finanziamenti in pool per quasi 40 milioni di euro, concludeva nel senso che: ‘Gli Amministratori ritengono che il RAGIONE_SOCIALE abbia la capacità di reperire le risorse finanziarie al fine di superare la temporanea situazione di tensione di liquidità, ciò anche a seguito dello sblocco della situazione di stallo con gli istituti finanziari. Comunque, in caso di necessità, il RAGIONE_SOCIALE avrebbe la possibilità di intraprendere operazioni di finanza straordinaria o di ristrutturazione’ ; (xiv) correttamente tale informativa era stata ritenuta inadeguata dal CTU in quanto non avrebbe evidenziato con chiarezza l’esistenza di un’incertezza significativa in ordine alla continuità e non avrebbe indicato, in maniera appropriata, i piani della direzione diretti a far fronte alle criticità segnalate.
Il decreto, pubblicato il 17 marzo 2023, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria, intimato, non ha svolto difese.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la RAGIONE_SOCIALE ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., ‘ la nullità del Decreto per aver pronunciato extra petita, in violazione degli artt. 112 c.p.c. e 99, co. 7 L. Fall.,
per la valorizzazione di fatti attinenti ad un inadempimento ex art. 1460 c.c. non tempestivamente allegati in sede di costituzione, né provati dalla controparte, ma autonomamente sviluppati dal CTU ‘.
1.1 Il primo motivo deve essere complessivamente rigettato.
1.1.1 Va ricordato, in premessa, che – secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte – nel giudizio di legittimità, se è vero che la Corte di Cassazione, allorquando sia denunciato un error in procedendo , quale indubbiamente il vizio di ultra o extrapetizione, è anche giudice del fatto ed ha il potere dovere di esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia, per il sorgere di tale potere – dovere è necessario, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (Sez. 5, Sentenza n. 1170 del 23/01/2004; Sez. 1 – , Sentenza n. 2771 del 02/02/2017; Sez. 2, Ordinanza n. 28072 del 14/10/2021; Sez. 3, Ordinanza n. 16899 del 13/06/2023).
In termini più generali, questa Corte ha infatti affermato che, in tema di ricorso per cassazione, l’esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla RAGIONE_SOCIALEC. ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone l’ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell'”iter” processuale senza compiere generali verifiche degli atti (così, Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23834 del 25/09/2019; v. anche Cass. n. 11738/2016).
1.1.2 Ciò posto e ricordato, va subito rilevato che la parte ricorrente non ha in alcun modo evidenziato nel motivo di ricorso qui in esame, con sufficiente determinazione, il contenuto dell’eccezione di inadempimento sollevata ex adverso nel precedente giudizio di opposizione dalla parte opposta, in modo da determinare in questa Corte l’obbligo di scrutinio diretto degli atti in relazione ai quali si è RAGIONE_SOCIALE sollevato, quale error in procedendo , il vizio di
ultrapetizione, denunciato ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ. Detto altrimenti, per la verifica della fondatezza dell’eccezione processuale relativa al fatto che il Tribunale si sarebbe pronunciato – secondo la prospettiva dell’odierno ricorrente – su profili di inadempimento nuovi, come tali integranti fatti cd. principali (qualificanti la sopra ricordata eccezione di inadempimento) e non già fatti secondari (come tali rilevabili anche in sede di C.t.u. contabile, secondo quanto affermato da: Cass. Sez. U, Sentenza n. 3086 del 01/02/2022), la RAGIONE_SOCIALE ricorrente avrebbe dovuto compiutamente e dettagliatamente descrivere il contenuto dell’eccezione di inadempimento sollevata dalla parte opposta ( nell’atto introduttivo delle sue difese in sede di giudizio di opposizione allo stato passivo) ed il contenuto integrale della consulenza tecnica d’ufficio, ove asseritamente sarebbero stati considerati fatti inadempitivi, prima non denunciati e sulla cui base il Tribunale si sarebbe dunque pronunciato d’ufficio, senza il rilievo della parte processuale a ciò interessata ed onerata (sulla natura di eccezione in senso stretto in relazione all’accezione di inadempimento, si legga anche da ultimo Cass . n. 19753/2025).
In realtà, l’odierna parte ricorrente si è limitata nel motivo di ricorso in esame, in una nota esplicativa riportata in calce alla parte espositiva del motivo di ricorso qui in scrutinio, ad un fugace (e dunque insufficiente) richiamo ‘topografico’ alla comparsa di costituzione nel giudizio di opposizione, senza fornire ulteriori indicazioni nel senso sopra spiegato e senza far comprendere l’oggetto della denunciata ultrapetizione attraverso la descrizione diretta degli atti di causa. E ciò a fronte di un provvedimento (quello impugnato) che, in risposta alla sollevata eccezione di nullità della C.t.u. in sede di giudizio di opposizione, aveva già correttamente spiegato che i fatti costitutivi cd. principali, qualificanti la denunciata eccezione di inadempimento, erano stati già dedotti tutti tempestivamente nella comparsa di costituzione e risposta della parte opposta e che le ulteriori argomentazioni utilizzate dal C.t.u. (e poi riprese, in sede motivatoria, dal Tribunale) integravano al più apprezzamenti di carattere tecnico e comunque fatti cd. secondari, come tali apprezzabili in sede di consulenza tecnica d’ufficio senza rilievi di parte. Del resto, pretendere che il Tribunale dirigesse chirurgicamente il suo iter
argomentativo solo sui fatti di inadempimento denunciati, senza considerare il contesto fattuale e le circostante di carattere tecnico-contabile nelle quali l’inadempimento del revisore era maturato, pena l’integrazione – nella prospettiva della odierna ricorrente -del vizio di extra-petizione, significherebbe costringere il giudicante ad un apprezzamento ‘atomistico’ del fatto inadempitivo, avulso dal complessivo sviluppo della esecuzione della prestazione professionale negozialmente concordata.
1.1.3 Ad ogni buon conto, a ciò va anche aggiunto che dalla stessa descrizione della vicenda processuale contenuta nel decreto RAGIONE_SOCIALE impugnato si evince che l’eccezione di inadempimento sollevata dalla parte opposta alla RAGIONE_SOCIALE era un’eccezione ‘ad ampio spettro’, coinvolgente tutta l’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’incarico professionale, con la conseguenza che disquisire, ora, di vizio di ultrapetizione a carico del decreto del Tribunale, che si è peritato di esaminare, con dovizia di giudizio (per quanto sopra ricordato in premessa), tutti i copiosi profili di inadempimento denunciati da GIT, risulta, a dir poco, un fuor d’opera che non trova , peraltro, riscontro alcuno già negli atti sottoposti all’esame di questo Collegio.
Con il secondo mezzo si deduce, ‘ ex art. 360, n. 3, c.p.c. e anche ex art. 360, n. 5, c.p.c. ‘, ‘violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1460 , co. 1 e 2, c.c. ‘ per ‘ non aver riconosciuto la infondatezza di una siffatta eccezione avanzata non per conservare il contratto ma al solo scopo di paralizzare per l’intero la pretesa creditoria della Ricorrente in una situazione di esaurimento del rapporto e quindi di irrimediabilità -quand’anche sussistente dell’inadempimento contestato’.
2.1 Anche il secondo motivo è infondato.
Afferma la RAGIONE_SOCIALE ricorrente che l ‘eccezione di inadempimento postul erebbe che il rapporto sia in corso di esecuzione, posto che, una volta sciolto il contratto per effetto del fallimento, troverebbero diversamente applicazione le norme della legge fallimentare che disciplinano gli effetti dello scioglimento dei contratti. Sostiene la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE che o l’inadempimento era grave e allora RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto sollevare eccezione di risoluzione o compensazione impropria ovvero non era grave, il che non avrebbe giustificato la paralisi del credito.
2.2 Ritiene il Collegio che la questione posta col secondo motivo sia in realtà mal posta.
Invero, come affermato da questa Corte già in passato, seppure il contratto si sciolga per effetto del fallimento di una delle parti, ciascuna parte e il curatore del fallimento possono sempre rifiutare il pagamento delle opere e dei servizi per la parte non eseguita o non eseguita a regola d’arte , sollevando eccezione di inadempimento (cfr. Cass. Sez. 1, sent. n. 23810 del 20/11/2015).
Orbene, l’avvenuto scioglimento del rapporto contrattuale ha efficacia ex nunc e non preclude, evidentemente, la pretesa al pagamento delle prestazioni regolarmente erogate: cui si può ben opporre, da parte del debitore, l’inadempimento già maturato anteriormente alla dichiarazione di fallimento, consistente nell’esecuzione non a regola d’arte dell’opera o del servizio. Diversamente opinando, si imporrebbe al debitore di pagare per intero le prestazioni ricevute, pur se in tutto o in parte non eseguite esattamente. Sul punto, l’argomento difensivo secondo cui l’eccezione sarebbe riconducibile all’art. 1460 cod. civ. e dunque, in funzione dilatoria, significativa della volontà di conservare il contratto, non coglie la finalità legittimamente perseguita, ictu oculi riconoscibile, di negare il pagamento di prestazioni per la parte ineseguita o non eseguita a regola d’arte (così, sempre Cass. n. 23810/15, cit. supra ).
3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ‘ per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1460, comma 1 e 2, c.c., in quanto, anche laddove l’eccezione di inadempimento fosse idonea a introdurre una valutazione comparativa della gravità dei contrapposti inadempimenti al fine di paralizzare per l’intero la sua pretesa creditoria una volta che il rapporto si sia esaurito (come ritenuto nel Decreto), il Tribunale avrebbe violato l’a rt. 14 del D. Lgs. 39/2010 per avere ritenuto ‘inadempimenti’ del revisore fatti che non possono essere considerati tali e comunque si sarebbe limitato a riscontrare meramente la ricorrenza di tale inadempimento, senza indagarne la ‘gravità’ e/o, ex art. 3 60, n. 5, c.p.c., motivando in modo solo apparente tale ‘gravità’ e
comunque omettendo l’esame di un fatto decisivo consistente nella sostanziale irrilevanza per la controparte del riscontrato inadempimento ‘.
3.1 Il terzo motivo è all’evidenza inammissibile.
Sul punto giova ricordare che – in tema di ricorso per cassazione – il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (così, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019; cfr. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017). Più precisamente è stato affermato sempre dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità che le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto: a) quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto; b) quello afferente all’applicazione della norma stessa una volta correttamente individuata ed interpretata. Il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione. Non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, comma 1, n. 3, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14/01/2019).
Ciò posto, risulta pertanto evidente che, sotto l’egida applicativa del vizio di violazione e falsa applicazione di norme di legge (sub specie dell’art. 1460, comma 1 e 2, c.c., e dell’ art. 14 del D. Lgs. 39/2010), la parte ricorrente intende ora sottoporre all’esame di questa Corte un nuovo scrutinio della quaestio facti , quanto al profilo della gravità dell’inadempimento sollevato dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, scrutinio che tuttavia esula, per le ragioni sopra dette, dal perimetro delimitante l’area di cogn izione del giudice di legittimità. Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso.
Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’intimata.
Sussistono, invece, i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 30 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME