Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18428 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18428 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/07/2025
OGGETTO:
appalto
RG. 30040/2020
C.C. 11-6-2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 30040/2020 R.G. proposto da: COGNOME RAGIONE_SOCIALE c.f. CODICE_FISCALE rappresentato e difeso
dall’avv. NOME COGNOME
ricorrente
contro
COGNOME NOME COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
contro
ricorrente
avverso la sentenza n. 205/2020 della Corte d’ appello di Ancona, depositata il 26-2-2020,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 11-6-2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Il decreto ingiuntivo emesso il 14-10-2009 dal Tribunale di Pesaro sezione distaccata di Fano ha condannato NOME COGNOME a pagare a NOME COGNOME titolare della ditta RAGIONE_SOCIALE Euro 9.376,15 oltre interessi ex d.lgs. 231/2002 e spese, di cui alle fatture nn. 4, 5, 6 e 7 del 2009, quale residuo importo del corrispettivo per i lavori di ristrutturazione con demolizione e ricostruzione di un accessorio.
NOME COGNOME ha proposto opposizione, contestando il credito in ragione dei ritardi e vizi dei lavori, che erano stati descritti nell’accertamento tecnico preventivo svolto avanti il Tribunale di Pesaro, nonché proponendo domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni.
Si è costituito NOME COGNOME quale titolare di RAGIONE_SOCIALE contestando l’opposizione e, acquisiti gli atti dell’accertamento tecnico preventivo e istruita la causa anche testimonialmente, con sentenza n. 1119/2014 depositata il 10-12-2014 il Tribunale di Pesaro ha revocato il decreto ingiuntivo, ha condannato l’opponente COGNOME a pagare all’opposto COGNOME Euro 7.437,66 oltre interessi legali dal 9 -7-2009 e ha condannato l’opposto COGNOME a pagare all’opponente COGNOME, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, Euro 14.532,62, oltre interessi sulla somma devalutata dalla data di deposito dell’accertamento tecnico preventivo e, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, Euro 5.000,00, con gli interessi dalla pubblicazione della sentenza.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto appello principale e NOME COGNOME ha proposto appello incidentale, che la Corte d’appello di Ancora ha integralmente rigettato con sentenza n. 205/2020 depositata il 26-2-2020.
Per quanto interessa in relazione ai motivi di ricorso proposti, la sentenza ha dichiarato che non sussistevano i presupposti per dare ingresso alla nuova documentazione prodotta con l’atto in appello. Ha dichiarato che con motivo di gravame RAGIONE_SOCIALE aveva dedotto l’esistenza nella sentenza di primo grado e nella c.t.u. di errori materiali e di errori di valutazione, ma il giudice di primo grado correttamente aveva fondato la decisione sulla c.t.u.; del pari correttamente, con riguardo alle fessurazioni sul marciapiedi, aveva privilegiato la testimonianza del direttore dei lavori COGNOME che le aveva attribuite
agli escavatori utilizzati dall’impresa, rispetto alla testimonianza del subappaltatore COGNOME il quale ne aveva sostenuto la preesistenza, in quanto la testimonianza di COGNOME trovava conferma nella c.t.u. e non si ravvisava in COGNOME interesse che ne determinasse incapacità ex art. 246 cod. proc. civ. La sentenza ha rigettato anche il motivo di appello con il quale RAGIONE_SOCIALE sosteneva l’opponibilità dell’eccezione di inadempimento, in quanto doveva essere eseguita valutazione comparativa delle rispettive inadempienze e nella fattispecie era stato dimo strato che RAGIONE_SOCIALE non aveva eseguito le opere a regola d’arte, tanto che le opere presentavano vizi eliminabili con la spesa di Euro 14.532,62 oltre l’ulteriore spesa per il cartongesso, mentre il residuo corrispettivo dovuto era di Euro 7.437,66, a fronte di un ammontare dei lavori di Euro 56.712,92.
2.NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del giorno 11-6-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Procedendo alla disamina dei motivi di ricorso sulla base della successione logica delle questioni, con il quarto motivo, intitolato ‘ nullità della sentenza per violazione di legge in relazione all’art. 116 c.p.c. e 246 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’, da pag. 16 a pag. 24 del ricorso, il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere confermato la sentenza di primo grado con riguardo alle fessurazioni al marciapiedi esterno; in sostanza sostiene che si sarebbe dovuta ritenere l’incapac ità a testimoniare del direttore dei lavori COGNOME e in subordine la sua inattendibilità e si sarebbe dovuta
apprezzare la veridicità delle dichiarazioni del testimone COGNOME estraneo al giudizio, e quindi ritenere che le fessurazioni dei marciapiedi erano dovute alla tipologia costruttiva, estranea a RAGIONE_SOCIALE, ed erano preesistenti; lamenta che il giudicante abbia aderito acriticamente alle conclusioni del c.t.u., il quale non aveva potuto constatare le cause delle fessurazioni ma si era basato sulle asserzioni del direttore dei lavori e che, diversamente, dalle riproduzioni fotografiche allegate all’atto di appello -in quanto ottenute incolpevolmente dopo la sentenza di primo grado- risultava che il miniescavatore ritenuto dal c.t.u. responsabile delle fessurazioni non sostava sul marciapiede; aggiunge che anche la quantificazione del danno in Euro 3.017,00, anziché in Euro 1.418,00 indicato nella bozza della c.t.u., è stata eseguita solo sulla base dei rilievi del consulente di parte attrice e che è stato omesso ogni ragionamento pure in ordine all’aggiunta alla somma necessaria alla rimozione dei vizi dell’importo di Euro 1.217,00 per le opere in cartongesso, che non poteva essere imputata quale danno a carico di RAGIONE_SOCIALE
1.1.Il motivo presenta profili di inammissibilità per le modalità con le quali è proposto, in quanto accomuna una serie di critiche di diverso contenuto alla sentenza impugnata, nel tentativo di devolvere al giudice di legittimità una complessiva rivalutaz ione dell’intera fattispecie, senza neppure cercare -per molteplici aspetti- di collocare le censure all’intero dei motivi di cui all’art. 360 co. 1 cod. proc. civ.
1.1.1.A ogni modo, per quanto è dato comprendere ed è consentito enucleare dal contenuto del motivo, in primo luogo è inammissibile la deduzione della violazione dell’art. 246 cod. proc. civ. come prospettata, in quanto il ricorrente non allega né di avere tempestivamente sollevato l’eccezione di incapacità prima dell’assunzione della testimonianza, né di averla poi ritualmente riproposta , subito dopo l’assunzione del testimone, in sede di
precisazione delle conclusioni e con specifico motivo di appello. Infatti, secondo i principi enunciati da Cass. Sez. U 6-4-2023 n. 9456 (Rv.667445-01-02-03 ), l’incapacità a testimoniare disciplinata dall’art. 246 cod. proc. civ. non è rilevabile d’ufficio e quindi, ove la parte non formuli la relativa eccezione prima dell’ammissione del mezzo, l’eccezione rimane definitivamente preclusa, senza che possa poi proporsi, ove la testimonianza sia stata ammessa e assunta, eccezione di nullità della prova. Inoltre, nel caso in cui la parte abbia formulato l’eccezione di incapacità a testimoniare e il giudice abbia comunque ammesso il mezzo di prova e abbia dato corso all’assunzione, la testimonianza così assunta è affetta da nullità che, ai sensi dell’art. 157 cod. proc. civ., l’interessato ha l’onere di eccepire subito dopo l’escussione del teste o, nel caso di assenza del difensore della parte alla relativa udienza, nella prima udienza successiva, in quanto diversamente si determina la sanatoria della nullità. Infine, la parte che ha tempestivamente formulato l’eccezione di nullità della testimonianza, deve poi dolersene in modo preciso e puntuale anche in sede di precisazione delle conclusioni, dovendosi altrimenti ritenere l’eccezione rinunciata, così che non pu ò più essere riproposta in sede di impugnazione.
1.1.2.In ordine all’inattendibilità del testimone, non si tratta di doglianza proponibile in sede di legittimità prospettando la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ., perché la deduzione riguardo alla violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è ammissibile solo se si alleghi che il giudice, nel valutare una risultanza probatoria, non abbia operato -in assenza di diversa indicazione normativa- secondo il suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore, oppure il valore che il legislatore attribuisce a una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, il valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta a una specifica regola di valutazione,
abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento; diversamente, ove si deduca che il giudice abbia solamente male esercitato il suo prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile ai sensi dell’art. 360 co.1 n.5 cod. proc. civ. solo nei limiti in cui è ancora consentito il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass. Sez. U 30-9-2020 n. 20867 Rv. 659037-02).
Invece, sono riservate al giudice di merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove e la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento; è insindacabile in sede di legittimità il peso probatorio di alcune testimonianze rispetto ad altre, in base al quale il giudice di secondo grado sia pervenuto a un giudizio logicamente motivato, anche diverso da quello formulato dal primo giudice (Cass. Sez. 2 8-82019 n. 21187 Rv. 655229-01, Cass. Sez. L 10-6-2014 n. 13054 Rv. 631274-01, Cass. Sez. 2 28-1-2004 n. 1554 Rv. 569765-01). Nella fattispeci e la decisione della Corte d’appello è stata conforme a quella del giudice di primo grado e quindi non è neppure ipotizzabile, in ragione della preclusione derivante dalla previsione dell’art. 348 -ter cod. proc. civ. da applicare ratione temporis, una riqualificazione del motivo ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ.
1.1.3.Nessuno degli altri argomenti svolti nel motivo è sussumibile nel paradigma dei motivi elencati da ll’art. 360 co. 1 cod. proc. civ., perché neppure la lamentela in ordine alla mancata ammissione delle fotografie proposte con l’atto d’appello è formulata in modo ammissibile. La sentenza impugnata ha dichiarato inammissibile ex art. 345 cod. proc. civ. l a produzione dell’elaborato dell’ing. COGNOME fondato su dati fattuali e documenti da sempre disponibili e mai prima prodotti; se e in quanto le fotografie alle quali fa riferimento il motivo
siano quelle allegate a quell’elaborato, la pronuncia non è censura ta in modo specifico, in quanto il ricorrente avrebbe dovuto allegare per quali precise ragioni la valutazione della Corte d’appello fosse stata erronea; se e in quanto le fotografie alle quali fa riferimento il motivo di ricorso siano altre, il motivo è generico per le stesse modalità con le quali è formulato, perché il ricorrente non offre alcun elemento per seguire il suo ragionamento , in violazione della previsione dell’art. 366 co. 1 n. 6 cod. proc. civ.
2. Con il quinto motivo, intitolato ‘ nullità della sentenza per violazione di legge in relazione all’art. 116 c.p.c. e 1460 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’, da pag. 24 a pag. 36 del ricorso, il ricorrente dapprima dichiara di censurare la sentenza impugnata laddove ha rigettato il suo secondo motivo di appello e ha ritenuto inopponibile l’eccezione di inadempimento e di seguito lamenta che la sentenza abbia omesso l’analisi dei motivi di gravame, impedendo alla parte di comprendere le ragioni della decisione assunta e non disponendo la rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio . Sostiene che la Corte d’appello abbia omesso l’esame delle doglianze puntualmente mosse da RAGIONE_SOCIALE che, se correttamente valutate, avrebbero condotto a una decisione favorevole all’appaltatrice e avrebbero escluso il suo inadempimento. Specificamente dichiara che, con riguardo al terzo quesito, relativo alle cause delle fessurazioni e dei distacchi del marciapiede, la risposta del c.t.u. sia stata errata, in quanto si trattava di problematica propria del materiale e non di vizio attribuibile all’impresa; anche con riguardo al quarto quesito, relativo all’intonaco alle pareti, sostiene che dovesse essere esclusa la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE; con riguardo al quinto quesito, relativo alla pavimentazione, sostiene che l’impresa abbia eseguito quanto previsto contrattualmente. Aggiunge che eventualmente avrebbe dovuto essere ritenuta la responsabilità del progettista direttore dei lavori ing.
COGNOME e ulteriormente ne sostiene l’inattendibilità quale testimone. Di seguito propone le proprie deduzioni con riguardo ai quesiti settimo, undicesimo, tredicesimo, quattordicesimo e quindicesimo, lamentando gli errori del c.t.u., il fatto che la Corte territoriale non si sia avveduta di tali errori, non abbia disatteso le conclusioni del c.t.u. ma abbia omesso ogni valutazione sulla richiesta di rinnovazione della c.t.u. Sostiene che dalle testimonianze sia emerso che all’impresa è stato impedito l’ac cesso per il montaggio delle opere di lattoneria e quindi conclude rilevando che l’opposizione al decreto ingiuntivo avrebbe dovuto essere rigettata.
2.1.Il motivo è inammissibile sotto distinti profili.
In primo luogo, il motivo si risolve nella proposizione di una serie di deduzioni in fatto, svolte come se il presente giudizio fosse il terzo grado del giudizio di merito, nel quale fosse consentito riproporre le proprie argomentazioni senza inserirle nello schema di cui all’art. 360 co. 1 cod. proc. civ. Infatti, nonostante l’intitolazione del motivo evochi la violazione degli artt. 116 cod. proc. civ., nessuna delle argomentazioni svolte è utile a fare emergere tale violazione che, come sopra esposto, sussiste soltanto nei casi individuati da Cass. Sez. U 20867/2020. Tutte le argomentazioni sono finalizzate a sostenere che la valutazione sull’esecuzione dei lavori avrebbe dovuto escludere responsabilità della ditta appaltatrice ed esclusivamente per questa ragione si sostiene la violazione dell’art. 1460 cod. civ. Al contrario, secondo la giurisprudenza di legittimità, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di una erronea ricognizione da parte della sentenza impugnata della fattispecie astratta recata da una disposizione di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di una erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa -quale quella sostenuta dal ricorrenteè esterna all’esatta interpretazione
della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità se non sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. Sez. 1 5-2-2019 n. 3340 Rv. 652549-02, Cass. Sez. 1 13-10-2017 n. 24155 Rv. 645538-03, Cass. Sez. L 11-1-2016 n. 195 Rv. 638425-01).
2.1.1.Neppure con riguardo alle doglianze relative al mancato rinnovo della consulenza tecnica d’ufficio sono enucleabili argomentazioni ammissibili in sede di legittimità. Infatti l’omesso espresso rigetto dell’istanza di rinnovazione della c.t.u. non integra un vizio di omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ. ma, eventualmente, un vizio di motivazione in ordine alle ragioni addotte per rigettare le censure tecniche alla sentenza impugnata (Cass. Sez. 2 24-11-2020 n. 26709 Rv. 659724-01, Cass. Sez. 6-2 18-3-2015 n. 5339 Rv. 634871-01, Cass. Sez. 3 19-5-1999 n. 4852 Rv. 526402-01). Però , sulla base dell’attuale formulazione dell’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ., non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazion e previsto in via generale dall’art. 111 Cost. e nel processo civile dall’art. 132 co.2 n. 4 cod. proc. civ.; il sindacato di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale e tale obbligo è violato, concretandosi nullità processuale deducibile ex art. 360 co. 1 n.4 cod. proc. civ., qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, o viziata da manifesta e irriducibile contraddittorietà o sia perplessa e incomprensibile, purché il vizio risulti dallo stesso testo della sentenza, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; al di fuori di tali ipotesi il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa ricostruzione della controversia (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053
Rv. 629830-01, Cass. Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01, Cass. Sez. 6-3 25-9-2018 n. 22598 Rv. 650880-01). Nella fattispecie il vizio di motivazione non risulta dal testo della sentenza, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali, in quanto la sentenza non fa riferimento all’esistenza di censure tecniche alla c.t.u. , mentre la proposizione del motivo di omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. è precluso ex art. 348-ter co. 5 cod. proc. civ. da applicare ratione temporis, avendo la sentenza d’appello integralmente confermato la sentenza di primo grado.
3.Devono essere ora esaminati i tre motivi di ricorso, con i quali il ricorrente si duole della pronuncia in ordine agli errori di quantificazione dei crediti commessi dalla sentenza di primo grado e che egli aveva denunciato in appello.
Il primo motivo è proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., deducendo l’omesso esame degli errori materiali e di calcolo che erano stati rilevati nell’atto di appello, da pag. 4 a pag. 7, relativamente al quantum della condanna a carico delle due parti. Analiticamente il ricorrente esamina quattro errori materiali commessi dalla sentenza di primo grado e imputa alla sentenza impugnata l’ ulteriore errore materiale commesso a pag. 6, laddove il riepilogo contabile è indicato in Euro 7.490,60 anziché in Euro 17.490,60; sostiene che la sentenza avrebbe dovuto ritenere il credito di RAGIONE_SOCIALE pari a Euro 9.376,15, Euro 61,50 per errore materiale da disavanzo sulla fattura di cui a inizio pag. 7 della sentenza di primo grado, avrebbe dovuto ritenere il danno materiale pari a Euro 12.051,92 e non a Euro 14.532,62 e avrebbe dovuto porre a carico di RAGIONE_SOCIALE le spese di perizia di parte per Euro 1.224,00 e non per Euro 2.149,30.
4.Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. dell’art. 287 cod. proc. civ., per non avere
la sentenza impugnata corretto gli errori materiali e di calcolo indicati nel primo motivo.
5.Con il terzo motivo il ricorrente sostiene la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ. per violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost., sostenendo che la motivazione della sentenza sia meramente apparente, contraddittoria, perplessa e incomprensibile con riguardo agli errori materiali.
6.I tre motivi, esaminati unitariamente stante la stretta connessione, sono fondati esclusivamente laddove imputano alla sentenza impugnata l’omessa disamina della richiesta di correzione degli errori materiali di calcolo commessi dalla sentenza di primo grado.
La sentenza ha dato atto (pag.6) che era riservata al giudice di appello la correzione degli errori materiali della sentenza impugnata e ha dichiarato che era stato proposto autonomo motivo di gravame con riguardo agli errori non solo materiali, ma anche di giudizio della sentenza di primo grado; ha proseguito osservando che correttamente il giudice di primo grado aveva fondato la decisione sulla c.t.u., la quale aveva accertato la presenza di vizi delle opere che richiedevano per la rimozione un costo di Euro 14.532,62, al quale aggiungere Euro 1.217,70 per rimborso spese in cartongesso e, sulla base dei documenti contabili riconosciuti da entrambe le parti, un credito di RAGIONE_SOCIALE di Euro 7.437,66. In questo modo, seppure l’appellante COGNOME avesse chiesto la correzione degli errori materiali e la sentenza ne abbia dato atto, la richiesta non è stata oggetto di alcuna pronuncia, per cui sul punto la motivazione è totalmente mancante, con il conseguente vizio dedotto con il terzo motivo (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01, Cass. Sez. 1 3-3-2022 n. 7090 Rv. 664120-01, per tutte).
Inoltre, come già è stato chiarito dalla Suprema Corte, quando l’istanza di correzione di errore materiale, anziché essere rivolta al
giudice che ha pronunciato la sentenza, è rivolta al giudice di appello dinanzi al quale la sentenza impugnata, non si dà luogo a un autonomo procedimento, ma non per questo mutano la natura e gli effetti dell’istanza. La domanda di correzione non ha natur a impugnatoria, ma è intesa a sollecitare l’esercizio del potere di correzione; che si ritenga compreso o meno nel potere che consegue all’effetto pienamente devolutivo del gravame, da questo va tenuto distinto (Cass. Sez. 3 129-2014 n. 19284 Rv. 632857-01, in motivazione pag. 12, Cass. Sez. 6-2 12-1-2022 n. 683 Rv. 663808-01). Ne consegue che la circostanza che la sentenza impugnata abbia rigettato il motivo di appello con il quale l’appellante aveva sostenuto che la quantificazione dei reciproci crediti eseguita dal consulente d’ufficio era viziata da errori di giudizio non esimeva la sentenza dalla disamina delle deduzioni in ordine all’esistenza di errori materiali nel calcolo dei reciproci crediti.
7.Con il sesto motivo il ricorrente deduce la violazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. con riguardo alla regolamentazione delle spese del giudizio di appello.
Il motivo è assorbito, in quanto il giudice del rinvio dovrà provvedere a una nuova regolamentazione delle spese anche relative al grado conclusosi con la sentenza cassata.
8.In conclusione, sono accolti per quanto di ragione il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso, la sentenza impugnata è cassata limitatamente ai motivi accolti , con rinvio alla Corte d’appello di Ancona in diversa composizione, che provvederà a esaminare l’istanza di correzione degli errori materiali di calcolo e statuirà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il primo, secondo e terzo motivo di ricorso, rigetta il quarto e il quinto motivo, assorbito il sesto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la
causa alla Corte d’appello di Ancora in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione