Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 10253 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 10253 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17022/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in PADOVA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in VICENZA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE VENEZIA n. 1152/2022 depositato il 18/07/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Venezia, con decreto n. 6334/2023, depositato 18.7.2023, in parziale accoglimento del ricorso ex art. 98 L.F. proposto dalla MGP s.r.l. avverso il decreto con cui il G.D. del fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione aveva rigettato l’istanza di insinuazione allo stato passivo del credito di € 85.000, vantato a titolo di corrispettivo per la fornitura di servizi di amministrazione, l’ha ammessa, in prededuzione, per il minor credito di € 12.641,00, importo corrispondente all’attività risultante dal libro giornale in atti.
Il tribunale ha ritenuto che la società opponente non avesse fornito la prova di avere eseguito tutte le prestazioni oggetto del contratto, essendo suo onere non solo dimostrare il conferimento dell’incarico, ma anche l’effettivo espletamento dello stesso nonché l’entità delle prestazioni svolte.
Ha, altresì, evidenziato che, a fronte della genericità delle allegazioni attoree, per contro, il fallimento, oltre ad avere eccepito che la documentazione prodotta era inidonea a provare compiutamente l’attività espletata, aveva dedotto in modo preciso e puntuale che, per molte delle prestazioni oggetto del contratto, la società poi fallita aveva incaricato all’uopo altri professionisti con relativo e autonomo compenso. A fronte di tali contestazioni, la MGP aveva ribadito di aver posto in essere le prestazioni oggetto del contratto, imputando a controparte l’onere della prova di un
proprio eventuale inadempimento, non considerando, tuttavia, che, in tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, ove il debitore convenuto per l’adempimento sollevi l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., se costui sarà onerato di allegare l’altrui inadempimento, graverà comunque sul creditore agente l’onere di dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione.
Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidandolo ad un unico articolato motivo.
La curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha resistito in giudizio con controricorso.
E’ stata formulata, in data 22.5.2024, una proposta di definizione anticipata.
Il ricorrente ha formulato istanza di decisione, ex art. 380 bis comma 2° c.p.c., in data 26.6.2024.
Entrambe le parti hanno depositato le memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. È stata dedotta dalla ricorrente ‘ la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 112 c.p.c. e 1460 c.c., oltre che degli artt. 99, co. 7, e 95 l.fall., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., e conseguente violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., per avere il Tribunale di Venezia pronunciato d’ufficio su un’eccezione la exceptio inadimpleti contractus -mai sollevata tempestivamente dalla Curatela convenuta, ed essere così incorso in violazione dei principi di riparto dell’onere probatorio in materia di obbligazioni contrattuali’.
Espone la ricorrente che la exceptio inadimpleti contractus non era mai stata sollevata dalla Curatela convenuta e ciò risultava, in modo dirimente ed inequivoco, dalle dichiarazioni esplicite e formali rese dalla stessa nella propria memoria di controreplica, nella quale
la procedura convenuta aveva rivendicato espressamente e formalmente di non aver proposto l’exceptio inadimpleti contractus e di non aver avuto interesse o necessità di farlo. Era dunque manifesto il vizio del decreto impugnato, che aveva ritenuto che la procedura convenuta avesse sollevato l’eccezione ex art. 1460 c.c. pur dinanzi alla convinta ed argomentata auto-qualificazione delle proprie difese da parte della Curatela in senso opposto.
Come anticipato, con la proposta di definizione anticipata è stata rappresentata l’inammissibilità del ricorso nei seguenti termini: ‘L’unico motivo cui si affida il ricorso ‘Nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 112 c.p.c. e 1460 c.c., oltre che degli artt. 99, co. 7, e 95 l.fall. e conseguente violazione dell’art. 2697 c.c., per avere il Tribunale di Venezia pronunciato d’ufficio su un’eccezione – la exceptio inadimpleti contractus – mai sollevata tempestivamente dalla Curatela convenuta, ed essere così incorso in violazione dei principi di riparto dell’onere probatorio in materia di obbligazioni contrattuali’ non offre prospettive di accoglimento, poiché si fonda su una interpretazione degli atti processuali della controparte diversa da quella espressamente affermata dai giudici di merito, perciò impattando contro i principi più volte affermati da questa Corte, in base ai quali:
l’interpretazione della domanda (e, più in generale, degli atti processuali delle parti) deve essere diretta a cogliere, al di là delle espressioni letterali utilizzate, il contenuto sostanziale della stessa, desumibile dalla situazione dedotta in giudizio e dallo scopo pratico perseguito dall’istante con il ricorso all’autorità giudiziaria (Cass. Sez. U, 3041/2007, 10840/2003);
-in materia di ricorso per cassazione, l’individuazione e l’interpretazione del contenuto della domanda, attività di regola riservate al giudice di merito, sono sindacabili come vizio di nullità processuale ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. solo qualora l’inesatta rilevazione del contenuto della domanda determini un
vizio attinente all’individuazione del petitum, sotto il profilo della violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (Cass. 30770/2023, 11103/2020, 29822/2019);
-tuttavia, il dovere imposto al giudice di non pronunciare oltre i limiti della domanda, né di pronunciare d’ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti, non comporta l’obbligo di attenersi all’interpretazione prospettata dalle parti in ordine ai fatti, agli atti ed ai negozi giuridici posti a base delle loro domande ed eccezioni, essendo la valutazione degli elementi documentali e processuali, necessaria per la decisione, pur sempre devoluta al giudice – indipendentemente dalle opinioni, ancorché concordi, espresse in proposito dai contendenti -sicché non è configurabile, al riguardo, un vizio di ultrapetizione, che si ha soltanto ‘quando il giudice attribuisce alla parte un bene non richiesto, o maggiore di quello richiesto’ (Cass. 702/1968, 16608/2021);
-deve ritenersi inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo ‘precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme’ (Cass. 10927/2024);
-l’interpretazione delle domande e delle eccezioni integra un apprezzamento da parte del giudice di merito che, al pari di ogni altro giudizio di fatto, può essere sindacato sotto il profilo della sua asserita erroneità soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione, entro i limiti in cui tale sindacato è ancora consentito dal vigente art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c. (Cass. 31546/2019, 1479/1965).
Ebbene, nel caso in esame il ricorrente sostiene che il Fallimento non avrebbe mai sollevato alcuna exceptio inadimpleti (o non rite
adimpleti contractus) ex art. 1460 c.c., valorizzando a tal fine alcune affermazioni contenute nelle note autorizzate di replica.
Sennonché, i giudici di merito hanno dato atto che in realtà, tra le varie eccezioni formulate dal Fallimento, vi era anche quella di non integrale adempimento, per ‘mancata prova dell’attività’ – oltre che di inopponibilità del contratto ‘per mancanza di data certa’ (eccezione poi disattesa dal tribunale, cui, secondo il ricorrente, sarebbe stata subordinata l’eccezione di inadempimento, per il venir meno del titolo contrattuale) -nonché quella, di chiusura, per cui ‘diversa e ulteriore attività non potrebbe in ogni caso essere riconosciuta, in quanto, in primo luogo, non espletata e comunque non provata, in secondo luogo poiché la Società aveva incaricato all’uopo altri professionisti con relativo e autonomo compenso’.
In particolare – si legge nel decreto impugnato ‘A fronte della genericità delle allegazioni attoree, per contro, il fallimento, oltre ad avere eccepito che la documentazione prodotta era inidonea a provare compiutamente l’attività espletata, ha dedotto in modo preciso e puntuale che, per molte delle prestazioni oggetto del contratto, la Società aveva incaricato all’uopo altri professionisti con relativo e autonomo compenso (v. supra le specifiche difese svolte dal fallimento) e che talune attività rientravano tra i compiti dei liquidatori o rientravano nella tenuta della contabilità generale, riconoscendo solamente l’attività contabile che si poteva ricavare dalla documentazione in atti’; e, su queste basi, il tribunale ha fatto applicazione dei solidi e pacifici principi in materia di onere della prova (Cass. Sez. U, 13533/2001), accertando che ‘la società opponente non ha assolto all’onere probatorio gravante sulla medesima di avere eseguito tutte le prestazioni oggetto dell’articolata previsione contrattuale’.
Dal canto suo, il controricorrente ha richiamato l’eccezione di mancanza di prova dell’attività espletata contenuta già nel progetto di stato passivo e recepita nel decreto del giudice delegato, nonché
la specifica difesa contenuta nella memoria ex art. 99, comma 7, l.fall., nel senso che ‘la curatela prendeva atto che MGP riteneva di non svolgere alcuna istanza istruttoria a suffragio dell’esecuzione delle pretese attività, con la conseguenza che le sarà precluso di chiedere e/o svolgere ogni attività volta a comprovare in qualche modo l’effettivo svolgimento dell’attività contestata oltre che la correttezza della medesima’.
Con istanza di decisione ex art. 380 bis comma 2° c.p.c., la società ricorrente ha dedotto che non intende aderire alla soluzione prospettata nella proposta di definizione anticipata , richiamando le argomentazioni svolte nel ricorso per cassazione in ordine alla circostanza che la curatela non aveva sollevato alcuna eccezione di inadimpleti contractus, deduzioni poi reiterate nella memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c. .
Questo Collegio ritiene di confermare le conclusioni svolte nella proposta di definizione anticipata, anche se con un percorso argomentativo parzialmente diverso.
Nella proposta di definizione anticipata, sul presupposto che ‘ è precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti un nuovo apprezzamento del complesso istruttoria nel suo insieme (Cass. 10927/2024)’ e che ‘l’interpretazione delle domande e delle eccezioni integra un apprezzamento da parte del giudice di merito che, al pari di ogni altro giudizio di fatto, può essere sindacato sotto il profilo della sua asserita erroneità soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione, entro i limiti in cui tale sindacato è ancora consentito dal vigente art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c. (Cass. 31546/2019, 1479/1965)’ , la censura di parte ricorrente -secondo cui il fallimento non avrebbe mai sollevato alcuna exceptio inadimpleti ex art. 1460 c.c. -è stata valutata insussistente, esaminando soltanto il contenuto del decreto impugnato, nel quale erano state riportate le difese svolte dalla curatela in sede di costituzione nel giudizio di opposizione ex art. 98 L.F., ed il
controricorso, nel quale la curatela aveva richiamato le proprie difese svolte in sede di verifica dello stato passivo e nella memoria ex art. 99 comma 7 L.F.
Va, tuttavia, osservato che, nel caso di specie, essendo stato dedotto un error in procedendo (violazione dell’art. 112 c.p.c. ), a questa Corte -quale giudice del fatto processuale – è consentito l’esame diretto degli atti processuali al fine di accertare la sussistenza o meno del vizio lamentato.
Orbene, dall’esame della memoria del 13.5.2022 (vedi doc. 9, allegato al ricorso per cassazione), di costituzione della procedura nel giudizio ex art. 98 L.F., emerge che la curatela non si è limitata ad eccepire l’inopponibilità dei contratti alla procedura, ma, dopo aver quantificato il compenso (nella misura di € 12.641,00) che poteva essere riconosciuto all’odierna ricorrente, si è espressa nelle ultime righe della pag. 8 e a pag. 9 in questi precisi termini:
‘ Si badi bene che altra e ulteriore attività non potrebbe in ogni caso essere riconosciuta, in quanto, in primo luogo, non espletata e comunque non provata, in secondo luogo poiché la Società aveva incaricato all’uopo altri professionisti con relativo e autonomo compenso. Ci si riferisce al dott. NOME COGNOME al quale erano affidati gli adempimenti fiscali e la consulenza in materia fiscale e contabile (doc. 8); all’agenzia Punto, la quale si occupava dei rapporti di locazione immobiliare, non mancando di rilevare i compensi (comunque non simbolici) riconosciuti ai liquidatori sociali, deputati all’attività gestoria/amministrativa della Società, non delegabile a terzi (doc. 9 doc. 10 e doc. 11, che evidenziano i compensi corrisposti dalla Società fallita a tali soggetti per l’attività espletata); advisor finanziario di primato standing (EY) nel corso della procedura di concordato. Tali servizi non erano quindi svolti da MGP. Le n. 29 mail che la ricorrente allegava sub doc. 10 non prova lo svolgimento di attività ulteriore e diversa rispetto alla tenuta delle scritture contabili, già valorizzata dall’esame dei libri
giornale; conferma, invece, che il dott. COGNOME si occupava degli adempimenti fiscali e della consulenza contabile e fiscale; lo scambio di non più di cinque mail in merito a malfunzionamenti degli immobili locati di certo non è in grado di dimostrare l’attività di gestione immobiliare e il relativo compenso, posto che la tenuta della contabilità dei rapporti d’affitto rientra nell’attività contabile ‘generale’. Infine, parimenti dicasi con riguardo alle richieste documentali inoltrare dal C.G. nel corso della procedura di concordato: di certo la trasmissione di documenti non è di per sé idonea a dimostrare l’attività sostanziale svolta per la creazione/redazione dei documenti inviati; trattasi in ogni caso di richieste di documenti contabili che erano a disposizione di MGP che eseguiva le scritture contabili. Nulla dimostra, poi, rispetto allo svolgimento dell’attività e alla congruità del compenso richiesto, la nota del dott. COGNOME meramente esplicativa (‘copia -incolla’) del contenuto del contratto di service.
Si prende atto che la ricorrente riteneva di non svolgere alcuna istanza istruttoria a suffragio dell’esecuzione delle pretese attività con la conseguenza che le sarà precluso di chiedere e/o svolgere ogni attività volta a comprovare in qualche modo l’effettivo svolgimento dell’attività contestata oltre che la correttezza della medesima’.
La curatela, ha, in sostanza, allegato, nella comparsa di costituzione del giudizio ex art. 98 L.F., che l’odierna ricorrente non era stata in grado di dimostrare lo svolgimento di attività ulteriore e diversa rispetto alla tenuta delle scritture contabili (documentata con le risultanze del libro giornale), mentre non aveva svolto o comunque provato di aver svolto le altre prestazioni previste in contratto (adempimenti fiscali e consulenza in materia fiscale e contabile; tenuta della contabilità nei rapporti di locazione immobiliare) anche perché erano state compiute da altri professionisti con relativo e autonomo compenso.
Anche la parte finale della comparsa – in cui la curatela ha affermato che l’odierna ricorrente non aveva formulato alcuna istanza istruttoria, con la conseguenza che le sarebbe stato preclusa ogni attività volta a comprovare ‘ l’effettivo svolgimento dell’attività contestata, oltre che la correttezza della medesima ‘ -evidenzia come la curatela abbia, a più riprese, contestato alla RAGIONE_SOCIALE l’adempimento di tutte le prestazioni previste nel contratto nonché il loro corretto svolgimento.
Dalle allegazioni della curatela emerge, quindi, che la stessa ha sollevato, al di là delle espressioni letterali utilizzate, un’eccezione di inadempimento, a nulla rilevando la circostanza che nella memora di replica del giudizio ex art. 98 L.F. avesse negato di aver fatto valere una tale eccezione.
Come correttamente evidenziato in tal caso nella proposta di definizione anticipata, è orientamento consolidato di questa Corte (vedi Cass. 16608/2021) quello secondo cui ‘Il dovere imposto al giudice di non pronunciare oltre i limiti della domanda, né di pronunciare d’ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti, non comporta l’obbligo di attenersi all’interpretazione prospettata dalle parti in ordine ai fatti, agli atti ed ai negozi giuridici posti a base delle loro domande ed eccezioni, essendo la valutazione degli elementi documentali e processuali, necessaria per la decisione, pur sempre devoluta al giudice, indipendentemente dalle opinioni, ancorché concordi, espresse in proposito dai contendenti. Al riguardo non è configurabile un vizio di ultrapetizione, ravvisabile unicamente nel caso in cui il giudice attribuisca alla parte un bene non richiesto, o maggiore di quello richiesto’.
Tale principio è coerente con quello enunciato sempre da questa Corte nell’ordinanza 5832/2021, secondo cui, in materia di procedimento civile, l’applicazione del principio “iura novit curia”, di cui all’art. 113, comma 1, c.p.c., importa la possibilità per il giudice
di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti ed ai rapporti dedotti in lite, nonché all’azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, potendo porre a fondamento della sua decisione princìpi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti. Tale principio deve essere posto in immediata correlazione con il divieto di ultra o extra-petizione, di cui all’art. 112 c.p.c., in applicazione del quale è invece precluso al giudice pronunziare oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, mutando i fatti costitutivi o quelli estintivi della pretesa, ovvero decidendo su questioni che non hanno formato oggetto del giudizio e non sono rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato’.
Il Tribunale di Venezia, nell’applicare tali principi, non è incorso nel divieto di ultrapetizione, non avendo affatto mutato i fatti estintivi della pretesa allegati dalla curatela, avendo, invece, attribuito ai medesimi la corretta qualificazione giuridica -come riscontrato da questa Corte – al di là delle espressioni delle parti.
Il ricorso è, pertanto, da considerare infondato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Poiché, alla luce di quanto sopra illustrato, il ricorso non è stato deciso in piena conformità rispetto alla proposta formulata ex art. 380 bis cod. proc. civ. -della quale, tuttavia, se ne condividono le conclusioni – non devono essere applicati il terzo e il quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ..
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 6.700,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 13.3.2025