Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2717 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1   Num. 2717  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27125/2021 R.G. proposto da : COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati  in NUORO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI SASSARI n. 262/2021 depositata il 09/07/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Ritenuto che :
 –  COGNOME NOME,  NOME,  COGNOME  NOME,  COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME proponevano opposizione  avverso  il  decreto  ingiuntivo  reso,  su  richiesta  del Banco  di  Sardegna,  dal  Tribunale  di  Nuoro  con  che  veniva  loro ingiunto il pagamento, in solido, nella loro qualità di fideiussori di RAGIONE_SOCIALE, della somma di € 3.600.000,00 oltre interessi come da domanda e le spese di procedura liquidate nel decreto.
– Con sentenza n. 529/2019 il Tribunale di Nuoro rigettava l’opposizione aderendo all’eccezione preliminare del Banco di Sardegna. Per il Tribunale, infatti, il contratto di garanzia sottoscritto dagli attuali appellanti, al di là del nomen iuris utilizzato dalle parti, non era un’ordinaria fidejussione ma un contratto autonomo di garanzia. L’autonomia rispetto al rapporto garantito (contratto di mutuo) impediva quindi ai garanti la possibilità di sollevare le eccezioni che la debitrice principale avrebbe potuto muovere.
– Gravavano la sentenza i garanti di RAGIONE_SOCIALE avanti la Corte di  appello  di  Cagliari,  sezione  distaccata  di  Sassari,  che,  con  la sentenza qui impugnata, rigettava il gravame.
Osservava  la  Corte  distrettuale  che  l’impugnazione  era  rivolta  in primo luogo alla qualificazione giuridica assegnata dal primo
giudice al contratto di garanzia sottoscritto dagli appellanti verso la società RAGIONE_SOCIALE.
Riteneva di condividere la censura fatta valere dagli appellanti laddove la lettera del contratto lasciava propendere per il riconoscimento di un’obbligazione di garanzia accessoria rispetto all’obbligazione principale, ai sensi degli artt. 1936 e ss. c.c., essendosi il garante obbligato in solido a soddisfare il creditore « a semplice richiesta », senza rinunciare espressamente alla facoltà di opporre eccezioni ex art. 1945 c.c. (v. Cass. Civ. sez. I, 31-07-15 n. 16213), la cui opponibilità risultava soltanto spostata in avanti rispetto al pagamento, secondo lo schema del c.d. solve et repete , certamente non riconducibile alla funzione del contratto autonomo di garanzia.
Evidenziava tuttavia che la questione non assumeva valore dirimente ai fini della decisione, non avendo gli appellanti riproposto  le  eccezioni  di  merito  formulate  in  primo  grado,  ad esclusione dell’eccezione di inadempimento, che però era infondata.
Rilevava al riguardo che i fideiussori non avevano spiegato in che termini il minor importo mutuato (euro 3.600.000 invece che euro 4.000.000) – ovviamente nell’accordo tra i contraenti – avrebbe inciso nell’economia della garanzia prestata fino ad euro 6.000.000 e  per  quale  ragione  (implicita,  ma  presupposta  nel  contratto)  i fideiussori  avrebbero  prestato  il  proprio  consenso  solo  verso  la concessione dell’importo maggiore.
La  Corte  non  riteneva  che  fosse  integrato  a  carico  del  mutuante alcun inadempimento rilevante nel rapporto con la parte mutuataria, la quale aveva comunque accettato l’erogazione di una somma (di poco) inferiore.
Né emergeva dagli atti che alla differenza tra il valore inizialmente previsto  e  quello  effettivamente  erogato  fosse  imputabile  una
concreta alterazione degli equilibri finanziari, come genericamente allegato dagli appellanti.
Avverso tale decisione NOME  NOME,  NOME,  COGNOME  NOME,  COGNOME  NOME,  COGNOME  NOME  e  COGNOME  NOME hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrati da memoria cui ha resistito il Banco di Sardegna s.p.a. con controricorso illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che:
5. – Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza o del procedimento in relazione all’articolo 360 n. 4 c.p.c. dipendente dalla violazione dei diritti della difesa e del contraddittorio: violazione o falsa o mancata applicazione degli articoli 24 e 111 della Costituzione; art. 101/2 e 183/4 c.p.c. per avere il Giudice di appello mancato di assegnare alle parti un termine per dedurre in merito alla questione, rilevata d’ufficio, della asserita non conformità a buona fede del rifiuto di adempiere dei fideiussori (art. 1460/2 c.c).
Si sostiene che i fideiussori, in ragione, della dedotta violazione delle indicate norme processuali, non erano stati messi nella condizione di depositare una memoria per spiegare ed osservare che, a fronte del fatto pacifico e non contestato che il consenso dei fideiussori era stato prestato alla condizione (implicita) che RAGIONE_SOCIALE ricevesse l’intero importo concordato e non un importo inferiore di ben 400.000,00 euro, nessuna spiegazione occorreva in merito « ai motivi sottostanti, e ciò per il noto principio della loro irrilevanza (a meno che non se ne volesse eccepire l’illiceità, ma non sembra questo il caso); e, comunque, che: con riferimento a quanto sub (i) e (ii): a fronte di una promessa di erogazione di un finanziamento di € 4.000.000 i fideiussori avevano prestato garanzia sino alla concorrenza di € 6.000.000, il che significa che se il finanziamento fosse stato di € 3.600.000 avrebbero prestato
una garanzia sino alla concorrenza di € 5.400.000 dal che deriva che essi sono stati inseriti nella centrale rischi (banca dati gestita dalla Banca d’Italia) per una esposizione di € 6.000.000 e non di € 5.400.000  con  un  inutile  surplus  (o  surplus  ‘a  vuoto’)  del  loro livello  di  possibile  indebitamento, dunque, di ben € 600.000 e, di conseguenza, con inutile peggioramento del loro rating finanziario ».
Con un secondo motivo si deduce la violazione o falsa o mancata applicazione  degli  articoli  167/1,  115/1  c.p.c.  in  relazione  all’art. 360  n.  4  c.p.c.;  violazione  o  falsa  applicazione  dell’art.  1460/2 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
Si lamenta che malgrado fosse un dato pacifico che il consenso dei fideiussori era stato prestato alla condizione (implicita) suddetta il giudice non avrebbe tenuto conto di ciò in virtù del disposto di cui all’art. 115/1 c.p.c.
E ciò tanto più in ragione del fatto che l’art. 1460/2 c.p.c. stabilisce che il giudizio di meritevolezza dell’eccezione, alla luce del canone della correttezza o buona fede oggettiva, sia svolto « avuto riguardo alle circostanze ».
Si  critica    pertanto  la  decisione  nella  parte  in  cui  ha  rigettato l’eccezione senza aver tenuto conto della circostanza che i fideiussori non avrebbero neppure prestato la garanzia ove RAGIONE_SOCIALE  avesse  ricevuto  l’erogazione  di  soli  €  3.600.000  e  non  di  € 4.000.000 il che avrebbe comportato la nullità della sentenza o del procedimento come qui si chiede sia dichiarato.
 –  I  due  motivi,  che  meritano  un  vaglio  congiunto  ruotando entrambi  intorno  ad  un  medesimo  asse  concettuale  diretto  a criticare sotto angolazioni diverse la questione relativa all’eccezione di inadempimento ex art. 1460 secondo comma  c.c., sono inammissibili per varie ragioni.
In primo luogo va rilevata la carenze della formulazione stessa dei motivi nel loro complesso, che mancano di specificità in violazione dell’art. 366 co. 1 n. 4 e 6 c.p.c., con riguardo ai due diversi vizi tipici invocati, oltre che dell’illustrazione della ragione della violazione delle norme invocate.
L’interpretazione consolidata della disposizione (nel testo appena riportato), nella giurisprudenza di questa Corte, ha coniato il dovere di specificità ex art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. , esigendo che il ricorrente individui chiaramente le rationes decidendi dell’impugnata sentenza e le sottoponga a vaglio critico, al lume delle disposizioni normative che si assumono violate, tra l’altro occorrendo che di queste venga anche illustrata l’interpretazione che – in tesi – si ritiene corretta (v. per tutte Cass. , Sez. Un. , n. 23745/2020).
Occorre dunque che il ricorrente individui il decisum della sentenza impugnata  e  con  esso  si  confronti,  procedendo  ad  una  chiara  e sintetica  illustrazione  delle  ragioni  a  sostegno  dell’impugnazione, senza  divagazioni  di  sorta  e  secondo  i  canoni  riferibili  a  ciascuna categoria di vizi denunciabili in sede di legittimità, come catalogati dall’art. 360 c.p.c. (sul punto si veda ancora, per tutte, Cass. , Sez. Un. , n. 23745/2020).
Ciò posto i motivi del ricorso non si confrontano con la ratio decidendi della Corte di appello la quale dopo aver qualificato il rapporto di garanzia nell’alveo della disciplina della fideiussione quale regolata dall’art 1936 c.c. e seguenti, diversamente da quanto rilevato dal Tribunale, ha escluso che il diverso inquadramento potesse assumere rilievo nel caso in esame giacché l’unica eccezione fatta valere ex art 1460, II comma c.c. dai fideiussori era infondata.
Ha infatti rilevato che non era configurabile alcun inadempimento a carico della parte mutuante nel rapporto con la parte mutuataria, la quale  aveva  comunque  accettato  l’erogazione  di  una  somma  (di
poco) inferiore e che dagli atti non era emerso che alla differenza tra  il  valore  inizialmente  previsto  e  quello  effettivamente  erogato fosse imputabile una concreta alterazione degli equilibri finanziari, come genericamente allegato dagli appellanti.
La Corte di appello ha pertanto fornito una risposta sul piano giuridico all’eccezione sollevata dalle parti, alla stregua delle risultanze di causa, ed ha svolto alla luce delle allegazioni delle parti alcune considerazioni senza procedere ad alcun rilievo in via ufficiosa sostenendo come non fossero state spiegate sia l’incidenza nell’economia della garanzia prestata dell’erogazione di un minor importo rispetto a quello che si assumeva concordato tra i contraenti e sia i motivi che avrebbero portato i fideiussori a prestare una garanzia condizionata all’erogazione di un importo maggiore.
In  questo  quadro  le  critiche  mosse  dai  ricorrenti  all’impianto motivazionale si pongono fuori centro.
La dedotta violazione del diritto di difesa, per la rilevazione in via ufficiosa della non conformità a buona fede dell’eccezione di inadempimento, ed in riferimento all’art. 115 c.p.c. prescindono dalla ratio decidendi adottata dalla Corte di merito, la quale ha esaminato il tema della conformità a buona fede dell’eccezione di inadempimento proprio perché era detta eccezione ad aver fondato la difesa dei fideiussori, di guisa che la sussistenza dei presupposti per l’applicazione del secondo comma dell’art. 1460 c.c. senz’altro rientrava nel fuoco di quanto devoluto al giudice dell’impugnazione. Non può qui non rinnovarsi l’avviso più volte espresso da questa Corte, giusta il quale l’accertamento che ha luogo a questo titolo e, più in generale, a fronte di inadempimenti reciproci, fondandosi sulla valutazione dei fatti e delle prove, rientra nei poteri del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato (Cass., Sez. II, 30/05/2017, n. 13627).
Va  inoltre  rilevato  che  la  deduzione  della  questione  del  preteso inserimento  ‘nella  centrale  rischi  (banca  dati  gestita  dalla  Banca d’Italia) per una esposizione di € 6.000.000 e non di € 5.400.000 con  un  inutile  surplus  (o surplus ‘a  vuoto’)  del  loro  livello  di possibile indebitamento, dunque, di ben 600.000 e, di conseguenza, con inutile peggioramento del loro rating finanziario è censura  nuova  e,  come  tale,  certamente  inammissibile  in  questa sede.
Del  pari,  totalmente  nuove,  oltre  che  prive  del  benché  minimo fondamento,  sono  le  allegazioni  relative  al  potenziale,  supposto utilizzo che la società finanziata -che, si ribadisce, non è parte del giudizio -avrebbe  potuto  fare  della  ‘liquidità  dell’importo  (non erogato) di € 400.000,00’.
Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo:
P.Q.M.
La corte dichiara inammissibile il ricorso;
Condanna  il  ricorrente  al  pagamento  delle  spese  di  legittimità  in favore del Banco di Sardegna. spese che si liquidano in complessive € 20.000,00 oltre 200,00 per esborsi ed al 15% per spese generali ed altri accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma 29.1.2025
Il Presidente
( NOME COGNOME)