Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27366 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27366 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 13/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 11404/2023 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE e P. IVA P_IVA), con sede legale in Milano, INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore Rag. NOME COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE; pec EMAIL; fax NUMERO_TELEFONO) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL; fax NUMERO_TELEFONO) del Foro di Milano, con elezione di domicilio digitale presso i suddetti indirizzi PEC.
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona dei commissari straordinari AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO. NOME COGNOME.
-intimato – avverso il decreto, reso all’esito del giudizio di opposizione allo stato passivo ai sensi dell’art. 99 l. fall., dal Tribunale di Verona, datato 17 marzo 2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/9/2025 dal AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
Con il decreto impugnato il Tribunale di Verona -decidendo sull’opposizione allo stato passivo presentata da RAGIONE_SOCIALE, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA e in accoglimento solo parziale dell’opposizione – ha ammesso RAGIONE_SOCIALE al passivo di RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria, in chirografo, per l’importo di euro 27.192,58, a titolo di corrispettivo per l’attività di RAGIONE_SOCIALE svolta in relazione al bilancio 2014, confermando per il resto il provvedimento di esclusione del giudice delegato.
RAGIONE_SOCIALE aveva, infatti, proposto opposizione ex art. 98 l fall. avverso il decreto, con il quale il giudice delegato aveva escluso il credito di € 74.833,58 insinuato col privilegio di cui all’art. 2751 bis n. 2, c.c. (o, in subordine, in chirografo) a titolo di compenso per l’attività di RAGIONE_SOCIALE legale dei conti svolta dalla RAGIONE_SOCIALE opponente a favore dell’opposta in relazione agli anni 2013 e 2014, nonché per prestazioni professionali relative alle Agreed -Upon Procedures effettuate ai sensi dell’ISRE 4400 su alcune poste/tematiche del bilancio civilistico di RAGIONE_SOCIALE al 31.12.13.
La procedura di a.s. opposta, costituitasi nel giudizio di opposizione, aveva invece contestato a RAGIONE_SOCIALE il non corretto svolgimento dell’attività di RAGIONE_SOCIALE legale, sollevando formale eccezione d’inadempimento al fine di paralizzare la pretesa creditoria dell’opponente e sostenendo che RAGIONE_SOCIALE si sarebbe sottratta al corretto adempimento dei propri obblighi di RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’opposta .
Il Tribunale ha osservato, quanto alle ‘questioni preliminari’ sull’eccezione d’inadempimento e per quanto qui ancora di interesse, che: (i) l’amministrazione straordinaria, ai fini e per gli effetti di cui all’art. 1460 c.c., aveva contestato a RAGIONE_SOCIALE di non aver assolto in modo adeguato al proprio compito di RAGIONE_SOCIALE; (ii) in ordine all’eccezione di genericità di formulazione dell’eccezione di inadempimento sollevata da parte dell’opponente, se per un verso era certamente vero che era la parte che eccepiv a l’inadempimento a dover indicare con sufficiente specificità in cosa fosse consistito l’inesatto
adempimento imputato alla controparte, per altro verso, nella fattispecie in esame, nella comparsa di costituzione l’amministrazione straordinaria aveva circoscritto e specificato le carenze dell’attività di RAGIONE_SOCIALE che essa aveva imputato a RAGIONE_SOCIALE; (iii) nella successiva CTU, stante la complessità tecnica dell’attività di RAGIONE_SOCIALE demandata a RAGIONE_SOCIALE, le contestazioni dell’opposta erano state poi oggetto di approfondimento sotto il profilo tecnico con i CTP, con richiamo specifico alle previsioni dei principi contabili applicabili nella fattispecie, nonché enucleazione e valutazione delle circostanze rilevanti ai fini dell’espressione del giudizio di RAGIONE_SOCIALE da parte di RAGIONE_SOCIALE; (iv) trattandosi, poi, di CTU percipiente, non poteva certo sostenersi la nullità della consulenza per avere il consulente individuato e preso in considerazione anche specifiche circostanze non allegate dalle parti ed indicate nel quesito, giacché esse integravano proprio quei fatti secondari il cui accertamento postulava il ricorso a cognizioni tecnico-scientifiche o, comunque, fatti tecnici accessori o secondari che potevano essere direttamente individuati ed accertati dal CTU al fine di poter dare risposta compiuta al quesito, senza in tal modo illegittimamente supplire all’ onere probatorio gravante sulla parte e relativo ai soli fatti c.d. primari posti a fondamento delle difese ed eccezioni formulate, fatti primari che l’opposta aveva senz’altro allegato tempestivamente nella sua comparsa di risposta, con la conseguenza che era dunque infondata anche la difesa di COGNOME, laddove sosteneva che tali fatti secondari, considerati e valorizzati dal CTU nel contraddittorio tecnico con i CTP, avrebbero dovuto essere ancora prima necessariamente allegati da parte opposta nell’atto introduttivo delle sue difese; (v) in conclusione, l’eccezione di inadempimento era stata pertanto formulata dall’amministrazione straordinaria in modo sufficientemente analitico, sicché doveva escludersi l’inammissibilità di tale eccezione per genericità; (vi) quanto, poi, alla ripartizione dell’onere probatorio, doveva ritenersi che, a fronte dell’eccezione di inadempimento sollevata dall’opposta, incombesse su RAGIONE_SOCIALE fornire la prova di avere esattamente adempiuto alla propria obbligazione; (vii) il creditore che propone, infatti, opposizione allo stato passivo, dolendosi dell’esclusione di un credito del quale aveva chiesto l’ammissione, è onerato della prova dell’esistenza del credito medesimo,
secondo la regola generale stabilita all’art. 2697 c.c. e, a fronte dell’eccezione di inadempimento sollevata dagli organi della procedura per paralizzare la sua pretesa, il riparto degli oneri probatori segue parimenti le regole ordinarie e, dunque, il creditore è onerato di dimostrare di avere correttamente adempiuto la propria prestazione.
Nella valutazione del merito dell’eccezione di inadempimento, il Tribunale ha inoltre osservato, per quanto qui ancora rileva, che: (viii) quanto al ‘c redito verso NOME per deposito cauzionale ‘, il principio di RAGIONE_SOCIALE applicabile (OIC 15), imponeva -come rilevato anche dal C.t.u. -la valorizzazione del credito (anche se iscritto tra le immobilizzazioni finanziarie) al presumibile valore di realizzo e non al valore nominale, come invece era stato indicato nel bilancio di NOME, con la conseguenza che RAGIONE_SOCIALE, pertanto, avrebbe in primo luogo dovuto rilevare ed evidenziare la scorretta valorizzazione della posta (valore nominale, anziché valore di realizzo) da parte degli amministratori nel bilancio e comunque avrebbe dovuto comunque procedere ad attività di RAGIONE_SOCIALE del valore della posta (analizzando e valutando la capacità di far fronte al debito di NOME e pretendendo quantomeno l’apposizione di un fondo di svalutazione del credito nel caso in cui fossero emerse criticità), onde verificare se il valore esposto fosse corretto; (ix) quanto, poi, alle ‘ Verifiche sulla continuità aziendale e finale giudizio sui bilanci 2013 e 2014 ‘, il principio di RAGIONE_SOCIALE n. 570, nel caso in cui l’utilizzo del presupposto della continuità aziendale nella redazione del bilancio risulta appropriato, ma sussiste comunque un’incertezza significativa sulla continuità aziendale, impone al revisore di verificare se il bilancio evidenzi e descriva in modo adeguato tali incertezze significative, gli eventi che le determinano e i piani della direzione per far fronte a tali criticità; (x) nel caso in cui non venga fornita in bilancio un’adeguata informativa su tali profili, sempre a mente del principio n. 570, ‘il revisore deve esprimere un giudizio con rilievi, ovvero un giudizio avverso qualora gli effetti derivanti dalla inadeguatezza dell’informativa siano così rilevanti e pervasivi da rendere inattendibile il bilancio. La relazione deve contenere una specifica indicazione in merito al fatto che esiste un’incertezza significativa che può far sorgere dubbi significativi in merito alla continuità aziendale dell’impresa.’ ; (xi) nella nota integrativa al bilancio di NOME NOME
31.12.2013 -in relazione alla continuità aziendale -nulla era stato specificato ed era, invece, stato operato un rinvio integrale al bilancio consolidato della capogruppo RAGIONE_SOCIALE; (xii) il bilancio di RAGIONE_SOCIALE -di per sé considerato -non aveva dunque evidenziato e descritto affatto in modo adeguato le incertezze significative inerenti al presupposto della continuità aziendale, gli eventi che le avevano determinate e i piani della direzione per far fronte a tali criticità; (xiii) pertanto, in tale contesto, il sopra richiamato principio di RAGIONE_SOCIALE n. 570 avrebbe imposto a RAGIONE_SOCIALE di esprimere almeno un giudizio con rilievi (evidenziando essa stessa le incertezze significative sulla continuità aziendale non riportate e descritte in bilancio), sicché doveva ritenersi effettivamente scorretto il giudizio finale invece espresso senza rilievi e con un semplice richiamo ad un’informativa di bilancio in realtà inesistente o quantomeno gravemente carente, con la conseguenza che risultava effettivamente sussistente l’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE rispetto all’attività di RAGIONE_SOCIALE inerente al bilancio 2013.
Il decreto, pubblicato il 17 marzo 2023, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, intimata, non ha svolto difese.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la RAGIONE_SOCIALE ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., ‘la nullità del Decreto per aver pronunciato extra petita, in violazione degli artt. 112 c.p.c. e 99, co. 7 L. Fall., per la valorizzazione di fatti attinenti ad un inadempimento ex art. 1460 c.c. non tempestivamente allegati in sede di costituzione, né provati dalla controparte, ma autonomamente sviluppati dal CTU’.
1.1 Il primo motivo deve essere complessivamente rigettato.
1.1.1 Va ricordato, in premessa, che – secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte – nel giudizio di legittimità, se è vero che la Corte di Cassazione, allorquando sia denunciato un error in procedendo , quale indubbiamente il vizio di ultra o extrapetizione, è anche giudice del fatto ed ha il potere dovere di esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia, per il sorgere di
tale potere – dovere è necessario, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (Sez. 5, Sentenza n. 1170 del 23/01/2004; Sez. 1, Sentenza n. 2771 del 02/02/2017; Sez. 2, Ordinanza n. 28072 del 14/10/2021; Sez. 3, Ordinanza n. 16899 del 13/06/2023).
In termini più generali, questa Corte ha infatti affermato che, in tema di ricorso per cassazione, l’esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla RAGIONE_SOCIALEC. ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone l’ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell'”iter” processuale senza compiere generali verifiche degli atti (così, Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23834 del 25/09/2019; v. anche Cass. n. 11738/2016).
1.1.2 Ciò posto e ricordato, va subito rilevato che la parte ricorrente non ha in alcun modo evidenziato nel motivo di ricorso qui in esame, con sufficiente determinazione e dettagliatamente , il contenuto dell’eccezione di inadempimento sollevata ex adverso nel precedente giudizio di opposizione dalla parte opposta, in modo da determinare in questa Corte l’obbligo di scrutinio diretto degli atti in relazione ai quali si è RAGIONE_SOCIALE sollevato, quale error in procedendo , il vizio di ultrapetizione, denunciato ai s ensi dell’art. 112 cod. proc. civ. Detto altrimenti, per la verifica della fondatezza dell’eccezione processuale relativa al fatto che il Tribunale si sarebbe pronunciato – secondo la prospettiva dell’odierno ricorrente – su profili di inadempimento nuovi, come tali integranti fatti cd. principali (qualificanti la sopra ricordata eccezione di inadempimento) e non già fatti secondari (come tali rilevabili anche in sede di C.t.u. contabile, secondo quanto affermato da: Cass. Sez. U, Sentenza n. 3086 del 01/02/2022), la RAGIONE_SOCIALE ricorrente avrebbe dovuto compiutamente descrivere il contenuto dell’eccezione di inadempimento
sollevata dalla parte opposta (nell’atto introduttivo delle sue difese in sede di giudizio di opposizione allo stato passivo) ed il contenuto integrale della consulenza tecnica d’ufficio, ove asseritamente sarebbero stati considerati fatti inadempitivi, prima non denunciati e sulla cui base il Tribunale si sarebbe dunque pronunciato d’ufficio, senza il rilievo della parte processuale a ciò interessata ed onerata (sulla natura di eccezione in senso stretto in relazione all’accezione di inadempimento, si legga anche da ultimo Cass. n. 19753/2025).
In realtà, l’odierna parte ricorrente si è limitata nel motivo di ricorso in esame, in una nota esplicativa riportata in calce alla parte espositiva del motivo di ricorso qui in scrutinio, ad un fugace (e dunque insufficiente) richiamo ‘topografico’ alla comparsa di costituzione nel giudizio di opposizione, senza fornire ulteriori indicazioni nel senso sopra spiegato e senza far comprendere l’oggetto della denunciata ultrapetizione attraverso la descrizione diretta degli atti di causa. E ciò a fronte di un provvedimento (quello impugnato) che, in risposta alla già sollevata eccezione di nullità della C.t.u. in sede di giudizio di opposizione, aveva già correttamente spiegato che i fatti costitutivi cd. principali, qualificanti la denunciata eccezione di inadempimento, erano stati già sollevati tempestivamente nella comparsa di costituzione e risposta della parte opposta e che le ulteriori argomentazioni utilizzate dal C.t.u. (e poi riprese, in sede motivatoria, dal Tribunale) integravano al più apprezzamenti di carattere tecnico e comunque fatti cd. secondari, come tali apprezzabili in sede di consulenza tecnica d’ufficio, senza rilievi di parte . Del resto, pretendere che il Tribunale dirigesse chirurgicamente il suo iter argomentativo solo sui fatti di inadempimento denunciati, senza considerare il contesto fattuale e le circostante di carattere tecnico-contabile nelle quali l’inadempimento del revisore era maturato, pena l’integrazione – nella prospettiva della odierna ricorrente -del vizio di extra-petizione, significherebbe costringere il giudicante ad un apprezzamento ‘atomistico’ del fatto inadempitivo, avulso dal complessivo sviluppo della esecuzione della prestazione professionale negozialmente concordata.
1.1.3 Ad ogni buon conto, a ciò va anche aggiunto che dalla stessa descrizione della vicenda processuale contenuta nel decreto RAGIONE_SOCIALE impugnato
si evince che l’eccezione di inadempimento sollevata dalla parte opposta alla RAGIONE_SOCIALE era un’eccezione ‘ad ampio spettro’, coinvolgente tutta l’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’incarico professionale, con la conseguenza che disquisire, ora, di vizio di ultrapetizione a carico del decreto del Tribunale, che si è peritato di esaminare, con dovizia di giudizio (per quanto sopra ricordato in premessa), tutti i copiosi profili di inadempimento denunciati dall’amministrazione straordinaria, risulta, a dir poco, un fuor d’opera che non trova, peraltro, riscontro alcuno già negli atti sottoposti all’esame di questo Collegio.
Con il secondo mezzo si deduce, ‘ex art. 360, n. 3, c.p.c. e anche ex art. 360, n. 5, c.p.c.’, ‘violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1460 co. 1 e 2 e, c.c.’ per ‘non aver riconosciuto la infondatezza di una siffatta eccezione avanzata non per conservare il contratto ma al solo scopo di paralizzare per l’intero la pretesa creditoria della Ricorrente in una situazione di esaurimento del rapporto e quindi di irrimediabilità -quand’anche sussistente dell’inadempimento contestato’.
2.1 Anche il secondo motivo è infondato.
Afferma la RAGIONE_SOCIALE ricorrente che l’eccezione di inadempimento postulerebbe che il rapporto sia in corso di esecuzione, posto che, una volta sciolto il contratto per effetto del fallimento, troverebbero diversamente applicazione le norme della legge fallimentare che disciplinano gli effetti dello scioglimento dei contratti. Sostiene la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE che o l’inadempimento era grave e allora l’a.s. avrebbe dovuto sollevare eccezione di risoluzione o compensazione impropria ovvero non era grave, il che non avrebbe giustificato la paralisi del credito.
2.2 Ritiene il Collegio che la questione posta col secondo motivo sia in realtà mal posta.
Invero, come affermato da questa Corte già in passato, seppure il contratto si sciolga per effetto del fallimento di una delle parti, ciascuna parte e il curatore del fallimento possono sempre rifiutare il pagamento delle opere e dei servizi per la parte non eseguita o non eseguita a regola d’arte, sollevando eccezione di inadempimento (cfr. Cass.
Sez. 1, sent. n. 23810 del 20/11/2015).
Orbene, l’avvenuto scioglimento del rapporto contrattuale ha efficacia ex nunc e non preclude, evidentemente, la pretesa al pagamento delle prestazioni regolarmente erogate: cui si può ben opporre, da parte del debitore, l’inadempimento già maturato anteriormente alla dichiarazione di fallimento, consistente nell’esecuzione non a regola d’arte dell’opera e del servizio. Diversamente opinando, si imporrebbe al debitore di pagare per intero le prestazioni ricevute, pur se in tutto o in parte non eseguite esattamente. Sul punto, l’argomento difensivo secondo cui l’eccezione sarebbe riconducibile all’art. 1460 cod. civ. e dunque, in funzione dilatoria, significativa della volontà di conservare il contratto, non coglie la finalità legittimamente perseguita, ictu oculi riconoscibile, di negare il pagamento di prestazioni per la parte ineseguita o non eseguita a regola d’arte (così, sempre Cass. n. 23810/15, cit. supra ).
3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ‘per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1460, comma 1 e 2, c.c., in quanto, anche laddove l’eccezione di inadempimento fosse idonea a introdurre una valutazione comparativa della gravità dei contrapposti inadempimenti al fine di paralizzare per l’intero la sua pretesa creditoria una volta che il rapporto si sia esaurito (come ritenuto nel Decreto), il Tribunale avrebbe violato l ‘art. 14 del D. Lgs. 39/2010 per avere ritenuto ‘inadempimenti’ del revisore fatti che non possono essere considerati tali e comunque si sarebbe limitato a riscontrare meramente la ricorrenza di tale inadempimento, senza indagarne la ‘gravità’ e/o, ex art. 360, n. 5, c.p.c., motivando in modo solo apparente tale ‘gravità’ e comunque omettendo l’esame di un fatto decisivo consistente nella sostanziale irrilevanza per la controparte del riscontrato inadempimento’.
3.1 Il terzo motivo è all’evidenza inammissibile.
Sul punto giova ricordare che – in tema di ricorso per cassazione – il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione
della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (così, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019; cfr. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017). Più precisamente è stato affermato sempre dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità che le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto: a) quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto; b) quello afferente l’applicazione della norma stessa una volta correttamente individuata ed interpretata. Il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione. Non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, comma 1, n. 3, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14/01/2019).
Ciò posto, risulta pertanto evidente che, sotto l’egida applicativa del vizio di violazione e falsa applicazione di norme di legge (sub specie dell’art. 1460, comma 1 e 2, c.c., e dell’art. 14 del D. Lgs. 39/2010), la parte RAGIONE_SOCIALE ricorrente intende ora sott oporre all’esame di questa Corte un nuovo scrutinio della quaestio facti , quanto al profilo della gravità dell’inadempimento sollevato dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, scrutinio che tuttavia esula, per le ragioni sopra dette, dal perimetro delimitante l’area di cognizione del giudice di legittimità. Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso.
Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’intimata.
Sussistono, invece, i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 30 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME