Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 512 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 512 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16391/2019 proposto da:
COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO COGNOME INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME
INCORVAIA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 664/2018 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 18/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/12/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 07.01.2009, NOME COGNOME adiva il Tribunale di Savona, Sezione distacca di Albenga, al fine di sentir condannare NOME COGNOME e NOME COGNOME al pagamento della somma di euro 28.588,20, quale residuo corrispettivo dovuto all’attore, al netto di un acconto già versato, per lavori edili eseguiti nell’interesse dei convenuti . Questi ultimi si costituivano in giudizio lamentando il mancato completamento delle opere pattuite, nonché la presenza di vizi in quelle realizzate. Istruita la causa con prova per testi e consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale accoglieva solo parzialmente la domanda, condannando i committenti al pagamento della somma di euro 11.032,66, ottenuta detraendo dal valore delle opere eseguite non solo l’acconto già corrisposto, ma anche l’importo stimato per l’eliminazione dei vizi accertati in sede peritale.
Sul l’impugnazione del COGNOME, cui resistevano COGNOME e COGNOME , la Corte d’Appello di Genova, con sentenza n. 664/2018, riformava la pronuncia di prime cure e, per quel che ancora interessa nella presente sede di legittimità, condannava i convenuti al pagamento dell’importo di euro 24.022,00 oltre IVA, rilevando che: (a) sebbene in prima udienza si fosse limitato ad una generica contestazione della comparsa di risposta avversaria, l’attore aveva sollevato – tramite le precisazioni svolte nella memoria ex art. 183, comma sesto, n. 1, cod. proc. civ. – rituale eccezione di decadenza dei convenuti dall’azione di garanzia ex art. 1667 cod. civ., ragion per cui questi ultimi avrebbero dovuto dare
prova della tempestiva denuncia dei vizi lamentati; (b) l’esame delle deposizioni testimoniali non consentiva di ritenere assolto tale onere probatorio, in quanto i testi addotti dall’attore – ritenuti dal giudice di seconde cure capaci di testimoniare, in quanto privi di un coinvolgimento diretto nel rapporto controverso -avevano confermato l’accettazione dell’opera senza alcuna rimostranza da parte dei committenti, mentre i testi indicati dai convenuti avevano reso dichiarazioni insufficienti a provare l’effettiva denuncia dei vizi; (c) era incontestato che i committenti avevano vissuto nell’immobile oggetto di causa per diversi anni prima dell’instaurazione del giudizio, cosicché, in mancanza di prove concrete del mancato gradimento, l’opera doveva ritenersi accettata per facta concludentia ; (d) NOME COGNOME e NOME COGNOME andavano quindi dichiarati decaduti dalla garanzia per i vizi dell’opera; (e) conseguentemente, nella determinazione del compenso residuo spettante al Nicolosi, avrebbe dovuto tenersi conto del solo acconto già versato dai convenuti, e non anche del l’importo stimato dal CTU per l’eliminazione dei vizi riscontrati .
Per la cassazione di detta decisione hanno proposto ricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME affidandosi a quattro motivi.
COGNOME NOME ha resistito con controricorso e con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha insistito nell a richiesta di inammissibilità o rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del controricorso per omessa notificazione alla parte ricorrente.
I l COGNOME all’atto della costituzione, ha presentato ‘istanza di rimessione in termini per il completamento della notifica del controricorso’, giustificata sul presupposto che la notificazione presso il difensore domiciliatario dei ricorrenti, avvocato NOME COGNOME, eseguita tramite UNEP, aveva avuto esito negativo, essendo il destinatario deceduto.
Orbene, la giurisprudenza di questa Corte è costante nell’affermare che , qualora la notificazione di un atto processuale, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere di riattivare con immediatezza il procedimento notificatorio, e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, dovendosi escludere la possibilità di chiedere una preventiva autorizzazione del giudice, vuoi perché questa sub-procedura allungherebbe ulteriormente i tempi processuali, in contrasto con il principio di ragionevole durata del processo, vuoi perché non sarebbe neanche utile al fine di avere una previa valutazione certa circa la sussistenza delle condizioni per la ripresa del procedimento di notificazione, in quanto si tratterebbe solo di una valutazione preliminare effettuata non in sede decisoria e per di più in assenza del contraddittorio con la controparte interessata (Cass. Sez. U, Sentenza n. 17352 del 24/07/2009, Rv. 609264; Cass., Sez. U, Sentenza n. 14594 del 15/07/2016, Rv. 640441; Sez. 6-3, Ordinanza n. 20700 del 09/08/2018, Rv. 650482; Cass. Sez. U., Sentenza n. 13394 del 28/04/2022, Rv. 664656).
Nella fattispecie, il controricorrente non si è attenuto a tali insegnamenti, in quanto non si è attivato autonomamente e
tempestivamente, come sarebbe stato suo onere, per assicurare la continuità e speditezza del procedimento notificatorio, né ha indicato circostanze eccezionali ostative alla sua ripresa, tanto più che i ricorrenti , nell’epigrafe del ricorso, avevano indicato anche l’indirizzo di posta elettronica certificata del loro altro difensore, avvocato NOME COGNOME « per le future comunicazioni da parte della Cancelleria e di tutti gli altri soggetti processuali », al quale sarebbe stato possibile notificare l’atto (sulla possibilità di notificare il controricorso presso il domicilio eletto in Roma o, indifferentemente, presso l’indirizzo di posta elettronica certificata indicato dal ricorrente, cfr. Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 5457 del 10/03/2014, Rv. 630344).
1.2 Venendo all’esame dei motivi di ricorso, i l primo motivo è così rubricato: « Violazione e falsa applicazione dell’art. 183 c.p.c., in relazione all’art. 1667 c.c., ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c. ». I ricorrenti deducono che la Corte distrettuale, pur avendo correttamente affermato che la decadenza del committente dalla garanzia ex art. 1667 cod. civ. non è rilevabile d’ufficio, e pur avendo osservato – altrettanto correttamente che all’udienza di prima comparizione innanzi il Tribunale il COGNOME non aveva sollevato alcuna eccezione di decadenza, avrebbe poi erroneamente ritenuto tempestiva la suddetta eccezione formulata dall’attore tramite le precisazioni svolte nella memoria ex art. 183, comma sesto, n. 1, cod. proc. civ.; sostengono che lo svolgimento processuale di cui aveva dato atto lo stesso giudice di seconde cure avrebbe dovuto portare alla declaratoria di inammissibilità dell’eccezione , siccome proposta dall’attore ol tre la barriera preclusiva rappresentata, ai sensi dell’art. 183, comma quinto, cod.
proc. civ. applicabile ratione temporis , dal l’udienza di prima comparizione; osservano, infatti, che la prima memoria ex art. 183, comma sesto, cod. proc. civ. (nella formulazione vigente ante novella) consente alle parti esclusivamente di precisare o modificare domande, eccezioni e conclusioni già proposte, e non di proporne di nuove.
1.3 Il primo motivo di ricorso è fondato.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, peraltro espressamente citato nella sentenza impugnata (cfr. pagina 10), in tema di contratto di appalto, la decadenza del committente dall’azione di garanzia per vizi dell’opera, prevista dall’art. 1667 cod. civ., non è rilevabile d’ufficio, ma deve essere eccepita dall’appaltatore, sorgendo solo in tal caso a carico del committente l’onere della prova della denuncia dei vizi e della sua tempestività (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3879 del 15/06/1981, Rv. 414525; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6077 del 11/11/1988, Rv. 460483; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27334 del 19/12/2011, Rv. 620246).
Nel caso di specie, i committenti COGNOME e COGNOME, convenuti in giudizio dall’appaltatore per il pagamento del corrispettivo, hanno azionato la suddetta garanzia nella comparsa di costituzione e risposta, ove hanno dedotto che le lavorazioni eseguite dall’attore presentavano vizi e difetti , concludendo per il rigetto della domanda. Ne consegue che, a i sensi dell’art. 183, comma quinto, cod. proc. civ., vigente ratione temporis , il COGNOME avrebbe dovuto eccepire la decadenza dei convenuti dalla garanzia ex art. 1667 cod. civ. entro e non oltre l’udienza di prima comparizione delle parti, tale essendo la sede nella quale l’attore
può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale e delle eccezioni proposte dal convenuto.
Deve evidenziarsi che è la stessa Corte d’Appello ad affermare che « dagli atti risulta che l’appellante alla prima udienza del giudizio di primo grado non ha sollevato alcuna eccezione di decadenza, dal momento che si è limitato a contestare in via del tutto generica la comparsa di costituzione di COGNOME NOME e COGNOME NOME, siccome ritenuta infondata in fatto e in diritto » (così a fine pagina 10 -inizio pagina 11 della sentenza).
Partendo da tale presupposto, il giudice di merito non avrebbe potuto ritenere tempestiva l’eccezione attribuendo rilievo alle deduzioni sviluppate dal COGNOME nella memoria ex art. 183, comma sesto, n. 1, cod. proc. civ., che consente all’attore di precisare e modificare le domande e le eccezioni “già proposte”, ma non di proporre ex novo le domande e le eccezioni che siano conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni formulate dal convenuto, le quali vanno, invece, presentate, a pena di decadenza, entro la prima udienza di trattazione (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 30745 del 26/11/2019, Rv. 656177; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17708 del 19/07/2013, Rv. 628940).
Il motivo in esame risulta quindi fondato, poiché la Corte distrettuale avrebbe dovuto ritenere inammissibile, sulla base di rilievo anche officioso, l’eccezione di decadenza proposta dall’attore oltre l’udienza di prima comparizione delle parti.
Il secondo motivo è così rubricato: « Violazione e falsa applicazione dell’art. 183 c.p.c., in relazione sempre all’art. 1667 c.c., ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c. ».
I ricorrenti deducono che la Corte di merito non avrebbe comunque potuto ritenere proposta alcuna rituale eccezione di decadenza nella memoria ex art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., in quanto in essa il COGNOME si era limitato ad una generica confutazione, discorsiva e fattuale, delle deduzioni dei convenuti, senza modificare o integrare le proprie conclusioni.
La censura è assorbita in conseguenza dell’accoglimento del motivo che precede.
Il terzo motivo è così rubricato: « Violazione e falsa applicazione dell’art. 246 c.p.c., in relazione all’art. 1667 c.c., ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c. ».
I ricorrenti deducono che la Corte distrettuale avrebbe errato a non dichiarare l’incapacità a testimoniare dei testi indicati dall’attore , i quali, avendo riferito di aver operato in cantiere come subappaltatori, sarebbero stati portatori di un interesse diretto e concreto all’esito della causa.
3.1 Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
Occorre premettere che il giudice di merito, facendo riferimento in particolare alla posizione di chi si trovi legato ad una delle parti da un rapporto di lavoro dipendente, ha escluso che i testi addotti dall’attore (COGNOME NOME COGNOME, NOME NOME COGNOME, NOME NOME COGNOME, NOME) avessero un diretto e personale coinvolgimento nella vertenza tra le parti in causa, essendo irrilevante, ai fini dell’incapacità a testimoniare, la titolarità di situazioni o rapporti diversi da quello dedotto in giudizio, anche se in qualche modo connessi con quest’ultim o. Orbene, la valutazione circa la sussistenza dell’interesse dal quale l’art. 246 cod. proc. civ. fa derivare l’incapacità a testimoniare (che si
identifica con l’interesse concreto ed attuale ad agire e contraddire ai sensi dell’art. 100 cod. proc. civ.) è riservata al giudice del merito e non è sindacabile in sede di legittimità quando sia adeguatamente motivata (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7077 del 29/11/1986, Rv. 449159; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15526 del 07/12/2000, Rv. 542525). D’altra parte , la statuizione impugnata è sul punto coerente con il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui l’interesse che dà luogo ad incapacità a testimoniare a norma dell’art. 246 cod. proc. civ. è quello giuridico, personale, concreto, comportante la legittimazione a proporre l’azione ovvero ad intervenire in un giudizio, con la conseguenza che la condizione di dipendente di una delle parti in causa non produce per ciò solo l’incapacità a testimoniare del soggetto, né egli è da considerare in ogni caso, per tale sua condizione, scarsamente attendibile (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15197 del 06/08/2004, Rv. 575918; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2075 del 29/01/2013, Rv. 624950).
Quanto alla qualificazione come subappaltatori dei testi indicati dall’attore , la censura risulta generica, poiché tale questione non è stata affrontata nella sentenza impugnata e i ricorrenti non hanno indicato quando e in quali atti la relativa deduzione era avvenuta in primo grado, né se la stessa era stata riproposta in appello (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3787 del 20/04/1996, Rv. 497200). In ogni caso, si tratta di temi di indagine implicanti accertamenti in fatto preclusi nella presente sede di legittimità, che non risultano affrontati dal giudice di merito e in relazione ai quali i ricorrenti non offrono alcun elemento, con conseguente inammissibilità della censura anche sotto tale profilo
(Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 32804 del 13/12/2019, Rv. 656036; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 28480 del 22/12/2005, Rv. 585743).
Il quarto motivo è così rubricato: « Sulla liquidazione della somma dovuta e sulle spese di lite ». I ricorrenti deducono la necessità di far luogo, in conseguenza di quanto esposto nei motivi che precedono, ad una nuova quantificazione della somma spettante all’appaltatore (da calcolarsi tenendo conto delle spese indicate dal CTU per l’eliminazione dei vizi riscontrati), nonché ad una nuova regolazione delle spese di lite.
La censura è assorbita in conseguenza dell’accoglimento del primo motivo di ricorso, in quanto la Corte distrettuale, in sede di rinvio, dovrà provvedere ad un nuovo esame del merito, nonché ad una nuova regolazione delle spese in relazione al complessivo esito del giudizio.
In conclusione, deve farsi luogo alla cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa per un nuovo esame del merito alla Corte d’Appello di Genova, in diversa composizione, che provvederà, altresì, alla disciplina delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti il secondo e il quarto e inammissibile il terzo, dichiara inammissibile il controricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Genova, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile in data 19 dicembre 2023.
IL PRESIDENTE
Ric. 2019 n. 16391 sez. S2 – ud. 19/12/2023
NOME COGNOME