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Doppia conforme: ricorso inammissibile in Cassazione

Un fratello ricorre in Cassazione per far annullare un contratto di rendita vitalizia stipulato dai genitori a favore dell’altro fratello, lamentando l’incapacità dei genitori e la simulazione del contratto. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile in applicazione del principio di “doppia conforme”, poiché le decisioni di primo e secondo grado erano basate sulla medesima ricostruzione dei fatti. Viene ribadito che la Cassazione non può riesaminare le prove e che l’errata affermazione sulla mancata produzione di un documento costituisce errore revocatorio, non un motivo di ricorso.

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Doppia conforme: quando il ricorso in Cassazione si ferma al primo ostacolo

L’istituto della doppia conforme rappresenta un importante filtro processuale che limita l’accesso al giudizio di Cassazione. Quando le sentenze di primo e secondo grado giungono alla stessa conclusione basandosi su una identica valutazione dei fatti, la possibilità di contestare la ricostruzione fattuale in sede di legittimità viene drasticamente ridotta. L’ordinanza n. 21671/2024 della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di applicazione di questo principio, in una complessa vicenda familiare legata alla validità di un contratto di rendita vitalizia.

I fatti del caso: un contratto di rendita vitalizia contestato

La controversia nasce dall’azione legale intentata da un uomo contro il proprio fratello. L’attore chiedeva di dichiarare nullo o di annullare il contratto con cui, nel 2008, i loro genitori avevano trasferito al fratello un ingente complesso immobiliare in cambio della costituzione di una rendita vitalizia. Le ragioni della richiesta erano molteplici: dalla presunta incapacità di intendere e di volere dei genitori al momento della stipula, alla simulazione del contratto, che a suo dire nascondeva una donazione nulla per difetto di forma.

Sia il Tribunale in primo grado sia la Corte d’Appello rigettavano le domande, confermando la validità dell’atto. In particolare, i giudici di merito non ritenevano provata la dedotta incapacità dei genitori, né la natura simulata del contratto.

Le doglianze del ricorrente: vizio di motivazione e la regola della doppia conforme

Non soddisfatto delle due decisioni conformi, il fratello soccombente proponeva ricorso in Cassazione, articolando tre motivi principali. In sostanza, lamentava che la Corte d’Appello avesse omesso di esaminare fatti controversi e decisivi:

1. Valutazione parziale delle prove mediche: secondo il ricorrente, i giudici avevano analizzato solo una parte della cartella clinica della madre, ignorando passaggi che avrebbero dimostrato un grave deterioramento psichico. Analoga omissione era stata commessa riguardo alle condizioni del padre, colpito anni prima da un ictus.
2. Mancata valutazione delle ricevute bancarie: il ricorrente sosteneva di aver prodotto ricevute bancarie che provavano come il pagamento della rendita fosse solo apparente. Il fratello, infatti, avrebbe prelevato le somme necessarie direttamente dal conto del padre per poi versarle a titolo di rendita, simulando così l’adempimento del contratto.
3. Errata negazione di prelievi indebiti: di conseguenza, la Corte d’Appello aveva anche erroneamente negato che dal conto del padre fossero stati prelevati ingenti importi da restituire alla massa ereditaria.

Le motivazioni: perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda, non consentito in sede di legittimità. Le motivazioni della decisione si basano su principi cardine del diritto processuale civile.

In primo luogo, è stato applicato il principio della doppia conforme, previsto dall’art. 348 ter, co. 5, cod. proc. civ. Poiché le due sentenze di merito erano giunte alla medesima conclusione sui fatti, il ricorso per vizio di motivazione (n. 5 dell’art. 360 c.p.c.) era precluso. Il ricorrente non aveva dimostrato, come richiesto dalla giurisprudenza, che le ragioni di fatto poste a base delle due decisioni fossero diverse tra loro.

In secondo luogo, la Corte ha ribadito che il vizio di violazione di legge (come la presunta violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. sulla valutazione delle prove) non può essere utilizzato come un pretesto per contestare l’apprezzamento dei fatti operato dal giudice di merito. La valutazione del materiale probatorio è un compito esclusivo dei giudici di primo e secondo grado; la Cassazione può intervenire solo se il giudice ha violato specifiche regole legali di valutazione della prova, e non per un mero “cattivo esercizio” del suo prudente apprezzamento.

Infine, e con particolare rilevanza, la Corte ha qualificato l’affermazione della Corte d’Appello circa la mancata produzione delle ricevute bancarie come un errore revocatorio. Si tratta di un errore di percezione dei fatti (il giudice non ha visto un documento che era presente nel fascicolo) che non può essere fatto valere con il ricorso per cassazione, ma necessita di un apposito e diverso rimedio processuale: la revocazione.

Conclusioni: le implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza consolida orientamenti giurisprudenziali di fondamentale importanza pratica. Insegna che, di fronte a una doppia conforme sui fatti, le possibilità di successo di un ricorso in Cassazione basato sulla rivalutazione delle prove sono quasi nulle. Gli avvocati devono essere consapevoli che il giudizio di legittimità non è una terza istanza dove si può ridiscutere l’esito del vaglio probatorio. La critica alla sentenza di appello deve concentrarsi su reali violazioni di legge o su vizi motivazionali che rientrino nei ristrettissimi limiti oggi consentiti, evitando di mascherare una richiesta di riesame del merito. La distinzione tra errore di valutazione (non censurabile) ed errore revocatorio (da far valere con altro mezzo) è un altro punto cruciale che emerge dalla decisione, a testimonianza della natura squisitamente tecnica e rigorosa del giudizio davanti alla Suprema Corte.

Cosa significa ‘doppia conforme’ e quali conseguenze ha sul ricorso in Cassazione?
Significa che la sentenza di primo grado e quella d’appello hanno raggiunto la stessa conclusione sulla ricostruzione dei fatti. La conseguenza è che, secondo l’art. 348 ter cod. proc. civ., diventa inammissibile il ricorso in Cassazione basato sul motivo di ‘omesso esame di un fatto decisivo’ (art. 360 n. 5 c.p.c.), a meno che non si dimostri che le motivazioni delle due sentenze si fondano su ragioni di fatto diverse.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta dal giudice d’appello?
No, di regola non è possibile. La valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti sono compiti esclusivi dei giudici di merito (primo e secondo grado). Il ricorso in Cassazione può denunciare un’errata valutazione solo in casi eccezionali, ad esempio se il giudice ha violato una norma che impone un valore specifico a una prova (prova legale) o ha fondato la decisione su prove non introdotte dalle parti.

Cosa succede se un giudice d’appello afferma erroneamente che un documento non è stato prodotto in giudizio?
Secondo la Cassazione, questo costituisce un ‘errore revocatorio’, cioè un errore di fatto percepibile dagli atti del processo. Questo tipo di errore non può essere corretto con un ricorso per cassazione, ma deve essere impugnato attraverso uno specifico procedimento chiamato ‘revocazione’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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