Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21671 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21671 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso 8078/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME;
-intimato – avverso la sentenza n. 3143/2022 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 07/10/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Osserva
NOME COGNOME, per quel che ancora qui rileva, citò in giudizio il fratello NOME COGNOME chiedendo che fosse dichiarata la nullità del contratto con il quale nel 2008 i genitori, NOME COGNOME e NOME COGNOME, gli avevano trasferito un complesso immobiliare dietro costituzione di rendita vitalizia, oppure che il contratto fosse annullato per incapacità d’intendere e di volere di
entrambi i genitori, oppure ancora che il contratto fosse qualificato donazione nulla, per difetto di forma, infine, donazione indiretta.
1.1. Il Tribunale rigetto le domande.
NOME COGNOME impugnò la decisione di primo grado, affermando che il Tribunale non aveva esaminato le decadute condizioni mentali di entrambi i genitori, ricavabili, per la madre, dalla cartella clinica ospedaliera e, per il padre, ove si fosse tenuto conto della circostanza che già nel 2003 costui era stato colpito da un ictus cerebrale, che ne aveva compromesso la salute psichica. Inoltre, l’appellante prospettò la natura simulata del contratto, dissimulante una donazione nulla.
La Corte d’appello di Milano rigettò l’impugnazione.
NOME COGNOME proponeva ricorso sulla base di tre motivi, ulteriormente illustrati da memoria. La controparte rimaneva intimata.
Il Consigliere delegato della Sezione propose definirsi il ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
NOME COGNOME, con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, ha chiesto decidersi il ricorso.
Il processo è stato fissato per l’adunanza camerale del 5 giugno 2024.
Il ricorrente ha depositato memoria.
Con il primo motivo il ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, anche in relazione agli artt. 115 cod. proc. civ., 428, 1872, 2697, 2726 e 2729 cod. civ., nonché <>, con omessa valutazione di un documento.
Si sostiene che la decisione impugnata aveva esaminato solo una parte della cartella clinica ospedaliera riguardante la COGNOME, omettendo di considerare i passaggi dai quali vi era modo di ricavare il grave deterioramento psichico della paziente (passaggi che il ricorrente asserisce corrispondere a quelli riportati nel corpo
del motivo). Analogamente doveva dirsi per NOME COGNOME, segnato dall’ictus. In definitiva, entrambi i genitori si erano trovati in balìa del figlio NOME, con loro convivente.
Con il secondo motivo viene denunciato l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, anche in relazione agli artt. 115 cod. proc. civ., 2697, 2728 e 2729 cod. civ., nonché <>, con omessa valutazione di un documento.
Pur ove il contratto non fosse stato giudicato da annullare ex art. 428 cod. civ., la Corte di merito, nel ritenere infondato il motivo con il quale era stata dedotta la natura simulata dello stesso, aveva affermato non essere state prodotte le ricevute bancarie, dalle quali, secondo l’appellante, si traeva la prova che il fratello aveva operato sul conto corrente paterno, utilizzando la delega di cui godeva, prelevando a suo piacimento, con la conseguenza che il pagamento del corrispettivo della rendita, stabilito in sessantamila euro annui, da versarsi in quattro rate, era stato solo apparente. Per contro le ricevute in discorso erano state puntualmente prodotte dall’odierno ricorrente.
Con il terzo motivo viene denunciato l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, anche in relazione agli artt. 115 cod. proc. civ., 2697, 2728 e 2729 cod. civ., nonché <>.
L’omessa valutazione dei documenti bancari, di cui al motivo precedente, aveva anche erroneamente portato la Corte d’appello a negare essere stato provato che dal conto corrente del padre fossero stati prelevati, nel complesso, 215.000 euro, da doversi restituire alla massa ereditaria (si legge nella sentenza impugnata, che una volta che il fratello NOME NOME era decaduto dall’accettare l’eredità dei genitori, questa si era devoluta in favore di NOME, unico erede per legge).
Il complesso censorio, unitariamente scrutinabile, non supera il vaglio d’ammissibilità per il concorrere di una pluralità di ragioni.
10.1. A voler prescindere da ogni altra considerazione, in presenza di ‘doppia conforme’, sulla base dell’art. 348 ter, co. 5, cod. proc. civ., il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Sez. 2, n. 5528, 10/03/2014, Rv. 630359; conf., ex multis, Cass. nn. 19001/2016, 26714/2016), evenienza che nel caso in esame non ricorre affatto.
In disparte, val la pena osservare la manifesta improprietà della critica alla motivazione (<>) al di fuori dell’ipotesi tassativa di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., dovendosi escludere apparenza motivazionale, non ricorrendo qui le ipotesi disegnate dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. per tutte, S.U. n. 8053/2014).
10.2. All’evidenza si sollecita un’impropria ricostruzione alternativa del fatto all’esito di una sorta di ‘giudizio di terzo grado’ censurandosi la motivazione (‘il ragionamento logico’: v. pag. 9).
Come noto, in linea generale, la denuncia di violazione di legge non determina nel giudizio di legittimità lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, essendo, all’evidenza, occorrente che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente (ex multis, S.U. n. 25573, 12/11/2020). E ancora, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento
impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1 – , Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019).
10.3 La ricostruzione probatoria, come noto, anche qualora sostenuta dall’asserita violazione degli artt. 115 e 116, cod. proc. civ., non può essere contestata in questa sede, poiché, come noto, l’apprezzamento delle prove effettuato dal giudice del merito non è, in questa sede, sindacabile, neppure attraverso l’escamotage dell’evocazione dell’art. 116, cod. proc. civ., in quanto, come noto, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito (cfr., da ultimo, Sez. 6, n. 27000, 27/12/2016, Rv. 642299). Punto di diritto, questo, che ha trovato recente conferma nei principi enunciati dalle Sezioni unite in epoca recente (sent. n. 20867, 30/09/2020, conf. Cass. n. 16016/2021), essendosi affermato che in tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del
novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Rv. 659037). E inoltre che per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Rv. 659037).
10.4. Infine, L’addebito alla sentenza di avere errato nell’affermare non essere state prodotte le ricevute bancarie, comprovanti prelievi bancari, che, invece il COGNOME asserisce di avere prodotto, costituisce, in tesi, errore revocatorio, che non può essere fatto valere con il ricorso per cassazione (cfr., ex multis, Cass. n. 1562/2021).
11. Di conseguenza, siccome affermato dalle S.U. (sent. n. 7155, 21/3/2017, Rv. 643549), lo scrutinio ex art. 360-bis, n. 1, cod. proc. civ., da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334, comma 2, cod. proc. civ., sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis cod. proc. civ. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”.
Non v’è luogo a statuizione sulle spese essendo rimasta la controparte intimata.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso, conforme alla proposta di definizione anticipata, consegue, ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., vigente art. 96, co. 4, cod. proc. civ., la condanna del ricorrente al pagamento in favore della cassa delle ammende, della somma, stimata congrua, di cui in dispositivo (cfr. S.U. n. 27195/2023).
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento della somma di € 3.000,00, ai sensi dell’art. 96, co. 4, cod. proc. civ., in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il giorno 5 giugno 2024.