Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 23679 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 23679 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2661/2024 R.G., proposto da
COGNOME NOME, COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentate e difese dall’avv. NOME COGNOME domiciliate ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al ricorso,
–
ricorrenti –
contro
COMUNE DI MONTEROTONDO, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME domiciliato ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al controricorso,
–
contro
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore speciale NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
Responsabilità civile della PA -Beni demaniali
domiciliata ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al controricorso,
-controricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME ,
-intimati –
contro
RAGIONE_SOCIALE quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE
-intimata – per la cassazione della sentenza n. 427/2023 della CORTE d’APPELLO di Roma pubblicata il 20.1.2023;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 18.6.2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 182/2017, pubblicata il 31.1.2017, il Tribunale di Tivoli, in parziale accoglimento della domanda svolta da NOME COGNOME, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, quali attori, e da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali intervenuti, per il risarcimento dei danni causati da infiltrazioni provenienti dal manto stradale, condannava il Comune di Monterotondo al pagamento di: euro 156.000,00 nei confronti di COGNOME e COGNOME; euro 71.600,00 in favore di COGNOME (NOME e NOME) e COGNOME; euro 52.900,00 nei confronti di RAGIONE_SOCIALE Il Tribunale accoglieva, altresì, la domanda di garanzia proposta dal Comune di Monterotondo verso Unipolsai Assicurazioni s.p.a. (già RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE), condannandola a tenere indenn e l’assicurato per quanto dovuto in ragione della pronuncia.
Gli attori avevano dedotto che a causa delle persistenti infiltrazioni idriche provenienti dalla sovrastante INDIRIZZOINDIRIZZO (ora INDIRIZZOINDIRIZZO, determinate dalle lesioni presenti nel manto stradale, i locali a uso commerciale siti in Monterotondo, INDIRIZZO, 30, 32 e 34 quelli ai civici 26, 28 e 30 di proprietà di NOME COGNOME e NOME COGNOME,
concessi in comodato a RAGIONE_SOCIALE, e i rimanenti di proprietà NOME e NOME, e da questi concessi in locazione a RAGIONE_SOCIALE, che vi gestiva una attività commerciale di vendita di abbigliamento del gruppo RAGIONE_SOCIALE erano divenuti inidonei per qualsiasi utilizzo, tanto che con il tempo lo stillicidio stava minando la staticità delle volte presenti.
Nel giudizio si erano costituiti RAGIONE_SOCIALE nonché RAGIONE_SOCIALE quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE a seguito di chiamata in causa.
La Corte d’Appello di Roma con sentenza pubblicata il 20.1.2023, previa riunione dei procedimenti promossi (il primo) da NOME COGNOME, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE e (il secondo) da Unipolsai Assicurazioni s.p.a., dichiarato inammissibile l’appello incidentale svolto da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, confermava la sentenza del Tribunale di Tivoli. Il Comune di Monterotondo era gravato delle spese della fase di impugnazione in favore di Acea s.p.a., mentre erano compensate quelle con le altre parti.
Per quanto ancora di rilievo ai fini del presente giudizio, la Corte d’appello rigettava le censure sollevate dagli appellanti COGNOME, COGNOME e RAGIONE_SOCIALE in merito alla quantificazione dei danni disposta in primo grado, osservando che il Tribunale aveva analiticamente motivato in ordine sia alla mancata prova dei danni ulteriori reclamati, sia sulla locupletazione che si sarebbe determinata in caso di liquidazione dei danni, se riconosciuti, per l’utilizzazione di immobili diversi da parte di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
Quanto al reclamato danno per lo «sviamento della clientela» a seguito del trasferimento della sede operativa della compagine, la corte capitolina rimarcava , in assenza di rilievi nei motivi d’appello, la mancanza di prova documentale circa la diminuzione reddituale. Analogamente, con riferimento alla circostanza dello spostamento dell’attività della società in altri locali, essi non risultavano dai contratti del 2000 e del 2003. Circostanza sulla quale nell’atto di appello non si rinvenivano specifici elementi di censura quanto alle eventuali diverse risultanze probatorie.
Per la cassazione della sentenza della Corte ricorrono NOME COGNOME, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, sulla base di tre motivi. Resistono con controricorso il Comune di Monterotondo e Unipolsai Assicurazioni s.p.a. Acea s.p.a., NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380bis .1. cod. proc. civ..
Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte.
I ricorrenti e RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è denunciata , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza su un punto decisivo della sentenza.
I ricorrenti riferiscono che il Tribunale di Tivoli aveva respinto la domanda per il riconoscimento di ulteriori voci di danno, ritenendole non provate, nonostante fossero state accertate e riconosciute in sede di C.T.U. Segnatamente le voci escluse riguardavano: il danno della proprietà per canoni non percepiti rivalutati; il danno di RAGIONE_SOCIALE per le spese per adeguamento dei locali di proprietà della RAGIONE_SOCIALE; il danno per i canoni locativi versati a RAGIONE_SOCIALE; il danno per gli oneri condominiali relativi ai locali RAGIONE_SOCIALE; il danno per gli oneri di adeguamento locali RAGIONE_SOCIALE; il danno per la rivalutazione oneri di cui sopra; i danni da perdita di avviamento commerciale e per la distruzione degli arredi dei locali in INDIRIZZO La sentenza del Tribunale era stata censurata per omessa motivazione in relazione alle voci danno accertate e documentate dal C.T.U.
Lamentano i ricorrent i che anche la Corte d’appello ha ritenuto non provate le indicate voci di danno ‘a dispetto di quanto emerge in maniera inconfutabile dalla C.T.U. espletata in primo grado’ con riferimento: a) alla prova del danno per mancata percezione dei canoni locativi subìto dalle
ricorrenti COGNOME e COGNOME; b) alla prova del danno subìto da RAGIONE_SOCIALE a causa della cessazione dell’attività commerciale e dello spostamento di quest’ultima in altro sito.
La Corte d’appello avrebbe omesso di esaminare la relazione del C.T.U. di primo grado (nella specie, ‘il fascicolo, da essa fisicamente separato, ma facente parte integrante della C.T.U.’) contenente relativamente alle ulteriori voci di danno pretese la prova di circostanze di portata tale da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, il convincimento del giudice di merito, là dove quest’ultimo ha ritenuto puramente e semplicemente non provate le ulteriori voci di danno.
2.1. Il motivo è inammissibile, poiché esula il limite del consentito esame di legittimità della motivazione.
Deve essere ribadito che, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. -nel testo ‘novellato’ dall’art. 54, comma 1, lett. b), del decreto -legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile ‘ ratione temporis ‘ al presente giudizio) il sindacato di questa Corte è destinato ad investire la parte motiva della sentenza solo entro il ‘minimo costituzionale’ (v. Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 80538054; nonché ‘ ex multis ‘, Cass., sez. III, 20 novembre 2015, n. 23828; Cass., sez. III, 5 luglio 2017, n. 16502; Cass., sez. I, 30 giugno 2020, n. 13248).
Il difetto di motivazione è, dunque, ipotizzabile solo nel caso in cui la parte motiva della sentenza risulti ‘meramente apparente’, evenienza configurabile, oltre che nell’ipotesi di ‘carenza grafica’ della stessa, quando essa, ‘benché graficamente esiste nte, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento’ (v., Cass., Sez. Un., 3 novembre 2016, n. 22232; nonché, più di recente, Cass., sez. 6-V, 23 maggio 2019, n. 13977), o perché non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere
la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 comma 6 Cost. (v., Cass., sez. I, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., sez. 6-I, 7 aprile 2017, n. 9105), o perché affetta da ‘irriducibile contraddittorietà’ (v., Cass., sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940; sez. 6-III, 25 settembre 2018), ovvero connotata da ‘affermazioni inconciliabili’ (v., Cass., sez. 6-lav., 25 giugno 2018, n. 16111; Cass., sez. III, 25 settembre 2018; Cass., sez. I, 25 giugno 2021, n. 18311; Cass., sez. III, 6 novembre 2023, n. 30579), mentre ‘resta irrilevante il semplice difetto di «sufficienza» della motivazione’ (Cass., sez. II, 13 agosto 2018, n. 20721). Ferma in ogni caso restando la necessità che il vizio ‘emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza imp ugnata’ (Cass., sez. un., 8053/2014 cit.), vale a dire ‘prescindendo dal confronto con le risultanze processuali’ (così, tra le molte, Cass., sez. I, 20 giugno 2018, n. 20955, non massimata; in senso conforme, più di recente, Cass., sez., 3 marzo 2022, n. 7090).
2.2. I ricorrenti nel prospettare la nullità della sentenza per un asserito vizio della motivazione non si sono attenuti alle coordinate sopra riportate, ma hanno censurato la decisione della Corte d’appello sul rilievo dell’omesso esame della relazione della C.T.U. e, in particolare, del ‘fascicolo, da essa separato, ma facente parte integrante della C.T.U.’, pagina 13 del ricorso, riga 27).
Sennonché, il vizio di motivazione omessa o solo apparente, al di là della mancata evocazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., se anche, alla stregua degli insegnamenti di Cass., Sez. Un., n. 17931 del 2013, si apprezzasse in questo senso, risulterebbe mal dedotto, là dove viene fondato su elementi attinti aliunde rispetto alla motivazione della sentenza (contro i principi fissati dalle Sezioni Unite nelle sentenze 80538054/2014, citate). La censura svolta non evidenzia lacune di carattere testuale della motivazione basandosi solo sul suo tenore, ma è argomentata sulla base di elementi desunti dal confronto con altri atti e risultanze processuali, risultando così inammissibile.
Con il secondo motivo è denunciato , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti.
I ricorrenti , con riferimento all’omesso esame della C.T.U., già indicato nel primo motivo , muovono alla Corte d’appello una seconda censura nei termini dell’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio . Il travisamento della prova, ossia della C.T.U., implicando non una valutazione dei fatti, ma la constatazione che l’informazione probatoria utilizzata in sentenza è contraddetta da uno specifico atto processuale, escluderebbe che si versi in una ipotesi di «doppia conforme».
3.1. Il motivo si espone ad analogo rilievo in termini di inammissibilità.
Anche a prescindere dall’incoerenza tra quanto esposto dai ricorrenti nel declinare l’omesso esame della C.T.U. sotto il profilo del travisamento della prova, che però ‘ ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio ‘ secondo quanto enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte (v. Cass., Sez. Un., 5 marzo 2024, n. 5792), mentre con il primo motivo la sentenza impugnata è stata investita per aver trascurato la Corte d’appello di dare conto nella motivazione del contenuto della relazione del C.T.U., il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360, comma quarto, cod. proc. civ., poiché in caso di una doppia pronuncia conforme, sulla base delle stesse ragioni inerenti alle questioni di fatto oggetto di censura, non è ammesso il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5 cod. proc. civ.
Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha confermato la decisione del primo grado in ordine all ‘assenza di prova dei danni ulteriori e sulla ingiusta locupletazione conseguente all’eventuale riconoscimento dei danni per l’inutilizzabilità de gli immobili e di quelli per l’utilizzazione di immobili diversi, e i ricorrenti non hanno dimostrato la diversità delle ragioni esposte nelle due sentenze con riferimento ‘ai medesimi fatti’ (v. Cass. 29 gennaio
2024, n. 2701; 20 settembre 2023, n. 26934; 28.2.2023, n. 5497; 7 maggio 2018, n. 10897; 10 marzo 2014, n. 5528).
I ricorrenti per prevenire l’esito indicato, anche se a costo della sopra indicata incoerenza, hanno evocato il dictum di Cass., sez. 6-V, 5 novembre 2018, n. 28174, che però è rimasta isolata (v., in senso contrario, Cass., sez. lav., 3 novembre 2020, n. 24395), mentre la giurisprudenza di questa Corte è ormai consolidata nell’affermare che l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; neppure il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito dà luogo ad un vizio rilevante ai sensi della predetta norma (v. Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34476; v., altresì, sul tema specifico dell’impossibilità di denun ciare ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ. l’omesso e same della C.T.U., Cass., sez. III, 28 dicembre 2024, n. 34787).
Ipotesi non ricorrente nella vicenda in esame, poiché la Corte d’appello ha espressamente considerato le doglianze afferenti alle ulteriori voci di danno, là dove si legge: ‘i motivi addotti si rivelano del tutto inadeguati ad inficiare la sentenza impugnata la quale ha analiticamente motivato (pag. 4-5) per un verso sulla mancanza di prova dei danni ulteriori, e per altro verso sulla ingiusta locupletazione conseguente all’eventuale riconoscimento dei danni (riconosciuti) per l’inutilizzabilità degli immob ili e dei danni per l’utilizzazione di immobili diversi. Il primo giudice ha poi dato atto della mancanza di prova sullo sviamento di clientela, sotto il profilo della prova documentale della eventuale diminuzione del reddito, su cui nulla emerge nei motivi di appello, così come ha rilevato che non sussiste prova dello spostamento della attività della società in altri locali, non risultando essi in particolare dai contratti di locazione del 2000 e del 2003, circostanza su cui parimenti nell’atto di appello non si rinveng ono elementi
di censura specifici quanto alle (eventualmente diverse) risultanze probatorie’ (pagina 4 ultimo capoverso e pagina 5 primo capoverso).
Con il terzo motivo si denuncia , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2056 cod. civ.
I ricorrenti si dolgono della pronuncia del giudice dell’appello nella parte in cui, occupandosi del danno per il mancato godimento dei locali, è stato escluso il risarcimento del danno connesso alla locazione di altri locali. La Corte d’appello, tuttavia, sarebbe incorsa in un errore palese, poiché il danno per il ‘ mancato godimento dei locali ‘ (liquidato in euro 49.219,00) costituisce voce diversa rispetto a quella avente a oggetto ‘il riconoscimento delle somme spese per la nuova locazione ‘ che RAGIONE_SOCIALE ha dovuto sopportare a causa dello spostamento forzoso dell’attività in altro luogo. Somme, queste ultime, di importo ben maggiore di quelle riconosciute per il ‘mancato godimento dei locali’, ‘ analiticamente accertate dal CTU di primo grado, il quale -come già detto in sede di illustrazione del primo motivo di ricorso -ha allegato al fascicolo: il contratto di locazione stipulato dalla RAGIONE_SOCIALE con la RAGIONE_SOCIALE. le fatture relative ai canoni di locazione versati alla RAGIONE_SOCIALE ‘
4.1. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366, comma primo, n. 4, cod. proc. civ.
I ricorrenti, senza aggredire l’intera motivazione resa dalla Corte d’appello a pagine 4 e 5 , chiedono un riesame del merito sempre sulla base di quanto accertato dal C.T.U. in primo grado, omettendo di considerare che la decisione si è imperniata sulla mancata prova, viepiù in assenza di rilievi nei motivi d’appello sulla circostanza allegata del trasferimento dell’attività in altra sede da parte di RAGIONE_SOCIALE
I ricorrenti hanno prospettato la censura in termini non aderenti alla sentenza impugnata. Di qui l’inammissibilità del motivo dovendosi senz’altro dare seguito ai consolidati principi di diritto, in base ai quali ‘La proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche
attinenze al «decisum» della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366, comma primo, n.4, cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio’ (v. Cass., sez. III, 7 novembre 2005, n. 21490; sez. 6-I, 7 settembre 2017, n. 20910; in motivazione, Cass., Sez. Un., 20 marzo 2017, n. 7074, che ribadisce il principio di diritto similare affermato da Cass. n. 359 del 2005, nel senso che «Il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo.»; sez. 6-III, 3 luglio 2020, n. 13735).
Il ricorso, conclusivamente, deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (Cass., sez. un., 20 febbraio 2020, n. 4315).
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, in favore dei controricorrenti, che liquida, quanto al Comune di Monterotondo, in euro 200,00 per esborsi ed euro 5.200,00 per competenze professionali, oltre rimborso forfetario del 15%, Iva e cpa se dovuti per legge; quanto a Unipolsai Assicurazioni s.p.a., in euro 200,00 per esborsi ed euro 6.400,00 per competenze professionali, oltre rimborso forfetario del 15%, Iva e cpa se dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della