Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27728 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 27728 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/10/2024
Oggetto
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Presidente –
SUCCESSIONI
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
AVV_NOTAIO –
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Rel. AVV_NOTAIO –
Ud. 03/10/2024 – CC
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
AVV_NOTAIO –
R.G.N. 4993/2018
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
AVV_NOTAIO –
Rep.
SENTENZA
sul ricorso 4993-2018 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata dal procuratore speciale COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, giusta procura notarile in atti;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME COGNOME NOME, COGNOME COGNOME NOME, COGNOME COGNOME NOME, COGNOME COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA alla INDIRIZZO,
presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– controricorrenti –
nonché contro
COGNOME COGNOME NOME, COGNOME COGNOME NOME;
– intimate –
avverso la sentenza n. 881/2017 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 22/11/2017;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero nella persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale, AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento del primo motivo, il rigetto del secondo e del terzo motivo, con assorbimento del quarto motivo;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/10/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Lette le memorie delle parti;
udito il Pubblico Ministero nella persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale, AVV_NOTAIO COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento del primo motivo, il rigetto del secondo e del terzo motivo, con assorbimento del quarto motivo;
uditi l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME per il ricorrente e l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME per i controricorrenti;
RAGIONI IN FATTO
In data 4/11/2001 decedeva COGNOME NOME, la cui successione era regolata da testamento olografo, e successivamente decedeva in data 5/9/2002 il coniuge COGNOME
NOME, che a sua volta disponeva della sua successione con testamento olografo.
Dalla loro unione erano nati i figli NOME, NOME, NOME, NOME e NOME.
Entrambi i testamenti, in maniera conforme, prevedevano l’attribuzione dei beni immobili ai figli maschi e quella dei mobili in pari misura a tutti i figli.
COGNOME NOME, premesso che in data 17/7/2008 aveva ricevuto in donazione dalle sorelle NOME ed NOME il diritto di agire in riduzione, conveniva in giudizio i germani al fine di procedere alla riduzione delle disposizioni testamentarie, in quanto lesive delle quote di riserva dell’attrice e delle donanti.
Si costituivano COGNOME NOME e NOME, in rappresentazione del padre NOME, nonché COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali eredi del padre COGNOME NOME, che contestavano la fondatezza della domanda deducendo che anche l’attrice e le sorelle avevano ricevuto delle donazioni in vita dai genitori, di cui occorreva tenere conto.
Il Tribunale di Udine, con la sentenza n. 752 del 22 maggio 2014, rilevato che l’azione di reintegrazione era stata spiegata solo in relazione agli immobili caduti in successione, previa riunione fittizia del relictum al donatum , riconosceva la lesione e condannava ognuna delle due stirpi convenute a reintegrare la lesione in denaro, secondo le somme indicate in dispositivo.
Avverso tale sentenza proponeva appello COGNOME NOME, cui resistevano gli appellati. In particolare, gli eredi di COGNOME NOME proponevano a loro volta appello incidentale deducendo che l’attrice e le sorelle avevano ricevuto delle donazioni indirette, e che ai fini della riunione fittizia andava considerato il valore degli immobili donati e non le somme a tal fine impiegate; aggiungevano che non era stato preso in esame il valore di titoli donati dai genitori nonché due donazioni di denaro effettuate in favore di NOME.
La Corte d’Appello di Trieste, con la sentenza n. 881 del 22 novembre 2017, ha rigettato l’appello principale ed, in accoglimento dell’appello incidentale, ha rigettato tutte le domande avanzate dall’attrice, regolando le spese del doppio grado in base al principio della soccombenza.
In primo luogo, reputava ammissibile, e non tardiva, la domanda avanzata dall’attrice di accertare anche l’esistenza di donazioni in favore dei figli maschi e precisamente dell’immobile sito in Comeglians, delle somme provenienti dal c/c del de cuius n. 5822 e di alcuni giroconti effettuati in favore di NOME COGNOME, e ciò in quanto si trattava di una richiesta necessariamente collegata alla domanda originaria.
Era invece da rigettare la censura che atteneva alla pretesa donazione compiuta dal padre per l’acquisto della casa di abitazione da parte dell’attrice.
Infatti, le dichiarazioni del teste COGNOME erano convincenti e confermavano che all’attrice venne consegnata una somma per
l’acquisto dell’abitazione, avendo il de cuius anche sostenuto il pagamento dei materiali impiegati per la ristrutturazione del bene.
Le dichiarazioni del teste trovavano poi conforto nelle dichiarazioni del teste NOME, marito dalla figlia NOME, teste che aveva anche richiamato la dazione della somma di £. 100.000.000 per acquistare la casa in cui sarebbe andato a vivere con la moglie.
Non poteva incidere su tale conclusione la circostanza che l’attrice ed il marito lavorassero, in quanto ciò non impediva che il padre avesse voluto comunque beneficiare la figlia.
Del tutto irrilevante era poi la cointestazione degli immobili tra le figlie ed i coniugi, prevalendo il dato della dazione del danaro, ed essendo la cointestazione un elemento solo formale.
Non era poi in discussione che i rapporti bancari cointestati tra NOME ed il padre fossero alimentati solo con denaro del secondo, come del pari risultava pacifica la equa distribuzione dei titoli posseduti dai genitori tra i figli.
In relazione agli immobili, la CTU disposta in appello doveva essere condivisa, rivelandosi tardive ed in violazione del contraddittorio le censure mosse solo con la comparsa conclusionale.
Risultavano, quindi, provate la donazione dei titoli ai figli, quella della somma di £. 30.000.000 ad NOME, quella dell’acquisto di un camper, le giacenze dei conti correnti e la donazione indiretta per l’acquisto dell’abitazione di NOME, essendo altresì
corretto che il CTU avesse computato le giacenze dei libretti al portatore nn. 6868 e 6871.
In accoglimento dell’appello incidentale, ed in adesione alla CTU, la domanda di riduzione doveva essere rigettata, difettando la prova della lesione subita.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso COGNOME NOME sulla base di cinque motivi, illustrati da memorie.
COGNOME NOME, COGNOME COGNOME NOME, COGNOME COGNOME NOME, COGNOME COGNOME NOME, COGNOME COGNOME NOME hanno resistito con controricorso, illustrato da memorie.
Le altre intimate non hanno svolto difese in questa fase.
RAGIONI IN DIRITTO DELA DECISIONE
Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale sollevata dai controricorrenti, sul presupposto che sarebbe stato avanzato in nome e per conto della ricorrente da un procuratore, il figlio COGNOME NOME, privo del potere anche di proporre ricorso per cassazione.
Tuttavia, la lettura delle procure speciali in base alle quali il rappresentante ha agito già nelle fasi di merito consente di affermare che tra i poteri conferiti e riferiti in maniera ampia alle vicende successorie dei genitori della rappresentata (ivi ricompresa la tutela della qualità di legittimaria mediante azione di riduzione) rientrasse anche quello di conferire mandato per la proposizione del presente ricorso.
Va in ogni caso osservato che risultano rilasciate in data 30 marzo 2018 (atti depositati ex art. 372 c.p.c.) procure speciali notarili
contenenti la conferma del potere di rappresentanza in capo al COGNOME, con espressa ratifica, in relazione alle successione di entrambi i genitori della rappresentata, del rilascio della procura per la proposizione del ricorso per cassazione in esame.
Il primo motivo di ricorso denuncia ex art. 360, co. 1, n. 4, la nullità della sentenza e del procedimento per l’omessa pronuncia da parte del giudice di appello su di una domanda di parte ricorrente, e precisamente sulla domanda finalizzata ad accertare le donazioni asseritamente effettuate dai genitori in favore dei figli maschi.
Si osserva che con l’appello principale si era impugnata la decisione del Tribunale che aveva reputato che tale richiesta concretasse una domanda nuova ed inammissibile.
La Corte d’Appello pur dando formalmente atto della fondatezza della doglianza, ritenendo che la richiesta dovesse essere valutata, tuttavia, nel prosieguo della motivazione ha del tutto omesso di esaminarla, incorrendo quindi nel vizio denunciato.
Il motivo è fondato.
Incontestato che la sentenza impugnata abbia ritenuto ammissibile anche la domanda attorea avente lo scopo di far considerare le donazioni ricevute in vita dai figli maschi (donazioni destinate ad incidere quindi ai fini della riunione fittizia e di riflesso anche sull’entità della quota di riserva), nella pur scarna motivazione del giudice di appello manca ogni cenno alla valutazione circa l’effettiva ricorrenza di tali donazioni, e ciò sebbene la stessa Corte d’Appello nello svolgimento del processo,
e precisamente nell’indicazione delle ragioni adAVV_NOTAIOe a fondamento dell’appello principale, avesse indicato quali erano le donazioni che l’appellante riteneva fossero state effettuate in favore dei germani (immobile in Comeglians, somme di cui al c/c 5822, vari giroconti effettuati in favore di COGNOME NOME).
Avendo l’appellante, quindi, specificamente indicato quali a suo dire erano le donazioni anche indirette, ricevute dai fratelli, ed avendo la Corte d’Appello ritenuto che la richiesta fosse ammissibile, il totale silenzio serbato sul punto realizza quindi il vizio deAVV_NOTAIOo, anche per difetto assoluto di motivazione, ove si reputi che una pronuncia di rigetto sia stata comunque aAVV_NOTAIOata, e determina l’accoglimento del mezzo, con la conseguente cassazione della sentenza in parte qua.
Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2694 (rectius 2697 c.c.) e 116 c.p.c., quanto all’erronea valutazione delle prove in ordine alle donazioni effettuate in favore delle figlie NOME, NOME e NOME.
Quanto alla posizione di NOME, si sottolinea che la sentenza si basa unicamente sulla deposizione del teste COGNOME, la cui attendibilità si fonda su quanto riportato nel memoriale dell’altro teste COGNOME NOME, che però non è stato sentito sulle medesime circostanze.
Si aggiunge che la deposizione del teste non consente di affermare l’effettiva esistenza della donazione della somma, dovendosi quindi opinare per una tendenziale inattendibilità del teste.
Si aggiunge che mancherebbe anche la prova della specifica destinazione della somma all’acquisto dell’immobile, così che non potrebbe invocarsi il principio per cui oggetto della donazione, ai fini della riunione fittizia, debba essere il valore dell’immobile alla data di apertura della successione, e non anche l’importo versato dal de cuius, occorrendo anche considerare che manca la prova che la somma versata fosse stata effettivamente sufficiente a permettere l’acquisto dell’intero bene.
Il motivo in parte qua mi sembra sostanzialmente inammissibile, in quanto contesta la valutazione e l’apprezzamento delle prove, peraltro in contrasto con il limite di cui all’art. 348 ter ultimo comma c.p.c. essendosi al cospetto di un’ipotesi di cd. doppia conforme.
Il giudice di merito ha nella sua discrezionalità apprezzato la prova, ed ha reputato degna di attendibilità la testimonianza del COGNOME, dalla quale ha tratto il convincimento, non sindacabile in questa sede, che il padre avesse fornito alla figlia tutti i mezzi per l’acquisto e la ristrutturazione dell’abitazione, e che le dazioni di denaro fossero state specificamente funzionalizzate a questo scopo, consentendo quindi di poter invocare i principi di Cass. S.U. n. 9282/1992, al fine di stabilire che l’oggetto della donazione era il bene e non il denaro.
In relazione alle donazioni ricevute da COGNOME NOME (100 milioni per l’acquisto della casa, 30 milioni in contanti ed un camper), si deduce che la Corte d’Appello si è affidata alla deposizione del teste COGNOME, marito della donataria, osservandosi
che però le risposte dal medesimo fornite in sede di escussione sono in senso assolutamente contrario a quanto invece ritenuto dalla sentenza impugnata, avendo quindi negato di avere impiegato la somma di 100 milioni per l’acquisto dell’abitazione, ed avendo anche negato di avere ricevuto la somma per l’acquisto di un camper.
Il teste avrebbe anche dato una diversa giustificazione per la ricezione della somma di £. 30.000.000, in quanto corrisposta per compensare la figlia delle migliorie che aveva apportato all’appartamento dei genitori nel quale aveva abitato, e che erano rimaste in loco, anche dopo il rilascio del bene.
Il motivo è fondato nei termini che seguono.
E’ pur vero che la causa era stata rinviata a nuovo ruolo in attesa della decisione delle Sezioni Unite chiamate a pronunciarsi sulla rilevanza dell’ipotesi di cd. travisamento della prova e che nelle more è intervenuta Cass. S.U. n. 5792/2024, la cui massima recita che il travisamento del contenuto oggettivo della prova che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio – trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, c.p.c., mentre se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti – il
vizio va fatto valere ai sensi dell’art. 360, n. 4, o n. 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale.
Ancorché le Sezioni Unite abbiano sostenuto la lettura restrittiva della nozione di travisamento della prova, arrivando nella sostanza a negarne rilievo nella maggior parte delle ipotesi invocate dalla AVV_NOTAIOrina, e da una parte della giurisprudenza minoritaria di questa stessa Corte, è stata tuttavia riconosciuta l’ipotesi in cui l’errore del giudice non ricada sull’informazione probatoria che dalla prova stessa il giudice abbia inteso trarre, ma sia ascrivibile ad una svista nella stessa individuazione del significante, dando cioè per esistente una fonte di prova che però non esiste allorché tale inesistenza sia effettiva. In tale ipotesi le Sezioni Unite reputano che sia possibile denunciare l’errore in sede di legittimità, anche quando lo stesso abbia costituito un punto controverso ( il che preclude la possibilità di ricorrere all’istituto della revocazione). E’ però necessario che il giudice abbia supposto un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita: il fatto posto a sostegno della decisione, quantunque il giudice abbia deciso, non esiste nei termini in cui egli lo ha recepito; si tratta, diremmo, di un non-fatto, un fatto la cui considerazione, nella sua effettiva oggettività, è stata in fin dei conti omessa. E’ stato poi precisato che un simile errore, che si è detto essere commissivo, è pur sempre omissivo dall’angolo visuale del risultato che determina nel giudizio. Inoltre la denuncia del vizio è possibile anche nel caso in cui l’errore
revocatorio sia commesso dal giudice di primo grado, il soccombente lo denunci con l’appello ed il giudice d’appello rigetti l’impugnazione, in quanto anche in questo caso, a fronte della supposizione di un nonfatto, l’applicazione della regola appena riassunta non è esclusa dall’operatività dell’articolo 360, quarto comma, c.p.c., che richiede pur sempre un’effettiva cognizione in fatto, che nella specie, per le ragioni testé evidenziate, manca.
Tuttavia quanto denunciato in ricorso esula a ben vedere dall’ipotesi di travisamento della prova, come sopra delineata, ma piuttosto mira a denunciare l’errore giuridici nel quale è incorsa la sentenza impugnata che, partendo dal datio ammesso dallo stesso teste, dell’avvenuta ricezione di somme i denaro da parte del de cuius, ha sol per questo affermato che le somme avessero in realtà assicurato la donazione indiretta degli immobili acquistati dalla figlia, in contrasto con quanto invece riferito dal detto teste, che aveva sostenuto che la somma ricevuta era stata impiegata per altre finalità.
Come precisato da Cass. S.U. n. 9282/1992 affinché possa configurarsi la donazione indiretta dell’immobile, è necessario che la somma sia univocamente stata consegnata a tale fine alla donataria e che la stessa sia stata effettivamente impiegata allo scopo che sorreggeva la datio, di tal che, in presenza dui una dichiarazione evidentemente volta a contestare tale sorte del trasferimento del denaro, si palesa erronea l’affermazione del giudice di appello che ha confermato la ricorrenza di una
donazione indiretta avente ad oggetto l’immobile. Analoghe conclusioni valgono quanto alla pretesa donazione del camper.
La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata in parte qua, dovendo il giudice di rinvio procedere a nuovo esame della vicenda, alla luce delle indicazioni sopra offerte in ordine alla corretta ricostruzione della fattispecie in tema di donazione indiretta.
In relazione alla posizione di COGNOME si sostiene che la donazione avrebbe avuto ad oggetto l’abitazione, sul presupposto che il fatto non sarebbe contestato.
In realtà nella comparsa conclusionale vi era stata specifica contestazione della circostanza, avendo anche il Tribunale escluso l’esistenza della donazione. Si riportano poi le deposizioni dei testi dalle quali emerge che le somme furono versate al fine di permettere la ristrutturazione dell’immobile in Buttrio e che quindi non servirono per l’acquisto.
Anche il memoriale del teste COGNOME conferma tale conclusione, riferendo che la vecchia casa in Teor venne venduta e che con il ricavato venne acquistata la nuova abitazione in Buttrio, negando poi che vi sia stato un contributo del de cuius alle spese di ristrutturazione.
Il motivo anche in parte quia appare fondato e sula base di analoghe considerazioni a quelle che hanno conAVV_NOTAIOo all’accoglimento delle censure che investono la posizione di COGNOME NOME, non senza trascurare, a riprova dell’erronea sussunzione della fattispecie operata dal giudice di merito, del
fatti che nello stesso controricorso, la narrazione dei fatti compiuta dai controricorrenti a pag. 5 evidenza che i genitori aiutarono NOME a ristrutturare gli immobili, sostenendone le spese, affermazione questa che porta quindi ad escludere che la donazione abbia avuto ad oggetto l’immobile in quanto le somme non ebbero la destinazione di provvista per il pagamento del prezzo d’acquisto.
L’ultima parte del motivo contesta che sia effettivamente avvenuta la paritaria distribuzione dei titoli tra tutti i figli, ma la censura si fonda sul mero richiamo al contenuto di un promemoria predisposto da un teste, in contrasto con quanto invece emerge dalle altre prove raccolte, il che denota l’inammissibilità della censura che si risolve in una critica al libero apprezzamento delle prove da parte del giudice di merito, come tale non sindacabile in questa sede.
Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 152 e 154 c.p.c., nonché degli artt. 111 Cost. e 101 c.p.c., nella parte in cui la sentenza impugnata, nel prendere in esame le contestazioni alla CTU mosse dalla ricorrente in merito alla stima del patrimonio immobiliare, ha affermato che le stesse non potevano essere esaminate, in quanto nulla era stato rilevato in sede di precisazione delle conclusioni, ma solo negli scritti conclusionali, conAVV_NOTAIOa questa che violava le regole del contraddittorio.
Deduce che in realtà aveva, nei termini assegnati, provveduto alla nomina del proprio consulente di parte, che aveva poi puntualmente preso parte alle operazioni peritali.
Non può reputarsi preclusa la possibilità di sollevare contestazioni di carattere tecnico, anche una volta terminate dette operazioni, e ciò anche nella comparsa conclusionale, soprattutto se la stessa si limiti a richiamare le allegazioni difensive e le difese, anche di carattere tecnico che erano state in precedenza portate all’attenzione del perito d’ufficio.
Il motivo è fondato, in quanto la soluzione alla quale è giunta la Corte d’Appello di ritenere intempestive le contestazioni di carattere tecnico (nella specie poi semplicemente reiterative di quelle già formulate in precedenza), si pone in evidente contrasto con quanto di recente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte che hanno affermato che le contestazioni e i rilievi critici delle parti alla consulenza tecnica d’ufficio, ove non integrino eccezioni di nullità relative al suo procedimento, come tali disciplinate dagli artt. 156 e 157 c.p.c., costituiscono argomentazioni difensive, sebbene di carattere non tecnicogiuridico, che possono essere formulate per la prima volta nella comparsa conclusionale ed anche in appello, purché non introducano nuovi fatti costitutivi, modificativi o estintivi, nuove domande o eccezioni o nuove prove ma si riferiscano all’attendibilità e alla valutazione delle risultanze della c.t.u. e siano volte a sollecitare il potere valutativo del giudice in relazione a tale mezzo istruttorio (Cass. S.U. n. 5624/2022).
In accoglimento del motivo, la sentenza impugnata deve essere cassata anche in relazione a tale affermazione.
5. Il quarto motivo di ricorso denuncia la nullità della sentenza ex art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c. per omessa pronuncia in quanto i giudici di appello avrebbero emesso una decisione sostanzialmente priva di argomenti coerenti, con motivazione figurativa e meramente apparente, ritenendo provate le donazioni alle figlie, senza alcuna motivazione. Inoltre, avrebbero posto a sostegno della decisione le allegazioni della CTU, senza però dare adeguato conto di tale soluzione, omettendo di pronunciarsi sulle quattro diverse ipotesi formulate dall’ausiliario.
Il motivo è assorbito per effetto dell’accoglimento dei precedenti motivi, che impongono di dover provvedere alla redazione di un nuovo progetto di divisione, all’esito dell’accertamento delle donazioni, eventualmente anche ricevute dai figli maschi, dell’effettivo contenuto delle donazioni ricevute dalle figlie, e dell’esame delle censure di carattere tecnico che il giudice di appello ha invece ritenuto precluse, in quanto tardive.
6. Il quinto motivo di ricorso denuncia la nullità della sentenza per omessa pronuncia da parte del giudice di appello sulla domanda proposta in via subordinata dalla ricorrente, e precisamente sulla richiesta avanzata in sede di precisazione delle conclusioni del 13/7/2017, di provvedere alla correzione degli errori materiali contenuti nella sentenza di primo grado, relativi al valore della donazione e degli immobili, procedendo di conseguenza al ricalcolo dell’asse ed alla determinazione della lesione patita.
Il motivo è assorbito, in quanto, a seguito dell’accoglimento dei precedenti motivi di ricorso, si impone una nuova valutazione ad opera del giudice del rinvio della domanda avanzata in via principale dalla ricorrente, così che potrebbe palesarsi superfluo, all’esito del giudizio di rinvio, l’esame della domanda avanzata in via subordinata.
Peraltro, la censura non tiene conto del fatto che si trattava di una sollecitazione a procedere alla correzione di errori materiali che andava rivolta al giudice di primo grado a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 335/2004.
Inoltre, avendo la Corte d’Appello riformato la sentenza di primo grado ed aAVV_NOTAIOato una diversa decisione in merito alla lesione, si tratterebbe ormai di errori materiali trasfusi nella sentenza di appello e quindi non può reputarsi che sia una domanda sulla quale sussista un obbligo di provvedere ex art. 112 c.p.c., essendo stata la richiesta assorbita per effetto della riforma della sentenza di primo grado.
Il giudice di rinvio che si designa nella Corte d’Appello di Trieste, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
PQM
La Corte accoglie il primo, il secondo, il terzo motivo di ricorso, nei limiti di cui in motivazione, e dichiara assorbiti il quarto ed il quinto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’Appello di Trieste, in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda