Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1214 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1214 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13088/2018 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE per procura in calce al ricorso,
-ricorrente-
contro
DEL BUE NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che li rappresenta e
difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE per procura in calce al controricorso, -controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n.827/2018 depositata il 15.2.2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18.12.2023
dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 14.10.2011 COGNOME NOME conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Milano il fratello COGNOME NOME ed i nipoti (figli della sorella premorta COGNOME NOME), COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME e COGNOME NOME, esercitando azione di riduzione per lesione di legittima relativamente ai beni della defunta madre NOME.
Quest’ultima aveva redatto il testamento olografo pubblicato il 15.5.2023 dal notaio NOME COGNOME, rep. n. 9118, racc. n. 2412, lasciando la quota di ½ dell’appartamento di Milano, INDIRIZZO (nel NCEU a foglio 438, mappale 438, sub. 106) e dell’annesso box auto (di proprietà entrambi per la residua metà di NOME COGNOME NOME) al marito NOME COGNOME NOME (poi deceduto senza lasciare testamento il 16.1.2005) e la quota di ½ della villa di Fregene, INDIRIZZO (nel NCEU a foglio 706, mappale 70, sub. 2 e 3), appartenente per la residua metà al marito NOME COGNOME NOME, per ½ ai figli COGNOME NOME e COGNOME NOME, e per ½ ai nipoti COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME e COGNOME NOME, e nulla aveva disposto per la sua quota del 5,56% della società RAGIONE_SOCIALE
La stessa COGNOME NOME aveva promosso un separato giudizio davanti al Tribunale di Civitavecchia (proc. n. 483/2015 riunita alla
n. 4449/2013 RG) per fare accertare l’usucapione in suo favore della villa di Fregene, INDIRIZZO e davanti alla Corte d’Appello di Milano pendeva altresì il giudizio per l’azione di riduzione per lesione di legittima esercitata da NOME COGNOME NOME contro i coeredi per la successione del padre, COGNOME NOME (proc. n. 363/2017 RG).
Nel giudizio di primo grado COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME e COGNOME Paolo contrastavano l’azione di riduzione per lesione di legittima di COGNOME NOME, sostenendo che la stessa aveva beneficiato, da parte dei genitori, che le avevano fornito il denaro per l’acquisto, della donazione indiretta dell’appartamento sito in Milano, INDIRIZZO (nel NCEU a foglio 438, mappale 438, sub. 107) e dell’annesso box auto, per cui non poteva lamentare alcuna violazione della quota legittima a lei riservata, e NOME COGNOME NOME replicava nella memoria ex art. 183 comma 6° n. 1) c.p.c. che aveva acquistato con denaro proprio quegli immobili, pagando l’acconto indicato nel rogito e le singole rate del mutuo inizialmente concesso alla società venditrice ed oggetto di accollo per il saldo del prezzo, e che il fratello NOME COGNOME NOME aveva invece beneficiato della donazione indiretta della metà dell’appartamento di Milano, INDIRIZZO sub. 106, e della metà dell’annesso box auto.
Il Tribunale di Milano con la sentenza n. 13369/2016 del 2.12.2016, dopo l’espletamento della CTU dell’arch. COGNOME (al quale veniva chiesto anche di accertare il valore degli immobili oggetto delle donazioni indirette compiute da NOME a favore dei figli NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME NOME), respingeva l’azione di riduzione per lesione di legittima esercitata da NOME COGNOME NOME, che condannava al pagamento delle spese processuali della controparte, in quanto riconosceva che il valore della donazione indiretta dalla stessa ricevuta dell’appartamento sito in Milano, INDIRIZZO (nel NCEU a foglio 438, mappale 438, sub. 107) e
dell’annesso box auto, era superiore alla quota legittima a lei riservata, stabilita tenendo conto, nel patrimonio della defunta, anche del valore, all’apertura della successione, della donazione indiretta della metà dell’appartamento di Milano, INDIRIZZO, sub. 106, e della metà dell’annesso box auto, avvenuta da parte di NOME in favore del figlio NOME COGNOME NOME.
Impugnata la sentenza di primo grado da COGNOME NOME sia per avere ritenuto intervenuta la donazione indiretta in suo favore dei suddetti immobili, sia per il valore erroneamente attribuito agli immobili del compendio ereditario, contrastata dalla controparte, la Corte d’Appello di Milano con la sentenza n.827/2018 del 16.2.2018 respingeva l’appello, respingeva la richiesta degli appellati di condanna di COGNOME NOME al risarcimento danni ex art. 96 c.p.c. e condannava quest’ultima al pagamento delle spese processuali di secondo grado.
Avverso tale sentenza, non notificata, ha proposto ricorso alla Suprema Corte, notificato a COGNOME Paolo, COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME e COGNOME NOME il 23.4.2018, COGNOME Maria, affidandosi a tre motivi, e la controparte resiste con controricorso notificato il 4.6.2018.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380 bis. 1 c.p.c.
La causa è stata trattenuta in decisione nell’adunanza camerale del 18.12.2023.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo di ricorso COGNOME NOME lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ.
Si duole la ricorrente che il Tribunale di Milano e poi la Corte d’Appello di Milano abbiano rigettato la sua domanda di riduzione
per lesione di legittima, relativamente alla successione testamentaria della madre NOME, ritenendo che NOME COGNOME NOME avesse beneficiato della donazione indiretta da parte dei genitori NOME e NOME COGNOME NOME dell’appartamento di Milano, INDIRIZZO (nel catasto fabbricati a foglio 438, mappale 201, sub. 107), invertendo l’onere della prova in ordine a tale donazione indiretta, che in quanto fatto estintivo o modificativo rispetto alla sua pretesa di riduzione, doveva essere provato dai condividenti convenuti, che invece non avevano provato che il prezzo per l’acquisto del suddetto immobile fosse stato versato dai suoi genitori. Ulteriormente deduce la ricorrente che la Corte d’Appello avrebbe legittimato la deroga all’onere probatorio sulla base del principio di vicinanza alla prova, in base al quale l’onere viene posto tenendo conto in concreto della possibilità per l’una, o per l’altra parte processuale di provare circostanze che ricadano nelle rispettive sfere di azione, richiamando alcune sentenze della Corte di Cassazione che hanno utilizzato il principio nella diversa fattispecie dei negozi simulati (Cass. 2.3.2017 n. 5326; Cass. 22.10.2014 n. 22454), e non in quella dei negozi indiretti come la donazione indiretta. Lamenta, infine, la ricorrente, che la Corte d’Appello, applicando il principio della vicinanza alla prova per la ritenuta sussistenza di elementi presuntivi significativi della natura di donazione indiretta dell’atto di compravendita del suindicato immobile, abbia finito per gravarla di una prova quasi impossibile del pagamento da parte sua del prezzo dell’immobile e delle modalità di pagamento, ritenendo priva di efficacia probatoria nei confronti degli altri condividenti, estranei a quell’atto, la quietanza in esso contenuta relativa al pagamento dell’acconto di £ 19.500.000.
Il primo motivo è infondato, in quanto l’impugnata sentenza ha correttamente basato la qualificabilità come donazione indiretta del prodotto atto di compravendita dell’appartamento di Milano, INDIRIZZO
COGNOME (nel catasto fabbricati a foglio 438, mappale 201, sub. 107), a rogito del notaio NOME COGNOME del 17.1.1975, rep. n. 2845, su numerosi e concordanti elementi presuntivi, esaminati alle pagine 13 e seguenti:
le compravendite degli immobili di Milano, INDIRIZZO, sub. 106 e 107, e degli annessi box, avvenute entrambe il 17.1.1975 in sequenza davanti allo stesso notaio NOME COGNOME, sono state precedute da un’impegnativa alla vendita con i coniugi COGNOME NOME e NOME, genitori di COGNOME NOME e COGNOME NOME, e da due promesse di vendita intercorse tra l’amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, e COGNOME NOME;
i due immobili, come emergente dalle planimetrie, erano contigui, e gli intestatari, COGNOME NOME e COGNOME NOME erano fratelli gemelli;
sono stati prodotti gli appunti redatti da COGNOME NOME contenenti la scrupolosa annotazione da parte sua dei lavori che aveva seguito personalmente nei due immobili, e degli importi in denaro impiegati;
è stata prodotta la corrispondenza scambiata con la RAGIONE_SOCIALE, dalla quale è emerso che i due immobili erano considerati rientranti in un’unica operazione destinata dai genitori COGNOME COGNOME a favore dei figli;
la natura di donazione indiretta della metà dell’appartamento di Milano, INDIRIZZO (nel catasto fabbricati a foglio 438, mappale 201, sub. 106) con annesso box auto a favore di COGNOME Paolo non è stata contestata;
all’epoca dell’acquisto COGNOME NOME era una studentessa di 23 anni non ancora coniugata, che non aveva ancora un lavoro stabile e non disponeva quindi dei mezzi necessari per pagare il prezzo dell’immobile (sub. 107 ed annesso box
auto) di £ 37.000.000, immobile che doveva acquistare per il successivo ed imminente suo matrimonio.
A fronte di tali univoci elementi indiziari, deponenti nel senso dell’esistenza di una donazione indiretta in suo favore dell’appartamento di Milano, INDIRIZZO (nel catasto fabbricati a foglio 438, mappale 201, sub. 107) con annesso box auto, COGNOME NOME non ha tempestivamente fornito la prova contraria a suo carico dell’avvenuto pagamento con fondi propri, e non poteva neppure avvalersi allo scopo della quietanza contenuta nell’atto di acquisto, rispetto al quale gli altri condividenti erano terzi, per cui la Corte d’Appello di Milano non ha derogato all’art. 2697 c.c., ma, ritenuta assolta mediante presunzioni la prova della donazione indiretta dell’immobile, gravante sui convenuti, ha rettamente posto a carico di COGNOME NOMECOGNOME la relativa controprova , in base al principio della vicinanza alla prova e alla logica dialettica del processo.
La Corte d’Appello ha richiamato ad abundantiam sia le sentenze della Suprema Corte menzionate dalla ricorrente in tema di simulazione contrattuale (Cass. 2.3.2017 n. 5326; Cass. 22.10.2014 n.22454), sia una sentenza della stessa relativa proprio ad una fattispecie di donazione indiretta (Cass. 30.10.2015 n. 22295), non indicata nel ricorso, ed ha evidenziato la caratteristica comune alle due fattispecie rappresentata dalla necessità che un soggetto estraneo rispetto ai contraenti fornisse la prova del pagamento effettivo risultante dal contratto non avente efficacia probatoria nei confronti dei terzi. Non può del resto essere messo in dubbio che fornire la prova del pagamento del prezzo e delle modalità dello stesso per un atto di compravendita concluso molti anni prima, se risultava difficoltoso per COGNOME NOME, era addirittura quasi impossibile per gli altri condividenti, che a differenza della stessa, non erano parti di tale atto e non potevano
quindi subire l’efficacia probatoria della quietanza dell’acconto in esso contenuta.
Col secondo motivo COGNOME NOME lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. in combinato disposto con gli articoli 2729 e 2727 cod. civ.
Si duole la ricorrente che l’impugnata sentenza abbia ritenuto provati l’ animus donandi e lo scopo di liberalità nonostante la mancanza di indizi gravi, precisi e concordanti, e lamenta che non siano state valutate altre circostanze documentate e che qualcuno degli elementi indiziari non sia stato correttamente valutato.
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto questa Corte (Cass. 21.3.2022 n.9054; Cass. n. 18611/2021) ha affermato che spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità, dovendosi tuttavia rilevare che la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi a prospettare l’ipotesi di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo, e neppure occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità, visto che la deduzione logica è una valutazione che, in quanto tale, deve essere probabilmente convincente, non oggettivamente inconfutabile (Cass. n. 22366/2021).
Nella specie, l’illustrazione dei motivi, che non è stata compiuta in relazione al vizio dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. per l’esistenza di una ‘doppia conforme’, non è idonea a prospettare a ben vedere la falsa applicazione dell’art. 2729, comma 1, nei termini su indicati, ma si risolve, come detto, solo nella prospettazione di pretese inferenze probabilistiche diverse sulla base della evocazione di emergenze istruttorie e talora nella prospettazione di una diversa ricostruzione delle quaestiones facti ripercorse in relazione agli oggetti delle varie circostanze emerse, così che non presentano le caratteristiche della denuncia di un vizio di falsa applicazione dell’art. 2729 1° comma cod. civ.
Col terzo motivo COGNOME NOME lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 183 c.p.c. in ordine all’asserita tardività ed inammissibilità della produzione documentale, avvenuta con la memoria ex art. 183 comma 6° n. 3) c.p.c. del 16.1.2013, e della produzione richiesta all’udienza del 5.2.2014, ma rigettata, degli atti di donazione indiretta a favore di COGNOME NOME successivamente rinvenuti.
Si duole la ricorrente che sia stata ritenuta tardiva la produzione da parte sua dei documenti da 24 a 40 allegati alla memoria ex art. 183 comma 6° n. 3) c.p.c. volti a contrastare l’eccezione avversaria sul fatto che l’atto del notaio NOME COGNOME del 17.1.1975, rep. n. 2845, col quale aveva acquistato l’appartamento di Milano, INDIRIZZO (nel catasto fabbricati a foglio 438, mappale 201, sub. 107), fosse in realtà relativo ad una donazione indiretta, e che sia stata respinta in primo grado, e vanamente riproposta in appello, la sua richiesta del 5.2.2014 di produrre ulteriori documenti sul presupposto che ne fosse venuta in possesso presso lo studio del notaio La Civita solo in data 27.11.2013.
Il terzo motivo è infondato, in quanto a fronte dei summenzionati plurimi elementi probatori forniti dalla controparte in ordine all’esistenza di una donazione indiretta, era COGNOME NOME che
aveva l’onere di provare il versamento del prezzo e le modalità di pagamento dello stesso in relazione all’atto del notaio NOME COGNOME del 17.1.1975, rep. n. 2845, col quale aveva acquistato l’appartamento di Milano, INDIRIZZO (nel catasto fabbricati a foglio 438, mappale 201, sub. 107), per smentire la sussistenza della donazione indiretta desumibile dagli elementi presuntivi forniti dai condividenti in sede di costituzione, per cui la prova diretta (e quindi i documenti da 24 a 40) in tal senso doveva essere fornita a pena di decadenza con la memoria ex art. 183 comma 6° n. 2) c.p.c., e non con la memoria ex art. 183 comma 6° n. 3) c.p.c. destinata alle sole prove contrarie. Ugualmente non poteva essere ammessa la produzione degli ulteriori documenti relativi a donazioni indirette in favore di NOME COGNOME NOME all’udienza del 5.2.2014, successiva alla scadenza dei termini istruttori concessi, e riproposta in appello, in quanto COGNOME NOME non aveva allegato e chiesto di provare di non averli potuti produrre per causa a lei non imputabile prima della scadenza del termine per le prove dirette, non essendo allo scopo sufficiente l’allegazione circa l’avvenuta acquisizione presso lo studio del notaio COGNOME solo in data 27.11.2013, in assenza di allegazioni sulle ragioni di tale tardiva acquisizione e sulla loro inimputabilità alla ricorrente. A ciò va aggiunto che nelle conclusioni del giudizio di primo grado la ricorrente non aveva riproposto, dopo il rigetto, le suddette istanze istruttorie, che dovevano quindi intendersi rinunciate e non potevano essere riproposte in appello.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno poste a carico della ricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, sezione seconda civile respinge il ricorso e condanna COGNOME NOME al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in €200,00 per gli esborsi e in € 7.500,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%. Visto l’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 18.12.2023