Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4146 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 4146 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 29646/2019 R.G. proposto da:
NOME COGNOME NOME e NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE , che li rappresenta e difende.
-RICORRENTE- contro
NOME COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE , che lo rappresenta e difende.
CONTRORICORRENTE-RICORRENTE INCIDENTALEavverso la sentenza della CORTE D’APPELLO ROMA n. 3487/2019 depositata il 24/05/2019.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 09/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso, chiedendo di respingere il ricorso principale e quello incidentale.
Uditi gli avv.ti. NOME COGNOME e NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con due autonomi atti di citazione NOME COGNOME ha evocato in giudizio NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedendo di dichiarare la nullità dei testamenti dei genitori NOME COGNOME e NOME COGNOME la simulazione di taluni atti di vendita e, in via subordinata, di procedere alla divisione e di accertare eventuali lesioni della quota di legittima. I convenuti hanno sostenuto la validità dei testamenti, facendo rilevare che l’attrice non aveva imputato alla propria quota talune donazioni e i legati ricevuti. NOME COGNOME COGNOME ha proposto riconvenzionale per la riduzione delle disposizioni inter vivos ricevute dall ‘ attrice, assumendo che gli atti con i quali, sia il padre che la madre, avevano acquistato immobili da terzi intestandoli alla figlia o con i quali avevano trasferito a quest’ ultima taluni beni immobili erano simulati e costituivano donazioni indirette da imputare alla quota di riserva.
Con sentenza non definitiva n. 1/2005 il Tribunale di Rieti ha dichiarato la validità dei testamenti con cui NOME COGNOME COGNOME era stato nominato erede universale, ha accolto parzialmente la domanda di simulazione di talune compravendite, respingendo la domanda di rendiconto; ha disposto il pagamento a favore dell’attrice di un importo a titolo di canone di locazione e ha rimesso la causa in istruttoria per la stima degli immobili e per la pronuncia sulle azioni di riduzione. La sentenza è stata parzialmente riformata con pronuncia n. 353/2008, poi cassata con sentenza n. 5508/2012; le questioni decise dal Tribunale sono state definite con successiva pronuncia del giudice di rinvio n. 2284/2018.
Con autonomo giudizio proposto nel 2011 NOME COGNOME ha chiesto di accertare che la vendita conclusa il
20.10.1966 tra NOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME era stata effettuata con somme messe a disposizione dei genitori, integrando una donazione indiretta che doveva essere imputata alla quota di riserva della resistente, che aveva agito in riduzione, instando, in subordine, per la condanna di quest’ultima a risarcire i danni.
Il Tribunale, disposta la riunione dei giudizi, ha respinto la domanda di riduzione di NOME COGNOME ha dichiarato la prescrizione della domanda di accertamento della donazione indiretta, ha disposto la collazione del terreno edificabile ricevuto da detto coerede, senza tener conto del manufatto edificato dal donatario, che ha poi condannato, anche quale erede di NOMECOGNOME a reintegrare la quota di riserva di NOME COGNOME per complessivi € 474.909,15, inclusi interessi e rivalutazione, che ha condannato al pagamento delle spese processuali in favore di NOME COGNOME.
La Corte d’Appello, in parziale riforma della decisione, ha ridotto ad € 306.044,24 , e ha confermato ogni altra statuizione, osservando che a) la domanda di NOME COGNOME COGNOME era finalizzata ad accrescere la massa ereditaria ed era assimilabile alla domanda di simulazione relativa, sottoposta alla prescrizione decennale, ormai maturata dalla data di apertura della successione; b) non poteva computarsi nel valore della donazione ricevuta al ricorrente e soggetta a collazione, anche il valore della costruzione che questi aveva edificato, valore che andava dedotto da quella dell’immobile; c) la sentenza con cui era stata respinta la domanda di NOME COGNOME COGNOME nei confronti della COGNOME non era definitiva e le spese del primo giudizio potevano esser liquidate con la successiva sentenza definitiva.
Per la cassazione della sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo. NOME COGNOME ha notificato controricorso con ricorso
incidentale in due motivi, cui il ricorrente principale ha replicato con controricorso ai sensi dell’art. 371, comma quarto, c.p.c..
In prossimità dell’udienza le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. L’unico motivo del ricorso incidentale denuncia la violazione degli artt. 1414, 1415, 1422, 2945 c.c. nonché degli artt. 12 e 14 delle preleggi, per avere la Corte di merito ritenuto che il termine di prescrizione decennale dell ‘azione di simulazione relativa si applicasse anche alla domanda di accertamento della donazione indiretta ricevuta dalla resistente, nonostante la diversità tra le due fattispecie, non assimilabili per analogia, non avendo rilievo che l’azione proposta fosse diretta ad incrementare la massa da dividere, essendo imprescrittibile.
Il motivo è fondato.
La domanda del ricorrente era volta a far accertare che il de cuius aveva messo a disposizione la provvista impiegata per l’acquisto dell’immobile formalmente intestato alla convenuta, integrando una donazione indiretta, in modo che la donataria procedesse all’ imputazione alla propria quota di legittima, avendo agito per la riduzione delle donazioni ricevute dal fratello.
Contrariamente a quanto sostenuto dal giudice distrettuale, le azioni di accertamento e tra esse anche l’ azione di simulazione relativa – volta a far emergere il negozio realmente voluto dalle parti, sono per loro natura imprescrittibili.
Un problema di prescrizione può porsi allorquando si intendano esercitare i diritti che deriva no dall’atto dissimulato , che soggiacciono – di norma e salve eventuali prescrizioni brevi previste per legge – alla prescrizione ordinaria.
Non si pone, quindi, un problema di prescrizione dell’azion e di simulazione relativa in sé, ma di interesse della parte a far accertare la simulazione ove i diritti fondati sul negozio dissimulato
siano estinti per prescrizione , nel qual caso l’azione non potrebbe sortire alcun risultato pratico.
L’azion e è imprescrittibile anche quando non sia diretta ad esercitare i diritti che derivano dal negozio, ma ad es., per ottenere la collazione della donazione (cfr. in termini, Cass. 4986/1991).
Analogamente, la domanda di accertamento di una donazione indiretta (che si distingue, concettualmente , dall’azione di simulazione relativa: cfr. Cass. 1986/2016; Cass. 19400/2019), è imprescrittibile in quanto azione di mero accertamento
Inoltre, la domanda del ricorrente era funzionale, non ad esercitare i diritti derivanti dal negozio, ma al diverso scopo di ottenere l’imputazione della donazione a norma dell’art. 564, comma secondo, c.c., oggetto di un obbligo gravante sulla resistente, che aveva chiesto la riduzione delle donazioni ricevute da NOME COGNOME.
La domanda non soggiaceva alla prescrizione ordinaria decennale, ma era imprescrittibile, anche se proposta in un autonomo giudizio per resistere all’azione di riduzione separatamente esercitata dalla controparte (cfr. anche Cass. 9813/2023 secondo cui, per l’accertamento della donazione indiretta suscettibile di imputazione ex se, non è richiesta la proposizione di una domanda riconvenzionale).
2. Il primo motivo del ricorso incidentale denuncia la violazione degli artt. 747, 748 e 2697 c.c. per aver la Corte di merito escluso che, per stabilire il valore di un terreno edificabile, oggetto di riunione fittizia e collazione, donato ad NOME COGNOME dal padre andasse maggiorato con il valore del fabbricato, non essendovi prova che la costruzione, che costituiva una vera e propria miglioria, fosse stata realizzata dal donatario. Secondo la ricorrente la sentenza avrebbe erroneamente sollevato il donatario dal l’onere della prova della realizzazione del manufatto in epoca successiva alla donazione.
Il motivo è infondato.
La realizzazione del manufatto da parte di NOME COGNOME prima dell’apertura della succ essione, si basa sulle risultanze della c.t.u., senza far ricorso al criterio formale dell’art. 2697 c.c. (come è chiaramente evidenziato a pag. 9 della sentenza), dovendo comunque condividersi che, una volta assolto l’onere della prova da parte del donatario di aver realizzato la costruzione con denaro proprio prima dell’apertura della successione, competeva alla ricorrente provare il contrario.
Nel calcolare il valore del terreno oggetto di donazione indiretta in favore del coerede la Corte di merito ha considerato le potenzialità edificatorie derivanti dalla destinazione urbanistica del terreno, deducendo dal valore del donatum quello del fabbricato realizzato ex post dal beneficiario della liberalità indiretta, in applicazione dell’art. 748 c.c. (cfr. sentenza, pag. 9), non essendo inficiata la correttezza del criterio adottato dalle successive argomentazioni volte a distinguere tra mera edificabilità ed effettiva edificazione e ad escludere, in adesione a Cass. 20046/2016, la possibilità di considerare miglioria la sopravvenuta attitudine urbanistica, non dipendente da un’attività del donatario o del terzo volta ad incrementare il valore del bene non configura una miglioria.
Dispone -per contro l’art. 748 c.c. che i n tutti i casi, si deve dedurre a favore del donatario il valore delle migliorie apportate al fondo nei limiti del loro valore al tempo dell’aperta successione, occorrendo evitare i che coeredi non donatari possano ricevere un’indebita locupletazione dalle opere eseguite a spese del donatario, ottenendo la collazione di beni di valore superiore a quelli donati per effetto di sacrifici patrimoniali sopportati solo dal donatario (Cass. 29247/2020; Cass. 24150/2015).
Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art . 2909 c.c. sostenendo che con la sentenza parziale di primo grado, il Tribunale aveva rinviato la regolazione delle spese al definitivo,
dovendo invece pronunciare per quelle tra NOME COGNOME e le NOME COGNOME avendo definito la causa relativamente a tali parti con decisione da ritenersi definitiva. Pertanto, non avendo la COGNOME proposto appello sulle spese, era precluso dal giudicato interno la possibilità di porre dette spese a carico della soccombente con la sentenza definitiva.
Il motivo è infondato.
Nel definire le domande di annullamento del testamento e di accertamento del carattere simulato di talune vendite, il Tribunale, con sentenza n. 1/2005, aveva esplicitamente rinviato la regolazione delle spese al definitivo, dichiarando di pronunciare non definitivamente sulle diverse domande cumulativamente proposte, senza adottare un provvedimento di separazione. A tale causa era stata poi riunita quella successivamente proposta da NOME COGNOME ed era proseguita in primo grado per le domande di riduzione e per la stima dell’asse .
Legittimamente NOME COGNOME non aveva impugnato la pronuncia per l’omessa regolazione delle spese , potendo fare affidamento sul carattere non definitivo della decisione, prevalendo il criterio formale della qualificazione adottata dal giudice su quello contenutistico, dipendente dal contenuto delle statuizioni adottate.
E’ difatti – da considerare non definitiva la sentenza con la quale il giudice si pronunci su una (o più) domande con prosecuzione del procedimento per le altre, senza disporre la separazione ai sensi dell’art. 279, secondo comma, n. 5), c.p.c. e senza provvedere sulle spese in ordine alla domande (o alle domande) decise, rinviandone la relativa liquidazione all’ulteriore corso del giudizio (Cass. SU 9441/2011).
Tale principio, ripetutamente affermato con riferimento al cumulo di domande tra le stesse parti (Cass. Su 1577/1990; Cass. Su 712/1999; Cass. SU 711/1999; Cass. Su 9441/2011, Cass. Su 10242/2021) è valido anche nel caso di cumulo soggettivo ai sensi
dell’art. 103 c.p.c. (Cass. 12318/2005; Cass. 5456/2002; Cass. 1584/1999, Cass. 7002/2011; Cass. 16152/2021; contra Cass. 6693/2011), in adesione al criterio formale di identificazione delle sentenze non definitive e al principio di apparenza, sussistendo le medesime esigenze di protezione dell’affidamento della parte nella possibilità che, ricorrendo le condizioni date, si sia effettivamente in presenza – qualunque ne sia il contenuto – di una sentenza non definitiva.
In conclusione , è accolto l’unico motivo del ricorso principale ed è respinto il ricorso incidentale. La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
accoglie l’unico motivo del ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione in data 9.1.2025.
IL CONSIGLIERE ESTENSORE IL PRESIDENTE
NOME NOME COGNOME