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Donazione indiretta immobile: quando è valida?

La Corte d’Appello di Firenze conferma che non si ha donazione indiretta immobile se il padre paga solo una parte del prezzo per l’acquisto della casa della figlia. La donazione riguarda solo il denaro e le attrici, madre e sorella della beneficiaria, non hanno provato l’intento liberale (animus donandi). La domanda di donazione di denaro è stata inoltre ritenuta inammissibile perché tardiva.

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Donazione indiretta immobile: è valida se il genitore paga solo una parte del prezzo?

Un genitore che aiuta un figlio ad acquistare casa è una situazione comune. Ma cosa succede, dal punto di vista legale, quando il genitore paga una parte consistente del prezzo? Si tratta di un regalo della casa o del denaro? E quali sono le conseguenze per gli altri eredi? Una recente sentenza della Corte d’Appello di Firenze fa chiarezza su un punto fondamentale: la differenza tra donazione indiretta immobile e donazione di denaro, un confine sottile ma con implicazioni enormi.

I fatti del caso: Un padre aiuta la figlia ad acquistare casa

La vicenda nasce dall’acquisto di un appartamento da parte di una figlia. Il padre contribuisce in modo significativo, versando una somma cospicua al momento dell’atto e facendosi carico di gran parte delle rate del mutuo. Alla morte del padre, la madre e l’altra sorella agiscono in giudizio, sostenendo che l’operazione costituisse una donazione indiretta dell’immobile, lesiva della loro quota di eredità. Chiedevano quindi la revoca della donazione o, in subordine, la sua riduzione.

Il Tribunale di primo grado rigettava la domanda, affermando che non si poteva parlare di donazione indiretta dell’immobile perché il padre non ne aveva pagato l’intero prezzo. La domanda subordinata, volta ad accertare la donazione del denaro, veniva dichiarata inammissibile perché proposta tardivamente nel corso della causa.

Le due donne hanno quindi presentato appello, insistendo sulla tesi della donazione dell’immobile e sulla legittimità della loro domanda subordinata.

La decisione dei giudici: Niente donazione indiretta dell’immobile

La Corte d’Appello di Firenze ha respinto integralmente l’appello, confermando la decisione del Tribunale. I giudici hanno ribadito un principio consolidato dalla Corte di Cassazione: non si può configurare una donazione indiretta dell’immobile se il donante non copre la totalità del costo d’acquisto. Inoltre, hanno confermato l’inammissibilità della domanda relativa alla donazione di denaro, ritenendola una domanda nuova e non una semplice precisazione di quella originaria.

Le motivazioni della Corte sulla donazione indiretta immobile

La sentenza si fonda su argomentazioni giuridiche precise e consolidate. La Corte ha chiarito che la donazione indiretta immobile si verifica solo quando il denaro fornito dal donante è l’unico mezzo con cui viene pagato il bene. In questo caso, il denaro è visto come uno strumento per raggiungere lo scopo finale: l’attribuzione gratuita dell’immobile.

Se, come nel caso di specie, il donante fornisce solo una parte della somma, l’oggetto della liberalità non è l’immobile stesso, ma la quantità di denaro versata. Si tratta, quindi, di una donazione indiretta di denaro.

La tardività della domanda e la prova dell’intento liberale

La Corte ha inoltre affrontato due aspetti cruciali:

1. La modifica della domanda (Emendatio libelli): Chiedere la restituzione di un immobile e chiedere la restituzione di una somma di denaro sono due domande con un petitum (oggetto) radicalmente diverso. Introdurre la seconda domanda in corso di causa è stata considerata una mutatio libelli (domanda nuova) inammissibile, e non una semplice emendatio (precisazione) consentita.

2. La prova dell’ Animus Donandi: Anche se la domanda fosse stata ammissibile, le appellanti non hanno superato un ostacolo fondamentale: la prova dell’intento liberale. Chi afferma l’esistenza di una donazione ha l’onere di dimostrare che l’unico scopo del donante era quello di arricchire il beneficiario. In questo caso, diversi elementi andavano in senso contrario. Il fatto che il padre e la madre continuassero a vivere nell’appartamento (in comodato) suggeriva un interesse personale del genitore, e non un puro spirito di liberalità verso la figlia.

Le conclusioni: le implicazioni pratiche della sentenza

Questa decisione offre importanti spunti pratici per chi si trova in situazioni familiari simili.

Innanzitutto, chiarisce che per parlare di donazione indiretta di un immobile, è necessario che il benefattore fornisca l’intera somma per l’acquisto. Altrimenti, l’oggetto della liberalità è e rimane il denaro.

In secondo luogo, riafferma che l’onere di provare l’intento di donare grava su chi la invoca. Non è sufficiente dimostrare un trasferimento di ricchezza; bisogna provare che esso sia avvenuto per puro spirito di liberalità, escludendo altri possibili interessi del donante.

Infine, la sentenza è un monito sull’importanza della strategia processuale: le domande devono essere formulate correttamente fin dall’inizio, poiché cambiarle in corso d’opera può portare all’inammissibilità, con la conseguente perdita del diritto che si voleva far valere.

Quando un genitore paga parte del prezzo della casa del figlio, si tratta di una donazione indiretta dell’immobile?
No. La giurisprudenza costante, confermata da questa sentenza, stabilisce che si ha donazione indiretta dell’immobile solo se il donante paga l’INTERO prezzo. Se il pagamento è parziale, si configura una donazione indiretta della somma di denaro versata.

Per la validità di una donazione indiretta di denaro è necessario l’atto pubblico notarile?
No. La Corte chiarisce che per le donazioni indirette, come il pagamento di un debito altrui (ad esempio le rate di un mutuo), non è richiesta la forma solenne dell’atto pubblico prevista per le donazioni dirette. È sufficiente rispettare le forme previste per il negozio giuridico utilizzato per realizzare la liberalità.

Chi deve dimostrare l’esistenza di una donazione indiretta in un processo?
L’onere della prova incombe su chi sostiene che sia avvenuta una donazione. Non basta dimostrare il semplice passaggio di denaro, ma è necessario provare in modo rigoroso l’intento liberale (animus donandi) del donante, ovvero che il suo unico scopo fosse quello di arricchire il beneficiario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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