Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 16329 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 16329 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/06/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 1373/2018 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
– controricorrente e ricorrente incidentale-
nonché
SPEROTTO NOME
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO GENOVA n. 735/2017 depositata il 09/06/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/02/2024 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
1.Con atto di citazione del 28.6.2007, NOME convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Genova la sorella NOME per chiedere la dichiarazione di apertura della successione della madre NOME in virtù di testamento pubblico del 26.4.2004 per notar COGNOME, che la nominava erede universale ed istituiva un legato in sostituzione di legittima in favore della sorella NOME, avente ad oggetto i beni mobili esistenti presso l’abitazione della de COGNOME , sita in Genova, INDIRIZZO Liguria.
1.1.NOME propose autonoma domanda nei confronti di NOME e della figlia NOME COGNOME per chiedere la nullità del testamento pubblico del 26.4.2004 per difetto di forma e per incapacità naturale della de COGNOME ; in via subordinata, qualora il testamento fosse stato ritenuto valido, attesa la rinuncia al legato e l’attribuzione della quota di legittima, chiese la riduzione della donazione della liberalità disposta dalla de COGNOME in favore di NOME COGNOME, avente ad oggetto la metà dell’appartamento sito in Genova.
1.2.NOME, nel costituirsi in giudizio, per quel che ancora rileva in questa sede, rilevò che doveva tenersi conto, ai fini della formazione della massa ereditaria, della donazione dell’appartamento
ricevuto dalla sorella NOME, sito in INDIRIZZO, INDIRIZZO, e di altri beni mobili e gioielli.
1.3.COGNOME NOME si costituì e chiese il rigetto della domanda.
1.4.Riunite le cause, con la seconda memoria ex art.183, comma VI c.p.c., NOME rinunciò alla domanda di nullità del testamento e della donazione.
1.5. Il Tribunale di Genova, in composizione monocratica, con sentenza non definitiva, dispose lo scioglimento della comunione ereditaria sulla base del testamento del 26.4.2004 per notar COGNOME, attribuendo la quota di 2/3 a NOME e di 1/3 a NOME; accertò la composizione della massa ereditaria e, con separata ordinanza, dispose la remissione della causa sul ruolo per la stima dei beni ereditari.
1.6.Avverso la sentenza non definitiva propose appello NOME.
1.7. NOME e COGNOME NOME si costituirono in giudizio e proposero appello incidentale, deducendo, in primo luogo, la nullità della sentenza per avere il Tribunale deciso in composizione monocratica e non collegiale, in violazione dell’art.50 bis c.p.c.
1.8. La Corte d’appello di Genova, con sentenza del 9.6.2017, dichiarò la nullità della sentenza di primo grado ed esaminò i motivi di gravame.
Con il secondo motivo di gravame, NOME aveva eccepito la nullità del testamento pubblico del 26.4.2004 per falsità dell’atto, dal momento che il AVV_NOTAIO aveva preventivamente redatto la scheda testamentaria, lasciando alcuni spazi in bianco per l’indicazione del giorno, mese ed ora, così omettendo di riportare per iscritto le volontà della de COGNOME ; inoltre, l’appellante aveva dedotto che la testatrice non aveva potuto dichiarare al AVV_NOTAIO le sue volontà in
quanto affetta da afasia nonché in stato di incapacità di intendere e di volere.
Nel disattendere il motivo di gravame, la Corte d’appello osservò che NOME aveva rinunciato all’azione di nullità con le memorie di cui all’art.183, comma VI c.p.c., e, in ogni caso, aveva dato esecuzione alle disposizioni testamentarie, ai sensi dell’art.590 c.c., chiedendo che venisse formata la massa secondo le volontà della madre, asseritamente viziate da nullità.
La Corte d’appello ritenne che la prova della donazione indiretta dell’appartamento in Milano in favore di NOME potesse ricavarsi dal contenuto delle dichiarazioni della teste COGNOME NOME, la quale aveva riferito di aver appreso dalla de COGNOME che l’appartamento era stato da lei donato alla figlia NOME. La Corte accertò che per l’acquisto dell’immobile era stato acceso un mutuo pari alla metà del prezzo e, considerato che le cognate di NOME avevano dichiarato che l’immobile era stato acquistato dal loro padre, ritenne che sussistessero precise indicazioni confermative del fatto che almeno la metà del prezzo era stato pagato dai genitori di NOME e metà da parte dei genitori del marito. Tali conclusioni erano tratte dalla circostanza che i genitori di NOME non avessero pagato le rate di mutuo. La Corte non ritenne che fosse sufficiente la prova della redditività dell’impresa del marito, al fine di escludere che l’acquisto dell’abitazione fosse stato effettuato unicamente dal predetto in quanto i ricavi si riferivano al 1986 e non provavano la capacità di acquisto nei venticinque anni precedenti; al contrario, la COGNOME aveva ingenti disponibilità di somme derivanti dalla vendita di tre appartamenti a Novara, oltre alla liquidità derivante dalla rendita da locazione.
2.Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso NOME sulla base di tre motivi.
2.1.NOME ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale sulla base di due motivi.
2.2.NOME COGNOME non ha svolto attività difensiva.
2.3.NOME ha resistito con controricorso al ricorso incidentale.
2.4. La Sostituta Procuratrice Generale, in persona della dott.ssa NOME COGNOME, ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso incidentale.
2.5.In prossimità della camera di consiglio, le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Per ragioni di priorità logico- giuridica, va esaminato il ricorso incidentale.
1.1.Con il primo mezzo, si deduce la nullità della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., con riguardo agli artt. 112, 279, 336 e 159 cpc, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cpc, perché la Corte d’appello, dopo aver dichiarato la nullità della sentenza non definitiva del Tribunale di Genova, avrebbe omesso di pronunciarsi su tutte le domande proposte dalle parti in funzione di giudice in unico grado di merito. La Corte distrettuale si sarebbe, infatti, limitata ad esaminare i motivi d’appello e non il merito della causa, posto che la dichiarazione di nullità della sentenza di primo grado non comportava la remissione della causa al primo giudice. Nel caso di specie, sussisterebbe il vizio di omessa pronuncia sulle ulteriori domande proposte da NOME in via principale e subordinata.
1.2. Il motivo è fondato.
1.3.L’ino sservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale legittimato a decidere su una domanda
giudiziale costituisce, alla stregua del rinvio operato dall’art. 50 quater cod. proc. civ. al successivo art. 161, comma primo, un’autonoma causa di nullità della decisione, con la sua conseguente esclusiva convertibilità in motivo di impugnazione, senza rimessione degli atti al primo giudice se il giudice dell’impugnazione sia anche giudice del merito (Cass. Sez. Unite, 25.11.2008, n.28040; Cass. Sez. 1, sentenza n.13907 del 18/06/2014).
Il giudice d’appello non deve, pertanto, limitarsi a decidere sui motivi di gravame ma, decidendo quale giudice unico di merito è investito dell’intera controversia e deve decidere su tutte le domande ed eccezioni proposte dalle parti (Cass. Civ. Sez. 1 , ordinanza n. 26729 del 21/10/2019; Cassazione civile sez. VI, 14/07/2022, n.22235).
1.4.La Corte d’appello, pur avendo enunciato correttamente i citati principi di diritto, ha deciso non come giudice di primo grado ma con i limiti di cognizione del giudice d’appello, esaminando i motivi di gravame.
La decisione impugnata si è limitata ad accertare le quote ereditarie, ad elencare i beni facenti parte della massa ereditaria, ma ha omesso di pronunciarsi sulle altre domande proposte da NOME.
Dalla comparsa di risposta contenente l’appello incidentale, risulta che NOME aveva chiesto la divisione del saldo del conto corrente presso Unicredit Banca (punto 3.0 delle conclusioni), oltre alle ulteriori domande previste dal punto 5.0 al punto 11.00, in relazione alle quali la Corte d’appello ha omesso di decidere e non ha rimesso nemmeno la causa sul ruolo per l’ulteriore corso.
La Corte d’Appello, trattandosi di nullità non compresa nel tassativo elenco delle nullità che comportano la rimessione al primo giudice ex
artt. 353 e 354 cpc., doveva decidere l’intera causa nel merito poiché era stata caducata la potestas iudicandi del Tribunale.
2.Il secondo motivo del ricorso incidentale, con cui si deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio con riferimento all’inclusione nel donatum della quota di un quarto dell’appartamento in INDIRIZZO, è assorbito, essendo condizionato al mancato accoglimento del primo motivo ed all’accoglimento del ricorso principale.
3.Passando all’esame del ricorso principale, il primo motivo censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli articoli 606, 1418, 1421 e 490 c.c., in relazione all’articolo 360, comma 1, n.3 cpc; la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto che la rinuncia a far valere la nullità del testamento integrasse la conferma delle disposizioni testamentarie nulle, ai sensi dell’art.580 c.c. Osserva la ricorrente che il testamento era viziato da nullità, ai sensi dell’art.606 c.c., perché il AVV_NOTAIO si sarebbe limitato a predisporre il testo, lasciando in bianco unicamente gli spazi destinati all’indicazione del giorno, mese e dell’ora della presentazione della testatrice. Contrariamente a quanto risulta dall’atto, la de COGNOME non avrebbe espresso alcuna dichiarazione di volontà innanzi al AVV_NOTAIO, essendo peraltro affetta da afasia, ma si sarebbe limitata a sottoscrivere un testamento già preconfezionato, con la conseguenza che il vizio di nullità sarebbe insanabile e rilevabile d’ufficio.
3.1.Il motivo è infondato.
3.2.Indipendentemente dal vizio da cui poteva essere affetto il testamento -di nullità o di annullabilità -e della conseguente possibilità di confermare le disposizioni testamentarie nulle, ai sensi dell’art.590 c.p.c., è decisivo il rilievo che NOME abbia
espressamente rinunciato alla domanda di nullità del testamento e della donazione nella memoria ex at.183 c.p.c.
In virtù del principio dispositivo, la Corte d’appello non poteva statuire d’ufficio su una domanda alla quale la parte aveva rinunciato, poiché aveva preferito coltivare l’azione di riduzione per lesione della legittima, che presuppone la validità del testamento.
4.Con il secondo motivo di ricorso, si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2721, 2725, c.c., 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto che fosse stata provata la donazione indiretta della quota pari a un quarto dell’immobile sito in Milano, alla INDIRIZZO da parte della de COGNOME alla figlia NOME. La ricorrente contesta l’approssimazione con cui è stato determinato l’apporto della de COGNOME nell’acquisto dell’immobile, pari ad un quarto del suo valore, attraverso il ricorso alla prova presuntiva, priva dei caratteri della gravità, precisione e concordanza, senza tenere in considerazione le prove di segno contrario. Non sarebbe stato dato il giusto rilievo alla circostanza che il coniuge della ricorrente fosse un imprenditore, che all’epoca dell’acquisto percepisse redditi adeguati all’acquisto dell’appartamento, che non vi fosse traccia della dazione di denaro, che la de COGNOME non svolgesse attività lavorativa e non avesse effettuato smobilizzi di denaro e che le figlie, sentite come testimoni, avessero escluso l’apporto della de COGNOME nell’acquisto del bene. Infine, la teste COGNOME, che aveva riferito di aver appreso dalla de COGNOME della donazione dell’immobile a NOME non sarebbe credibile.
4.1.Il motivo è infondato.
4.2.La censura si risolve in una critica alla valutazione delle prove ed al ragionamento presuntivo, che è prerogativa del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità.
4.3.L’apprezzamento del contenuto della prova testimoniale e documentale su cui è fondato il ragionamento inferenziale è alla base del convincimento della Corte d’appello.
4.4.Nella prova per presunzioni, ai sensi degli art.2727 c.c. e 2729 c.c., non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, ma è sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull’id quod plerumque accidit, sicché il giudice può trarre il suo libero convincimento dall’apprezzamento discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purché dotati dei requisiti legali della gravità, precisione e concordanza (Cassazione civile sez. II, 06/02/2019, n.3513).
4.5.La Corte distrettuale ha tratto la prova della donazione indiretta da una serie di elementi desunti dalle dichiarazioni testimoniali e da una serie di presunzioni: ha accertato che per l’acquisto dell’immobile era stato acceso un mutuo pari alla metà del prezzo e che l’appartamento era stato intestato a NOME; ha valorizzato le deposizioni delle sorelle COGNOME, le cognate di NOME, le quali avevano dichiarato che l’immobile era stato acquistato dal padre, sicché sussistevano precise indicazioni confermative del fatto che almeno la metà del prezzo era stato pagato dai genitori di NOME e metà da parte dei genitori del marito. Tali conclusioni erano state confermate dalla constatazione che, in relazione al mutuo acceso per l’acquisto della casa, non vi era prova del versamento di somme da parte dei genitori di NOME. Infine, sulla base della documentazione in atti, la Corte d’appello ha ritenuto che non fosse
sufficiente la prova della redditività dell’impresa del marito della ricorrente, al fine di escludere che l’acquisto dell’abitazione fosse stato effettuato unicamente dal predetto in quanto i ricavi si riferivano al 1986 e non provavano la capacità di acquisto nei venticinque anni precedenti; al contrario, la de COGNOME aveva ingenti disponibilità di somme derivanti dalla vendita di tre appartamenti a Novara, oltre alla liquidità derivante dalla rendita da locazione.
4.6.Infondata è la doglianza relativa alla violazione dell’art. 115 c.p.c., che è ravvisabile solo ove il giudice abbia deciso in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, ponendo a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art.116 c.p.c.
4.7.Quanto alla dedotta violazione dell’art.116 c.p.c., essa è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art.360,
comma 1, n.5 c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cassazione civile sez. un., 30/09/2020, n.20867).
5.Con il terzo motivo di ricorso, è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 809 c.c., 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la Corte d’appello ricompreso nella massa ereditaria la quota di un quarto dell’immobile sito in Milano, alla INDIRIZZO. La ricorrente richiama la giurisprudenza di legittimità -segnatamente Cass. N. 13619/2017 e Cass. 2149/2014 – nella parte in cui affermano che la donazione indiretta dell’immobile non è configurabile quando il donante paghi soltanto una parte del prezzo del bene.
5.1.Il motivo è fondato.
5.2. Questa Corte, con orientamento consolidato, ha distinto l’ipotesi in cui l’immobile venga interamente acquistato con denaro del disponente ed intestazione ad altro soggetto che il disponente intende beneficiare dall’ipotesi in cui il donante paghi soltanto una parte del prezzo del bene.
Le Sezioni Unite, con sentenza N.9282/92, hanno affermato che nell’ipotesi di acquisto di un immobile con danaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto, che il disponente medesimo intende in tal modo beneficiare, la compravendita costituisce strumento formale per il trasferimento del bene ed il corrispondente arricchimento del patrimonio del destinatario integra donazione indiretta del bene stesso e non del danaro (Cass. S.U. 9282-92; Cassazione civile sez. II, 29/05/1998, n.5310; Cassazione civile sez. II, 30/05/2017, n.13619).
La donazione indiretta dell’immobile non è, invece, configurabile quando il donante paghi soltanto una parte del prezzo del bene,
giacché la corresponsione del denaro costituisce una diversa modalità per attuare l’identico risultato giuridico-economico dell’attribuzione liberale dell’immobile esclusivamente nell’ipotesi in cui ne sostenga l’intero costo (Cassazione civile sez. II, 31/01/2014, n.2149).
La sentenza impugnata ha affermato che il denaro donato da NOME COGNOME alla figlia NOME costituiva una parte del prezzo dell’immobile, sicché è escluso che il caso in esame possa ricondursi alla fattispecie della donazione indiretta di immobile, elaborata dalla giurisprudenza di questa Corte, nelle ipotesi in cui l’intero costo del bene, e non solo una sua frazione, sia stato sostenuto dal donante. Solo in tal caso la corresponsione del denaro sta in luogo dell’attribuzione liberale dell’immobile, di cui costituisce soltanto una diversa modalità attuativa, essendo identico il risultato giuridicoeconomico finale.
Ne consegue che, ai fini della collazione, l’imputazione ha ad oggetto il denaro corrisposto e non la corrispondente quota di valore dell’immobile.
In conclusione, deve essere accolto il terzo motivo del ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale.
La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte d’appello di Genova in persona di altri magistrati, che esamineranno le domande proposte da NOME sulle quali non si è pronunciata la Corte
‘ La donazione indiretta dell’immobile non è configurabile quando il donante paghi soltanto una parte del prezzo del bene, giacché la corresponsione del denaro costituisce una diversa modalità per attuare l’identico risultato giuridico-economico dell’attribuzione
liberale dell’immobile esclusivamente nell’ipotesi in cui ne sostenga l’intero costo’.
Il giudice di rinvio regolerà le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale, rigetta i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione