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Donazione in conciliazione giudiziale: quando è nulla?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2360/2024, ha stabilito la nullità di una donazione immobiliare inserita in un verbale di conciliazione giudiziale. La Corte ha chiarito che, nonostante il verbale sia un atto pubblico, una donazione richiede requisiti di forma più stringenti, come la presenza di due testimoni, che non possono essere elusi. La decisione ha annullato l’accordo, invalidando la donazione fatta da una madre ai figli per mancanza della forma solenne prescritta dalla legge.

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Donazione in conciliazione giudiziale: la forma è essenziale per la validità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 2360/2024) ha affrontato un tema di grande rilevanza pratica: la validità di una donazione in conciliazione giudiziale. La pronuncia chiarisce che, anche quando inserita in un accordo per risolvere una controversia, la donazione di un immobile deve rispettare rigorosi requisiti di forma, a pena di nullità. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti di Causa: una donazione contestata in famiglia

La vicenda trae origine da una controversia ereditaria tra due fratelli. Per risolvere una precedente causa, le parti, insieme alla madre, avevano sottoscritto un verbale di conciliazione giudiziale. In tale accordo, la madre dichiarava di donare ai due figli la propria quota di comproprietà su quattro beni immobili, provenienti dall’eredità del marito defunto. Successivamente, i due fratelli procedevano alla divisione di tali beni.

Anni dopo, uno dei figli impugnava tale accordo, sostenendo la nullità della donazione e, di conseguenza, della successiva divisione. I motivi erano principalmente di natura formale:
1. La donazione era avvenuta senza la forma dell’atto pubblico e la presenza di due testimoni, come prescritto dal Codice Civile e dalla legge notarile.
2. L’accettazione della donazione era stata espressa dal suo avvocato, sprovvisto di una procura speciale a tal fine.
3. Il verbale di conciliazione non era stato sottoscritto dal Cancelliere e mancava del certificato di destinazione urbanistica per i terreni.

Il Tribunale e la Corte d’Appello avevano respinto le sue richieste, ritenendo che il verbale di conciliazione, avendo lo scopo di risolvere una lite (causa transattiva), assorbisse e superasse i singoli negozi giuridici in esso contenuti, senza la necessità di rispettarne le specifiche formalità.

La questione giuridica: validità di una donazione in conciliazione giudiziale

Il cuore della questione legale sottoposta alla Cassazione era stabilire se un verbale di conciliazione giudiziale potesse fungere da valido contenitore per una donazione immobiliare, derogando ai requisiti formali imposti dalla legge per quest’ultima. In altre parole, la finalità di comporre una lite è sufficiente a “sanare” la mancanza della forma solenne (atto pubblico notarile con testimoni) richiesta per la donazione?

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha ribaltato le decisioni dei giudici di merito, accogliendo il ricorso del figlio. Il ragionamento della Corte si basa su una distinzione fondamentale tra la natura della conciliazione e quella della donazione.

L’autonomia della donazione

I giudici hanno sottolineato che, nel caso specifico, la volontà della madre di donare i propri diritti immobiliari era un atto autonomo e distinto dalla controversia divisionale tra i figli. La donazione non era parte della transazione tra i fratelli, ma ne costituiva un presupposto liberale. L’atto della madre era motivato da puro spirito di liberalità, non dalla necessità di risolvere una lite in cui lei stessa non era direttamente coinvolta.

L’inidoneità del verbale di conciliazione

Il punto centrale della sentenza è che il verbale di conciliazione, sebbene sia a tutti gli effetti un atto pubblico, non può sostituire la forma richiesta per una donazione. La legge impone per la donazione un regime di “maggior rigore”, che include non solo la forma dell’atto pubblico ma anche la presenza necessaria di due testimoni (art. 48 della Legge Notarile n. 89/1913). Questo requisito non può essere eluso.

La Corte ha specificato che la competenza dei cancellieri nel redigere verbali di udienza e attribuire loro pubblica fede non si estende alla possibilità di ricevere atti negoziali per i quali la legge prescrive una forma particolare e solenne, come appunto la donazione.

In conclusione, la carenza dei requisiti di forma previsti specificamente per la donazione comporta la nullità assoluta della disposizione patrimoniale, anche se contenuta in un atto, come il verbale di conciliazione, ricevuto da un pubblico ufficiale quale il cancelliere.

Le Conclusioni: implicazioni della sentenza

La sentenza della Cassazione riafferma un principio fondamentale: la forma negli atti giuridici non è un mero capriccio del legislatore, ma risponde a precise esigenze di certezza, ponderazione e tutela delle parti. Per la donazione, la solennità della forma serve a far riflettere il donante sulla gravità dell’atto di spoliazione patrimoniale che sta compiendo.

Le implicazioni pratiche sono chiare:
1. Non è possibile effettuare una donazione immobiliare valida attraverso un semplice verbale di conciliazione giudiziale.
2. Qualsiasi accordo transattivo che includa un atto di donazione deve essere strutturato in modo da rispettare le forme previste per quest’ultimo. Solitamente, ciò implica la necessità di un atto notarile separato o contestuale.
3. La nullità della donazione può travolgere anche gli atti successivi che ne dipendono, come nel caso di specie la divisione dei beni tra i beneficiari.

Questa pronuncia serve da monito per le parti e i loro legali: nella redazione di accordi complessi in sede giudiziale, è cruciale prestare la massima attenzione al rispetto dei requisiti formali di ogni singolo negozio giuridico coinvolto, per evitare che l’intero accordo venga successivamente invalidato.

Una donazione fatta durante una conciliazione in tribunale è valida?
No, non è valida se non rispetta i requisiti di forma previsti specificamente per la donazione, in particolare la redazione tramite atto pubblico alla presenza di due testimoni, a pena di nullità.

Il verbale di conciliazione redatto dal cancelliere può sostituire l’atto pubblico del notaio per una donazione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il verbale di conciliazione, pur essendo un atto pubblico, non soddisfa il peculiare e più rigoroso regime formale imposto dalla legge per le donazioni, che include la presenza obbligatoria di testimoni.

Qual è la conseguenza della nullità della donazione contenuta in un verbale di conciliazione?
La nullità della donazione comporta che il trasferimento di proprietà è considerato come mai avvenuto. Di conseguenza, anche gli atti giuridici successivi che si basano su quella donazione, come la divisione dei beni tra i donatari, possono essere a loro volta invalidati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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