Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2360 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 2360 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/01/2024
SENTENZA
sul ricorso 36227-2018 proposto da:
CORRENTI NOME, elettivamente domiciliato in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
CORRENTI NOME, STRINNA NOME, rappresentate e difese dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO COGNOME;
– controricorrenti –
nonché contro
CORRENTI NOME ;
– intimati – avverso la sentenza n. 376/2018 della CORTE D’APPELLO di SASSARI, depositata il 13/09/2018;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, nella persona della Sostituta Procuratrice Generale, dott.ssa NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/01/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona Sostituta Procuratrice Generale, dott.ssa NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
uditu l’AVV_NOTAIO per il ricorrente;
RAGIONI IN FATTO COGNOMEA DECISIONE
NOME COGNOME evocava in giudizio davanti al Tribunale di Sassari NOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, rispettivamente madre e sorella di esso istante, esponendo: che fra le parti si era precedentemente svolta presso il medesimo ufficio giudiziario altra controversia civile, iscritta al n. 661/C/2002 R.G.; che tale controversia era stata definita in via transattiva mediante la sottoscrizione del verbale di conciliazione giudiziale n. 16 del 7 giugno 2005, nel quale la COGNOME aveva dichiarato di donare ai due figli la sua quota di comproprietà di quattro beni immobili siti in Castelsardo (SS) alla località Punta Tramontana, ricompresi nell’asse ereditario relitto dal defunto coniuge NOME COGNOME, padre di NOME e NOME, ed i donatari avevano contestualmente proceduto alla divisione dei
cespiti menzionati; che detto verbale era stato successivamente trasmesso all’RAGIONE_SOCIALE delle Entrate e quindi trascritto presso la Conservatoria dei RR.II.; che si era fatto carico, in via esclusiva e per l’intero, del pagamento dell’imposta di registro e di quella di trascrizione, sostenendo un complessivo esborso di 6.520,00 euro; che la donazione da parte della COGNOME era stata fatta senza l’osservanza della forma solenne prescritta a pena di nullità dagli artt. 782, comma 1, c.c. e 48 L. n. 89 del 1913 (ordinamento AVV_NOTAIOile) ed era stata accettata, in nome e per conto di esso attore, dal difensore sprovvisto di una valida procura ad hoc ; che il verbale di conciliazione non era stato sottoscritto dal Cancelliere e ad esso non risultava allegato il certificato di destinazione urbanistica relativo ai terreni oggetto di trasferimento; che la nullità della donazione aveva spiegato effetti invalidanti sulla divisione ereditaria intercorsa fra di lui e la germana, con la conseguenza che l’intero patrimonio ereditario relitto dal de cuius doveva ritenersi tuttora in regime di comunione pro indiviso fra le parti.
Tanto premesso, chiedeva l’accoglimento delle seguenti conclusioni: .
Radicatosi il contraddittorio, si costituivano in giudizio le convenute, le quali contestavano le avverse pretese, chiedendone il rigetto.
All’esito del giudizio, con sentenza n. 1849/2015 del 18 dicembre 2015, il Tribunale rigettava le domande attoree, condannando il soccombente alla rifusione delle spese processuali e al pagamento della somma di 2.000,00 euro in favore delle controparti, a norma dell’art. 96, comma 3, c.p.c.
Il gravame successivamente interposto da NOME COGNOME veniva respinto dalla Corte d’Appello di Cagliari -Sezione Distaccata di Sassari, con sentenza n. 376/2018 pubblicata il 13 settembre 2018, che condannava l’appellante alla rifusione delle spese del grado, nonché al pagamento dell’ulteriore somma di 500,00 euro in favore delle appellate a titolo di responsabilità aggravata.
Contro quest’ultima sentenza, notificata il 17 ottobre 2018, lo stesso NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, resistiti con controricorso da NOME COGNOME e da NOME COGNOME.
Con ordinanza interlocutoria n. 23140 del 31 luglio 2023, la Corte ravvisava l’opportunità che la controversia fosse rimessa alla pubblica udienza.
Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte.
RAGIONI IN DIRITTO COGNOMEA DECISIONE
Va anzitutto osservato che, contrariamente a quanto eccepito dalle controricorrenti, il ricorso contiene l’esposizione sommaria dei fatti della causa, sicché deve ritenersi sussistente il requisito di ammissibilità di cui all’art. 366, comma 1, n. 3) c.p.c.
Invero, l’intero contenuto dell’atto di impugnazione consente una ricognizione degli elementi sostanziali e processuali sufficiente per intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla sentenza gravata (cfr. Cass. n. 5043/2023, Cass. n. 15478/2014, Cass. Sez. Un. n. 11653/2006).
Con il primo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 769, 782 e 809 c.c.
Avrebbe errato la Corte d’Appello nell’affermare che il negozio conciliativo <> , sicché <> .
Invero, il verbale di conciliazione costituisce .
Ne discende che, dovendo riconoscersi, nel caso di specie, l’autonomia della donazione fatta dalla NOME in favore dei figli NOME e NOME rispetto alla successiva divisione ereditaria intervenuta fra i predetti figli – la quale trovava il suo presupposto fondamentale proprio nell’atto di liberalità compiuto dalla loro madre -, non poteva non ritenersi operante con riguardo al primo negozio la disciplina dettata dagli artt. 782, comma 1, c.c. e 48 L. n. 89 del 1913, condizionante la sua validità ed efficacia all’osservanza dei rigorosi requisiti formali ivi prescritti.
Pur risultando documentati dallo stesso verbale di conciliazione, i due negozi rimanevano fra loro separati e distinti, come risulta confermato anche dal fatto che si è reso necessario procedere a una , una relativa al , l’altra al .
Per questo motivo, la donazione doveva essere effettuata, sotto pena di nullità, con atto pubblico e alla presenza di due testimoni; né la sua accettazione poteva essere fatta, in nome e per conto
del donatario NOME COGNOME, dal difensore costituito in giudizio, munito di procura rilasciata con semplice scrittura privata e non prevedente il conferimento di un espresso potere in tal senso.
A ciò si aggiunga che il verbale in cui essa è contenuta non reca in calce la sottoscrizione del Cancelliere, richiesta dall’art. 88, comma 1, disp. att. c.p.c., e che ad esso non risulta allegato il certificato di destinazione urbanistica relativo al terreno in Castelsardo (SS) censito in catasto al foglio 19, mappali 748 e 749, in violazione del disposto di cui all’abrogato art. 18, comma 2, L. n. 47 del 1985 (corrispondente all’attuale art. 30, comma 2, D.P.R. n. 380 del 2001).
Oltretutto, le stesse parti hanno dimostrato di considerare nulle tanto la donazione quanto la successiva divisione ereditaria consacrate nel suddetto verbale, dal momento che NOME COGNOME e NOME COGNOME, a mezzo di rappresentante, sono intervenute in qualità di comproprietarie nell’atto pubblico di compravendita per AVV_NOTAIO NOME COGNOME di Terni del 29 ottobre 2007, avente ad oggetto il trasferimento in favore dei coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME di un appartamento e di un terreno che, in base a quanto precedentemente convenuto in sede di conciliazione giudiziale, sarebbero dovuti risultare appartenenti in via esclusiva a NOME COGNOME.
Il secondo motivo denuncia l’omesso esame di documenti .
In totale contrasto con quanto risultante dal verbale di conciliazione sottoscritto dalle parti, il giudice di appello ha affermato che NOME COGNOME avrebbe assunto a proprio
esclusivo carico le spese di registrazione e trascrizione del medesimo verbale.
In realtà, dalla lettura del documento emerge chiaramente che al pagamento delle spese di registrazione si era impegnata anche NOME COGNOME.
Il terzo motivo denuncia l’omesso esame di fatti controversi fra le parti e decisivi per il giudizio.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno ingiustamente pronunciato condanna per responsabilità processuale aggravata nei confronti di NOME COGNOME, trascurando di considerare che questi aveva legittimamente agito in giudizio allo scopo di far accertare la nullità dell’accordo conciliativo di cui trattasi, a causa dei dubbi che intorno alla sua validità erano stati sollevati dai vari notai interpellati per la stipula degli atti di vendita dei beni immobili a lui pervenuti in virtù di quell’accordo, oltre che per ottenere il parziale rimborso delle spese di registrazione del verbale in cui esso risultava consacrato.
Entrambi i giudici di merito, inoltre, hanno omesso di motivare in ordine alla sussistenza dei presupposti di cui all’art. 96 c.p.c., incorrendo, conseguentemente, nella violazione della citata norma.
3. E’ fondato il primo motivo di ricorso.
Ad avviso della Corte deve affermarsi che le parti in occasione della redazione del verbale di conciliazione del 7 giugno 2005, oltre a definire la controversia divisionale tra i germani COGNOME, intesero porre in essere una vera e propria donazione da parte della COGNOME in favore dei figli, come si ricava altresì dall’inequivoco tenore letterale delle espressioni contenute nel verbale, avendo la COGNOME riferito univocamente della volontà di
voler donare i propri diritti (risultando quindi estranea al contenuto effettivamente transattivo della conciliazione che invece investiva direttamente i due germani, alla luce di quanto precedentemente disposto dalla madre).
Il tema che pone il motivo è però quello della idoneità della forma del verbale di conciliazione a fungere da valido contenitore formale per raccogliere una volontà delle parti che non si limiti a prevedere un semplice trasferimento di diritti immobiliari, anche in ragione di una causa latamente transattiva ovvero per finalità di adempimento di precedenti obbligazioni, ma per uno scopo esclusivamente liberale, come appunto nell’ipotesi di donazione.
Quanto all’efficacia degli accordi raggiunti dinanzi all’autorità giudiziaria, va qui richiamato quanto di recente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte che hanno statuito che le clausole dell’accordo di separazione consensuale o di divorzio a domanda congiunta, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni – mobili o immobili – o la titolarità di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi o dei figli al fine di assicurarne il mantenimento, sono valide in quanto il predetto accordo, inserito nel verbale di udienza redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è stato attestato, assume forma di atto pubblico ex art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo il decreto di omologazione della separazione o la sentenza di divorzio, valido titolo per la trascrizione ex art. 2657 c.c., purché risulti l’attestazione del cancelliere che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui all’art. 29, comma 1-bis, della l. n. 52 del 1985, come introdotto dall’art. 19, comma 14, del d.l. n. 78 del
2010, conv. con modif. dalla l. n. 122 del 2010, restando invece irrilevante l’ulteriore verifica circa gli intestatari catastali dei beni e la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari (Cass. S.U. n. 21761/2021).
E’ stato così risolto il controverso tema dell’ammissibilità di accordi traslativi della proprietà immobiliare in sede di accordi intervenuti tra coniugi in occasione della separazione ovvero del divorzio, e ciò riconoscendosi la ammissibilità di siffatti accordi negoziali, e l’idoneità del verbale d’udienza a supplire alle esigenze di forma prescritte per il compimento di tali atti.
La peculiarità della vicenda qui in esame è però correlata alla tipologia dell’atto posto in essere in sede di conciliazione, e precisamente al fatto che le parti intesero dare vita ad una donazione, atto per il quale la legge prevede ex art. 782 c.c., la forma dell’atto pubblico.
La dottrina che ha avuto modo di occuparsi della questione, sebbene non abbia affermato l’esclusività dell’atto AVV_NOTAIOile per la redazione di una donazione, ha però avuto modo di rimarcare che la legge in tal caso non si accontenta di un qualsiasi atto pubblico, ma impone per questo un peculiare regime di maggior rigore, dovendo reputarsi che, ai sensi dell’art. 48 co. 1 della legge n. 89/1913, che ha avuto conferma anche a seguito della legge n. 246/2005, espressamente si impone per la redazione di una donazione la presenza di due testimoni, ai quali non è possibile rinunciare.
In via generale si ritiene che vari pubblici ufficiali siano abilitati a ricevere contratti, e precisamente, oltre ai notai, cui la legge affida in via generale tale competenza, i consoli, alcuni funzionari della pubblica amministrazione ed i cancellieri.
Ma se per i notai la competenza è generale, per le altre categorie la competenza è invece specifica e limitata, come si ricava anche dal dettato dell’art. 2699 c.c.
La dottrina ha però evidenziato che tendenzialmente di carattere generale, ma al ricorrere dei presupposti cui la legge abilita la loro attività, è anche la competenza dei consoli (cfr. art. 28 D. Lgs. n. 71/2011, che ha sostituito le analoghe previgenti disposizioni di cui al DPR n. 200/1967). Inoltre, il riferimento alle funzioni AVV_NOTAIOili, attenendosi alla legislazione nazionale ha indotto la prevalente dottrina a concludere nel senso che anche il console deve in ogni caso rispettare i requisiti di forma previsti per la donazione dalla legge italiana, risultando quindi imprescindibile la presenza dei testimoni (con la sola possibilità di deroga al requisito della residenza in Italia per i testimoni che non siano anche cittadini italiani).
Quanto agli ufficiali della pubblica amministrazione, e precisamente per quanto concerne i segretari comunali e provinciali, la dizione di cui all’art. 97, co. 4, lett. c), del D. Lgs. n. 267/2000, permette che possano rogare su richiesta dell’ente i contratti nei quali l’ente è parte e autenticare scritture private ed atti unilaterali nell’interesse dell’ente (formula che ripropone nella sostanza quanto già previsto dal RD n. 383/1934).
E’ quindi prevalsa la tesi che, alla luce delle norme in esame, i segretari comunali possano rogare solo atti nei quali ente locale fosse intervenuto come acquirente, restando però esclusa la possibilità di rogare donazioni, stante la specifica riserva ricavabile dall’art. 2699 c.c.
La giurisprudenza di questa Corte occupatasi del tema ha sempre affermato che sono nulle eventuali donazioni rogate dal segretario
comunale (Cass. S.U: n. 470/1955; Cass. n. 2983/1957; Cass. n. 3136/1960; Cass. n. 1738/1964; Cass. n. 329/1963 che espressamente limita il potere di stipula dei segretari ai soli contratti commutativi), sebbene in dottrina qualche voce si sia espressa a favore della possibilità di rogare atti di donazione, purché però il Comune risulti donatario.
I limiti al potere di stipulare donazioni per altri pubblici funzionari può ritenersi quindi di carattere generale, essendo stati ad esempio ribaditi, per quanto concerne i funzionari della contabilità generale, per un atto di donazione rogato ai sensi dell’art. 16 del RD n. 2440/1923, anziché con atto AVV_NOTAIOile (Cass. n. 2892/1962, si veda anche Cass. n. 11311/1996).
Se quindi è preclusa la possibilità di rogare atti di donazione che vedano come parte l’ente di appartenenza, a maggior ragione risulta preclusa la possibilità di stipulare atti di donazione che coinvolgano solo soggetti privati
Ad analoghe conclusioni deve poi pervenirsi anche in relazione alla competenza dei cancellieri che possono attribuire pubblica fede alle dichiarazioni rese dalle parti nei verbali di udienza o di conciliazione, dovendosi però reputare preclusa la possibilità di ricevere atti negoziali, per i quali, come per la donazione, la legge prescriva una forma particolare.
A tal fine valga anche il richiamo a quanto affermato da Cass. n. 2700/1995, secondo cui, anche nel procedimento per la separazione consensuale, di cui all’art. 711 cod. proc. civ., il provvedimento di omologazione del Tribunale, operando sul piano del controllo, ha lo scopo di attribuire efficacia all’accordo privato dall’esterno, senza operare alcuna integrazione della volontà negoziale delle parti; pertanto, ove nell’accordo i coniugi abbiano
convenuto una donazione, l’omologazione non vale a rivestire l’atto negoziale della forma dell’atto pubblico, richiesto dall’art.782 cod. civ., che gli articoli 2699 e 2700 cod. civ. impongono sia “redatto” e “formato” dal pubblico ufficiale.
Né può indurre a diverse conclusioni quanto affermato da Cass. 4 febbraio 1941, che riconobbe la validità della dichiarazione ricevuta dal Presidente del Tribunale, nel raccogliere il consenso del coniuge per la separazione personale, con la quale il marito attribuiva al figlio la proprietà ed alla moglie l’usufrutto di una polizza assicurativa, trattandosi all’evidenza di dichiarazioni non aventi carattere di donazione, ma piuttosto di adempimento del debito alimentare, e che rientrano a ben vedere nell’ambito di quegli accordi che le Sezioni Unite del 2021 hanno ritenuto suscettibili di essere contenuti nel verbale redatto in occasione della separazione o del divorzio.
Ne consegue che, poiché le parti avevano contemplato nel verbale accanto alla divisione (da reputarsi avere carattere transattivo) dei beni appartenuti ai germani COGNOME (ivi inclusi anche quelli loro provenienti per effetto del coevo atto di disposizione della madre), la preventiva donazione delle quote immobiliari vantate dalla madre si pone come necessario antecedente della successiva definizione in via amichevole della controversia divisoria, e conserva, quindi, a differenza di quanto opinato dai giudici di appello, una sua autonomia come appunto implicitamente riconosciuto anche da Cass. S.U. n. 21761/2021, che ribadisce la necessità che siano rispettati i requisiti di forma e di sostanza (quali quelli previsti in terna di allineamento catastale), imposti per gli analoghi atti di natura privata.
La carenza dei requisiti di forma previsti per la donazione, anche a voler ammettere (il che contrasta con quanto sopra evidenziato) la possibilità di una sua inclusione in un atto ricevuto dal giudice e dal cancelliere, comporta quindi la nullità della disposizione dei beni ad opera della madre in favore dei figli (con assorbimento delle ulteriori censure che investono la validità dell’atto per profili diversi da quello formale, avente appunto carattere risolutivo).
Il motivo deve quindi essere accolto con la conseguente cassazione della sentenza in parte qua.
Il secondo motivo è assorbito per effetto dell’accoglimento del primo motivo, essendo le spese dovute per la trascrizione e registrazione evidentemente connesse alla questione della validità dell’accordo.
Poiché per effetto della cassazione il giudice di rinvio, che si designa nella Corte d’Appello di Cagliari, in diversa composizione, dovrà provvedere ex novo sulle spese delle precedenti fasi e su quelle del presente giudizio, resta assorbito anche il terzo motivo di ricorso che investe la valutazione circa i presupposti per la responsabilità processuale aggravata.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio per nuovo esame, alla Corte d’Appello di Cagliari in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio;
Così deciso nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2024