Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25449 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25449 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
Oggetto: Revocatoria ordinaria – Atto di donazione.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28065/2022 R.G. proposto da
NOME COGNOME e NOME COGNOME rappresentati e difesi d all’ Avv. dall’avv. NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO e come da domicilio digitale indicato;
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE e per essa, quale mandataria, la RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al controricorso, ex lege domiciliata come da domicilio digitale indicato;
C.C. 28.03.2025
r.g.n. 28065/2022
Pres. L.A. COGNOME
Est. I. COGNOME
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di appello di Trento n. 149/2022 pubblicata in data 6 ottobre 2022;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 marzo 2025 dalla Consigliera dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
Il Tribunale di Rovereto, con la sentenza n. 249/2021, accoglieva la domanda per revocatoria ordinaria proposta da RAGIONE_SOCIALE nella qualità di mandataria di RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’atto di donazione di stipulato in data 29/12/2015 con cui NOME COGNOME aveva donato a NOME COGNOME beni immobili, così come individuati per atto pubblico, dichiarandone l’inefficacia ai sensi dell’art. 2901 c.c. ; per ciò che ancora rileva, la società attrice aveva dedotto che tale atto di disposizione arrecava pregiudizio alla proprie ragioni creditorie in ragione di tutto quanto dovuto da NOME COGNOME per il mancato pagamento dei ratei del mutuo fondiario in data 24/04/2009 per l’importo di E uro due milioni, concesso dalla Unicredit Banking s.p.a., mutuo che, nelle more, era stato oggetto di cessione pro soluto alla RAGIONE_SOCIALEr.l..
La Corte d’appello di Trento con la sentenza qui impugnata ha dichiarato inammissibile il gravame proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza di prime cure, perchè tardivo, in quanto proposto oltre il termine di trenta giorni dalla notifica telematica della sentenza ai sensi dell’art. 325 c.p.c. .
Avverso la sentenza della Corte d ‘a ppello, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. Ha resistito con atto di controricorso RAGIONE_SOCIALE nella qualità di mandataria di RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis. 1. c.p.c.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
C.C. 28.03.2025 r.g.n. 28065/2022 Pres. L.A. Scarano RAGIONE_SOCIALE COGNOME
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti denunziano ‘ violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli art. 3 bis comma 3 della L. 53/94 e dell’art. 19 bis comma 5 delle specifiche tecniche del 16 aprile 2014 in relazione all’art 360 primo comma n 3 c.p.c.’ , per avere la Corte d ‘ appello trentina dichiarato inammissibile l’appello per tardività in assenza della prova del deposito telematico in giudizio della sentenza informatica attestata conforme all’originale e/o duplicato , nonché dei files.emg o.msg. contenenti la relata di notifica e gli allegati dichiarati conformi con firma digitale. Nello specifico, osservano che la Corte d ‘ appello ha erroneamente applicato la disciplina sopra richiamata ed evidenziano che ‘ la controparte si è limitata a depositare nel PCT (sub doc. 3 fasc II gr avverso) UNICAMENTE la scansione in pdf della RICEVUTA DI CONSEGNA del messaggio pec priva degli allegati e delle attestazioni di conformità ‘ (pag. 7 in ricorso, documento riprodotto graficamente a pag. 8), quindi, la Corte trentina non avrebbe potuto dichiarare l’inammissibilità dell’appello , vista l’assenza del deposito telematico in giudizio non solo della sentenza di primo grado completa di attestazione di conformità all’originale ma anche della relata di notificazione attestata, della ricevuta di accettazione attestata completa del messaggio pec e della attestazione di conformità della ricevuta di consegna. A parere dei ricorrenti, la scansione in pdf della sola ricevuta di consegna priva di autenticazione e priva degli allegati da intendersi quale la relata di notifica e la sentenza in duplicato o copia informatica attestata avrebbe violato l’art. 11 della legge n. 53/1994, secondo cui le notificazioni sono nulle se mancano i requisiti soggettivi e oggettivi previsti dall’art . 3. Evidenziano che la controparte non ha neppure attestato la conformità della scansione in pdf della mera stampata del messaggio di ricevuta di consegna. Sottolineano, infine, che non si tratterebbe di una mera irregolarità venendo in rilievo la lesione del diritto di difesa e che inoltre la pec non è strumento di identificazione del mittente del messaggio, essendo necessario l’utilizzo della firma elettron ica (riproducono a pag. 10 in ricorso
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RAGIONE_SOCIALE COGNOME l’unica attestazione presente all’atto di deposito in PCT della costituzione di controparte).
Con il secondo motivo denunciano la ‘ violazione e/o falsa applicazione dell’art. 16 sexies del d.l. n. 179 del 2012 (inserito dall’art. 52 comma 1 D.L. n. 90 del 2014 conv. L. 114 del 2014) per avere i signori COGNOME eletto domicilio FISICO identificando un luogo (Trento- INDIRIZZO e una specifica persona (avv COGNOME) SENZA MAI ELEGGERE alcun domicilio digitale. ‘ ; in particolare, contestano che la motivazione della sentenza impugnata è erronea in quanto il domicilio digitale non ha soppresso la prerogativa processuale della parte di individuare, in via elettiva, uno specifico luogo fisico come valido riferimento per la notificazione degli atti del processo e sostengono che la scelta di eleggere domicilio fisico (nella specie, presso l’avv. NOME COGNOME) prevale su quello digitale.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
3.1. Va anzitutto osservato che ‘l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c. , a pena d’inammissibilità della censura’, non solo ‘di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione’, ma anche ‘di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare -con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni -la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa’ (Cass. Sez. U, 28/10/2020 n. 23745).
Affinché, dunque, il requisito di specificità del motivo con cui venga denunciato il vizio di violazione di legge possa dirsi rispettato, occorre ‘la specifica indicazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra
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Est. I. Ambrosi opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla Suprema Corte di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione’ (Cass. Sez. 3, 26 /07/2024 n. 20870).
3.2. Il ricorrente invero non si confronta, se non solo formalmente, con il contenuto della sentenza che ha inteso criticare, senza allegare, a fronte del rilievo espresso dalla Corte, che pure riporta in ricorso, che « E’ incontestato tra le parti ed è comunque documentato dagli atti del giudizio che il 4 ottobre 2021 la sentenza nr. 249/2021 del Tribunale di Rovereto è stata notificata all’avv. NOME COGNOME che , in primo grado, congiuntamente e disgiuntamente all’Avv. NOME COGNOME ed all’Avv. NOME COGNOME aveva patrocinato i convenuti COGNOME di aver contestato la sussistenza della notifica eseguita, nonché la documentazione depositata a supporto dalla controparte.
Pertanto , si è al cospetto di una censura, formulata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., che opera un confronto soltanto formale tra le norme di diritto che si assumono violate e le parti della sentenza impugnata che le avrebbero trasgredite (cfr. nuovamente, Cass. Sez. Un., n. 23745/ 2020, cit.).
4. Il secondo motivo è infondato.
Questa Corte ha già chiarito che la notificazione della sentenza ad uno soltanto dei difensori nominati dalla parte è idonea a far decorrere il termine breve per impugnare di cui all’art. 325 c.p.c. in quanto ciascuno dei difensori, quali procuratori costituiti, devono considerarsi legittimati a ricevere la notificazione la quale, una volta perfezionata è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione (Cass. Sez. 1, 16/04/2021, n. 10129; Cass., Sez. 1, del 31/08/2017 n. 20625).
I ricorrenti sostengono che l’introduzione della normativa sul domicilio digitale non abbia soppresso la prerogativa della parte di individuare in via elettiva uno specifico luogo fisico come valido riferimento ai fini della notificazione degli atti e richiamano, in proposito, decisioni di questa Corte (tra le altre, Cass. Sez. L, 11/02/2021 n. 3557), le quali, però, non contraddicono quanto statuito dalla sentenza impugnata e non giovano alla loro tesi, tenuto conto che attengono ad ipotesi che non rilevano nel caso in
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Est. I. Ambrosi esame e cioè quelle in cui l’indirizzo di posta elettronica è stato indicato in ricorso ai soli fini delle comunicazioni di cancelleria e non anche ai fini delle notifiche (v. di recente, Cass. Sez. 3, 6/11/2024 n.28532; Cass. Sez. 6 – 2, 01/06/2020 n. 10355; Cass. Sez. 6 – 3, 27/11/2014 n. 25215; Cass. Sez. 2, 17/11/2016 n. 23412).
Nel caso di specie, viceversa, è proprio l’indicazione della pec, senza ulteriori specificazioni, a far scattare l’obbligo del notificante di utilizzare la notificazione telematica.
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico dei ricorrenti e in favore della parte controricorrente secondo il principio di soccombenza, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 13.200,00, di cui euro 13.000,00 per onorari, oltre a generali e accessori di legge, in favore della parte controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, ove dovuto (Cass. Sez. U. 20/02/2020 n. 4315).
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 28 marzo 2025.
Il Presidente NOME COGNOME