Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22799 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22799 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 07/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 28943/2029 r.g. proposto da:
NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME del Foro di Milano ed elettivamente domiciliat a presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME , in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE con unico socio in liquidazione (C.F. P_IVA in persona del curatore dott. NOME COGNOME, con sede legale in Pontassieve (FI), INDIRIZZO
-intimato –
avverso il decreto del Tribunale di Firenze, depositato in data 31.7.2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 8/7/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con il decreto impugnato il Tribunale di Firenze -decidendo sull’opposizione proposta da NOME COGNOME avverso il decreto di esecutività dello stato passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione – ha rigettato l’opposizione, confermando il provvedimento impugnato.
Il Tribunale ha ricordato, in primo luogo, che l’opponente aveva rappresentato – a fondamento della proposta impugnazione – che: (i) in data 4.1.2011 NOME COGNOME aveva ceduto a NOME COGNOME il proprio credito nei confronti di RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE, garantito fino alla concorrenza di € 1.000.000,00 da NOME COGNOME; (ii) tale credito derivava da una scrittura privata del 22.12.2008 tra RAGIONE_SOCIALE e il COGNOME, in forza della quale quest’ultimo avrebbe dovuto percep ire un compenso pari al 15% degli utili percepiti da RAGIONE_SOCIALE (società a sua volta partecipata dalla RAGIONE_SOCIALE), derivanti dalla cessione di alcuni immobili oggetto di preliminare di compravendita tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, siti in Firenze, INDIRIZZO; (iii) RAGIONE_SOCIALE si era resa totalmente inadempiente, impedendo alla ricorrente di ottenere quanto a lei dovuto; (iv) al contrario, l’operazione immobiliare, se fosse stata svolta in maniera diligente, avrebbe comportato un util e di € 8.458.000,00 e dunque l’importo spettante alla ricorrente stessa sarebbe stato pari a € 1.268.700,99; (v) il credito non si era realizzato solamente a causa delle condotte della RAGIONE_SOCIALE, direttamente controllata dalla S.ToRAGIONE_SOCIALE e pertanto alla RAGIONE_SOCIALE era imputabile il mancato guadagno dell ‘opponente ; (vi) a seguito della dichiarazione di fallimento, la curatela fallimentare aveva dato sostanziale seguito all’operazione immobiliare, acquisendo il compendio e rivendendo lo stesso; (vii) il credito della COGNOME poteva essere fatto valere nei confronti della fallita; (viii) la ricorrente aveva anche tentato, senza successo, di recuperare il credito da RAGIONE_SOCIALE a causa dell’impossibilità di quantificare un utile dell’operazione la cui insussistenza era dipesa esclusivamente dalla condotta di RAGIONE_SOCIALE; (ix) la ricorrente si era vista tuttavia respingere l’istanza di insinuazione al passivo ‘in quanto depositata oltre i termini di cui all’art. 101 comma 4 L.F. (esecutività stato passivo 14.11.2013) … ‘ e p erché, comunque, riguardante ‘ Credito in ogni caso non riconosciuto … poiché derivante da scritture private prive di data certa, non opponibili al fallimento ‘; tanto premesso in fatto, il Tribunale ha ulteriormente rilevato ed osservato che: (x) pur volendo considerare come opponibili al fallimento la scrittura privata del 22.12.2008 e la cessione di credito del 4.1.2011, risultava che il rapporto obbligatorio era intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e il COGNOME , posto che era
stata RAGIONE_SOCIALE che aveva promesso a quest’ultimo un compenso, parametrato alla riuscita dell’operazione immobiliare in cui era coinvolta anche RAGIONE_SOCIALE (poi fallita e nel cui passivo aveva tentato di insinuarsi l’opponente) ; (xi) era stata ancora la società RAGIONE_SOCIALE (e non già la controllata RAGIONE_SOCIALE) che si era obbligata al fine di permettere al COGNOME di verificare l’ammontare del proprio credito derivante dall’affare – ad esercitare i propri diritti di socio nella RAGIONE_SOCIALE inerenti il controllo contab ile e l’esecuzione dell’affare; (xii) non poteva pertanto configurarsi un’obbligazione di tipo risarcitorio in capo a RAGIONE_SOCIALE per il solo fatto che la stessa fosse stata controllata al 50% da RAGIONE_SOCIALE, unica obbligata nei confronti del COGNOME , in quanto la fallita era soggetto estraneo al rapporto tra le parti e non risultava aver partecipato alla scrittura del 22.12.2008; (xiii) al più, il congegno negoziale – predisposto dalle parti con la scrittura privata del dicembre 2008 – avrebbe potuto configurarsi come promessa del fatto di un terzo dalla quale, ai sensi dell’art. 1381 c.c., derivano obblighi giuridici in capo al promittente (che sarebbe stato tenuto a indennizzare la controparte, nel caso in cui il terzo non avesse compiuto il fatto promesso), non certo in capo al terzo; (xiv) ma, ancor prima, la domanda doveva essere respinta in quanto erano fondate le eccezioni di tardività dell’insinuazione e di carenza di data certa della cessione stessa, entrambe formulate dal curatore in sede di esame dell’ insinuazione e accolte dal g.d.; (xv) quanto al primo aspetto, il credito insinuato, secondo la ricostruzione della stessa ricorrente, era sorto prima della dichiarazione di fallimento avvenuta il 17.5.2013 (e dunque la relativa insinuazione soggiaceva alle regole, di cui ai commi 1 e 4 dell’art. 101 l. fall.), risultando al contrario che la domanda era stata inoltrata al curatore in data 1.10.2018, mentre il creditore istante era stato a conoscenza del fallimento della RAGIONE_SOCIALE almeno sin dal 19.10.2016, data nella quale la COGNOME, per il tramite del legale, aveva richiesto al curatore il pagamento di quanto da lei asseritamente vantato; (xvi) il creditore infatti che abbia avuto conoscenza della dichiarazione di fallimento del proprio debitore oltre il termine annuale di cui all’art. 101, comma 1, l. fall., può chiedere di insinuarsi al passivo, ai sensi dell’ultimo comma della medesima disposizione, ma deve farlo nel tempo necessario a prendere contezza del fallimento ed a redigere la suddetta
istanza, dovendo quel tempo essere indicato non già in un termine predeterminato, ma essere rimesso alla valutazione del giudice di merito, secondo un criterio di ragionevolezza, in rapporto alla peculiarità del caso concreto; (xvii) dagli atti allegati dalla stessa opponente risultava che la COGNOME avesse convenuto in giudizio RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOMECOGNOME nella sua qualità di garante, avanti al Tribunale di Firenze, al fine di ottenere la condanna al pagamento di quanto dovutole in forza delle scritture del 22.11.2008 e del 4.11.2011, con atto di citazione notificato il 25.11.2016, e dunque addirittura dopo la richiesta di pagamento nei confronti della curatela (avvenuta in data 16.10.2016); (xviii) risultava, poi, che il giudizio si era estinto ex art. 309 cod. proc. civ. per mancata comparizione delle parti all’udienza 22.2.2018 , con la conseguenza che la COGNOME aveva avuto dunque a disposizione, sin dal mese di ottobre 2016, tutti gli elementi necessari per predisporre l’istanza di insinuazione e certamente non costituiva causa non imputabile del ritardo l’aver atteso la conclusione del procedimento per il recupero del credito nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e del garante COGNOME; (xix) comunque sia la scrittura del 22.12.2008 che la cessione di credito del 4.1.2011 non erano munite di data certa opponibile al fallimento.
Il decreto, pubblicato il 31.7.2019, è stato impugnato da NOME COGNOME con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE con unico socio in liquidazione, intimato, non ha svolto difese.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 2497 c.c. Omessa considerazione del legame fra società controllata e controllante Illegittimità dell’Ordinanza/Decreto impugnata’. Sostiene infatti la ricorrente che il provvedimento impugnato avrebbe ritenuto erroneamente insussistente la responsabilità della società controllata ai sensi dell’art. 2497 c.c., nonostante la sussistenza dei presupposti normativi per la configurazione della responsabilità da direzione e coordinamento nei confronti del creditore della società controllante. Sempre secondo la ricorrente, la Corte territoriale
avrebbe omesso di considerare come la società controllata avesse posto in essere, in attuazione di direttive della controllante, un’operazione immobiliare in modo manifestamente privo di diligenza e privo di adeguata istruttoria economico-patrimoniale, con conseguente dispersione delle risorse economiche e pregiudizio per la soddisfazione delle ragioni creditorie nei confronti della creditrice della ‘capogruppo’.
2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ‘… d egli art. 1175, 1176, 1337 c.c. Omessa considerazione del generale dovere di buona fede nella gestione degli affari a tutela dei terzi interessati ‘. Più in particolare, la COGNOME deduce la violazione dei predetti precetti normativi, con riferimento all’omessa considerazione, da parte del giudice di merito, dei doveri generali di buona fede e diligenza gravanti sulla società RAGIONE_SOCIALE nell’ambito della gestione dell’operazione immobiliare sopra descritta, e ciò anche nei confronti di soggetti terzi, estranei al vincolo contrattuale, ma legittimamente portatori di interessi giuridicamente rilevanti.
3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato per ‘ violazione di Legge ex art. 360, n. 3 c.p.c. ed in particolare dell’art. 101, commi 1 e 4 L.F. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c. ed in particolare della consapevolezza delle condotte della SRAGIONE_SOCIALE avvenuta solo in corso della causa presso il Tribunale di Firenze. Errata ed illogica valutazione circa la ‘non imputabilità’ della Sig.ra NOME COGNOME . Necessaria Cassazione della Ordinanza/Decreto ‘.
3.1 Sostiene la ricorrente che il provvedimento impugnato aveva dichiarato tardiva, e pertanto inammissibile, la sua domanda di insinuazione al passivo, ritenendo che fosse stata a conoscenza della procedura concorsuale sin dall’ottobre 2016 e che il ritardo non fosse giustificabile. Tale valutazione, tuttavia, si sarebbe fondata su una lettura erronea e formalistica degli artt. 101 e 92 l. fall., nonché sulla omissione, nella ricostruzione della vicenda, del fatto decisivo rappresentato dal momento in cui la creditrice era effettivamente venuta a conoscenza non solo del fallimento, ma anche della sussistenza del credito e del soggetto obbligato. Il Tribunale, così, avrebbe
erroneamente individuato la data di insorgenza della conoscenza utile alla presentazione della domanda al 19 ottobre 2016, data della lettera trasmessa dalla difesa della creditrice al curatore fallimentare. Tuttavia, tale comunicazione – sempre secondo la ricostruzione della ricorrente – non aveva contenuto alcuna richiesta di pagamento né si fondava su un credito certo, ma era finalizzata unicamente a richiedere conteggi e documenti in relazione alla scrittura privata del 2008, in vista di un’azione contr o i soggetti contrattualmente obbligati (RAGIONE_SOCIALE e il fideiussore COGNOME).
3.2 Deduce pertanto la ricorrente che il credito nei confronti della RAGIONE_SOCIALE soggetto formalmente non obbligato, sarebbe emerso solo nel corso del giudizio ordinario pendente avanti al Tribunale di Firenze e si sarebbe concretizzato all’esito dell’attività istruttoria (domande di esibizione e richiesta CTU), allorquando era stata accertata la mancata realizzazione del compendio immobiliare e la rilevanza causale della condotta della società fallita. Tale ultimo elemento decisivo non sarebbe stato esaminato né valorizzato dal giudice di merito, in violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.
Il quarto mezzo deduce inoltre ‘ Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c. ed in particolare della rilevanza delle istanze istruttorie e delle prove documentali in relazione all’opponibilità al Fallimento . Violazione di Legge ex art. 360, n. 3 c.p.c. ed in particolare dell’art. 2704 c.c. nemmeno esaminato dal Tribunale Certezza della data e della precedenza rispetto alla dichiarazione di Fallimento ‘.
La ricorrente propone infine un quinto motivo con il quale articola vizio di ‘Violazione di Legge ex art. 360, n. 3 c.p.c. ed in particolare dell’art. 2721 c.c. Non necessità, nel caso di specie, di provare il contenuto del contratto Presenza di principio di prova scritta Ammissibilità della prova testimoniale atta a provare la data certa di stipulazione delle scritture private ‘.
5.1 Occorre esaminare, per primo, il terzo motivo di ricorso – che aggredisce, in realtà, la ratio decidendi principale del provvedimento impugnato, e cioè quella espressa in rito, in ordine alla non tempestività della domanda cd.
ultratardiva per non imputabilità del ritardo – ed il motivo deve essere dichiarato, in parte, infondato e, per altra parte, inammissibile.
2.1.1 In realtà, le doglianze sono infondate, perché la motivazione impugnata è nella sostanza in linea con i principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità, in tema di valutazione ed apprezzamento da parte del giudice di merito della non imputabilità del ritardo nella presentazione delle domande cd. ultratardive, ai sensi del quarto comma dell’art. 101 l. fall.
Sul punto non può essere dimenticato il fondamentale arresto rappresentato da Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11000 del 05/04/2022, secondo il quale, in tema di ammissione dei crediti al passivo fallimentare, il disposto dell’ultimo comma dell’art. 101 l. fall., relativo alle domande c.d. “ultratardive”, va interpretato nel senso che il creditore è chiamato non solo a dimostrare la causa esterna impeditiva della tempestiva o infrannuale sua attivazione, ma anche la causa interna, uguale o diversa dalla prima, che abbia cagionato l’inerzia tra il momento della cessazione del fattore impediente e il compimento dell’atto, dovendo escludersi che, venuto meno l’impedimento, la richiesta di ammissione al passivo possa comunque essere presentata entro lo stesso termine (dodici mesi) del quale sia stata allegata l’impossibilità di osservanza, essendo necessaria l’attivazione del creditore in un termine ragionevolmente contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del procedimento.
2.1.2 Orbene, il Tribunale, con accertamento in fatto qui non più sindacabile, ha verificato che la COGNOME aveva convenuto in giudizio RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME, nella sua qualità di garante, avanti al Tribunale di Firenze, al fine di ottenere la condanna al pagamento di quanto dovutole in forza delle scritture del 22.11.2008 e del 4.11.2011, con atto di citazione notificato il 25.11.2016 (ciò, dunque, addirittura dopo la richiesta di pagamento nei confronti della curatela, avvenuta in data 16.10.2016), con la conseguenza che la COGNOME aveva avuto dunque a disposizione, sin dal mese di ottobre 2016, tutti gli elementi necessari per predisporre l’istanza di insinuazione , non costituendo, peraltro, causa non imputabile del ritardo l’aver atteso la conclusione del procedimento per il recupero del credito nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e del garante COGNOME.
2.1.2 Come è dato riscontrare il Tribunale ha svolto un apprezzamento in ordine alla non ragionevolezza del ritardo nella presentazione della domanda di insinuazione, fondata su indici fattuali peraltro neanche contestati né contestabili, con la conseguenza che le ulteriori obiezioni sollevate dalla società ricorrente attingono la questio facti , in questo giudizio non più sindacabile.
Gli altri motivi -che riguardano rationes decidendi rese solo ad abundantiam da parte del Tribunale -devono pertanto essere dichiarati inammissibili per carenza di interesse della ricorrente alla loro presentazione (Cass. Sez. Un. 3840/2017).
Nessuna statuizione è dovuta per le spese del presenta giudizi di legittimità, stante la mancata difesa del Fallimento intimato.
Sussistono invece i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, in data 8 luglio 2025