Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3233 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3233 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 09/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 25773/2021 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, con sede a Camucia di Cortona (AR), in INDIRIZZO in persona dell’Amministratore unico e legale rappresentante pro tempore, NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Arezzo (codice fiscale CODICE_FISCALE ed elettivamente domiciliata presso il suo studio ad Arezzo (AR), in INDIRIZZO int. INDIRIZZO
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE DI COGNOME NOME (codice fiscale CODICE_FISCALE, nonché dei soci illimitatamente responsabili COGNOME NOME e COGNOME NOME, in persona del curatore rag. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE, rappresentato, assistito e difeso dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Arezzo (codice
fiscale CODICE_FISCALE ed elettivamente domiciliato presso e nel di lui studio, ad Arezzo (AR), in INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso il decreto del 20 settembre 2021 del Tribunale di Arezzo; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/1/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.I fatti di causa possono essere così riassunti:
(i) In data 28 maggio 2009, su istanza della società RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale di Arezzo ha dichiarato il fallimento della società RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME ed NOME‘, nonché dei soci illimitatamente responsabili COGNOME NOME e COGNOME NOME.
(ii) Con atto di citazione notificato il 29 ottobre 2009, la società RAGIONE_SOCIALE ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Arezzo la società RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME ed NOME o’, in persona del Curatore nominato, al fine di far dichiarare, ex art. 2901 c.c., nei suoi confronti l’inefficacia del contratto di vendita stipulato in data 24/02/2006 con il quale la RAGIONE_SOCIALE poi fallita, aveva alienato alla società RAGIONE_SOCIALE l’immobile , sito a Castiglione Fiorentino, oggetto di un precedente contratto preliminare di compravendita – del 9 agosto 2004 – concluso proprio con la RAGIONE_SOCIALE e in via subordinata per dichiarare la simulazione assoluta del predetto contratto di vendita. Nello specifico, la RAGIONE_SOCIALE lamentava di aver pagato alla RAGIONE_SOCIALE in sede di sottoscrizione del suddetto preliminare, la somma di Euro 10.000,00 a titolo di caparra confirmatoria, nonché l’ulteriore importo di Euro 60.000,00 a titolo di acconto sul prezzo pattuito (due tranches di Euro 30.000,00 versate rispettivamente il 30 novembre 2004 e il 10 febbraio 2005).
(iii) L a RAGIONE_SOCIALE non aveva rispettato la data di consegna dell’immobile fissata nel preliminare per il 27 maggio 2005 e, a dispetto di quanto convenuto con la RAGIONE_SOCIALE, aveva alienato, in data 24 febbraio 2006, l’immobile alla RAGIONE_SOCIALE
(iv) Il curatore si costituiva pertanto nel predetto giudizio, chiedendo di subentrare nelle azioni avanzate dal singolo creditore. Più in particolare, il RAGIONE_SOCIALE chiedeva al Tribunale di Arezzo, in via preliminare, di dichiarare improcedibili l’azione revocatoria ordinaria e la domanda di simulazione assoluta del contratto di vendita stipulato in data 24 febbraio 2006, proposte – rispettivamente in via principale e in via subordinata – dalla società RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e dello stesso RAGIONE_SOCIALE in quanto tali azioni competevano esclusivamente al curatore; conseguentemente, in via principale, di riconoscere il diritto del Fallimento a subentrare – anche in ragione di esigenze di rapidità e di economicità processuali -sia nell’azione revocatoria ordinaria, sia nella domanda subordinata, sempre rivolta contro la RAGIONE_SOCIALE, tesa ad accertare e a dichiarare la simulazione assoluta del suddetto contratto.
(v) Con sentenza non definitiva n. 160/2012 del 27 febbraio 2012, il Tribunale di Arezzo, accogliendo le richieste della curatela, da un lato, dichiarava il difetto di legittimazione processuale attiva della RAGIONE_SOCIALE, disponendone l’estromissione dal giudizio; e, dall’altro, dichiarava il subentro del c uratore della società fallita nelle domande dell’attrice RAGIONE_SOCIALE «in forza della legittimazione accordata al detto curatore ex art. 66 legge fallimentare».
(vi) Con sentenza n. 269/2015 del 2 marzo 2015, il Tribunale di Arezzo revocava e dichiarava «inefficace, nei confronti della Curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE ai sensi e per gli effetti dell’art. 2901 c.c., l’atto di compravendita stipulato in data 24.2.2006 … e relativo all’immobile ubicato in Castiglion F.no (Ar)…» . Avverso la suddetta sentenza, la RAGIONE_SOCIALE interponeva gravame dinanzi alla Corte di Appello di Firenze e quest’ultima , con sentenza n. 2091/2016 emessa in data 14 dicembre 2016, respingeva l’a ppello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE e, per l’effetto, conferma va integralmente la sentenza di primo grado.
(vii) Avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze la RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione e nelle more del giudizio di legittimità le parti addivenivano ad un accordo transattivo, in base al quale, a fronte della parziale rinuncia da parte della curatela alla refusione delle spese di lite
liquidate in proprio favore nei primi due gradi di giudizio, la RAGIONE_SOCIALE rinunciava al ricorso per cassazione e al relativo giudizio, conferendo alla curatela fallimentare mandato irrevocabile per la vendita dell’immobile in seno alla procedura fallimentare.
(viii) Con istanza ex art. 72 l.fall. del 13 marzo 2019, la RAGIONE_SOCIALE chiedeva al Giudice Delegato di fissare al Curatore un termine, non superiore a sessanta giorni, affinché questi dichiarasse se intendeva o meno dare esecuzione al contratto preliminare stipulato dalla fallita con la predetta società.
(ix) Il Giudice Delegato, con provvedimento del 26 marzo 2019, dichiarava tuttavia inammissibile la istanza « avendo il predetto preliminare ad oggetto un immobile non acquisito all’attivo fallimentare … con la conseguenza che risulta inibita alla Curatela qualsiasi determinazione in ordine all’eventuale subentro ».
(x) In forza della sopra ricordata procura irrevocabile, conferita dalla RAGIONE_SOCIALE al curatore, l’immobile revocato veniva posto in vendita mediante asta competitiva ed aggiudicato in data 13 febbraio 2020.
(xi) In data 8 aprile 2019, con ricorso ex art. 93 l.fall., la RAGIONE_SOCIALE presentava domanda di ammissione al passivo per la somma di Euro 78.705,85, pari alla somma di quanto illo tempore versato in esecuzione del contratto preliminare stipulato con la società RAGIONE_SOCIALE in bonis, chiedendo la collocazione del proprio credito in privilegio « ex art. 2741 c.c. ed art. 2901 cc – art. 2932 c.c., art. 2770 – 2775 c.c. ed art. 2775 bis c.c., art. 2780 c.c .».
(xii) Il Giudice Delegato dichiarava tuttavia inammissibile – ai sensi e per gli effetti dell’art. 101, comma 4, l.fall. – la domanda, con la motivazione che la società istante non aveva dato prova che il ritardo nella presentazione della stessa fosse dipeso da causa ad essa non imputabile.
(xiii) Con ricorso ex art. 98 l.fall. la RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione dinanzi al Tribunale di Arezzo avverso il provvedimento di esclusione del proprio credito, chiedendo al Tribunale di Arezzo, «in revoca riforma dell’opposto provvedimento … – in via preliminare: accertare e dichiarare l’esistenza della causa non imputabile di cui all’art. 101 L.F e quindi l’ammissibilità dell’istanza di insinuazione al passivo della RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE nel merito: accertati e dichiarati i diritti di credito dell’opponente nonché accertata e dichiarata l’esistenza dei privilegi e/o cause di prelazione descritti in narrativa , … ammettere, al passivo del fallimento, il credito di RAGIONE_SOCIALE come richiesto nella domanda di insinuazione al passivo inviata in data 8/04/2019 – condizionata alla mancata esecuzione del preliminare di vendita – e quindi delle seguenti somme: – con privilegio ex art. ex art. 2741 c.c. ed art. 2901 c.c. – art. 2932 c.c., art. 2770 2775 c.c. ed art. 2775 bis) c.c., art. 2780 c.c. per il predetto credito di euro 70.000,00 per capitale ed Euro 8.285,35 per interessi … e quindi complessivamente Euro 78.705,85 ».
(xiv) Il Tribunale ha rigettato la così avanzata opposizione, rilevando ed osservando che: (a) era « pacifico … che il termine …(di dodici mesi dal decreto di esecutività dello stato passivo) fosse ampiamente spirato al momento della proposizione della domanda di insinuazione al passivo » e che la RAGIONE_SOCIALE non avesse assolto l’onere su di essa incombente « di vincere la presunzione di imputabilità del ritardo »; (b) la valutazione della non imputabilità del ritardo non poteva intendersi come semplice assenza di colpa, ma doveva fondarsi su elementi oggettivi ed estranei al creditore, incombendo su quest’ultimo l’onere di vincere la presunzione di imputabilità del ritardo, onere che tuttavia la società opponente non aveva assolto; (c) il contratto preliminare non poteva di rsi pertanto ‘pendente’ al momento della dichiarazione di fallimento, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 72 l. fall.; (d) risultava infatti dalle stesse allegazioni delle parti che il contratto preliminare non era stata trascritto, non risultando pertanto adempiute le formalità necessarie per rendere l’atto efficace nei confronti dei terzi; (e) non risultava neanche rilevante nel caso in esame la tesi sostenuta da una parte della dottrina, e cioè che la inefficacia relativa del preliminare non trascritto fosse rinunciabile dal curatore, il quale potrebbe comunque scegliere di subentrare nel contratto, facoltà che tuttavia non era stata esercitata nel caso concreto; (f) il credito vantato dall’opponente era pertanto liquido ed esigibile al momento della dichiarazione di fallimento, con la conseguenza che il ritardo nella presentazione della domanda di insinuazione al passivo non trovava alcuna giustificazione; (g) anche qualora si fosse voluto ritenere il contratto
pendente al momento della dichiarazione di fallimento (e dunque sospeso ai sensi dell’art. 72 l. fall.), il ritardo sarebbe stato comunque imputabile al creditore, in quanto la Effe 5 ben avrebbe potuto mettere in mora il curatore ex art. 72, secondo comma, l. fall., al fine di non incorrere nella decadenza di cui all’art. 101, ultimo comma, l. fall., messa in mora che nel caso di specie era stata posta in essere solo nel 2019, dopo circa dieci anni dalla declaratoria di fallimento.
Il decreto, pubblicato il 20.9.2021, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui il RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME e dei soci illimitatamente responsabili NOME e COGNOME NOME ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 101, ultimo comma, l. fall., sul rilievo che il ritardo nella presentazione della domanda tardiva sarebbe dipeso da causa non imputabile ad essa società oggi ricorrente.
1.1 Secondo la ricorrente, quanto statuito dal Tribunale di Arezzo – e cioè che « la domanda di insinuazione presentata da RAGIONE_SOCIALE è stata presentata in ritardo per causa imputabile al medesimo creditore » -troverebbe il proprio fondamento « non … su una determinata ricostruzione dei fatti, ma su una impostazione giuridica totalmente sbagliata e, per questo motivo, contestabile per cassazione ». Si evidenzia sul punto qui in esame che « l’esecuzione del contratto preliminare parzialmente eseguito » era rimasta sospesa, al momento del fallimento, sia che lo stesso fosse stato trascritto, sia che non lo fosse stato e, pertanto, « tale sospensione poteva cessare soltanto se il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, avesse dichiarato di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal medesimo ». Aggiunge la RAGIONE_SOCIALE che « dal momento della dichiarazione del fallimento » si erano
« verificati una serie di fatti che dimostra( va) no come il ritardo nella presentazione della domanda di insinuazione ‘ fosse dipe so ‘ da cause oggettive, non imputabili ».
1.2 Le doglianze così articolate non sono condivisibili.
Occorre in primo luogo evidenziare che la società oggi ricorrente, già promissaria acquirente dell’immobile poi alienato alla società terza RAGIONE_SOCIALE con la domanda di insinuazione al passivo volta ad ottenere la restituzione della caparra confirmatoria e d ell’acconto del prezzo già versati in sede di stipulazione del contratto preliminare, ha manifestato in termini definitivi la sua volontà di ottenere dalla società poi dichiarata fallita RAGIONE_SOCIALE già promittente venditrice, il ristoro risarcitorio derivante dall’inadempimento definitivo da parte di quest’ultima alle obbligazioni discendenti per la parte promittente venditrice dal preliminare; inadempimento definitivo verificatosi allorquando la detta società in bonis , anziché trasferire la proprietà dell’immobile promesso in vendita alla promissaria acquirente, aveva al contrario trasferito tale proprietà ad un soggetto terzo, e cioè alla società RAGIONE_SOCIALE
Pertanto, sulla base della stessa ricostruzione fattuale operata dalla parte ricorrente a sostegno del motivo di ricorso qui in esame, deve ritenersi, diversamente da quanto opinato dalla ricorrente, che, al momento della dichiarazione di fallimento della società promittente venditrice RAGIONE_SOCIALE, il credito risarcitorio discendente dall’inadempimento definitivo del contratto preliminare da parte della venditrice dovesse ritenersi esigibile e, dunque, già azionabile nella sede endofallimentare, tramite la proposizione di una domanda tempestiva di insinuazione al passivo, invece mancata per quasi dieci anni.
Sul punto, va ricordato che la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha chiarito che, con riguardo al contratto preliminare di vendita, poiché nella volontà espressa dal promittente venditore di trasferire al compratore, tramite il successivo contratto definitivo, la piena ed esclusiva disponibilità della cosa è implicito l’obbligo di non trasferire la stessa cosa ad altri, la condotta del proprietario del bene che, dopo averlo promesso in vendita a una persona, lo venda successivamente a un terzo costituisce inadempimento
contrattuale, con il conseguente diritto del promissario acquirente alla risoluzione del contratto ed al risarcimento del danno dal momento in cui il diritto può esser fatto valere, e dunque dal momento dell’inadempimento costituito dalla vendita del bene al terzo (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7066 del 14/04/2004; v. anche Cass. n. 11571/1998). E ciò a maggior ragione nel caso di specie ove la mancata trascrizione del contratto preliminare e della possibile (e successiva) domanda di esecuzione in forma specifica del preliminare ex art. 2932 c.c. nei confronti della società promittente venditrice in bonis (circostanze quest’ultime ammesse dalla stessa parte ricorrente e non controverse) rendeva evidente la non opponibilità del preliminare al curatore e, dunque, la possibilità di ottenere tutela giuridica solo sul piano risarcitorio attraverso la domanda volta ad accertare l’inadempimento definitivo del preliminare ed eventualmente a far dichiarare la risoluzione del vincolo negoziale, entrambe domande da coltivarsi in sede endofallimentare tramite la presentazione di tempestiva domanda di ammissione al passivo.
Ne consegue il rigetto del primo motivo.
2. Il rigetto del primo motivo assorbe l’esame della seconda doglianza declinata come violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2740, 2745, 2901 e 2932 c.c. dovuta all’esistenza di un ‘privilegio’ del credito di RAGIONE_SOCIALE (per l’acconto versato in forza del preliminare di acquisto) sul ricavato della vendita dell’immobile oggetto dell’azione revocatoria , posto che il diritto di credito non era stato ammesso dal Tribunale per la dichiarata tardività della relativa domanda ultratardiva di insinuazione al passivo, ratio decidendi qui non efficacemente contrastata.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del fallimento controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.800 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 14.1.2025