Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25386 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25386 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16072/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
ricorrente- contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, eredi di COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi
dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) controricorrenti avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania n. 875/2023, depositata il 15/05/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/09/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1 RAGIONE_SOCIALE, premesso che con sentenza n. 1060 del 2 dicembre 2003, confermata in appello e in Cassazione, il Tribunale di Siracusa aveva dichiarato la nullità del contratto di compravendita stipulato, per rogito del AVV_NOTAIO in data 15/4/1994, fra NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, da una parte, e NOME COGNOME, quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, ( divenuta RAGIONE_SOCIALE ), dall’altra, con il quale erano stati trasferiti gli immobili siti in INDIRIZZO Via Matteotti nn. 86- 88-90-92, propose domanda di ammissione tardiva al passivo allo stato passivo del Fallimento della ditta ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e dei soci illimitatamente responsabili NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME dei seguenti crediti: i) € 23.572,29 ,in prededuzione (a titolo di anticipi conto curatela); ii) € 327.323,67, in via privilegiata ex artt. 2771 e 2772 c.c., (a titolo di pagamenti TARSU per gli anni 1995/2015 per euro 12.240,00; a titolo di imposte e tasse sugli immobili per euro 77.961,44; a titolo di quota spese straordinarie per migliorie per euro 237.122,23); iii) € 362.246, in INDIRIZZO, (a titolo di prezzo della compravendita/mutuo per € 258.228,449; a titolo di interessi legali dalla data dei singoli pagamenti alla data della sentenza dichiarativa di fallimento per euro 82.018,08; a titolo di quote oneri condominiali per gli anni 1995/2015 per euro 22.000,00). Il Fallimento si costituì chiedendo
il rigetto della domanda e instando, in via riconvenzionale, per la condanna della società ricorrente alla restituzione, in favore della curatela, della somma € 876.908,03, pari ai frutti civili percepiti e corrisposti sotto forma di canoni di locazione dalla resistente in bonis e da terzi e per frutti civili percipiendi e/o al risarcimento del danno in misura non inferiore ai frutti civili percepiti e percipiendi o quell’altra somma maggiore o minore che sarebbe stata accertata in corso di causa.
2.Con sentenza n. 612/2022, dell’11 aprile 2022, il Tribunale di Siracusa, in accoglimento della domanda dell’attrice, limitatamente ai soli crediti per migliorie, e di quella riconvenzionale proposta dalla procedura, effettuato l’accertamento contabile del saldo finale delle contrapposte partite di dare ed avere, condannava la RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di NOME COGNOME, che, a seguito della omologazione del concordato fallimentare del fallimento resistente era intervenuta in giudizio, in qualità di assuntrice in sostituzione del fallimento, dell’importo di €. 398.100,47, oltre agli interessi legali dalla domanda e alle spese di lite.
3 Sull’impugnazione di RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’Appello di Catania, rigettava l’appello rilevando, per quanto di interesse in questa sede : a) che, conformemente a quanto statuito dal Tribunale, il credito restitutorio della vendita immobiliare dichiarata nulla vantato da RAGIONE_SOCIALE era prescritto in quanto il termine di prescrizione dell’azione di ripetizione dell’indebito iniziava a decorrere dal giorno della intervenuta esecuzione della prestazione; ed in ogni caso, anche a voler individuare diversamente il dies a quo nel giudizio di nullità dell’atto, questo andava computato dalla domanda della detta declaratoria e, dunque, al più tardi nel 1996, con la conseguenza che era comunque prescritta l’azione, proposta il 4 novembre 2015; b) che la voce di credito relativa al pagamento delle imposte gravanti sugli immobili e delle anticipazioni
asseritamente effettuate per conto della curatela per €. 23.572,29 non era provata da documentazione attestante i pagamenti ; c) che la domanda riconvenzionale spiegata dalla curatela nella fase contenziosa della verifica dello stato passivo, che è un normale giudizio di cognizione, era ammissibile siccome oggettivamente connessa con la domanda principale; d) che lo stato di mala fede derivava dal contratto stipulato in violazione del divieto del patto commissorio, sicché era del tutto irrilevante che la curatela avesse concesso al possessore di continuare a possedere l’immobile, peraltro in attesa della definizione del procedimento avente ad oggetto la domanda di nullità coltivata dalla curatela medesima.
4 RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di sei motivi; COGNOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME a La COGNOME NOME, hanno svolto
NOME, succeduti mortis causa difese con controricorso e memoria ex art 380 bis c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 I mezzi di impugnazione possono essere così riassunti:
1) violazione degli artt. 99, 112 c.p.c , 24 Cost., 98 e 101 l. fall., in relazione all’art 360 1° comma nr 4 c.p.c., per avere la Corte d’ Appello completamente omesso di pronunciarsi sulla controeccezione di decadenza dall’eccezione di prescrizione, sollevata dalla curatela il giorno prima dell’udienza di comparizione delle parti in sede di cognizione ordinaria;
2) violazione degli artt. 99,112 c.p.c , 24 Cost., in relazione all’art 360 1° comma nr. 4 c.p.c., per avere la Corte d’ Appello omesso di pronunciarsi sulla eccezione di interruzione della prescrizione per la reiterata ricognizione di debito da parte dei falliti che si sarebbe protratta per tutta la durata della causa di nullità della compravendita immobiliare ;
violazione degli artt. 99,112 c.p.c , 24 Cost, in relazione all’art. 360 1° comma nr. 4 c.p.c., per avere la Corte d’ Appello completamente omesso di pronunciarsi sull’eccezione di decadenza della domanda riconvenzionale proposta dalla curatela il giorno prima dell’udienza di comparizione delle parti in sede di cognizione ordinaria;
violazione dell’art 36 c.p.c., in relazione 360 1° comma nr. 4 c.p.c., per non avere la Corte distrettuale rilevato l’inammissibilità della domanda riconvenzionale proposta dalla curatela in quanto la stessa non presentava alcuna diretta connessione oggettiva con la domanda di ammissione al passivo formulata da RAGIONE_SOCIALE;
violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’articolo 1147 c.c., in relazione all’art. 360 1° comma nr. 4 c.p.c., per avere l’impugnata sentenza ritenuto dimostrato lo stato soggettivo di possesso di malafede di NOME, senza che la curatela fallimentare, attrice in via riconvenzionale, avesse minimamente assolto al proprio onere probatorio, facendone conseguire il diritto di NOME ad ottenere solo la minore somma tra l’importo delle spese delle migliorie apportate sugli immobili e l’aumento di valore degli stessi, nonché l’obbligo di RAGIONE_SOCIALE a corrispondere alla curatela tutti i frutti civili percepiti dal momento dell’inizio del possesso degli immobili (salvi i frutti prescritti);
violazione degli artt. 2967 c.c. e dell’articolo 1147 c.c., in relazione all’art. 360 1° comma nr. 3 e 4 c.p.c., perchè la Corte avrebbe errato nel far gravare sulla convenuta in via riconvenzionale l’onere di dimostrare il proprio stato soggettivo di buona fede.
2 Va disattesa la preliminare eccezione sollevata dalla controricorrente di inammissibilità del ricorso per essere stato proposto nei confronti di COGNOME NOME e notificato presso il procuratore domiciliatario di quest’ultima nel giudizio di secondo grado nonostante il suo decesso, conosciuto aliunde dalla
ricorrente, avvenuto dopo la scadenza dei termini per il deposito delle comparse e delle memorie di replica e prima della pubblicazione della sentenza della Corte d’Appello di Catania.
2.1 Dirimente, al riguardo, è l’arresto delle Sezioni Unite della Cassazione nr 15295/2014 che hanno affermato il seguente principio « l’incidenza sul processo degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c. è disciplinata, in ipotesi di costituzione in giudizio a mezzo di difensore, dalla regola dell’ultrattività del mandato alla lite, in ragione della quale, nel caso in cui l’evento non sia dichiarato o notificato nei modi e nei tempi di cui all’art. 300 c.p.c., il difensore continua a rappresentare la parte come se l’evento non si sia verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale e nelle successive fasi di quiescenza e riattivazione del rapporto a seguito della proposizione dell’impugnazione. Tale posizione giuridica è suscettibile di modificazione nell’ipotesi in cui, nella successiva fase d’impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale della parte divenuta incapace, oppure se il procuratore di tale parte, originariamente munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza o notifichi alle altre parti l’evento verificatosi, o se, rimasta la medesima parte contumace, l’evento sia documentato dall’altra parte (come previsto dalla novella di cui all’art. 46 della legge n. 69 del 2009), o notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario ai sensi del comma quarto dell’art. 300 c.p.c.. Ne deriva che: a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, a norma dell’art. 285 c.p.c., è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale della parte divenuta incapace; b) detto procuratore, qualora gli sia originariamente conferita procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a
proporre impugnazione (ad eccezione del ricorso per cassazione, per la proposizione del quale è richiesta la procura speciale) in rappresentanza della parte che, pur deceduta, o divenuta incapace, va considerata nell’ambito del processo ancora in vita e capace; c) è ammissibile l’atto di impugnazione notificato, ai sensi del primo comma dell’art. 330 c.p.c., presso il procuratore, alla parte deceduta o divenuta incapace, pur se la parte notificante abbia avuto diversamente conoscenza dell’evento».
2.2 Tale disciplina trova senz’altro applicazione nella fattispecie in esame dove l’evento interruttivo si è verificato dopo la scadenza del termine per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica e non è stato comunicato dal procuratore della parte colpita dall’evento alla controparte.
3 Il primo e il terzo motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto sottintendono la medesima questione, sono inammissibili. 3.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte il mancato esame da parte del giudice di una questione puramente processuale non è suscettibile di dar luogo al vizio di omissione di pronuncia, il quale si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito, ma può configurare un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c. (qui non dedotto), se, ed in quanto, si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata, la soluzione implicitamente data dal giudice alla problematica prospettata dalla parte (Cass. 321/2016).
4 Il secondo motivo è infondato.
4.1 Secondo la consolidata giurisprudenza dalla quale non vi è motivo di discostarsi ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi
in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia. Ne consegue che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione e censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività (cfr.Cass 20311/2011 7406/ 2014 e tra le più recenti 12131 /2023).
4.2 Nel caso di specie la circostanza che la Corte abbia rigettato la pretesa creditoria di indebito oggettivo sulla base del riconoscimento della prescrizione dell’azione di ripetizione induce a ravvisare un’impostazione della decisione in cui la dedotta questione dell’interruzione del termine prescrizionale per l’asserito riconoscimento del debito risulta implicitamente respinta, essendo la pronuncia adottata logicamente e argomentativamente inconciliabile con l’accoglimento della riportate eccezione.
4.3 La decisione implicita non risulta adeguatamente censurata in questa sede, essendosi la società ricorrente qui limitata unicamente a dolersi della mancata pronuncia, senza affrontare, ex professo, il tema dell’erroneità della decisione d’appello di insussistenza della causa di interruzione.
5 Il quarto motivo è infondato perché secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale la connessione per identità di titolo tra le cause non è una condizione imprescindibile per l’ammissibilità della domanda riconvenzionale.
5.2 E’ stato infatti affermato che « la relazione tra domanda principale e domanda riconvenzionale, ai fini dell’ammissibilità di
quest’ultima, non va intesa in senso restrittivo, nel senso che entrambe debbano dipendere da un unico ed identico titolo, essendo sufficiente che fra le contrapposte pretese sia ravvisabile un collegamento obiettivo, tale da rendere consigliabile ed opportuna la celebrazione del “simultaneus processus”, a fini di economia processuale ed in applicazione del principio del giusto processo di cui all’art. 111 Cost., comma 1» ( cfr. Cass. 15271/2006, 8207/2007, 27564/2011 e 533/2020).
5.3 Nel caso di specie la Corte ha correttamente riconosciuto l’ammissibilità della proposizione della domanda riconvenzionale nel giudizio, di cognizione ordinaria, che segue all’opposizione del curatore alla insinuazione tardiva siccome oggettivamente collegato con la domanda principale in quanto le rispettive pretese creditorie erano riferibili al medesimo rapporto negoziale e sostanziale.
6 Il quinto motivo è inammissibile.
6.1 La Corte, confermando in toto quanto già affermato dal giudice di prime cure , ha tratto la convinzione della sussistenza dello stato soggettivo della mala fede del possesso del bene conseguito dalla ricorrente dal fatto stesso della stipula del contratto in violazione del divieto del patto commissorio.
6.2 La censura è di merito e, come tale, insuscettibile di trovare ingresso in cassazione. Non può, invero, consentirsi che una simile doglianza sia mascherata dai riferimenti agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. La violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. rileva nella distinta condizione in cui il giudice abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli; la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è ammessa solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova, non abbia operato secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce a una differente risultanza probatoria (come per es. il valore di prova
legale), o al contrario non abbia osservato la specifica regola di valutazione di una prova così stabilita dalla legge; non mai invece ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova (cfr. risolutivamente Cass. Sez. U n. 20867/2020).
7 Stessa sorte incontra il sesto motivo, poiché, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura solo nell’ipotesi in cui il giudice di merito abbia applicato la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo -cioè attribuendo l’ onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata, secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni -ma non anche laddove, come di fatto avviene nel caso concreto, quando si contesti il concreto apprezzamento delle risultanze istruttorie, assumendosi che le stesse non avrebbero dovuto portare al convincimento raggiunto dal giudice di merito (Cass. 1634/2020, 17313/2020, 26769/2018, 13395/2018 e 26366/2017).
In conclusione il ricorso va rigettato.
9 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
PQM
La Corte, rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in complessive € 8.200 di cui € 200 per esborsi, oltre Iva, Cap e rimborso forfettario al 15%.
Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002 n.115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, nella Camera di Consiglio tenutasi in data 11