Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 28003 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 28003 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22249/2024 R.G. proposto da :
COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, difesi da ll’avvocato COGNOME NOME
-ricorrenti- contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, difese dagli avvocati NOME COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME
-ricorrenti incidentali-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 1534/2024 depositata il 05/03/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/09/2025 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Nel 1984 NOME COGNOME dichiarava che la titolarità di un intero appartamento doveva intendersi far capo al fratello NOME ‘in forza di pattuizione’.
Nel 1989 NOME trasferiva a NOME i propri diritti sull’immobile (pari al 50%), al fine di evitarne l’aggressione da parte dell’esattoria comunale, con l’accordo che si sarebbe ripristinata la situazione anteriore dopo la risoluzione dei problemi fiscali.
Nel 1994 NOME indirizzava a NOME una lettera in cui ribadiva l’impegno del 1984 che l’appartamento sarebbe stato venduto da lui o dai suoi eredi ad NOME non appena questi fosse stato in grado di pagare l’intero prezzo, indicando il valore dell’appartamento in lire 214.000.000.
NOME COGNOME moriva nel 1995, lasciando eredi le figlie NOME e NOME. Nel 2002 queste ultime convenivano NOME COGNOME per il rilascio dell’immobile, in un giudizio precedente a quello attualmente pendente. Il processo si concludeva nel 2004, con una sentenza che condannava NOME al rilascio dell’immobile e qualificava la lettera del 1994 come minuta preparatoria di un contratto preliminare di vendita.
Successivamente NOME conveniva le nipoti NOME e NOME nel giudizio attualmente pendente per ottenere il trasferimento della proprietà dell’appartamento ex art. 2932 c.c., sul presupposto che la lettera del 1994 costituisse un contratto preliminare di vendita.
Le convenute eccepivano, tra l’altro, l’inammissibilità dell’azione per giudicato formatosi nel precedente giudizio di rilascio.
In primo grado, il Tribunale di Roma, con sentenza del 2010, rigettava la domanda principale, qualificando inoltre come domanda nuova quella subordinata di trasferimento del 50% dei diritti, proposta in sede di conclusioni.
Il giudice di primo grado affermava che il documento era unilaterale, poiché non vi era l’ accettazione da parte del potenziale promissario acquirente, e che era privo di completezza e determinabilità dell’oggetto per l’assenza di indicazione del prezzo.
In appello la decisione veniva riformata, disponendosi il trasferimento della quota pari alla metà dell’appartamento da
NOME e NOME COGNOME a NOME COGNOME, subordinando il trasferimento al pagamento di € 55.260,89 entro tre mesi dal passaggio in giudicato.
Questa Corte con la decisione n. 24244/2018 annullava la sentenza d’appello, accogliendo il terzo motivo del ricorso incidentale proposto da NOME e NOME ed enunciando il principio che la morte del proponente estingue automaticamente la proposta contrattuale.
Nel giudizio di rinvio che si è concluso con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma ha richiamato dapprima l’orientamento secondo cui il giudice di rinvio, in caso di cassazione per vizi di motivazione, può valutare liberamente i fatti già accertati e indagare su altri fatti, nel rispetto delle preclusioni e decadenze già verificatesi. Ha dichiarato poi inammissibili le domande nuove fondate sulla configurazione di un legato di contratto preliminare unilaterale di compravendita, come risultante dalla lettera del 1994. Ha applicato quindi il principio dettato da Cass. 24244/2018. Nel dispositivo si è rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME, confermandosi così la sentenza di primo grado.
Ricorrono in cassazione NOME e NOME COGNOME, quali eredi dell’attore, con quattro motivi, illustrati da memoria. Resistono NOME e NOME COGNOME con controricorso e ricorso incidentale con due motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo del ricorso principale denuncia la violazione degli artt. 113 co. 1, 384 co. 2, 132, co. 2 n. 4 c.p.c., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo. I ricorrenti premettono che la snetenza di legittimità n. 24244/2018 ha escluso la sussistenza di un preliminare e ha imposto il riesame della domanda di trasferimento ex art. 2932 c.c.
In sede di riassunzione la parte ricorrente ha quindi operato una diversa qualificazione in legato di contratto preliminare senza mutare fatti, documenti e bene della vita richiesto.
I ricorrenti sostengono inoltre che la sentenza impugnata, nel richiamare la giurisprudenza di questa Corte che distingue tre ipotesi di rinvio (per sola violazione di legge; per vizi di motivazione; per entrambe), abbia applicato surrettiziamente la prima ipotesi, incompatibile con l’obbligo di riesame imposto dalla pronuncia di cassazione, con conseguente vizio di omessa pronuncia e nullità per motivazione apparente ovvero perplessa e contraddittoria.
Si sostiene altresì che l’assorbimento del ricorso principale in in sede di giudizio di cassazione rendeva riproponibili in sede di rinvio le relative questioni, che però illegittimamente non erano state riesaminate.
Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 132 co. 2 n. 4 e 384 co. 2 c.p.c., per avere la Corte nuove avanzate nell’atto di riassunzione, fondate sulla configurabilità di un legato di contratto preliminare unilaterale di compravendita.
Si critica la sentenza per aver escluso la valutabilità di ‘altri fatti’; si enfatizza che la pretesa è fondata sui medesimi documenti già prodotti sin dal primo grado. Si assume che, anche qualora la nuova qualificazione avesse richiesto la valutazione di altri fatti, la Corte territoriale avrebbe dovuto compierla, rientrando il caso in un’ipotesi di cassazione (per vizio di motivazione) che lo permette.
Il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 113 c.p.c., in combinazione con gli artt. 132 co. 2 n. 4, 345 e 384 co. 2 c.p.c. La Corte di rinvio, reputando inammissibile la qualificazione della pretesa come legato di contratto preliminare, ha disatteso lo ‘ iura novit curia ‘ , poiché la diversa sussunzione giuridica del medesimo fatto storico, a parità di allegazioni, documenti e bene della vita, non integra domanda nuova.
Ne discende, oltre alla violazione del ‘ dictum ‘ rescindente ex art. 384 co. 2 c.p.c., la nullità per motivazione apparente/illogica ex art. 132 co. 2 n. 4 c.p.c.
Il quarto motivo denuncia nuovamente la violazione degli artt. 345, 113 co. 1 e 384 co. 2 c.p.c. Si ribadisce che la riqualificazione non costituiva domanda nuova e si critica la sentenza per aver concluso per la mancanza di prova del consenso, senza esaminare l’obbligo di vendita che sarebbe sorto dal legato per le eredi che avevano accettato l’eredità del padre.
La censura colpisce sia la dichiarazione di inammissibilità della domanda nuova, sia la statuizione finale di rigetto della domanda introdotta da NOME COGNOME per mancanza di prova del consenso delle parti ad impegnarsi a concludere il contratto definitivo di vendita.
– I quattro motivi possono essere esaminati congiuntamente, poiché essi criticano sotto diversi profili lo stesso punto basilare: il giudizio d’ inammissibilità della domanda fondata sulla configurazione di un legato di contratto preliminare unilaterale di compravendita non dedotto nei precedenti atti difensivi.
I quattro motivi sono rigettati.
Con la decisione n. 24244/2018 è stata cassata la precedente sentenza d’appello per violazione del principio di diritto secondo il quale la morte del proponente determina l’estinzione automatica della proposta contrattuale.
Pertanto il giudice di rinvio è stato chiamato a riesaminare la domanda originaria alla luce di ciò ( ‘ riesaminerà la domanda tenendo conto del richiamato principio di diritto ‘ ). La Corte di appello ha correttamente escluso di poter pronunciarsi nel merito di una domanda fondata su una causa petendi radicalmente nuova, quale il legato di contratto.
Peraltro, in tutte e tre le ipotesi in cui Cass. 17240/2023 reiteratamente invocata dai ricorrenti a fondamento delle loro
doglianze – è ritornata a scandire i poteri del giudice di rinvio, si fanno sempre salve le decadenze e le preclusioni già maturate. Pertanto l’esito sarebbe stato di inammissibilità quand’anche Cass. 24244/2018 avesse cassato per vizio di motivazione, trattandosi appunto di domanda nuova.
Indugiando a ripetere il concetto, la prospettazione di un legato di contratto si concretizza in una domanda nuova, poiché modifica la fonte del preteso diritto da un atto inter vivos (il contratto) a uno mortis causa (il testamento), introducendo un tema di indagine radicalmente nuovo e diverso dai temi fino ad allora al centro della controversia.
Il ricorso principale è rigettato.
-Il primo motivo del ricorso incidentale denuncia la violazione dei decreti ministeriali che disciplinano i parametri per la liquidazione dei compensi professionali, nonché dei principi consolidati della giurisprudenza di legittimità.
La censura investe la sentenza impugnata per avere liquidato le spese del giudizio cassato, di cassazione e di rinvio in misura inadeguata, espungendo i compensi per la fase di trattazione ed istruttoria, giustificando ciò con la presenza di meri rinvii e con la mancata espletazione di istruttoria.
Le ricorrenti deducono che: la fase di trattazione è parte necessaria di ogni giudizio e non può essere esclusa; i parametri andavano applicati tenendo conto della complessità, del valore (superiore a € 260.000) e della pluralità di parti; la liquidazione è stata effettuata senza indicare lo scaglione di riferimento, né motivare la riduzione rispetto alle note spese depositate.
Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c., dell’art. 2233 co. 2 c.c. e dell’art. 24 Cost. Si sostiene che l’erronea liquidazione delle spese e l’espunzione di intere fasi processuali lede il principio di causalità della soccombenza e il diritto di difesa, compromettendo l’effettività della tutela giurisdizionale.
I due motivi sono da esaminare congiuntamente.
Essi sono accolti sotto un unico profilo: quello relativo alla mancata liquidazione del compenso per le fasi di trattazione e istruttoria, che è ineludibile (cfr., tra le molte, Cass. 8561/2023), fermo rimanendo quindi che il valore della causa rilevante ai fini della deteterminazione dello scaglione è quello correttamente individuato dalla parte ricorrente: € 110.000. Da rigettare è infine l’istanza di condanna ex art. 96 c.p.c. per responsabilità aggravata, in quanto indimostrati i presupposti e, in particolare il danno patito.
4. – La Corte rigetta il ricorso principale e liquida le spese in dispositivo secondo soccombenza, accoglie il ricorso incidentale limitatamente alla censura relativa al difetto di liquidazione dei compensi per le fasi di trattazione e istruttoria, cassa la sentenza impugnata in relazione al profilo accolto del ricorso incidentale, rinvia sotto tale profilo alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo uni ficato a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale limitatamente al profilo indicato in motivazione; cassa la sentenza impugnata in relazione al profilo accolto del ricorso incidentale; rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione; condanna la parte ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in € 6.200, oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente principale, di un’ulteriore
somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 24/09/2025.
Il Presidente
NOME COGNOME