Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22058 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22058 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13901/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Torino INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME Marco (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME NOME (CODICE_FISCALE,
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in Milano INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME Vincenzo (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende,
-controricorrente-
avverso il decreto del Tribunale Varese n. 89/2024 depositato il 07/05/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 Il Tribunale di Varese, con decreto del 7/5/2024, rigettava l’opposizione alla dichiarazione di esecutività dello stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE con il quale era stata respinta la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE di rivendica della proprietà dei beni risultanti dalle fatture allegate alla domanda e consegnati ad RAGIONE_SOCIALE in forza di contratto di fornitura risolto per inadempimento della debitrice, così come formalmente intimato con diffida del 30.05.2022. Era stato invece ammesso allo stato passivo del Fallimento il credito in via chirografaria per complessivi € 327.062,57 (importo comprensivo degli interessi calcolati sino alla data del 6.07.2022 pari ad € 968,86) e in via privilegiata ex art. 2758, comma 2° c.c. per complessivi € 22.555,70 corrispondente alla parte di IVA di rivalsa sui beni individuati dalla Curatela.
1.1 Rilevava il Tribunale che ancorché fosse incontestata la conclusione tra la ricorrente e RAGIONE_SOCIALE in bonis di un contratto di fornitura di beni, rimasto inadempiuto dalla Società fallita, RAGIONE_SOCIALE non aveva fornito la prova rigorosa, richiesta dall’art. 103 l.fall. , ai fini dell’accoglimento della domanda di rivendica, non avendo puntualmente e adeguatamente individuato i beni in relazione ai quali era esercitata la domanda di rivendica.
1.2 Precisava, sul punto, che la comunicazione via pec trasmessa dal Curatore il 19.4.2023 consentiva unicamente di confermare il rinvenimento presso la sede sociale di merce con imballaggio Heidenhain, senza che fosse possibile in alcun modo stabilire quali fossero i beni imballati e se gli stessi fossero stati oggetto della domanda di rivendica.
2 RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione del decreto affidandosi a cinque motivi, il Fallimento ha svolto difese
con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380 bis1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.I mezzi di impugnazione possono così sintetizzarsi; primo motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1° n.3, c.p.c. per non avere il Tribunale rilevato che sulla individuazione dei beni si era formato il giudicato in quanto il Giudice Delegato aveva ammesso anche il credito « … per complessivi € 22.555,70 corrispondente alla parte di IVA di rivalsa sui beni individuati dalla curatela » ; tale statuizione del Giudice di prime cure in merito all’avvenuta individuazione dei beni oggetto di rivendica non sarebbe stata oggetto di impugnativa da parte del Fallimento, né direttamente con esplicita impugnazione del capo di sentenza, né indirettamente attraverso l’impugnativa dell’avvenuta ammissione in via privilegiata;
secondo motivo: violazione dell’art. 360, comma 1° n 5, c.p.c. per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti costituito dalla dichiarazione del curatore fallimentare ricognitiva dell’esistenza dei beni della Heidenhain (pec curatore 19/04/2023);
terzo motivo: violazione dell’art. 360, comma 1° n.5, c.p.c. per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti costituito dalla identificabilità dei beni indicati nelle sigle e nei i codici di individuazione contenuti nelle fatture nei documenti di trasporto e nella pec inviata dal curatore;
quarto motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1° n. 3 c.p.c., si sostiene che il Tribunale avrebbe errato nel non considerare che l’individuazione
dei beni era circostanza da considerarsi provata in quanto ammessa dal curatore;
quinto motivo: violazione degli artt. 103 l.fall. e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1° c.p.c., si afferma che, contrariamente a quanto opinato dal Tribunale, sarebbe stata fornita la prova documentale della proprietà dei beni secondo le modalità e le forme di cui all’art . 621 c.p.c. mentre il curatore non aveva dimostrato la vendita dei beni, comunque non opponibile al rivendicante.
2 Il primo motivo è infondato.
2.1 Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, il Giudice Delegato, in sede di verifica dello stato passivo, ha rigettato la domanda di rivendica ritenendo fondata la domanda di ammissione del credito per inadempimento contrattuale della società fallita ma non ha affatto compiuto un accertamento idoneo a divenire cosa giudicata circa l’identificazione dei beni di proprietà della RAGIONE_SOCIALE
2.2 Dalla lettura del decreto del Giudice Deleto, riportato nel corpo del controricorso, emerge che i « beni individuati dalla curatela » sono stati richiamati dal Giudice Delegato ai fini della ammissione « in via privilegiata ex art 2758 comma 2 c.c. » del credito vantato da controparte a titolo IVA e, quindi, in relazione ad una diversa domanda rispetto all’azione di rivendica pure esercitata dalla ricorrente ma non accolta.
2.3 Risulta, peraltro, che il Fallimento, anche in sede di opposizione allo stato passivo per contrastare la domanda di rivendica, abbia contestato l’individuazione dei beni.
2.4 Si legge infatti a pagina 5 della memoria di costituzione del Fallimento, con estratto riprodotto nel controricorso in ossequio al principio di autosufficienza, che « contrariamente a quanto vorrebbe sostenere la difesa avversaria, l’onere probatorio gravante su controparte può ritenersi assolto in ragione della comunicazione
PEC e degli allegati fotografici trasmessi dal Curatore e prodotti dall’Opponente sub doc. 4. Infatti, dalla suddetta PEC, che ricordiamo essere stata inviata dal Curatore per tutt’altra finalità (ossia riconoscere all’Opponente il privilegio ex art. 2758, 2° comma, c.c.) si ricava soltanto che presso la sede della Società sono stati rinvenuti alcuni imballaggi. Quali di questi imballaggi siano poi stati forniti da COGNOME e quali ancora si riferirebbero esattamente alle fatture ex adverso azionate, resta un completo mistero ».
Il secondo e il terzo motivo, da scrutinarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono inammissibili.
3.1 L’art. 360, comma 1°, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. tra le tante Cass. 17005/2024).
3.2 Orbene, il decreto non ha affatto omesso l’esame d ella identificabilità dei beni indicati nelle sigle e nei codici di individuazione contenuti nelle fatture, nei documenti di trasporto e dalla dichiarazione del curatore fallimentare ricognitiva dell’esistenza dei beni della Heidenhain (pec curatore 19/04/2023);afferma sul punto il Tribunale che « né l’originaria domanda di ammissione al passivo, né il ricorso introduttivo del presente giudizio contengono l’elenco dei beni rivendicati,
limitandosi l’opponente a far riferimento ai beni indicati, attraverso sigle numeriche, da una serie di fatture (di formazione unilaterale) rimaste impagate e da DDT » ed ancora « la predetta comunicazione del Curatore, trasmessa al fine del riconoscimento del privilegio ai sensi dell’art. 2758 secondo comma c.c., sulla base delle informazioni rese dall’amministratore della Società (e sul presupposto del trasferimento della titolarità in capo ai terzi committenti), consente unicamente di confermare il rinvenimento presso la sede sociale di merce con imballaggio Heidenhain, senza che sia possibile, in alcun modo, stabilire quali siano i beni imballati e se gli stessi siano oggetto della domanda di rivendica per cui è causa. In altre parole, la dichiarazione del Curatore avrebbe potuto valere quale non contestazione solo ove l’opponente avesse indicato i beni rivendicati e il Curatore avesse confermato la presenza di tali beni specifici all’interno degli imballaggi di cui alla documentazione fotografica in atti ».
3.3. È evidente che le censure, pur rubricate come omesso esame ex art. 360 comma 1° n. 5 c.p.p., sollecitano un inammissibile riesame del merito della controversia, prospettando una tesi difforme da quella seguita dal Giudice della opposizione.
4 Il quarto motivo non merita accoglimento.
4.1 Il curatore non ha affatto ammesso l’individuazione dei beni ma, come accertato dal decreto, dalla pec dell’organo della procedura si ricava soltanto che presso la sede della Società erano stati rinvenuti alcuni imballaggi; al riguardo il Tribunale ha puntualizzato che, anche sul questo versante, « la dichiarazione del Curatore avrebbe potuto valere quale non contestazione solo ove l’opponente avesse indicato i beni rivendicati e il Curatore avesse confermato la presenza di tali specifici all’interno degli imballaggi di cui alla documentazione fotografica in atti (doc. 4 fascicolo opponente) ».
5 Nessuna violazione dell’art . 115 c.p.c. può infine predicarsi in quanto non si versa in ipotesi di mancata contestazione di un fatto. 6 Il quinto motivo è infondato in quanto il Giudice dell’opposizione, nel rigettare la domanda di rivendica per non avere il rivendicante fornito la prova rigorosa richiesta dal combinato disposto degli artt. 103 l. fall. (oggi, art. 210 CCII) e 621 c.p.c., non avendo neppure individuato in modo adeguato i beni in relazione ai quali ha esercitato l’azione di rivendica, ha ben governato i principi in materia di onere della prova desumibili dalla normativa ed enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte.
6.1 È orientamento consolidato di legittimità quello secondo cui le domande di rivendicazione, restituzione (o separazione), previste dall’art. 103 legge fall. sono ammissibili soltanto se la cosa mobile sia stata determinata nella sua specifica e precisa individualità (cfr. Cass. 1891/ 2018, 30894/ 2017 e 10206/2005).
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 6. 7 00, di cui € 200 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 27 maggio 2025.