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Domanda di concordato: dove presentarla se c’è fallimento

Una società, già soggetta a un’istanza di fallimento presso un tribunale, ha presentato una successiva domanda di concordato preventivo in un foro diverso. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società contro la dichiarazione di fallimento, stabilendo che la domanda di concordato deve essere obbligatoriamente presentata dinanzi allo stesso giudice presso cui pende la procedura prefallimentare, al fine di garantire l’unità e la celerità del procedimento.

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Domanda di concordato: dove presentarla se pende già un’istanza di fallimento?

La gestione di una crisi d’impresa richiede scelte procedurali precise e tempestive. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: quando è già pendente un’istanza di fallimento, l’imprenditore che intende proporre una domanda di concordato preventivo ha un onere ben preciso. Deve depositarla presso lo stesso tribunale investito della procedura prefallimentare, anche se lo ritiene incompetente. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dai giudici.

I Fatti: la doppia pendenza dei procedimenti

Il caso riguarda una società a responsabilità limitata, la Società Alfa S.r.l., nei cui confronti il Pubblico Ministero aveva presentato un’istanza di fallimento presso il Tribunale di Brescia. Successivamente, la società, dopo aver trasferito la propria sede legale a Roma, aveva deciso di avviare un percorso di risoluzione della crisi depositando, presso il Tribunale di Roma, prima una domanda per un accordo di ristrutturazione dei debiti e, in seguito, una domanda di concordato preventivo.

Il Tribunale di Brescia, tuttavia, proseguiva nell’esame dell’istanza del P.M. e, ritenendo la condotta della società meramente dilatoria e abusiva, ne dichiarava il fallimento. La decisione veniva confermata dalla Corte d’Appello, la quale sottolineava che la società, pur essendo a conoscenza del procedimento bresciano, aveva deliberatamente scelto di adire un altro foro, impedendo così la gestione unitaria della crisi.

La questione giuridica e la scelta della giusta domanda di concordato

La questione centrale portata all’attenzione della Cassazione era se la pendenza di una domanda di concordato presso un tribunale (Roma) potesse impedire a un altro tribunale (Brescia), preventivamente adito con un’istanza di fallimento, di procedere alla dichiarazione di fallimento.

Secondo la tesi difensiva della società, il principio di priorità della procedura concordataria avrebbe dovuto prevalere, imponendo al giudice del fallimento di attendere l’esito della domanda presentata a Roma. La società lamentava inoltre la violazione delle norme sulla competenza territoriale e sul principio di continenza tra le cause.

Le motivazioni della Cassazione: l’onere del debitore e il principio di continenza

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la piena legittimità della sentenza di fallimento. I giudici hanno stabilito un principio di fondamentale importanza pratica: il debitore che conosce la pendenza di un’istruttoria prefallimentare a suo carico ha l’onere di proporre la domanda di concordato preventivo dinanzi allo stesso tribunale investito dell’istanza di fallimento.

Questa regola, basata sulla necessità di assicurare una trattazione unitaria e sollecita della crisi d’impresa, trova fondamento nel principio di continenza (art. 39, comma 2, c.p.c.) e oggi è espressamente codificata nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (art. 40, comma 10). La presentazione della domanda nello stesso procedimento consente di riunire le due iniziative (fallimento e concordato) davanti al medesimo giudice, che potrà valutarle in modo coordinato.

La Cassazione ha chiarito che la scelta della Società Alfa di presentare la domanda in un foro diverso è stata una condotta che ha deliberatamente disarticolato i procedimenti. Di conseguenza, la società non può ora dolersi delle conseguenze della propria scelta, in applicazione del principio generale di autoresponsabilità. Il tribunale del fallimento, quindi, ha agito correttamente nel procedere alla declaratoria di insolvenza, non essendo vincolato da un procedimento attivato in modo irrituale in altra sede.

Conclusioni: implicazioni pratiche per le imprese in crisi

La sentenza rappresenta un monito per gli imprenditori in crisi. La scelta di avviare una procedura di regolazione della crisi, come la domanda di concordato, non può essere utilizzata in modo strumentale o dilatorio per sfuggire a un’istanza di fallimento già pendente. Esiste un preciso onere di correttezza e coordinamento procedurale: le domande vanno concentrate presso il giudice preventivamente adito. Agire diversamente non solo è contrario ai principi di economia processuale e di rapida definizione della crisi, ma espone la società al rischio concreto che il fallimento venga dichiarato senza attendere l’esito della procedura alternativa, vanificando gli sforzi di risanamento.

Se un’istanza di fallimento è già pendente, dove deve essere depositata una successiva domanda di concordato preventivo?
La domanda di concordato preventivo deve essere presentata dinanzi allo stesso tribunale presso il quale è già pendente l’istanza di fallimento, anche se il debitore ritiene quel tribunale incompetente.

Cosa succede se il debitore deposita la domanda di concordato presso un tribunale diverso da quello del fallimento?
Il tribunale investito dell’istanza di fallimento può procedere con la sua decisione e dichiarare il fallimento, poiché il debitore, scegliendo un foro diverso, viola l’onere di garantire la convergenza e la gestione unitaria dei procedimenti, rendendo la sua iniziativa disarticolata e potenzialmente abusiva.

Il principio della “consecuzione delle procedure” permette di derogare all’obbligo di depositare la domanda di concordato presso il giudice del fallimento?
No. La Corte ha chiarito che la consecuzione non è un principio generale in grado di derogare all’onere specifico del debitore di presentare la domanda di concordato dinanzi al giudice già investito dell’istanza di fallimento, in assenza di espresse indicazioni di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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