Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9563 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9563 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18577/2021 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE e dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., già RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
nonché contro
AUTOSCUOLA COGNOME RAGIONE_SOCIALE DI COGNOME E COGNOME, in persona del legale rappresentante p.t., NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli
avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, EMAIL; -controricorrente- avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila n. 685/2021, depositata il 03/05/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e Figlio asserendo di vantare un credito di circa 77.000,00 euro per servizi resi tra la fine del 2013 ed il 2014, oggetto del decreto ingiuntivo n. 393/2017 agiva per ottenere la declaratoria dell’atto con cui l’RAGIONE_SOCIALE aveva venduto a NOME COGNOME figlio di uno dei due soci, l’unico bene immobile di sua proprietà al prezzo di euro 160.000,00 da corrispondere mediante cinque rate annuali di euro 9.000,00 e una maxirata finale di euro 115.000,00 entro il 31/12/2017, senza interessi e senza iscrizione ipotecaria. Aggiungeva che in data 30/10/2014 i due soci della RAGIONE_SOCIALE (NOME COGNOME ed NOME COGNOME) avevano ceduto le loro quote a NOME COGNOME e NOME COGNOME per cui la compagine aveva assunto la nuova ragione sociale di Val di Sangro RAGIONE_SOCIALE di COGNOME Nicola RAGIONE_SOCIALE e sosteneva che, pur essendo la vendita anteriore al sorgere del credito, sussistevano i presupposti soggettivi perché fosse dichiarata inefficace: il prezzo era inferiore a quello di mercato, era stato concesso un lungo termine per il pagamento del corrispettivo, senza prevedere neppure la corresponsione di interessi, l’acquirente era figlio del socio della società venditrice, non vi era prova del pagamento del corrispettivo.
RAGIONE_SOCIALE aderiva alla domanda.
Il COGNOME, invece, ne chiedeva il rigetto, facendo rilevare che in data 30/04/2009 era stato stipulato un contratto preliminare di
vendita, che in quella data aveva pagato euro 45.000,00 a titolo di acconto, che aveva eseguito in seguito lavori di ristrutturazione dell’immobile promesso in vendita, per un costo di euro 72.000,00 e che dopo la vendita aveva versato alla RAGIONE_SOCIALE altri 45.000,00 euro, con tre assegni, l’8/10/2014, il 25/11/2014 ed l’8/01/2015.
Il tribunale accoglieva la domanda revocatoria, ritenendo che il contratto preliminare fosse inopponibile a parte attrice, essendo privo di data certa e che la dolosa preordinazione emergesse dallo stretto rapporto di parentela che legava l’acquirente ad uno dei soci-amministratori della società venditrice, dal fatto che il rapporto di collaborazione tra le due società (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE si protraeva da anni ed era prevista la sua continuazione anche dopo la vendita nonché dal fatto che l’RAGIONE_SOCIALE una volta ceduto l’immobile, aveva iniziato a non adempiere.
La Corte d’appello di L’Aquila, con la sentenza n. 685/2021 depositata il 03/05/2021, accertato che i crediti a tutela dei quali l’RAGIONE_SOCIALE aveva proposto l’azione revocatoria erano sorti tra la fine del 2013 ed il 2014, ha ritenuto pacifico che l’atto revocando era stato stipulato anteriormente e premesso che per la sua revocazione era necessaria la “participatio fraudis” del terzo acquirente, cioè la conoscenza da parte di questi della dolosa preordinazione dell’alienazione ad opera del disponente rispetto al credito futuro, accertabile anche mediante il ricorso a presunzioni, e che al fine di integrare l'”animus nocendi” era <> e non anche <>, ha concluso che nel caso di specie ricorrevano tutti i presupposti per revocarlo: i) il contratto definitivo quantificava il prezzo di vendita in euro
160.000,00, stabiliva tempi e modi di versamento, ma non faceva alcun riferimento né ad un negozio preliminare, né al fatto che l’acquirente avesse già versato anticipi o sostenuto spese negli anni precedenti; ii) il bonifico che il COGNOME affermava di avere eseguito faceva riferimento a tutt’altra obbligazione (anticipo per la cessione delle quote di una non meglio specificata ‘attività’); iii) dell’effettiva esecuzione dei lavori di manutenzione e del loro ammontare non era stata fornita alcuna prova, fatta eccezione per una fattura, a sua volta priva di data certa, proveniente dalla ditta individuale (RAGIONE_SOCIALE) cha faceva capo allo stesso appellante; iv) l’RAGIONE_SOCIALE, già in primo grado, aveva contestato l’effettivo versamento del corrispettivo, perciò, spettava al COGNOME la prova d’avere pagato il prezzo di vendita; v) quand’anche fosse stato pagato il corrispettivo e fossero stati eseguiti i lavori, come preteso dal COGNOME, il prezzo di vendita era stato stabilito in euro 160.000,00 e l’acquirente era tenuto a fornire la prova del pagamento di tale somma, viceversa, il COGNOME aveva dimostrato d’avere pagato, dopo la sottoscrizione del definitivo, soltanto l’importo di euro 45.000, per mezzo di tre assegni, di conseguenza, doveva escludersi che il prezzo fosse stato pagato e l’intera operazione doveva ritenersi volta a frodare il creditore e di tale intento fraudolento era stato partecipe il COGNOME, per lo stretto rapporto di parentela che lo legava ad uno dei soci dell’RAGIONE_SOCIALE; vii) l’atto di vendita aveva reso più disagevole il recupero del credito, senza la possibilità di attribuire rilievo alla tesi secondo cui l’atto dispositivo aveva consentito all’alienante di reperire liquidità, perché la società alienante aveva poi accumulato debiti per oltre 77.000,00 euro.
Il Tribunale di Lanciano, con sentenza n. 312/2019, in accoglimento della domanda ex art. 2901 cod.civ. proposta dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti della Val di Sangro RAGIONE_SOCIALE dichiarava inefficace il contratto di compravendita
intercorso tra la società COGNOME RAGIONE_SOCIALE e COGNOME RAGIONE_SOCIALE, già COGNOME Vincenzo e COGNOME RAGIONE_SOCIALE, e NOME COGNOME figlio di uno dei soci dell’alienante, avente ad oggetto l’opificio artigianale sito in Paglieta.
La Corte d’appello di L’Aquila, all’esito del giudizio di appello promosso dal COGNOME, con la sentenza n. 685/2021 depositata il 03/05/2021, ha rigettato il gravame e confermato la pronuncia del tribunale.
Il COGNOME ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulando tre motivi.
La società Val RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE. e l’RAGIONE_SOCIALE di COGNOME Giovanni e Figlio resistono con separati controricorsi.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denunzia la violazione e/o falsa applicazione di legge in riferimento all’art. 2901 c.c., n. 1 e n. 2 ed in relazione agli articoli 2697 e 2729 c.c.
Il ricorrente sostiene che, essendo stato l’atto revocando stipulato prima del sorgere del credito, avrebbe dovuto esigersi la prova dell’intenzione del debitore di nuocere alle ragioni del creditore e, trattandosi di atto a titolo oneroso, anche la prova della partecipatio fraudis del terzo acquirente.
La corte d’appello, affermando che <<quando l'atto di disposizione è anteriore al sorgere del credito, per integrare l'"animus nocendi" richiesto dall'art. 2901, 1° comma, n. 1, cod.civ. è sufficiente il mero dolo generico, e cioè la mera previsione, da parte del debitore, del pregiudizio dei creditori, e non è, quindi, necessaria la ricorrenza del dolo specifico, e cioè la consapevole volontà del debitore di pregiudicare le ragioni del creditore, e ritenendo provata la sua partecipatio fraudis per il mero fatto che
avesse un rapporto di parentela con uno dei soci dell'RAGIONE_SOCIALE si sarebbe limitata a pretendere la prova del dolo generico e a ritenerlo dimostrabile per presunzioni.
Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.
In argomento sono intervenute le Sezioni Unite di questa Corte con la decisione n. 1898 del 27/01/2025, enunciando il seguente principio di diritto: <>.
Coglie, dunque, nel segno la censura del ricorrente, perché se l’azione revocatoria ha ad oggetto atti dispositivi anteriori al sorgere del credito è richiesta, quale condizione per il suo esercizio, la dolosa preordinazione dell’atto da parte del debitore al fine di compromettere il soddisfacimento del credito (si parla in tal caso di ‘dolo specifico’) nonché, ove si tratti di atto a titolo oneroso, la partecipazione del terzo a tale pregiudizievole programma.
Occorre cioè che il disponente, alla data della stipulazione, avesse l’intenzione di contrarre debiti oppure fosse consapevole del sorgere della futura obbligazione e che abbia compiuto l’atto dispositivo per porsi in una situazione di totale o parziale impossidenza, in modo da precludere o rendere difficile al creditore l’attuazione coattiva del suo diritto. In riferimento alla posizione del
terzo acquirente, si richiede poi, ai fini della configurabilità della partecipatio fraudis , prescritta dall’art. 2901, 1° comma, n. 2 cod. civ. per il caso in cui si tratti di atto a titolo oneroso, la conoscenza della dolosa preordinazione dell’atto ad opera del disponente rispetto al credito futuro, la quale presuppone anche la conoscenza da parte del terzo dello specifico credito per cui è proposta l’azione, non necessaria invece nel caso di atto successivo al sorgere del credito, per la quale si ritiene sufficiente la mera consapevolezza da parte del terzo della diminuzione della garanzia generica, derivante dalla riduzione della consistenza patrimoniale del debitore.
La corte d’appello ha in tutta evidenza aderito all’indirizzo, secondo il quale, anche nel caso in cui l’atto impugnato sia anteriore al sorgere del credito, non sia necessaria la consapevole volontà del debitore di pregiudicare le ragioni del creditore, ma è sufficiente la semplice coscienza, da parte del primo, del pregiudizio arrecato al secondo (cfr. Cass. 4/09/2023, n. 25687; Cass. 27/02/2023, n. 5812; Cass. 15/10/2010, n. 21338; Cass. 7/10/2008, n. 24757), che le Sezioni Unite, con la decisione n. 1898 del 27/01/2025, hanno inteso superare.
2) Alla fondatezza nei suindicati termini del 1° motivo consegue, assorbiti il secondo e il terzo motivo , l’accoglimento del ricorso e la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’ Appello di L’Aquila, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione; dichiara assorbiti il secondo e il terzo motivo. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’A ppello di L’Aquila, in diversa composizione.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 14 febbraio 2025 dalla