Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20264 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20264 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25163/2023 R.G. proposto da :
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE IN PERSONA DEL CURATORE AVV. NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliati l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-controricorrenti-
nonchè contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente e ricorrente incidentale-
e contro
COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANZARO n. 626/2023 depositata il 24/5/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/6/2025 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
La società RAGIONE_SOCIALE e i coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME – suoi fideiussori – agivano ex articolo 2901 c.c. nei confronti di NOME COGNOME, ex amministratore della società, NOME COGNOME (coniuge di quest’ultimo) e NOME COGNOME (loro figlia) in relazione ad un atto di compravendita avvenuto il 13 settembre 2012 nella parte includente una donazione indiretta di tali genitori alla figlia.
La società RAGIONE_SOCIALE vantava nei confronti del NOME COGNOME un credito di euro 23.276,95, oltre a interessi e spese, quale frutto
di lodo arbitrale del 16 marzo 2017, di parziale accoglimento di azione di responsabilità per mala gestio ; i coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME vantavano un credito in ragione di quanto versato e da versare in relazione a fideiussioni prestate per i coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME a garanzia della società.
Interveniva in giudizio la società RAGIONE_SOCIALE prospettando un credito di euro 57.210,68.
All’esito della dichiarazione di fallimento delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE il giudizio veniva proseguito dalle rispettive curatele.
Con sentenza del 19 aprile 2021 il Tribunale di Catanzaro accoglieva la domanda dei fallimenti e dei COGNOME/COGNOME
Il COGNOME proponeva appello, cui resistevano i fallimenti e i COGNOME/COGNOME, mentre le altre parti rimanevano contumaci.
Con sentenza del 24 maggio 2023 la Corte d’Appello di Catanzaro rigettava la domanda revocatoria dei fallimenti, confermando l’accoglimento di quella dei COGNOME/COGNOME.
Avverso la suindicata sentenza della corte di merito il RAGIONE_SOCIALE propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso il COGNOME che spiega altresì ricorso incidentale sulla base di 5 motivi, cui resistono con controricorso i COGNOME/COGNOME
Considerato che:
Con il primo motivo il ricorrente in via principale denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 2901, primo comma, n.1 c.c., in riferimento all’articolo 360, primo comma, n. 3 c.p.c.
Si duole che, trattandosi nella specie di atto dispositivo anteriore all’insorgenza del credito, la corte di merito abbia erroneamente ‘ritenuto insufficiente la prova dell’ animus nocendi per i crediti posteriori all’atto’, laddove nella giurisprudenza di legittimità si
ritiene sufficiente la mera previsione del pregiudizio arrecato ai creditori – ovvero il dolo generico -.
1.2 Con il secondo motivo si duole che la corte di merito non abbia considerato che nella sentenza Cass. sez. 3, ord. 27 febbraio 2023 n. 5812 risulta chiaramente affermato che ‘per l’assoggettabilità a revocatoria dell’atto di disposizione anteriore … è necessario e sufficiente il mero dolo generico, e cioè la mera rappresentazione del pregiudizio’.
Lamenta che detto arresto risulta dalla corte di merito espressamente richiamato nella sentenza impugnata richiamato per negare la necessità del dolo specifico, per poi contraddittoriamente concludersi (pagina 7 della sentenza) che ‘ciò che difetta totalmente ai fini dell’interpretazione del dolo generico è la previsione alla data dell’atto dispositivo della futura insorgenza dei crediti verso la Vamec’.
1.3 I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono infondati.
È effettivamente sostenibile, visto il tenore delle sue argomentazioni, che il giudice d’appello abbia oltrepassato la linea della esigenza del solo dolo generico, esigendo il dolo specifico ai fini dell’accoglimento dell’azione pauliana in esame.
Tuttavia, questa linea – che di recente era stata ribadita proprio da Cass. sez. 3, ord. 27 febbraio 2023 n. 5812 nonché da Cass. sez. 3, ord. 4 settembre 2023 n. 25687, dando prosieguo a una ermeneutica maggiormente incline alla posizione del creditore, rappresentata soprattutto da Cass. sez. 3, 7 ottobre 2008 n. 24757 – è stata nelle more specificamente disattesa da S.U. 27 gennaio 2025 n. 1898, alla luce della quale, nella fattispecie di cui all’articolo 2901, primo comma, n.1, c.c., per atto dispositivo anteriore all’insorgenza del credito con l’espressione ‘dolosa preordinazione’ si fa riferimento al dolo specifico, la cui sussistenza quindi si esige.
Inequivoca in tal senso è subito la massima: ‘ In tema di azione revocatoria avente ad oggetto un atto di disposizione anteriore al sorgere del credito, ai fini dell’integrazione dell’elemento soggettivo della ‘dolosa preordinazione’, richiesta dall’art. 2901, comma 1, n.1, c.c., non è sufficiente la mera consapevolezza, da parte del debitore, del pregiudizio che l’atto arreca alle ragioni dei creditori (cd. dolo generico) ma è necessario che l’atto sia stato da lui compiuto in funzione del sorgere dell’obbligazione, al fine d’impedire o rendere più difficile l’azione esecutiva o comunque di pregiudicare il soddisfacimento del credito, attraverso una modificazione della consistenza o della composizione del proprio patrimonio (cd. dolo specifico), e che, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse a conoscenza dell’intento specificamente perseguito dal debitore rispetto al debito futuro ‘.
Con il primo motivo i ricorrenti in via incidentale denunciano violazione e falsa applicazione dell’articolo 329 c.p.c., in riferimento all’articolo 360, primo comma, n. 3 c.p.c.
Si dolgono che la corte di merito abbia erroneamente ritenuto non impugnata la sentenza del primo giudice quanto alla prova dell’elemento soggettivo -scientia damni -.
Lamentano che in ordine alla ricorrenza dell’elemento soggettivo (la consapevolezza del fideiussore COGNOME di arrecare pregiudizio agli altri cofideiussori COGNOME e COGNOME) la corte d’appello ha ritenuto che gli indizi valorizzati dal tribunale sono idonei ‘a rafforzare la prova dell’elemento psicologico dei debitori con riferimento ai crediti anteriori all’atto di disposizione ( scientia damni )’, e che su ciò ‘peraltro non vi è motivo d’impugnazione’.
Lamentano di avere viceversa proposto appello anche sulla prova della scientia damni dell’azione pauliana esercitata dai suddetti cofideiussori.
In particolare, il COGNOME invoca un passo dell’atto d’appello, presente nelle sue pagine 4-5, e richiama la sentenza di primo
grado ove riconosce provato l’elemento soggettivo suddetto (ricorso, pagina 10), per affermare poi che nell’appello si era qualificata ‘censurabile’ della sentenza ‘la parte motiva che in via presuntiva afferma la sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi ‘, sostenendo: ‘Sul punto la sentenza risulta priva di valida motivazione, essendosi il Giudice limitato ad asserire, con argomentazioni palesemente censurabili, che <>’. Tuttavia, nell’atto d’appello ‘è stato contestato ampiamente l’erroneo utilizzo delle presunzioni’ al fine di dimostrare l’elemento soggettivo della scientia damni del Citriniti in relazione a tutte le azioni revocatorie esercitate nel giudizio: pertanto, non vi sarebbe stata acquiescenza parziale ai sensi dell’articolo 329 c.p.c., nell’atto d’appello al contrario risultando ‘impugnato anche il capo … relativo alla prova della scientia damni nell’azione revocatoria promossa dai COGNOME/COGNOME.
2.1.2 Quanto al preteso errore del giudice d’appello di avere ritenuto non impugnata la sentenza del primo giudice sulla prova dell’elemento soggettivo -scientia damni -, va rilevato che nel ricorso incidentale non viene riportato neppure in sintesi l’effettivo contenuto del motivo d’appello.
Si rinviene soltanto, a pagina 5, quanto segue: ‘… veniva proposto l’odierno appello per il seguente motivo: <>’.
Va altresì osservato che il motivo di ricorso si appalesa altresì contraddittoriamente formulato là dove viene indicato (pagina 10 del ricorso) come passo ‘sul punto’ della sentenza d’appello una
parte di un periodo (sentenza, pagina 8) concernente quel che la corte territoriale ha qualificato come primo motivo del gravame, afferente alla posizione dei due fallimenti; solo successivamente la doglianza ha ad oggetto ‘il secondo motivo … da esaminare con riferimento alla posizione dei creditori NOME COGNOME e COGNOME COGNOME dichiarando che tale motivo ‘attinge la sentenza nella parte in cui ha ritenuto sussistente l’eventus damni’.
Dunque, l’odierna censura è quantomeno eccentrica rispetto al contenuto della sentenza d’appello e comunque non autosufficiente per dimostrare che il contenuto del motivo nei confronti dei COGNOME/COGNOME riguardava anche l’elemento soggettivo; i passi riportati dall’atto d’appello non sono adeguati a ‘distaccarsi’ dal contenuto del motivo come percepito dalla corte territoriale, né qui rileva l’argomento della presunzione, visto proprio il devolutum appena illustrato.
2.2.1 Con il secondo motivo i ricorrenti in via incidentale denunciano violazione e falsa applicazione degli articoli 2729 e 2901 c.c., in riferimento all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., per avere il giudice d’appello ‘erroneamente valutato gli indizi emersi dalla documentazione acquisita’.
2.2.2 Pur tentando di coprirne l’effettiva sostanza tramite argomentazioni sull’istituto della presunzione -sine dubio artificiose in un siffatto contesto -, il presente motivo, ictu oculi , è direttamente fattuale, e pertanto inammissibile.
2.3.1 Con il terzo motivo vengono lamentate ai sensi dell’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’articolo 2901 c.c. per avere il giudice d’appello ‘erroneamente ritenuto la sussistenza dell’elemento oggettivo dell’ eventus damni ‘, nonché violazione e falsa applicazione degli articoli 1946 e 1954 c.c.
La corte territoriale, in ordine all’entità dei crediti fatti valere ex articolo 2901 c.p.c. dai COGNOME/COGNOME, ha ritenuto ‘sufficiente
osservare che nelle more del giudizio sono stati ammessi al passivo per l’importo di € 170.581,70 e che per tale importo, al netto delle ulteriori esposizioni debitorie della Vamec da essi garantite, è superiore al valore del patrimonio residuo dei coniugi COGNOME/COGNOME, deducendone l’inconsistenza delle ‘generiche contestazioni’ sull’ eventus damni .
I coniugi COGNOME avrebbero agito per un ‘credito a titolo di azione di rivalsa pro quota per somme versate o da versare per le fideiussioni prestate in solido con COGNOME NOME e COGNOME NOME‘ per la società RAGIONE_SOCIALE. Un cofideiussore che ha pagato ha regresso verso ‘gli altri fideiussori’ per la loro rispettiva posizione (articoli 1946 e 1954 c.c.); e ‘presupposto per l’azione di regresso sarebbe il pagamento dell’intero debito’. Nel caso in esame i coniugi COGNOME/COGNOME, ‘relativamente alle singole fideiussioni, sostengono di avere pagato in qualità di fideiussori … euro 170.581,70’; ciò, secondo il ricorrente, ‘significa che l’ammissione al passivo’ per tale somma ‘nulla dimostrano’, giacché la quota che potrebbe essere oggetto dell’azione di regresso nei confronti del COGNOME sarebbe di euro 42.645, cioè un quarto di euro 170.581,70, per cui il suo patrimonio residuo, stimato in euro 104.460 dal CTU, sarebbe capiente.
2.3.2 A tacer d’altro, anche per questo motivo, come il precedente, non vi è riscontro nell’esposizione dei fatti contenuta nel ricorso, ove a pagina 4 i ricorrenti si limitano a dedurre che ‘si trattava di crediti eventuali e solo presunti … ed enormemente inferiori’.
Sul contenuto dell’appello è sufficiente, a questo punto, richiamare il primo motivo; l’argomentazione si sostanzia in una doglianza di mero fatto, attinente all’importo del credito vantato dai coniugi COGNOME/COGNOME.
Il motivo, pertanto, patisce un’evidente inammissibilità.
2.4.1 Con il quarto motivo denunciano, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’articolo 2901
c.c., nonché, ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., nullità della sentenza per motivazione apparente, la sentenza d’appello non avendo indicato l’ammontare del debito residuo di Vamec garantito dalla fideiussione rilasciata dal COGNOME e dai coniugi COGNOME
2.4.2 Anche questa censura è di natura fattuale nella sua prevalente sostanza, e quindi inammissibile, nella parte in cui persegue un terzo grado di merito nella ricostruzione dei fatti.
Quanto al preteso vizio motivazionale va osservato che la corte territoriale ha implicitamente ma evidentemente rinviato al contenuto della disposta consulenza tecnica d’ufficio, nonché a quanto è emerso dal passivo fallimentare (sentenza, pagina 9), in ordine al debito invocato nel motivo.
2.5.1 Con il quinto motivo i ricorrenti in via incidentale denunciano, violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., in riferimento all’articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., unitamente all’errato intendimento degli esiti della consulenza tecnica d’ufficio. La Corte d’appello, in sintesi, avrebbe omesso di considerare, in particolare, le doglianze mosse dall’appellante in ordine agli esiti situazione
della consulenza tecnica d’ufficio, in relazione alla ipotecaria.
2.5.2 Come si è osservato per il precedente motivo, il ricorrente non tiene conto del rinvio, effettuato dalla corte territoriale a pagina 9 della sentenza, a quella che la corte appunto definisce risposta ‘esauriente’ alle sue critiche fornita dal consulente tecnico d’ufficio.
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso incidentale.
Attesa la reciproca soccombenza va disposta la compensazione tra i ricorrenti, in via principale e incidentale, delle spese del giudizio di cassazione.
Le ragioni della decisione costituiscono giusti motivi per disporsi la compensazione delle spese del giudizio di cassazione anche tra i ricorrenti e i controricorrenti.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi, principale e incidentale. Compensa tra tutte le parti le spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per i rispettivi ricorsi, principale e incidentale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 30 giugno 2025