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Dolosa preordinazione: la Cassazione sul dolo specifico

La Cassazione affronta il tema della dolosa preordinazione in un’azione revocatoria contro un atto di disposizione patrimoniale anteriore al sorgere del credito. Richiamando un recente intervento delle Sezioni Unite, la Corte stabilisce che non è sufficiente il dolo generico (mera previsione del pregiudizio), ma è necessario il dolo specifico, ovvero l’intento fraudolento di sottrarre il bene alla garanzia del futuro creditore. Sulla base di questo principio, ha rigettato i ricorsi presentati.

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Dolosa preordinazione e azione revocatoria: le Sezioni Unite richiedono il dolo specifico

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale nell’ambito dell’azione revocatoria: la dolosa preordinazione. La questione centrale riguarda l’elemento soggettivo richiesto al debitore quando compie un atto dispositivo del proprio patrimonio prima che il credito sia sorto. La decisione, richiamando un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite, stabilisce un principio fondamentale: non basta la mera previsione di un futuro debito, ma è necessaria la prova di un’intenzione specificamente fraudolenta. Analizziamo insieme i contorni di questa importante pronuncia.

I fatti di causa

Il caso trae origine dall’azione revocatoria promossa dalla curatela di una società fallita e da alcuni suoi fideiussori. L’azione era diretta contro un ex amministratore della società, la moglie e la figlia. Oggetto della controversia era un atto di compravendita immobiliare, risalente al 2012, con cui i genitori avevano trasferito un bene alla figlia, operazione che i creditori assumevano celare una donazione indiretta. I crediti vantati dai ricorrenti erano sorti in parte successivamente a tale atto, in particolare a seguito di un lodo arbitrale del 2017 che aveva accertato la responsabilità dell’ex amministratore per mala gestio. I creditori sostenevano che l’atto di disposizione fosse stato compiuto con l’intento di sottrarre il bene alla loro futura garanzia patrimoniale. Mentre il Tribunale aveva accolto la domanda, la Corte d’Appello aveva riformato parzialmente la decisione, rigettando la domanda revocatoria dei fallimenti. La questione è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La dolosa preordinazione secondo la Cassazione

Il cuore della pronuncia della Suprema Corte ruota attorno all’interpretazione dell’articolo 2901, primo comma, n. 1, del codice civile. Questa norma disciplina i requisiti per l’azione revocatoria in relazione ad atti anteriori al sorgere del credito, richiedendo che l’atto sia stato “dolosamente preordinato al fine di pregiudicare il soddisfacimento” del creditore. Il dibattito giurisprudenziale si è a lungo concentrato sulla natura di questo dolo:

* Dolo generico: La semplice consapevolezza e previsione del pregiudizio che l’atto potrebbe arrecare ai futuri creditori.
* Dolo specifico: L’intenzione mirata e specifica di compiere l’atto proprio in funzione del sorgere della futura obbligazione, con lo scopo di impedirne o renderne più difficile l’adempimento.

La Corte di Cassazione, nel caso di specie, ha posto fine a ogni incertezza richiamando la sentenza delle Sezioni Unite n. 1898 del 2025. Tale pronuncia ha stabilito in modo inequivocabile che la “dolosa preordinazione” si identifica con il dolo specifico.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che, per revocare un atto anteriore al credito, non è sufficiente dimostrare la mera consapevolezza del debitore del pregiudizio che l’atto arreca alle ragioni dei creditori (il cosiddetto dolo generico). È invece necessario provare che l’atto sia stato compiuto proprio in funzione del sorgere della futura obbligazione. In altre parole, il debitore deve aver agito con l’intento specifico di modificare la consistenza del proprio patrimonio per pregiudicare il soddisfacimento di un debito futuro. Nel caso di atti a titolo oneroso, è inoltre richiesta la prova che il terzo fosse a conoscenza di questo specifico intento fraudolento del debitore. La Suprema Corte ha ritenuto che la Corte d’Appello, pur con un percorso argomentativo non del tutto lineare, avesse di fatto preteso una prova che andava oltre il dolo generico, allineandosi così, nella sostanza, al principio del dolo specifico. Poiché tale prova non era stata fornita, il ricorso principale è stato rigettato. Anche il ricorso incidentale, basato su presunte errate valutazioni probatorie e vizi procedurali, è stato dichiarato inammissibile perché tendeva a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento di maggiore rigore a tutela della certezza dei traffici giuridici. Per i creditori che intendono agire in revocatoria contro atti compiuti prima del sorgere del loro credito, l’onere della prova si fa più gravoso. Non sarà più sufficiente allegare una generica previsione di pregiudizio da parte del debitore, ma diventerà indispensabile dimostrare, con elementi concreti, che l’atto dispositivo è stato il frutto di un preciso disegno fraudolento finalizzato a danneggiare proprio quel creditore futuro. La decisione riafferma la necessità di un’intenzione specificamente diretta a ledere la garanzia patrimoniale, distinguendo nettamente tale ipotesi dalla semplice conoscenza del danno arrecato ai creditori già esistenti (scientia damni).

Quale tipo di dolo è necessario per l’azione revocatoria di un atto anteriore al credito?
Per l’azione revocatoria di un atto di disposizione compiuto prima del sorgere del credito, la Corte di Cassazione, richiamando le Sezioni Unite, ha stabilito che è necessario il dolo specifico. Non è sufficiente la mera previsione del pregiudizio (dolo generico).

Cosa si intende per dolo specifico nel contesto della dolosa preordinazione?
Per dolo specifico si intende che l’atto dispositivo deve essere stato compiuto dal debitore in funzione del sorgere di una futura obbligazione, con lo scopo mirato di impedire o rendere più difficile l’azione esecutiva del futuro creditore e di pregiudicare il soddisfacimento del suo credito.

È sufficiente la semplice consapevolezza di poter danneggiare futuri creditori per revocare un atto?
No. Secondo la sentenza, la mera consapevolezza (dolo generico) da parte del debitore che l’atto possa arrecare pregiudizio a futuri creditori non è sufficiente per integrare il requisito della ‘dolosa preordinazione’ richiesto dall’art. 2901 c.c. È richiesta la prova di un intento fraudolento specifico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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