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Dolosa esagerazione del danno: onere della prova

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di presunta dolosa esagerazione del danno da parte dell’assicurato, spetta alla compagnia assicurativa dimostrare l’intento fraudolento. La sola differenza tra il valore del danno dichiarato e quello accertato non è sufficiente a provare il dolo specifico dell’assicurato di ottenere un indennizzo superiore al dovuto. Il ricorso delle compagnie è stato quindi rigettato.

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Dolosa Esagerazione del Danno: la Cassazione Chiarisce l’Onere della Prova

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nei contratti di assicurazione: la dolosa esagerazione del danno. La questione centrale riguarda chi debba provare l’intento fraudolento dell’assicurato e quali elementi siano necessari per dimostrarlo. La Corte ha fornito principi chiari, ribadendo che l’onere della prova grava interamente sulla compagnia assicurativa e che una semplice discrepanza di valore non è sufficiente per negare l’indennizzo.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla richiesta di indennizzo presentata dal curatore fallimentare di una società a seguito di un grave incendio che aveva danneggiato i beni aziendali. Le diverse compagnie coassicuratrici si opponevano al pagamento, sostenendo che la società assicurata avesse commesso una dolosa esagerazione del danno, una condotta che, secondo una clausola della polizza, avrebbe comportato la perdita totale del diritto all’indennizzo.

Il Tribunale di primo grado aveva parzialmente accolto le ragioni della curatela, ma liquidando un importo molto inferiore a quello richiesto. Successivamente, la Corte d’Appello, riformando in parte la decisione, ha condannato le compagnie assicurative a pagare una somma complessiva ben più cospicua, respingendo l’eccezione di decadenza basata sulla presunta frode. Secondo i giudici di merito, le compagnie non avevano fornito una prova adeguata del dolo specifico dell’assicurato, ovvero dell’intenzione deliberata di ottenere un profitto illecito.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Le compagnie assicurative hanno impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando principalmente:

1. Violazione delle norme sull’interpretazione dei contratti: Sostenevano che la Corte d’Appello avesse interpretato erroneamente la clausola sulla dolosa esagerazione, richiedendo la prova di un “dolo specifico” simile a quello del reato di truffa, mentre sarebbe stato sufficiente un dolo generico.
2. Violazione delle norme sulla prova per presunzioni: Ritenevano che la Corte avesse ingiustamente svalutato gli elementi presuntivi da loro forniti, come la notevole differenza tra il danno dichiarato inizialmente e quello poi accertato in sede di perizia.
3. Omesso esame di un fatto decisivo: Lamentavano che i giudici non avessero adeguatamente considerato tutti gli indizi che, nel loro complesso, avrebbero dovuto portare a ritenere provato l’intento fraudolento.

La Prova della Dolosa Esagerazione del Danno

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi del ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno chiarito che, per “dolosa esagerazione del danno”, deve intendersi una condotta consapevole e deliberata volta a ottenere un indennizzo superiore a quello spettante. Non si tratta di una semplice divergenza di valutazione, ma di una richiesta scientemente gonfiata.

La Corte ha stabilito che l’onere di provare tale condotta fraudolenta spetta esclusivamente alla compagnia assicuratrice. Questa prova deve essere specifica e non può basarsi unicamente sul divario tra la richiesta iniziale dell’assicurato e la liquidazione finale del danno. Tale discrepanza, infatti, può derivare da molteplici fattori, incluse le oggettive difficoltà nell’accertare l’entità del sinistro, senza che ciò implichi necessariamente un intento malevolo.

Le Motivazioni della Decisione

Nel motivare la propria decisione, la Suprema Corte ha sottolineato che l’interpretazione della clausola contrattuale fornita dalla Corte d’Appello non era affatto arbitraria, ma ragionevole e conforme ai principi di diritto. Richiedere la prova del “dolo di voler ricevere un indennizzo superiore a quello di spettanza” non significa esigere la prova del dolo specifico della truffa, ma semplicemente accertare che l’assicurato abbia agito con la consapevole intenzione di frodare l’assicuratore.

Inoltre, la Corte ha ribadito che la valutazione delle prove, incluse quelle presuntive, è un compito riservato al giudice di merito. La Cassazione può intervenire solo se la motivazione è palesemente illogica o contraddittoria, cosa che non è avvenuta nel caso di specie. La Corte d’Appello aveva correttamente ritenuto che gli elementi forniti dalle compagnie (la sola differenza di valore e altre deduzioni generiche) non fossero sufficienti a costituire una prova grave, precisa e concordante dell’intento fraudolento.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza un principio fondamentale a tutela degli assicurati: la perdita del diritto all’indennizzo è una sanzione grave che può essere applicata solo in presenza di una prova certa e inequivocabile dell’intento fraudolento. Non basta un sospetto o una semplice discrepanza valutativa. Le compagnie assicurative che intendono avvalersi di clausole di decadenza per dolosa esagerazione del danno devono essere pronte a fornire elementi concreti e specifici che dimostrino, senza ombra di dubbio, la malafede del proprio cliente.

Cosa si intende per ‘dolosa esagerazione del danno’ in un contratto di assicurazione?
Si intende una condotta con cui l’assicurato, scientemente e con la consapevolezza di eccedere i limiti di una corretta valutazione, quantifica il danno allo scopo di ottenere un’indennità superiore a quella che gli spetterebbe a termini di contratto.

A chi spetta l’onere di provare la dolosa esagerazione del danno?
L’onere di provare la dolosa esagerazione del danno da parte dell’assicurato grava interamente sulla compagnia assicuratrice che intende far valere la clausola di decadenza dal diritto all’indennizzo.

La sola differenza tra l’importo richiesto dall’assicurato e quello accertato è sufficiente a dimostrare la frode?
No, secondo la Corte di Cassazione, la sola differenza tra la quantità di beni danneggiati dichiarati al momento della richiesta di indennizzo e quelli accertati successivamente in sede di perizia non è considerata una prova sufficiente del dolo dell’assicurato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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