Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 31308 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 31308 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16214/2020 R.G. proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, NOME, elettivamente domiciliate in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende;
– controricorrente –
nonchè contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
contro
ricorrenti
nonchè contro
PELLEGRINI ADOLFO, PELLEGRINI NOME CELLETTI COGNOME, NOME COGNOME NOME
intimati
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 38/2020 depositata il 08/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME citava in giudizio, avanti al Tribunale di Roma, COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME nonché il terzo chiamato COGNOME NOME, allegando di avere acquistato, con atto di cessione di quote a rogito notar Balletta del 24.10.2008, il 50% del capitale della RAGIONE_SOCIALE detenuto dai convenuti (segnatamente da COGNOME NOME per una quota di partecipazione del valore nominale di € 10.200,00, pari al 20% del capitale sociale; da COGNOME COGNOME per una quota di partecipazione del valore nominale di € 5. 100,00 pari al 10% del. capitale sociale; da COGNOME NOME per una quota di partecipazione del valore nominale di € 2.250,00 pari al 5% del capitale sociale).
Secondo l’attore nella specie ricorreva la fattispecie del dolo incidente, in relazione alle deteriori condizioni di acquisto e di
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determinazione del corrispettivo. con conseguente diritto al risarcimento del danno, ovvero, in subordine, ricorrevano le ipotesi di vendita gravata da pesi e vincoli, ovvero di evizione parziale.
Infatti, erano emersi numerosi debiti di natura fiscale con anche iscrizione ipotecaria sul lotto di terreno di cui l’COGNOME era proprietaria, distinto in catasto al fg.288, part.55. L ‘art. 12 dell’atto di cessione prevedeva reciproci obblighi di garanzia tra le parti mentre i cedenti, all’atto della vendita avevano dolosamente taciuto le pronunzie negative del giudice tributario che avevano determinato l’iscrizione ipotecaria.
I convenuti COGNOME NOME, COGNOME COGNOME NOME e NOME NOME si costituivano in giudizio con separati atti e chiedevano il rigetto della domanda e, in via subordinata, chiedevano accertarsi la responsabilità del procuratore NOME COGNOME per avere, questi, agito oltre i limiti del mandato, con conseguente obbligo di manleva da parte di quest’ultimo, per l’ipotesi di accoglimento della domanda attrice.
Il terzo chiamato COGNOME NOME si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto delle domande svolte nei suoi confronti, ed in subordine, in caso di condanna, di quantificare il risarcimento del danno tenuto conto della gratuità dell’incarico.
Il Tribunale rigettava la domanda dell’attore NOME COGNOME nei confronti dei convenuti COGNOME NOME, COGNOME COGNOME NOME e NOMECOGNOME dichiarava il non luogo a provvedere sulla domanda in garanzia dei convenuti nei confronti di COGNOME NOME.
NOME COGNOME proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
4. La Corte d’Appello di Roma rigettava il gravame. Richiamati i principi della giurisprudenza di legittimità in tema di dolo, la Corte territoriale evidenziava che nel caso di specie l’appellante, pur contrastando la motivazione nella parte in cui il giudice aveva valorizzato le pregresse trattative intercorse tra il fratello dell’appellante e la società, sottolineandone la propria completa estraneità, non aveva tuttavia minimamente contestato la circostanza della sottoscrizione di uno degli assegni versati in occasione del preliminare di acquisto del 50% delle quote dell’RAGIONE_SOCIALE sottoscritto da NOME COGNOME, per sé o per persona da nominare (cui poi sarebbe seguito il definitivo sottoscritto dalla RAGIONE_SOCIALE); circostanza questa utilizzata dal giudice per motivare la conoscenza, da parte di NOME COGNOME, della situazione debitoria della società nei confronti del Comune; ma soprattutto nulla aveva dedotto (e ciò era decisivo per superare i rilievi riguardanti il tempo intercorso tra le trattative e la cessione del 2006 e la cessione del 2008) in ordine al fatto che NOME COGNOME era socio della RAGIONE_SOCIALE, società che è, a sua volta, socia al 50% della RAGIONE_SOCIALE per effetto dell’acquisto avvenuto nel 2006.
Il Tribunale sul punto aveva così motivato: ” Non rileva, come eccepito dal l’ attore, che costui non avesse personalmente partecipato alle pregresse trattative e che non vi fosse in atti alcun documento a sua firma; infatti non va dimenticato che l ‘attore era socio, unitamente ai fratelli NOME ed NOME, della RAGIONE_SOCIALE, già socio al 50% della RAGIONE_SOCIALE.. Appare difficile anche solo ipotizzare che l ‘attore, socio con due fratelli della RAGIONE_SOCIALE (già titolare del 50% del capitale sociale della RAGIONE_SOCIALE fòsse totalmente al l’ oscuro della vicenda dell’Ici e che abbia pagato quasi
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un milione di Euro senza alcun accertamento, così che possa ritenersi plausibile il suo preteso inganno … “.
Tale rilievo, di natura indiziaria, era di rilevanza e pregnanza tale da consentire di affermare il raggiungimento della prova che quanto garantito con la clausola (preteso mezzo per indurre maliziosamente in errore l’acquirente) non aveva inciso sul processo volitivo dell’appellante, per essere questi a conoscenza, o per poterlo essere (in quanto socio della società RAGIONE_SOCIALE, già socia della RAGIONE_SOCIALE) del contenzioso esistente con il Comune di Perugia.
Secondo la Corte d’Appello l a motivazione era esauriente logica e coerente.
Quanto alla deduzione dell’appellante che comunque le sopravvenienze passive si erano verificate e quindi vi era la prova del danno che poteva essere determinato equitativamente, la Corte d’Appello evidenziava che il Tribunale aveva escluso che le sopravvenienze fossero state oggetto di garanzia e sul punto mancava ogni tipo di contestazione e, inoltre, il motivo di appello era del tutto generico, non avendo, l’appellante minimamente indicato a quali parametri il Tribunale avrebbe dovuto fare ricorso per quantificare il danno in via equitativa, nonostante nella motivazione su riportata fossero state espressamente evidenziate tali carenze.
Il motivo, quindi, per come formulato, era inammissibile in quanto in contrasto con quanto prescritto dall’art. 342 c.p.c..
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi di ricorso.
Ric. 2020 n. 16214 sez. S2 – ud. 13/11/2024
COGNOME NOME hanno resistito con controricorso, così come hanno resistito con altro controricorso COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME.
In prossimità dell’odierna udienza entrambi i controricorrenti hanno depositato memoria, insistendo nella richiesta di inammissibilità o rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti.
L’omesso esame sarebbe rappresentato dall ‘ art. 12 del contratto di cessione delle quote societarie.
Secondo parte ricorrente da tale norma pattizia deriverebbe l’irrilevanza della conoscenza del contenzioso esistente in quanto le parti cedenti hanno dichiarato e garantito con riferimento al momento storico di conclusione del contratto che non vi era alcuna pendenza, soprattutto di carattere fiscale, a carico della società. Ciò dimostrerebbe l’esistenza del dolo incidente che avrebbe gravemente leso il ricorrente.
In altri termini, al momento della cessione delle quote i cedenti hanno offerto una specifica garanzia che priva di rilievo qualsiasi ipotetica pregressa conoscenza del contenzioso da parte del ricorrente.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti.
L’allora appellante aveva indicato le sopravvenienze passive della società quali voci di danno, dunque, vi erano i criteri per determinare in via equitativa il danno che erano anche stati quantificati in complessivi € 144.957,43.
2.1 I primi due motivi di ricorso sono inammissibili.
Ric. 2020 n. 16214 sez. S2 – ud. 13/11/2024
La sentenza impugnata nel rigettare l’appello è conforme a quella di primo grado il che rende inammissibili i motivi in esame. Deve farsi applicazione del seguente principio di diritto: Nell’ipotesi di ‘doppia conforme’ prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimo strando che esse sono tra loro diverse (Cass. 5528/2014), adempimento non svolto. Va invero ripetuto che ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, le regole sulla pronuncia cd. doppia conforme si applicano ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto (id est, ai giudizi di appello introdotti dal giorno 11 settembre 2012). Peraltro, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che ricorre l’ipotesi di «doppia conforme», ai sensi dell’art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logicoargomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 7724 del 09/03/2022, Rv. 664193 – 01).
Nella specie, peraltro, la motivazione della sentenza di appello è integralmente confermativa di quella del giudice di primo grado
Ric. 2020 n. 16214 sez. S2 – ud. 13/11/2024
e infatti il ricorrente non indica alcuna difformità tra le due al fine di rendere ammissibile la censura di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Infine, deve osservarsi come il fatto dedotto sia stato pienamente esaminato e che la conoscenza del contenzioso fiscale e della situazione patrimoniale della società rende palese l’inesistenza del dolo non avendo le controparti posto in essere artifizi e raggiri in danno del ricorrente.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli artt. 91, 92, 112 e 324 c.p.c.
La Corte ha condannato parte ricorrente alle spese del grado di appello nonostante in primo grado le stesse fossero state compensate. Il potere del giudice d’appello di procedere ad una nuova regolamentazione delle spese sussiste solo in caso di riforma della sentenza. Dunque, in caso di mancata impugnazione sul punto non poteva modificarsi la statuizione sulla compensazione delle spese.
3.1 Il terzo motivo di ricorso è infondato.
La Corte d’Appello ha condannato il ricorrente, allora appellante, solo alle spese del giudizio di appello senza rideterminare quelle di primo grado che erano state compensate senza che vi fosse impugnazione sul punto.
La tesi del ricorrente secondo cui la compensazione delle spese del giudizio essendo passata in giudicato dovrebbe vincolare anche il giudice dell’appello è manifestamente infondata, dovendo questi provvedere in caso di rigetto del gravame alla regolamentazione delle spese del secondo grado con l’unico vincolo di non rimettere in discussione quelle del grado precedente. Di conseguenza è del
tutto infondata la censura di violazione delle norme indicate in rubrica.
Il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore di entrambe le parti controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nei confronti del primo gruppo di controricorrenti (COGNOME NOME) in euro 5000 oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge e nei confronti del secondo gruppo di controricorrenti (COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME) in euro 6000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge;
dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda