Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4073 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4073 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 20082/2020 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Raffadali (AG), alla INDIRIZZO, in persona del socio accomandatario e legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME, nonché quest’ultimo in proprio e COGNOME ANTONINA , tutti rappresentati e difesi, giusta procura speciale allegata in calce al ricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, presso il cui studio elettivamente domiciliano in Agrigento, alla INDIRIZZO.
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE SAN RAGIONE_SOCIALE, con sede in Canicattì INDIRIZZO), al INDIRIZZO, in persona del suo presidente e legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al la ‘ Memoria di nomina di nuovo difensore ‘ , da ll’ AVV_NOTAIO
Avanzato, presso il cui studio elettivamente domicilia in Canicattì (AG), al INDIRIZZO.
-controricorrente –
avverso la sentenza, n. cron. 72/2020, della CORTE DI APPELLO DI PALERMO, pubblicata il giorno 21/01/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 07/02/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 26 luglio 2013, n. 6651, il Tribunale di Agrigento accolse solo parzialmente le domande -di annullamento ex art. 1439 cod. civ. e risarcimento del danno, nonché di accertamento di illegittimità di clausole di contratti bancari e restituzione di indebito -proposte da RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME ed NOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE San Francesco Credito Cooperativo RAGIONE_SOCIALE (d’ora in avanti, anche, breviter , RAGIONE_SOCIALE), NOME COGNOME e NOME COGNOME (questi ultimi due, rispettivamente, vicedirettore generale e preposto della RAGIONE_SOCIALE).
I gravami, principale ed incidentale, promossi contro quella decisione, rispettivamente, dagli originari attori e dalla RAGIONE_SOCIALE convenuta, furono respinti dall’adita Corte di appello di Palermo, con sentenza del 21 gennaio 2020, n. 72, pronunciata nel contraddittorio anche con gli ivi costituitisi NOME COGNOME e NOME COGNOME.
2.1. Per quanto ancora di interesse in questa sede, quella corte espose, innanzitutto, che, « col primo motivo di gravame, gli appellanti (principali Ndr] si dolgono del mancato accoglimento della domanda diretta all’annullamento, per vizio del consenso (invocando il dolo determinante ex art. 1439 cod. civ.) dell’operazione bancaria eseguita in data 23/10/2007, con cui venne attuata l’anticipata parziale estinzione del mutuo del 06.10.2005, concesso dalla RAGIONE_SOCIALE per l’importo di € 1.400.000,00 (quest’ultimo f inalizzato alla estinzione integrale del saldo negativo di conto corrente con apertura di credito in essere con la stessa RAGIONE_SOCIALE). Contestano, in particolare, gli appellanti le ragioni del
rigetto della pretesa, avendo erroneamente il primo giudice escluso la natura negoziale all’atto di estinzione anticipata del mutuo, che comportò esborso di euro 479.800,00 (imputati quanto ad € 475.753,48 per rimborso capitale ed € 4.038,52 per interessi) , ritenendolo, invece, mero pagamento, e, dunque, atto dovuto ».
2.1.1. Considerò, poi, tale doglianza « solo in parte fondata », osservando che: i ) « È pacifico, oltre che documentalmente attestato, che: il contratto di mutuo del 06.10.2005 (versato in copia sia dagli appellanti che dalla RAGIONE_SOCIALE) prevedeva il rimborso rateale mediante pagamento di due rate annuali (con ammortamento ‘alla francese’) per 1 5 anni, con applicazione di tasso variabile e individuazione della prima rata per € 63.372,68; ancora, in data 08.10.2007 (così sinteticamente richiamando le circostanze in fatto qui rilevanti) venne erogato a RAGIONE_SOCIALE il secondo rateo di finanziamento pubblico correlato all’attività di impresa, attività per la quale (stante il ritardo di erogazione, dovuto a diverse cause) era stata dapprima acceso rapporto di apertura di c redito in conto corrente di importo pari al contributo (€ 1.326.819,09), e in seguito il citato mutuo (‘destinato all’estinzione integrale del saldo negativo del conto corrente’: così gli appellanti); coevamente, vennero appostate sul medesimo conto corrente (nel quale era transitato il detto rateo) le quattro rate nel frattempo scadute del mutuo, comprensive di interessi di mora; l’intera somma residua del rateo del contributo venne quindi impiegata con l’estinzione anticipata del 23/10/2007, che comportò una rimodulazione delle rate successive del mutuo, essendo diminuito l’ammontare da restituire. Il Tribunale ha ritenuto anche quest’ultimo passaggio (oltre al pagamento delle rate scadute) quale pagamento, e quindi tale da non poter essere considerato atto annullabile, siccome dovuto non avendo autonoma valenza negoziale. L’assunto non può essere condiviso, dovendosi osservare che il pagamento che vi fu afferiva alle rate scadute del mutuo, mentre il successivo pagamento non era dovuto, afferendo rate ancora a scadere; facendo leva sulle previsioni contrattuali appunto afferenti l’estinzione anticipata parziale, era da considerare atto negoziale volto alla rimodulazione dei termini del contratto »; ii ) « la possibilità per i contraenti
di rideterminare consensualmente le condizioni del contratto si rinviene nell’art. 1321 c.c. il quale, come noto, consente alle parti di porre in essere accordi anche per modificare rapporti giuridici di tipo patrimoniale; di conseguenza, la previsione contenuta nel testo negoziale del 2005 altro non era che espressione dei principi generali, e denota l’essenza negoziale della rinegoziazione. Rinegoziazione evidentemente richiesta ma verosimilmente anche sollecitata dalla banca, come emerge non solo dalle allegazioni sul punto della società appellante, attese diverse circostanze in fatto », di cui diede espressamente conto; iii ) « Non vi sono però elementi per sostenere che la volontà negoziale del COGNOME NOME (legale rappresentante della società debitrice) sia dirsi sorta per effetto di ‘pressioni’ dei funzionari della RAGIONE_SOCIALE, e meno che mai che si verta in ipotesi di fatti negoziali che (relativamente alla rinegoziazione del mutuo, perché per il pagamento si verte in tema di adempimento, e quindi di atto dovuto non negoziale, come evidenziato dal Tribunale) possano integrare il dolo evocato dagli appellanti, ex art. 1439 c.c., pur all’esito dell’istruttoria orale espletata. Proprio dalle testimonianze assunte nel presente giudizio, si evince che le circostanze che a detta degli appellanti avrebbero dovuto dimostrare la sussistenza del dolo non risultano compr ovate »; iv ) « Nel caso di specie, gli elementi emersi danno conto soltanto di indicazioni generiche che sarebbero state prospettate dalla ban ca, sull’obbligo di RAGIONE_SOCIALE di cedere l’ammontare ricevuto quale porzione del contributo pubblico: ma ciò non trova riscontro nell’atto posto in essere, di rinegoziazione del mutuo, che comportò certamente beneficio per la società, stante la diminuzione e degli importi delle rate successive, e del complessivo costo dell’operazione. Che le frasi dei funzionari integrassero menzogne atte a determinare il consenso non emerge dalla documentazione ammannita, e neanche dalla deposizione, atteso che il COGNOME COGNOME, peraltro accompagnato da persona di fiducia quale il contabile della società , era imprenditore avvezzo a trattare con le banche, e dunque facilmente in grado di percepire, a fronte della genericità di quanto prospettatogli (per come emerso dalla deposizione) e della mancanza di riscontro documentale alle ‘promesse’ che sarebbero state esternate, la
portata del tutto limitata di ciò, di guisa che non può dirsi dimostrato che abbia avuto efficienza causale sulla determinazione volitiva dell’obbligato, e, in sintesi, sul consenso di quest’ultimo. Che poi RAGIONE_SOCIALE avesse invece necessità di entrare in possesso delle somme accordate, e che quindi era ‘illogico’ che rinegoziasse il mutuo privandosi della intera liquidità correlata al rateo di contributo ricevuto, è circostanza che contrasta con quanto allegato dalla RAGIONE_SOCIALE (e non contestato dagli appellanti), e cioè che la stessa avesse nelle more attivato altro finanziamento con diverso istituto di credito, di guisa da ottenere la liquidità necessaria a proseguire l’attività di impresa. Ne deriva che risulta indimostrata la sussistenza del dolo invocato: dal che consegue l’infondatezza, comunque, delle doglianze dell’appellante, anche con riguardo agli altri aspetti del gravame (sulla chiesta declaratoria di illegittimità della risoluzione del mutuo, e sul risarcimento del danno) correlate a quel primo motivo ».
Per la cassazione di questa sentenza hanno proposto un unico ricorso RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME ed NOME COGNOME, affidandosi a due motivi, cui ha resistito, con controricorso, illustrato anche da memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ., RAGIONE_SOCIALE San Francesco Credito Cooperativo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi del ricorso di RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME ed NOME COGNOME (che risulta essere stato notificato esclusivamente alla RAGIONE_SOCIALE San Francesco Credito Cooperativo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, mentre il controricorso di quest’ultima è stato notificato pure a NOME COGNOME e NOME COGNOME, appellati in sede di gravame) denunciano, rispettivamente, in sintesi:
« Articolo 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c.: violazione e falsa applicazione dell’art. 132, n. 4, c.p.c., dell’art. 276 c.p.c. e dell’art 118 disp. att. c.p.c. -Motivazione mancante e/o apparente ». Si assume che: i ) « La statuizione giudiziale oggetto della presente impugnazione deve ritenersi illegittima e oggetto di totale riforma nella parte in cui la Corte d’Appello di Palermo, riferendosi alla stampa contabile dell’istituto di credito RAGIONE_SOCIALE San Francesco Credito Co operativo Soc. Coop. datata 23.10 .2007, utilizza
diverse definizioni terminologiche alle quali corrispondono altrettante, e diverse, qualificazioni e discipline giuridiche, di tal guisa integrando un manifesto caso di motivazione apparente e contraddittoria, comunque non univoca e tale da consentire il corretto e compiuto esercizio del diritto di difesa. Più specificamente, il Giudice d’Appello, in seno al provvedimento oggetto del presente gravame, definisce la stampa contabile di cui sopra -denominata dalla banca ‘PIANO DI RIENTRO’ quale ‘ATTO DI EST INZIONE ANTICIPATA’ (pag. 4 sentenza 72/2020), salvo poi fare riferimento ad uno strumento di ‘RINEGOZIAZIONE’ del mutuo (pag. 4 sentenza 72/2020) »; ii ) « Il Giudice di Appello, erroneamente, argomenta nel senso di ritenere la stampa contabile del 23.10.2007, e la relativa operazione, atto dovuto ed indi non negoziale con riguardo alle rate scadute (così aderendo all’impostazione esegetica del Giudice di prime cure), e atto negoziale (al punto da invocare l’art. 1321 c.c. con riguardo agli accordi modificativi e parlare di ‘essenza negoziale della rinegoziazione’) per quanto concerne il secondo pagamento inerente alle rate non ancora scadute salvo, poi, comunque, escludere l’operatività del dolo determinante ex art. 1439 c.c. per mancata natura negoziale dell’atto, come se l’eventuale natura non negoziale del pagamento dovuto permeasse l’intero atto fino a rendere non negoziale anche l’estinzione anticipata parziale, e la conseguente rimodulazione delle rate, che, per sua natura e per espressa pattuizione contrattuale, è certamente atto negoziale. A ben vedere, anche sotto il profilo che ci occupa la motivazione della Corte d’Appello è contraddittoria e apparente in quanto l’Organo Giudicante esclude la negozialità dell’atto in esame salvo, poi, immediatamente dopo, alla pag. 5 dell’impugnato provvedimento , parlare di ‘volontà negoziale del COGNOME NOME‘ »; iii ) « Affetta da motivazione contraddittoria deve ritenersi la medesima statuizione giudiziale nella parte in cui il Giudice d’Appello si esprime n ei seguenti termini ‘Rinegoziazione evidentemente richiesta ma verosimilmente anche sollecitata dalla banca (…)’ salvo poi concludere ‘Non vi sono però elementi per sostenere che la volontà negoziale del COGNOME NOME sia dirsi sorta per effetto di ‘pressioni’ (…)’. Sul punto, valga la considerazione che la motivazione che sorregge un provvedimento giudiziale
deve porsi come cartina tornasole del ragionamento logico-giuridico posto in essere dal Giudice, al fine di addivenire alla definizione giudiziale della controversia sottoposta al Suo vaglio, nonché della legalità formale e sostanziale del ragionamento med esimo; ; dal che ne deriva che un provvedimento giudiziale deve connotarsi per intrinseca razionalità logicogiuridica oltre che per un procedere argomentativo consequenziale ed univoco. Caratteristiche, quelle citate, che non possono rinvenirsi nel provvedimento oggetto di impugnazione in seno al quale, per contro, si denotano posizioni esegetiche discordanti e reciprocamente contraddittorie, con conseguente nullità del provvedimento »;
II) « Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio -Omesso esame dell’eccezione relativa alla estinzione della cessione pro solvendo per effetto dell’estinzione dell’obbligazione principale (mutuo del 4.06.2003) ». Si ascrive alla corte distrettuale di avere omesso l’esame di un fatto decisivo per il giudizio, con riferimento alla eccezione, ivi formulata dagli appellanti, riguardante la dedotta ‘ carenza di giustificazione causale della cessione per intervenuta estinzione del debito principale al tempo dell’incasso da parte della banca della seconda tranche del finanziamento di esclusiva spettanza del ricorrente ‘. Né, a dire dei ricorrenti, sarebbe configurabile, nella specie, « una reiezione implicita della pretesa o della deduzione difensiva ovvero di un loro assorbimento in altre declaratorie, trattandosi di un vizio di nullità autonomo e distinto dalle altre domande » da essi formulate.
Il primo di tali motivi si rivela insuscettibile di accoglimento nel suo complesso.
2.1. Invero, giova premettere che la nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come introdotta dal d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 (qui applicabile ratione temporis , risultando impugnata una sentenza resa il 21 gennaio 2020), ha ormai ridotto al ‘ minimo costituzionale ‘ il sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché si è chiarito ( cfr . tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 35947, 28390, 26704 e 956 del 2023; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. nn. 26199 e 395 del 2021; Cass. n. 9017
del 2018) che è oggi denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; questa anomalia si esaurisce nella ” mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico “, nella ” motivazione apparente “, nel ” contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ” e nella ” motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile “, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ” sufficienza ” della motivazione ( cfr . Cass., SU, n. 8053 del 2014; Cass. n. 7472 del 2017. Nello stesso senso anche le più recenti Cass. nn. 20042 del 2020 e 23620 del 2020; Cass. nn. 395, 1522 e 26199 del 2021; Cass. nn. 27501 e 33961 del 2022; Cass. nn. 28390 e 35947 del 2023) o di sua ‘ contraddittorietà ‘ ( cfr . Cass. nn. 7090 e 33961 del 2022; Cass. nn. 28390 e 35947 del 2023). Cass., SU, n. 32000 del 2022, ha puntualizzato, altresì, che, a seguito della riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l’unica contraddittorietà della motivazione che può rendere nulla una sentenza è quella ‘ insanabile ‘ e l’unica insufficienza scrittoria che può condurre allo stesso esito è quella ‘ insuperabile ‘.
2.1.1. In particolare, il vizio di omessa o apparente motivazione della decisione sussiste qualora il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento ( cfr . Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. nn. 26199, 1522 e 395 del 2021; Cass. nn. 23684 e 20042 del 2020; Cass. n. 9105 del 2017; Cass. n. 9113 del 2012). Ne deriva che è possibile ravvisare una ‘ motivazione apparente ‘ nel caso in cui le argomentazioni del giudice di merito siano del tutto inidonee a rivelare le ragioni della decisione e non consentano l’identificazione dell’iter logico seguito per giungere alla conclusione fatta propria nel dispositivo risolvendosi in espressioni assolutamente generiche, tali da non permettere di comprendere la ratio decidendi seguita dal giudice. Un simile vizio, inoltre, deve apprezzarsi non rispetto alla correttezza della
soluzione adottata o alla sufficienza della motivazione offerta, bensì unicamente sotto il profilo dell’esistenza di una motivazione effettiva ( cfr . Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 26893 del 2020; Cass. n. 22598 del 2018; Cass. n. 23940 del 2017).
2.1.2. È noto, poi, che giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, per la conformità della sentenza al modello di cui all’art. 132, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., non è indispensabile che la motivazione prenda in esame tutte le argomentazioni svolte dalle parti al fine di condividerle o confutarle, essendo necessario e sufficiente, invece, che il giudice abbia comunque indicato le ragioni del proprio convincimento in modo tale da rendere evidente che tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse siano state implicitamente rigettate ( cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 956 del 2023; Cass. nn. 33961 e 29860 del 2022; Cass. n. 3126 del 2021; Cass. n. 25509 del 2014; Cass. n. 5586 del 2011; Cass. n. 17145 del 2006; Cass. n. 12121 del 2004; Cass. n. 1374 del 2002; Cass. n. 13359 del 1999).
2.2. Alla stregua dei principi tutti fin qui esposti, dunque, il vizio come oggi denunciato dalla censura in esame non è concretamente configurabile, posto che, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, dalla lettura della sentenza impugnata emerge, affatto agevolmente, come la motivazione posta a supporto dell ‘adottata decisione (già trascritta nel precedente § 2.1.1. dei ‘ Fatti di causa ‘, da intendersi qui riprodotto) non presenti carenze del procedimento logico seguito dalla corte territoriale, risultando la stessa completa e perfettamente comprensibile. Essa, inoltre, fornisce una giustificazione assolutamente in linea con il ‘ minimo costituzionale ‘ di cui si è detto quanto alle ragioni della ivi ritenuta infondatezza della domanda, ribadita in quella sede dagli appellanti, di annullamento, per vizio del consenso, dell’operazione bancaria, eseguita il 23 ottobre 2007, con cui venne attuata l’anticip ata estinzione soltanto parziale del mutuo del 6 ottobre 2005, concesso dalla RAGIONE_SOCIALE per l’importo di € 1.400.000,00 (quest’ultimo finalizzato alla estinzione integrale del saldo negativo di un precedente rapporto di conto corrente con apertura di credito in essere tra le parti), e la
contestuale rimodulazione delle residue rate dello stesso conseguente al diminuito ammontare complessivo ancora da restituire.
Parimenti insuscettibile di accoglimento si rivela il secondo motivo di ricorso.
3.1. Esso, invero, sebbene formulato con specifico riferimento al n. 5 del comma 1 dell’art. 360 cod. proc. civ. (relativo, come è noto, al vizio di ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetti di discussione tra le parti ‘), in realtà, per come concretamente argomentato, ascrive, alla corte territoriale l’omessa pronuncia su di una ‘ eccezione ‘ riguardante la pretesa carenza di giustificazione causale, e conseguente sua nullità, della cessione pro solvendo in garanzia del ‘ credito riguardante la seconda tranche relativo al RAGIONE_SOCIALE … fino ad un importo di euro 1326819,09 ‘ effettuata in favore della RAGIONE_SOCIALE con il contratto di apertura di credito in conto corrente ipotecario stipulato in data 4 giungo 2003, con atto per AVV_NOTAIO, rep. n. 54297, racc. n. 16181.
3.1.1. Trattandosi di omessa pronuncia su una ‘ eccezione ‘, il relativo vizio, allora, doveva chiaramente ricondursi a quello di error in procedendo di cui al n. 4, piuttosto che al n. 5, del menzionato art. 360, comma 1, cod. proc. civ., atteso che non costituiscono ‘ fatti ‘, agli effetti di quest’ultima previsione (nel già richiamato testo novellato qui applicabile ratione temporis), tra gli altri, le domande o le eccezioni formulate nella causa di merito, ovvero i motivi di appello, i quali costituiscono i fatti costitutivi della ‘ domanda ‘ in sede di gravame. In altri termini, l’attuale art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) per il giudizio, da intendersi riferito ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo ( cfr., ex aliis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 35947, 28390, 27505, 4528 e 2413 del 2023; Cass. n. 31999 del 2022; Cass., SU, n. 23650 del
2022; Cass. nn. 9351, 2195 e 595 del 2022; Cass. nn. 4477 e 395 del 2021; Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass., SU, n. 16303 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017; Cass. n. 21152 del 2015).
3.2. Pure riconducendo la doglianza in esame, previa sua riqualificazione ( cfr . Cass. n. 26310 del 2017; Cass. n. 25557 del 2017; Cass. n. 4036 del 2014; Cass., SU, n. 17931 del 2013), all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la stessa comunque si rivela insuscettibile di accoglimento.
3.2.1. Infatti, come risulta dal ricorso in esame ( cfr . pag. 21, dove si legge che « La circostanza in argomento veniva compiutamente riportata in seno all’atto di appello notificato in data 27.1.2014 e, precisamente, alla pag. 6 e alla pag. 30, ove veniva evidenziata la carenza di giustificazione causale della cessione per intervenuta estinzione del debito principale al tempo dell’incasso, da parte della banca, della seconda tranche del finanziamento di esclusiva spettanza del ricorrente »), la già descritta ( cfr . il precedente § 3.1. di questa motivazione) ‘ eccezione ‘ in relazione alla quale è lamentata l’omessa pronuncia era stata sollevata, per la prima volta, solo in sede di gravame e riguardava, peraltro, la pretesa nullità di un atto completamente diverso da quello (rappresentato, invece, dall’operazione bancaria del 27 ottobre 2007) per il cui annullamento si era agito in primo grado. Essa, dunque, in quanto inammissibile, stante il divieto di nova in appello di cui all’art. 345 cod. proc. civ., nemmeno imponeva alla corte di appello di pronunciarsi su di essa ( cfr. sostanzialmente in tal senso, Cass. n. 20363 del 2021 e Cass. n. 22784 del 2018) o di rilevarla di ufficio (proprio tenuto conto della diversità dell’atto asseritamente nullo rispetto a quello oggetto della richiesta di annullamento in primo grado).
In conclusione, dunque, l’odierno ricorso di RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME ed NOME COGNOME deve essere respinto, restando a carico degli stessi, in solido tra loro, le spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi banca controricorrente, altresì dandosi atto, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia
adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei medesimi ricorrenti, in solido tra loro, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso di RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME ed NOME COGNOME e li condanna, in solido tra loro, al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla banca controricorrente, liquidate in complessivi € 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei medesimi ricorrenti, in solido tra loro, dell’ulteriore importo a titolo di con tributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile