Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1476 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1476 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/01/2025
ORDINANZA
R.G.N. 29763/19
C.C. 9/01/2025
Vendita -Preliminare -Annullamento per dolo del terzo -Esecuzione specifica sul ricorso (iscritto al N.R.G. 29763/2019) proposto da:
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende, unitamente all’Avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso;
-controricorrente –
e
COGNOME NOME (C.F.: TARGA_VEICOLO ;
-intimato –
avverso la sentenza non definitiva della Corte d’appello di Genova n. 1101/2018, pubblicata il 28 giugno 2018, e la sentenza definitiva della Corte d’appello di Genova n. 311/2019, pubblicata il 4 marzo 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 gennaio 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse del ricorrente e della controricorrente, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 26-27 marzo 2009, la RAGIONE_SOCIALE conveniva, davanti al Tribunale di Genova, Balocco Stefano, al fine di sentire pronunciare l’esecuzione specifica del preliminare di vendita avente ad oggetto il locale ad uso ufficio, sito in Genova, INDIRIZZO, di cui alla scrittura privata autenticata del 18 ottobre 2006, rep. n. 32.472, racc. n. 17.063, trascritta presso la Conservatoria dei registri immobiliari di Genova il 26 ottobre 2006, r.g. n. 51.714, r.p. n. 30.855, per il prezzo di euro 52.000,00, di cui euro 20.000,00 già versati a titolo di caparra confirmatoria e acconto sul prezzo finale, il cui contratto definitivo avrebbe dovuto stipularsi non prima dell’11 giugno 2008 e non oltre il 30 giugno 2008, con l’acquisizione della detenzione anticipata del bene, oltre al risarcimento dei danni.
Si costituiva in giudizio COGNOME COGNOME il quale contestava, in fatto e in diritto, la fondatezza delle avversarie domande,
esponendo che, durante la vigenza del preliminare, la società promissaria acquirente aveva provveduto a mutare la destinazione urbanistica dell’immobile da ufficio ad uso abitativo, in accordo con il mediatore COGNOME socio della promissaria, allo scopo di conseguire l’acquisto dell’immobile ad un prezzo vantaggioso su cui lucrare a scapito del promittente alienante. Pertanto, in via riconvenzionale, chiedeva che fosse dichiarata la nullità o pronunciato l’annullamento del contratto preliminare per dolo del terzo, noto alla promissaria acquirente, o pronunciata la risoluzione per inadempimento della promissaria compratrice, con la condanna della società attrice alla restituzione e alla rimessione in pristino stato dell’immobile nonché al risarcimento dei danni da mancato utilizzo dello stesso. Chiedeva altresì che fosse autorizzata la chiamata in causa del mediatore COGNOME affinché fosse condannato al pagamento del maggior importo tra il valore dell’immobile ad uso abitativo e il corrispettivo pattuito a titolo di prezzo nel compromesso.
Si costituiva in giudizio anche il terzo chiamato COGNOME il quale eccepiva che nulla sapeva, al tempo del preliminare, dell’effettiva trasformabilità della destinazione urbanistica dell’immobile e che l’operazione di reperimento di un acquirente era avvenuta senza pagamento di alcuna provvigione a carico del Balocco, con la previsione di una data di stipula del definitivo di molto successiva alla stipula del compromesso per consentire al promittente venditore di mantenere i benefici fiscali di cui si era giovato al tempo dell’acquisto, collegati alla titolarità della proprietà del bene per almeno cinque anni.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza non definitiva n. 2281/2012, depositata il 19 giugno 2012, pronunciava l’annullamento del contratto preliminare di vendita immobiliare per dolo del mediatore, in concorso con la promissaria acquirente, condannando quest’ultima alla restituzione del bene e disponendo la prosecuzione del giudizio per la liquidazione del danno, con il rigetto delle domande proposte verso COGNOME.
Con sentenza definitiva n. 523/2013, depositata il 14 febbraio 2013, all’esito dell’espletamento di consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale di Genova condannava la promissaria compratrice al risarcimento dei danni, in favore del promittente venditore, nella misura di euro 22.521,38, oltre rivalutazione monetaria ed interessi.
2. -Con separati atti di citazione notificati il 4 luglio 2012 e il 5 luglio 2012, proponevano appello avverso la pronuncia non definitiva di primo grado la RAGIONE_SOCIALE e COGNOME, lamentando: 1) la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, quanto alla pronuncia dell’annullamento del preliminare per dolo; 2) in subordine, l’erronea affermazione circa l’integrazione del dolo determinante per l’annullamento del preliminare, a fronte del mutamento della destinazione d’uso dell’immobile effettuata dopo la promessa.
Con successivo atto di citazione del 9 maggio 2013, la RAGIONE_SOCIALE spiegava impugnazione anche avverso la sentenza definitiva, contestando: 1) la mancanza di prova del danno da mancato impiego locativo dell’immobile; 2) in subordine, l’erronea quantificazione di tale pregiudizio, effettuata sulla base del presunto valore figurativo; 3) in via ulteriormente
subordinata, l’erroneità o eccessività dell’importo liquidato a titolo di condanna alle spese di lite.
Si costituiva nei giudizi di impugnazione COGNOME Stefano, il quale instava per il rigetto degli appelli e, in via incidentale, chiedeva che la prima decisione impugnata fosse riformata, nella parte in cui non aveva riconosciuto la condanna alla rimessione in pristino stato dell’immobile e, in via incidentale condizionata, chiedeva che la medesima pronuncia fosse riformata, nella parte in cui aveva negato il risarcimento dei danni verso il COGNOME.
Previa riunione dei giudizi, decidendo sui gravami interposti, la Corte d’appello di Genova, con la sentenza non definitiva di cui in epigrafe, in accoglimento per quanto di ragione dell’impugnazione principale spiegata da Immobiliare Genova e in riforma della pronuncia non definitiva appellata, respingeva la domanda di annullamento del preliminare per dolo, rigettando altresì tutti gli altri appelli spiegati.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che dovevano considerarsi pacifici i seguenti fatti: l’acquisto, in favore del COGNOME, tre anni prima, dell’immobile ad uso garage; il mutamento della destinazione d’uso, a cura del Balocco, da uso garage ad uso ufficio, tramite tecnico di fiducia; la dichiarazione del tecnico incaricato dal COGNOME circa l’impossibilità di ottenere la trasformazione del bene in abitazione; la promessa di vendita del bene, da parte del Balocco, ad un prezzo pari al triplo di quello d’acquisto; la disponibilità del promis sario acquirente a posticipare al mese di giugno 2008 la stipulazione del definitivo, ai fini di consentire al promittente venditore di non corrispondere le
plusvalenze; il mancato pagamento della provvigione in favore del mediatore; la mancata conoscenza, da parte della promissaria acquirente e del mediatore, all’epoca della promessa, della realizzabilità del cambio d’uso; l’autorizzazione rilasciata dal promittente venditore a svolgere, nelle more, le opere sull’immobile; b ) che erroneamente era stata individuata l’esistenza di un accordo fraudolento tra il mediatore e la parte promissaria acquirente, volto a pregiudicare le ragioni del promittente venditore, atteso che, in realtà, la successiva iniziativa svolta dalla società per ottenere il cambio d’uso aveva un carattere meramente aleatorio e la sua fattibilità si era concretizzata solo in seguito, come testimoniato dal tecnico di fiducia del convenuto; c ) che, in generale, l’obbligo di informazione del mediatore era limitato alla situazione attuale e non si estendeva certo sino a rendere una consulenza sugli investimenti; d ) che la società promissaria acquirente non era a conoscenza, prima della promessa, della possibilità di mutamento della destinazione dell’immobile ad uso abitativo, cambio che avrebbe presupposto, non già una semplice domanda, ma altresì un notevole esborso economico, sicché la differenza di prezzo che il promittente venditore avrebbe potuto ottenere sarebbe stata comunque subordinata ad una radicale modifica del bene; e ) che non vi era alcuna prova sul dolo del mediatore, avendo il Tribunale ravvisato l’elemento soggettivo esclusivamente nella compartecipazione societaria del COGNOME nelle quote della società promissaria acquirente e nel vincolo di parentela esistente con il legale rappresentante di quest’ultima, a fronte della mancata richiesta di alcuna provvigione e dell’assenza di alcuna certezza
sulla possibilità di ottenere la nuova destinazione urbanistica; f ) che i generali obblighi incombenti sul mediatore professionale non erano stati violati, non gravando su questi alcun dovere di informativa di carattere tecnico, ad eccezione dell’ipotesi in cui tale specifico incarico fosse stato conferito, con l’effetto che, nel caso di specie, nessuna responsabilità poteva addebitarsi al COGNOME, cui non era stato conferito l’incarico di valutare se fosse stata esigibile la trasformazione ulteriore della destinazione urbanistica dell’immobile, tanto più che tale incarico era stato conferito, con esito negativo, un anno prima, dal COGNOME ad un architetto terzo di sua fiducia; g ) che le pratiche volte ad ottenere la destinazione ad uso abitazione dell’immobile erano state espletate dalla società promissaria acquirente dopo due mesi dalla sottoscrizione del preliminare, a fronte della precedente verifica dell’impossibilità della modifica della destinazione d’uso dell’immobile, come da testimonianza assunta; h ) che la disponibilità manifestata dal promittente alienante a sottoscrivere le necessarie istanze da indirizzare alle competenti autorità edilizie era significativa della consapevolezza del Balocco dell’intenzione della società Immobiliare Genova di apportare modifiche all’immobile; i ) che, ai fini dell’annullamento del contratto per dolo, la reticenza o il silenzio dovevano essere valutati in relazione alle particolari circostanze di fatto nonché alle qualità e condizioni soggettive dell’altra parte, onde stabilire se essi fossero stati idonei a sorprendere una persona di normale diligenza, giacché l’affidamento non avrebbe potuto ricevere tutela giuridica se fondato sulla negligenza.
Nel prosieguo del gravame, previo espletamento di consulenza tecnica d’ufficio, con la sentenza definitiva di cui in epigrafe, la Corte d’appello di Genova accoglieva la domanda di esecuzione in forma specifica del preliminare e, per l’effetto, disponeva il trasferimento dell’immobile, da RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE previo versamento del prezzo residuo di euro 32.500,00 e previa rimozione del soppalco, con effettuazione della relativa rettifica catastale a cura e spese della promissaria acquirente, con la previsione del diritto ad ottenere il risarcimento dei danni.
Sul punto, la Corte territoriale evidenziava: a ) che al promissario compratore era stata trasferita la detenzione qualificata sul bene; b ) che, pur essendo stata rilasciata l’autorizzazione del promittente venditore ai fini della realizzazione degli interventi di ripristino e di miglioria, tuttavia la precisazione secondo cui tale promittente avrebbe comunque sottoscritto, in favore della promissaria acquirente, tutte le necessarie istanze da sottoporre alle autorità edilizie, riservando al promissario la tipologia degli interventi ritenuti ‘più opportuni’, comportava un’esplicita estensione autorizzativa a tutte le opere, anche di trasformazione interna, che di fatto erano le uniche necessitanti di autorizzazione amministrativa; c ) che, per l’effetto, doveva trovare accoglimento la domanda di esecuzione in forma specifica, seppure tenendo conto delle nuove identificazioni catastali di cui alla mutata destinazione urbanistica; d ) che, quanto alla difformità catastale costituita dalla realizzazione del soppalco, costituente un’opera non conforme -per essere l’altezza sottostante difforme da quella regolamentare (ossia inferiore a
ml. 2,40) -, il consulente d’ufficio aveva accertato che tale difformità era regolarizzabile con la rimozione completa del soppalco e attraverso una pratica di variazione catastale, alla cui soluzione l’appellante aveva aderito, chiedendo che l’effetto traslativo fosse subordinato all’esperimento di detti adempimenti; e ) che conseguentemente, trattandosi di irregolarità urbanistica che non oltrepassava la soglia della parziale difformità dalla concessione e tenuto conto che la medesima era soggetta a sanatoria, non sussistevano impedimenti per l’emanazione della sentenza costitutiva, in quanto il corrispondente negozio traslativo non sarebbe stato nullo.
-Avverso le sentenze d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, COGNOME StefanoCOGNOME
Ha resistito, con controricorso, la RAGIONE_SOCIALE
È rimasto intimato COGNOME cui il ricorso è stato notificato ai soli fini della litis denuntiatio .
-Il ricorrente e la controricorrente hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Anzitutto deve essere affrontata l’eccezione pregiudiziale di inammissibilità del ricorso avanzata dalla controricorrente per difetto di estensione del contraddittorio verso COGNOME nonostante la contestazione del dolo di quest’ultimo, avendo il ricorrente notificato l’atto introduttivo del giudizio di legittimità al COGNOME ai soli fini della litis denuntiatio .
1.1. -L’eccezione è infondata.
E tanto perché l’impugnazione del promittente venditore è stata rivolta nei soli confronti delle statuizioni che riguardano il rapporto principale, ossia avverso il rigetto della domanda di annullamento per dolo e l’accoglimento della domanda di esecuzione specifica, aventi quale presupposto la stipulazione del preliminare di vendita immobiliare tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; rapporto rispetto al quale il mediatore COGNOME è terzo estraneo.
La circostanza che sia stata richiesta (e rigettata in appello) la domanda di annullamento del preliminare per dolo del terzo -di cui il promissario acquirente sarebbe stato a conoscenza e da cui avrebbe tratto vantaggio -ex art. 1439, secondo comma, c.c. non importa che il terzo cui il dolo sia imputato divenga parte processuale, non essendo parte sostanziale del contratto di cui si invoca l’invalidità relativa.
2. -Tanto premesso, con il primo motivo (riferito all’impugnazione della sentenza non definitiva) il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1427 e 1439 c.c. nonché degli artt. 1754 e 1759 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto che non vi fosse il dolo del terzo ai fini dell’annullamento del preliminare di vendita, nonostante il collegamento del mediatore con la società promissaria acquirente, essendo questi titolari della quota del 50% e non avendo lo stesso mediatore informato il promittente venditore della possibilità di ottenere la trasformazione dell’immobile ad uso abitativo, con la conseguente acquisizione di un valore superiore rispetto al valore dell’immobile ad uso ufficio.
Obietta l’istante che il mediatore avrebbe dovuto informare il promittente alienante della possibile trasformazione d’uso dell’immobile, di cui questi sarebbe stato a conoscenza in quanto intermediario dell’affare con una società di cui era socio al 50%, come desumibile dalla circostanza stessa che nel preliminare la società promissaria acquirente si era fatta autorizzare all’esecuzione dei lavori che aveva già progettato di compiere, facendosi consegnare il bene.
Aggiunge il ricorrente che il mediatore avrebbe avuto il preciso obbligo informativo relativo al prezzo praticabile di vendita, la cui valutazione avrebbe concretato il momento essenziale della sua attività, sicché avrebbe dovuto segnalare al cliente l’incremento del prezzo ottenibile per effetto di possibili diverse destinazioni urbanistiche.
2.1. -Il motivo è infondato.
Depurata la censura dall’inammissibile richiesta di rivalutazione degli accertamenti in fatto, che non può essere svolta in questa sede (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021; Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Sez. 6-5, Ordinanza n. 9097 del 07/04/2017; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014), deve, nella fattispecie, essere confermata la delibazione sull’esclusione dell’integrazione del dolo del terzo, avendo la pronuncia impugnata verificato che la conoscenza circa la possibilità di ottenere la destinazione d’uso abitativa era stata acquisita dopo la stipula del preliminare, a fronte della precedente attività prestata dal tecnico di fiducia del promittente alienante che aveva negato tale facoltà.
Ora, il mediatore, pur non essendo tenuto, in difetto di un incarico specifico, a svolgere, nell’adempimento della sua prestazione, particolari indagini di natura tecnico-giuridica, al fine di individuare fatti rilevanti ai fini della conclusione dell’affare, è pur tuttavia gravato, in positivo, dall’obbligo di comunicare le circostanze a lui note o comunque conoscibili con la comune diligenza che è richiesta in relazione al tipo di prestazione, nonché, in negativo, dal divieto di fornire non solo informazioni non veritiere, ma anche informazioni su fatti dei quali non abbia consapevolezza e che non abbia controllato, poiché il dovere di correttezza e quello di diligenza gli imporrebbero, in tal caso, di astenersi dal darle.
Ne consegue che, qualora il mediatore infranga tali regole di condotta, è legittimamente configurabile una sua responsabilità per i danni sofferti, per l’effetto, dal cliente (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 34503 del 11/12/2023; Sez. 3, Sentenza n. 16623 del 16/07/2010; Sez. 3, Sentenza n. 16009 del 24/10/2003).
Senonché, secondo l’accertamento in fatto insindacabile del giudice di merito, nessuna indagine tecnica era stata richiesta dal promittente venditore in ordine alla fattibilità del mutamento della destinazione del bene ad uso abitativo, a fronte dell’esclusione di tale possibilità prospettata dal tecnico di fiducia del COGNOME (che, a sua volta, aveva ottenuto, prima del compromesso, il cambio di destinazione da garage ad uso ufficio), né la pratica volta ad ottenere tale mutamento era stata avviata al tempo della stipulazione del preliminare, sicché non avrebbe potuto essere imputato al mediatore il difetto di informazione sul suo possibile esito, del tutto imprevedibile in
tale momento, nonostante la sua partecipazione societaria nel capitale della società promissaria acquirente.
D’altronde il fatto che, all’esito dell’ottenuto mutamento della destinazione urbanistica, la cui pratica era stata curata dalla promissaria acquirente dopo la stipula della promessa, il bene avesse assunto un maggior valore non è in sé indicativo di alcuna attività fraudolenta idonea ad ottenere l’annullamento del preliminare.
Ed ancora la partecipazione del mediatore nella società promissaria compratrice non risulta che abbia avuto alcuna incidenza concreta sui termini dell’affare.
Alla luce degli argomenti resi l’apprezzamento del giudice di merito -il quale, ai fini dell’annullamento del contratto, abbia escluso l’esistenza del dolo del terzo non è sindacabile in cassazione (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 140 del 08/01/1980; Sez. 2, Sentenza n. 5890 del 12/12/1978; Sez. 1, Sentenza n. 2896 del 07/09/1968).
A fortiori , alcun elemento è stato offerto sulla natura determinante del consenso di tale asserito contegno fraudolento, di cui in realtà è stata esclusa a monte l’integrazione, quale condizione indispensabile perché possa essere invocato l’annullamento ex art. 1440 c.c. ( dolus causam dans ), ossia del rifiuto che il promittente alienante avrebbe opposto alla stipulazione del preliminare qualora avesse saputo della fattibilità del mutamento della destinazione ad uso abitativo e non piuttosto della mera conclusione a condizioni diverse ( dolus incidens ) -Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 17988 del 01/07/2024; Sez. 3, Sentenza n. 12892 del 23/06/2015; Sez. 2, Sentenza n.
2479 del 05/02/2007; Sez. 3, Sentenza n. 12424 del 25/05/2006 -.
3. -Con il secondo motivo (riferito all’impugnazione della sentenza definitiva) il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1322 e 1362 c.c. nonché degli artt. 832 c.c. e 11 del d.P.R. n. 380/2001, per avere la Corte territoriale accolto la domanda di esecuzione in forma specifica, reputando: A) che la promissaria acquirente fosse legittimata a svolgere qualsiasi tipo di intervento edilizio ed a richiedere la trasformazione della destinazione urbanistica del bene, sulla scorta dell’autorizzazione concessa all’esecuzione dei lavori di ripristino e miglioria; B) che lo stato del bene ne consentisse il trasferimento, nonostante la consulenza tecnica d’ufficio espletata avesse evidenziato da un lato -che vi erano differenze tra lo status planimetrico rilevato nell’immobile e quello rappresentato nell’ultima pratica edilizia curata da Immobiliare Genova e -dall’altro che era necessario procedere alla regolarizzazione di tali differenze.
Osserva l’istante che la sentenza impugnata avrebbe inammissibilmente esteso l’oggetto degli interventi edilizi autorizzati nel preliminare, specificamente limitati ad interventi di ripristino e miglioria, agli interventi additivi destinati ad incidere sui beni condominiali, come i muri perimetrali, e a quelli finalizzati a realizzare il mutamento di destinazione d’uso rispetto a quella oggetto del compromesso.
3.1. -Il motivo è inammissibile.
La doglianza si traduce, infatti, nella richiesta di rivalutazione di fatti che non può compiersi in sede di legittimità.
E ciò con precipuo riferimento al rilievo a mente del quale, benché l’autorizzazione fosse stata rilasciata dal promittente venditore ai fini degli interventi di ripristino e di miglioria, tuttavia la precisazione secondo cui tale promittente avrebbe comunque sottoscritto, in favore della promissaria acquirente, tutte le necessarie istanze da sottoporre alle autorità edilizie, riservando al promissario la tipologia degli interventi ritenuti ‘più opportuni’, avrebbe comportato un’esplicita estensione autorizzativa a tutte le opere, anche di trasformazione interna, che di fatto erano le uniche necessitanti di autorizzazione amministrativa.
Né sul punto si ravvisa alcuna violazione dei canoni ermeneutici, poiché la ponderazione circa il fatto che gli interventi autorizzati comprendessero anche la richiesta del mutamento di destinazione d’uso è avvenuta nel rispetto della lettera del contratto, secondo l’impostazione innanzi delineata.
4. -Con il terzo motivo (riferito all’impugnazione della sentenza definitiva) il ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1346 e 40 della legge n. 47/1985, per avere la Corte distrettuale sostenuto che il bene oggetto di compromesso fosse affetto da irregolarità urbanistica che non avrebbe oltrepassato la soglia della parziale difformità dalla concessione, soggetta a sanatoria, con la conseguente insussistenza di alcun impedimento alla pronuncia costitutiva di esecuzione specifica, benché il bene fosse in concreto intrasferibile alla stregua di una radicale difformità urbanistica.
Espone l’istante che lo stato dell’immobile rappresentato nell’ultima pratica edilizia di riferimento, ai fini della legittimazione del cambio d’uso in abitativo, non contemplava il soppalco realizzato internamente, con una conseguente altezza inferiore a quella regolamentare di ml. 2,40, sicché la Corte d’appello non avrebbe potuto subordinare la produzione dell’effetto traslativo all’eliminazione di tale soppalco e alla conseguente rettifica catastale.
4.1. -Il motivo è infondato.
4.2. -Ed invero, la nullità comminata dall’art. 46 del d.P.R. n. 380/2001 e dagli artt. 17 e 40 della legge n. 47/1985 va ricondotta nell’ambito del terzo comma dell’art. 1418 c.c., di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità ‘testuale’ (e non già ‘virtuale’), con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un’unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell’immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve essere riferibile, proprio, a quell’immobile.
Pertanto, in presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8230 del 22/03/2019; nello stesso senso Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 12827 del 10/05/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 33754 del 04/12/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 33243 del 29/11/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 27251
del 25/09/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 23394 del 01/08/2023; Sez. 2, Sentenza n. 18998 del 05/07/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 5069 del 17/02/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 1897 del 23/01/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 1821 del 20/01/2023; Sez. 2, Sentenza n. 30425 del 17/10/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 15587 del 16/05/2022; Sez. 3, Ordinanza n. 538 del 15/01/2020).
Nella fattispecie è dunque sufficiente che l’opera realizzata nel suo complesso, e di cui è stato perfezionato l’impegno alla vendita, fosse stata oggetto di concessione edilizia, non assumendo una portata decisiva la conformità dell’immobile al titolo menzionato.
Non rileva, per l’effetto, che l’opera realizzata ( recte il mutamento di destinazione senza fare riferimento al soppalco) non fosse stata compiuta in osservanza di un titolo autorizzativo.
In presenza di un titolo autorizzativo riferito a monte al cespite nel suo complesso la pronuncia costitutiva non era inibita, in adesione al principio sulla natura formale e non sostanziale della nullità dell’atto traslativo che non evochi il titolo abilitativo (cui corrisponde la ricorrenza di un omologo limite per l’accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c.).
Segnatamente, in tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto un edificio o un terreno, è preclusa al giudice la possibilità di disporre il trasferimento coattivo della proprietà (o di altri diritti reali) solo allorché sia radicalmente assente, rispettivamente, la dichiarazione degli estremi della concessione edilizia relativa all’immobile (oggi permesso di costruire) e, in
mancanza, l’allegazione della domanda di concessione in sanatoria, con gli estremi del versamento delle prime due rate della relativa oblazione -, o il certificato di destinazione urbanistica relativo al terreno, trattandosi di condizioni dell’azione, il cui difetto è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado, non potendo tale pronuncia realizzare un effetto maggiore e diverso da quello possibile alle parti nei limiti della loro autonomia negoziale (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 34679 del 12/12/2023; Sez. 2, Sentenza n. 20886 del 18/07/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 7849 del 10/03/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 29581 del 22/10/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 18195 del 02/09/2020; Sez. 2, Sentenza n. 21721 del 27/08/2019; Sez. 6-2, Ordinanza n. 1505 del 22/01/2018; Sez. 6-2, Sentenza n. 8489 del 29/04/2016; Sez. 6-2, Ordinanza n. 22077 del 25/10/2011).
E ciò benché l’esistenza di tali riferimenti sia, appunto, una condizione dell’azione e non un presupposto della domanda, potendo, pertanto, intervenire anche in corso di causa nonché nel corso del giudizio d’appello, purché prima della relativa decisione, essendo l’allegazione e la produzione della relativa documentazione sottratte alle preclusioni che regolano la normale attività di deduzione e produzione delle parti (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 16068 del 14/06/2019; Sez. 2, Ordinanza n. 6684 del 07/03/2019).
Nel caso in esame pacificamente il titolo abilitativo era realmente esistente, sicché nessuna preclusione vi era alla produzione giudiziale dell’effetto traslativo.
4.3. -A fortiori , anche ove si consideri il piano sostanzialequalitativo al precipuo scopo della produzione dell’effetto
traslativo per via giudiziale, la difformità contestata non avrebbe avuto comunque alcuna valenza inibitoria, come osservato dalla Corte territoriale.
E tanto perché, a fronte di un intervento che implica la mera ‘parziale’ difformità dell’opera rispetto al titolo autorizzativo, tra l’altro sanabile sul piano amministrativo, l’effetto traslativo non era, in ogni caso, precluso.
Ebbene, in tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto di compravendita immobiliare, può essere pronunciata sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. in presenza di opere realizzate in parziale difformità dal permesso di costruire, che non realizzino variazioni essenziali al progetto originario, in quanto non incidono sulla validità del corrispondente negozio di trasferimento ai sensi dell’art. 40 della legge n. 47/1985 (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 19552 del 16/07/2024; Sez. 2, Sentenza n. 34 del 02/01/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 11636 del 04/05/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 22660 del 19/07/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 7849 del 10/03/2022; Sez. 2, Sentenza n. 11659 del 14/05/2018; Sez. 2, Sentenza n. 8081 del 07/04/2014; Sez. 2, Sentenza n. 20258 del 18/09/2009).
4.4. -La valutazione sulla parziale difformità dell’opera, come debitamente e congruamente motivata, non è sindacabile in questa sede, avendo rispettato i canoni sulla discriminazione tra totale e parziale difformità secondo la consolidata giurisprudenza amministrativa.
Giurisprudenza a mente della quale le difformità totali comportano la realizzazione di un organismo edilizio diverso per caratteristiche tipologiche, plano-volumetriche o di utilizzazione
da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile (Cons. St., Sez. VI, Decisione n. 7644 del 08/08/2023; Sez. VI, Decisione n. 1392 del 28/02/2022; Sez. VI, Decisione n. 6651 del 30/10/2020; Sez. VI, Decisione n. 4662 del 21/07/2020; Sez. II, Decisione n. 561 del 23/01/2020; Sez. VI, Decisione n. 7723 del 11/11/2019; Sez. IV, Decisione n. 3928 del 12/06/2019).
A contrario , in materia urbanistico-edilizia, il concetto di parziale difformità presuppone che un determinato intervento costruttivo, pur se contemplato dal titolo autorizzatorio rilasciato dall’autorità amministrativa, venga realizzato secondo modalità diverse da quelle previste e autorizzate a livello progettuale, quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera (Cons. St., Sez. VI, Decisione n. 5423 del 30/06/2022).
E nel caso in disputa la presenza del soppalco, in corrispondenza dell’angolo cottura (non menzionato nella pratica edilizia di mutamento della destinazione ad uso abitativo), con la correlata disponibilità manifestata dalla promissaria acquirente ai fini della sua regolarizzazione, è stata considerata congruamente, alla stregua di tali criteri, una mera difformità parziale, a prescindere dalla sua sanabilità.
4.5. -Tanto più che l’effetto traslativo è stato espressamente condizionato, su specifica richiesta della promissaria compratrice,
alla regolarizzazione dello stato dell’immobile, previa attuazione dei lavori di rimozione del soppalco.
Sicché la promissaria compratrice ha ritenuto conforme al proprio interesse concreto che fosse disposto il trasferimento del bene oggetto del preliminare, nelle more soggetto -a cura della stessa promissaria -al mutamento della destinazione d’uso (da uso ufficio ad uso abitativo), per effetto dell’autorizzata esecuzione dei lavori di ripristino e miglioria, con la presentazione delle pratiche amministrative reputate ‘più opportune’.
L’offerta della stessa promissaria acquirente di regolarizzazione dello stato del bene mediante l’attuazione dei lavori di eliminazione del soppalco non inibiva ( recte rendeva ‘possibile’) la produzione dell’effetto traslativo condizionato, secondo i poteri di integrazione e correzione che l’ordinamento appresta al giudice.
Segnatamente, a fronte della sostanziale identità strutturale e funzionale della cosa (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 18545 del 08/07/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 5961 del 05/03/2024; Sez. 2, Sentenza n. 1562 del 26/01/2010), il preliminare era comunque idoneo a ‘definitivizzarsi’, seppure in difetto di una perfetta coincidenza (coincidenza che non deve essere appunto intesa in termini rigorosi) tra preliminare e assetto definitivo degli interessi (ma senza che siano state apportate modificazioni di rilievo), sulla scorta dei poteri riconosciuti al giudice di determinazione ( recte adeguamento) dell’autoregolamento, qualora la produzione dell’effetto traslativo sia comunque ‘possibile’ e non sia esclusa dal titolo.
5. -In conseguenza delle argomentazioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 7.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda