Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12404 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12404 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/05/2025
OGGETTO:
divisione immobiliare
RG. 21394/2023
C.C. 17-4-2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 21394/2023 R.G. proposto da:
NOMECOGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
ricorrente
contro
NOMECOGNOME c.f. CODICE_FISCALE, NOMECOGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME controricorrenti
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in qualità di procuratore speciale di RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE già Società per la RAGIONE_SOCIALE
intimate avverso la sentenza n.262/2023 della Corte d’ appello di Lecce, depositata il 23-3-2023,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17-42025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con sentenza del 9-7-2002, emessa a definizione di due giudizi riuniti promossi da NOME COGNOME nei confronti della sorella NOME COGNOME per ottenere, tra l’altro, la divisione dei beni compresi nelle eredità dei genitori, NOME COGNOME e NOME COGNOME il Tribunale di Lecce ordinò la divisione di detti beni, nonché delle somme in possesso del custode giudiziario, e li attribuì ai due fratelli in ragione delle quote spettanti; la sentenza rigettò anche le domande con le quali i creditori ipotecari intervenienti Monte dei Paschi di Siena s.p.a. e Società per la Gestione di RAGIONE_SOCIALE avevano chiesto il mantenimento delle iscrizioni ipotecarie nella consistenza risultante al momento della costituzione dei diritti di garanzia reale.
Con sentenza del 6-62005 la Corte d’appello di Lecce rigettò l’appello di NOME COGNOME e avverso la sentenza NOME COGNOME propose ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
Con sentenza n. 21632/2010 depositata il 21-10-2010 la Suprema Corte ha accolto il primo motivo di ricorso, con il quale NOME COGNOME aveva sostenuto che la Corte d’appello avesse erroneamente respinto il suo gravame avverso la sentenza di primo grado che aveva disposto la divisione dei beni relitti sulla base di progetto divisionale redatto alla stregua di valori alla data di apertura della successione di NOME COGNOME nel 1971. La sentenza ha statuito:
« 2.2.Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in materia di divisione ereditaria, la stima dei beni per la formazione delle quote va compiuta con riferimento al loro valore venale al tempo della divisione, coincidente, nel caso di divisione giudiziale, con il momento di presentazione della relativa domanda giudiziale (Cass. sent. n. 15634 del 2006).
Si è poi chiarito che, nel relativo giudizio, occorrendo assicurare la formazione di porzioni di valore corrispondente alle quote, può aversi
riguardo alla stima dei beni effettuata in data non troppo vicina a quella della decisione soltanto se si accerti che, nonostante il tempo trascorso, per la stasi del mercato o per il minor apprezzamento del bene in relazione alle sue caratteristiche, non sia intervenuto un mutamento di valore che renda necessario l’adeguamento di quello stabilito al tempo della stima; il relativo accertamento è riservato all’apprezzamento di fatto del giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità qualora non sia sorretto da una motivazione logica ed adeguata (v. Cass., sent. n. 3635 del 2007).
Tale orientamento è stato, di recente, oggetto di una precisazione, essendosi ritenuto che, proprio per la possibile stasi del mercato e del conseguente deprezzamento del bene, la parte che solleciti una rivalutazione degli immobili per effetto del tempo t rascorso dall’epoca della stima deve allegare ragioni di significativo mutamento del valore degli stessi intervenute medio tempore, non essendo sufficiente il mero riferimento al lasso temporale trascorso (Cass., sent. n. 3029 del 2009).
La richiamata affermazione, peraltro, non inficia il principio generale secondo il quale il valore dei beni da dividere va considerato con riferimento al momento della divisione, al fine di garantire il rispetto dell’equilibrio tra le quote.
2.3.Ebbene, nella specie, non è revocabile in dubbio che la valutazione del patrimonio immobiliare da dividere operata sulla base di un progetto divisionale redatto nell’anno 2000 alla stregua di valutazioni risalenti al 1971, e che ha dato luogo ad una divisione disposta nel 2002, risulti affetta da vizio di illogicità. A nulla vale, in contrario, osservare, come fa la Corte di merito, che le eventuali oscillazioni di valore dei beni in questione rispetto alla valutazione degli stessi riferita al 1971 non avrebbero pregiudicato NOME COGNOME poiché di esse avrebbero beneficiato entrambi i condividenti.
Al riguardo, esattamente il ricorrente ha sottolineato che un siffatto rilievo non tiene conto della diversa incidenza che sulle costruzioni -come sui terreni- può svolgere il fluire del tempo, correttamente valorizzando la circostanza che i due palazzi da dividere tra i fratelli NOME presentano una differente tipologia e sono stati edificati in epoche diverse, il primo dei quali risalendo alla fine dell’800, il secondo agli anni ’50 del secolo scorso . » La sentenza ha altresì dichiarato che dall’accoglime nto del primo motivo conseguiva l’assorbimento degli altri, riferiti all’erronea applicazione dei principi in materia di divisione ereditaria, all’insufficiente motivazione sulla richiesta di nuova consulenza tecnica, alla violazione del giudicato con riguardo alle somme dovute dal ricorrente alla sorella e con riguardo alla mancata condanna degli intervenienti alla rifusione delle spese di lite.
2.Riassunta la causa da NOME COGNOME avanti la Corte d’appello di Lecce, si sono costituiti NOME COGNOME, le società creditrici ipotecarie e, in corso di causa, gli eredi di NOME Franco COGNOME COGNOME ed NOME COGNOME; il giudizio è stato definito con sentenza n. 262/2023 depositata il 23-3-2023.
Per quanto ancora interessa, la sentenza ha rigettato la richiesta di NOME COGNOME volta a escludere dal patrimonio da dividere i beni da lei ceduti a terzi con vendite nel 2003 e nel 2012, in quanto i beni continuavano a fare parte della comunione. Ha rigettato altresì la sua richiesta di supplemento di c.t.u. volto ad accertare che il prezzo di vendita era stato determinato in ragione degli investimenti da lei eseguiti, nonché la domanda volta a considerare i vantaggi ricevuti da NOME COGNOME grazie ai mutui con garanzia sui beni assegnati in divisione, nonché la richiesta di rinnovo della c.t.u. per accertare la differenza tra il valore venale dello stabilimento vinicolo di Cellino San Marco e il prezzo di aggiudicazione all’asta ; ciò in quanto le richieste
erano state proposte per la prima volta in sede di rinvio, la stima era stata contestata solo da NOME COGNOME e, in forza della pronuncia della Cassazione che aveva disposto il rinvio, era consentito solo eseguire l’aggiornamento delle stime .
Di seguito la sentenza ha considerato che NOME ed NOME COGNOME avevano chiesto l’attribuzione dell’importo relativo all’aggiornamento del prezzo di vendita per la quota di 10/27 a loro spettante, in relazione alla vendita degli immobili eseguito da NOME COGNOME ha dichiarato che tale domanda doveva essere interpretata come volta all’attribuzione dei frutti, che la domanda non era nuova, sia in quanto la richiesta di rendiconto era stata formulata nei precedenti gradi di merito, sia in quanto la domanda era la conseguenza delle vendite eseguite nel corso del giudizio nel 2003 e nel 2012 da NOME COGNOME Per l’effetto ha riconosciuto ai fratelli NOME gli interessi legali su 10/27 della somma di Euro 386.000,00 quale prezzo della vendita eseguita il 27-11-2003 da tale data fino alla decisione, gli interessi legali su 10/27 della somma di Euro 260.000,00 quale prezzo della vendita del 9-2-2012, gli interessi legali su 10/27 della somma di Euro 1.310.000,00 quale prezzo della vendita del 267-22012, da tale data. La sentenza ha dichiarato che doveva essere accolta anche l’istanza dei fratelli NOME di assegnazione in comunione al cinquanta per cento della piazzetta privata NOME Franco, rimanendo in caso contrario precluso l’accesso al fabbricato da assegnarsi ai germani NOME; quindi, a fronte della stima del c.t.u., per tale piazzetta ha riconosciuto conguaglio di Euro 5.600,00. Ha dichiarato che, dei due progetti divisionali elaborati dal c.t.u., doveva essere preferito il primo, in quanto era l’unico che prevedeva l’assegnazione a NOME COGNOME degli immobili da lei venduti a terzi; dato atto che non c’erano contestazioni sulla divisione dei beni mobili, ha disposto l’assegnazione dei beni immobili e mobili ai punti
20, 20.1, 20.2, 20.3 della sentenza. Ha escluso che le società creditrici intervenienti dovessero essere condannate alla rifusione delle spese e ha dato atto che erano ferme le statuizioni relative alla cancellazione di ipoteche e trascrizioni successive alla trascrizione della domanda di divisione dai beni assegnati a NOME COGNOME ha posto a carico della massa le spese di divisione, in proporzione delle quote ereditarie, e ha compensato le spese di lite tra le parti.
3.NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
NOME Franco ed NOME hanno resistito con controricorso.
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sono rimaste intimate.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 17-4-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, intitolato ‘ violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. in spregio dell’art. 112 c.p.c.’, la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia interpretato e accolto la domanda proposta dai fratelli NOME come volta a ottenere l’attribuzione dei frutti, in quanto la domanda era stata soltanto quella volta a ottenere un aggiornamento del valore dei beni assegnati a NOME COGNOME; quindi, poiché i fratelli NOME non avevano rinnovato alcuna richiesta di rendiconto, non avevano chiesto i frutti ma solo il riconoscimento del maggior valore dei beni assegnati alla controparte, lamentano che sia stato
violato il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ex art. 112 cod. proc. civ.; aggiungono che la pronuncia non rispetta neppure i limiti della sentenza n. 21632/2010 della Suprema Corte che ha disposto il rinvio.
2.Con il secondo motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., in spregio all’art. 2909 cod. civ., al principio affermato dalla sentenza n. 21632/2010 della Suprema Corte di Cassazione e all’art. 112 c.p.c., agl i articoli 565, 566, 713, 720, 723. 745 e 757 cod. civ., nonché vizio di motivazione’; rileva che nessuna delle parti ha chiesto una assegnazione dei beni immobili diversa da quella disposta dalla sentenza di p rimo grado risalente a oltre vent’anni orsono e sostiene che per questo la Corte d’appello abbia violato l’art. 112 cod. proc. civ.; lamenta che la sentenza abbia attribuito alle controparti la Corte del Telegrafo ad Asta n. 5,6 e 7 senza considerare che t ale immobile costituiva l’abitazione utilizzata da anni da NOME COGNOME e oggetto di un importante intervento edilizio di ristrutturazione e consolidamento statico a sue spese; lamenta altresì che siano stati assegnati ai fratelli NOME lo scavo antistante il INDIRIZZO COGNOME, stravolgendo la sentenza del Tribunale e in violazione del principio di cui all’art. 112 cod. proc. civ., in quanto gli eredi di NOME COGNOME non ne avevano fatto domanda, nonché in violazione del principio di diritto posto dalla sentenza che aveva disposto il rinvio, che non aveva previsto una diversa assegnazione dei beni rispetto alla sentenza del Tribunale. Rileva che la sentenza impugnata ha giustificato la scelta del primo progetto divisionale sulla base del dato che qu el progetto era l’unico che prevedeva l’assegnazione a NOME COGNOME degli immobili da lei venduti a terzi, ma ha omesso di considerare il dato dei pignoramenti sugli immobili originariamente
assegnati agli eredi di NOME COGNOME e ora assegnati a NOME COGNOME.
3.Con il terzo motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., in spregio agli articoli 565, 566, 713, 720, 723, 745 e 757 cod. civ. nonché vizio di motivazione e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.’ ; con esso la ricorrente ulteriormente censura la sentenza impugnata per avere riconosciuto agli eredi di NOME COGNOME la quota di 10/27 degli interessi legali maturati sul corrispettivo delle tre vendite di natura obbligatoria eseguite da NOME COGNOME dal 2003 al 2012; sostiene che in questo modo la sentenza abbia erroneamente calcolato gli interessi maturati dopo la divisione e non prima, evidenziando che sono stati oggetto di vendita i beni assegnati con la sentenza di primo grado. Lamenta che, nel contempo, nella formazione delle quote, la sentenza non ha considerato gli interessi che sarebbero spettati a NOME COGNOME sulle somme ricavate da NOME COGNOME mediante i mutui garantiti dai beni a lui assegnati; quindi deduce l’omesso esame di fatto decisivo con riferimento alla denuncia di successione di NOME COGNOME prodotta con la nota del 17-9-2022, dalla quale risultava che i beni oggetto di successione erano gravati da passività superiori al loro valore, a conferma dell’incongruità della valutazione dell’asse ereditario eseguita senza considerare i vantaggi economici dei quali hanno goduto i fratelli NOME a discapito di NOME COGNOME. Quindi sostiene che l’esatta valutazione dei beni attribuiti a ciascuna parte deve essere eseguita tenendo conto di quanto da ciascuno già incassato e che l’assegnazione degli immobili avrebbe dovuto tenere conto dei benefici ricavati esclusivamente dalle controparti per avere ottenuto mutui, del depauperamento che i gravami e le procedure
esecutive hanno comportato sugli immobili e della differenza tra il valore venale di circa due milioni di Euro e il prezzo di aggiudicazione di Euro 140.000,00 relativamente all’ex stabilimento vinicolo di Cellino S. Marco.
4.Con il quarto motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., in spregio all’art. 2909 cod. civ. e all’art. 1051 cod. civ. ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussi one tra le parti in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.’; sostiene che la sentenza impugnata abbia violato il giudicato di cui alla sentenza n. 4554/2015 pubblicata il 22-9-2015 del Tribunale di Lecce laddove ha accolto la richiesta degli eredi di NOME COGNOME di assegnazione al 50% della piazzetta NOME COGNOME COGNOME per il fatto che l’accesso ai due palazzi sarebbe stato possibile solo attraverso tale piazzetta; ciò in quanto tale sentenza ha dichiarato che la piazzetta era di pertinenza esclusiva del palazzo assegnato a NOME COGNOME e ha rigettato la domanda formulata dagli eredi di NOME COGNOME per ottenere l’accesso e il parcheggio. Lamenta altresì che la sentenza abbia ritenuto l’accesso al INDIRIZZO COGNOME da assegnarsi ai fratelli NOME precluso, perché il c.t.u. aveva dichiarato che era inopportuno risolvere il problema del passaggio in quel modo, per cui sostiene che la valutazione di tale fatto sia stato omesso.
5.Il primo motivo di ricorso è fondato.
La sentenza impugnata ha attribuito ai fratelli NOME aventi causa di NOME COGNOME la quota di 10/27 degli interessi legali maturati sul corrispettivo delle tre vendite di natura obbligatoria eseguite da NOME COGNOME in corso di causa, dichiarando che la relativa domanda doveva essere interpretata come volta all’attribuzione dei frutti e che non si trattava di domanda nuova, perché la richiesta di rendiconto era
stata formulata nei precedenti gradi di merito. La pronuncia è affetta in primo luogo dal la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. lamentata, in quanto premesso che l’azione di rendiconto costituisce un’azione autonoma e distinta rispetto alla domanda di scioglimento della comunione (Cass. Sez. 2 4-6-2019 n. 15182 Rv. 654082-02, Cass. Sez. 2 23-5-1991 n. 5861 Rv. 472336-01)- la sentenza di primo grado non aveva pronunciato sulla domanda di rendiconto, la relativa domanda e comunque la domanda di attribuzione dei frutti non era stata devoluta alla cognizione della Corte d’appello che, con la sentenza cassata , si era limitata a rigettare l’appello ; quindi, la domanda era stata abbandonata e perciò non poteva essere riproposta nel giudizio di rinvio, nel quale è pacificamente preclusa alle parti la possibilità di ampliare il thema decidendum (Cass. Sez. 1 7-3-2011 n. 5381 Rv. 617290-01, per tutte). Né può ipotizzarsi che la domanda fosse giustificata dalle vendite dei beni in comunione sopravvenute in corso di causa, perché la prima vendita era stata eseguita già nel 2003 e perciò nella pendenza del giudizio di appello, senza che fosse riproposta alcuna domanda di rendiconto in corso di quel grado di giudizio; quindi non è corretta la sentenza impugnata neppure laddove dichiara che il riconoscimento degli interessi sia la conseguenza delle vendite di natura obbligatoria eseguite nel corso del giudizio.
Non è accoglibile neppure la tesi dei controricorrenti, laddove volta a sostenere che la pronuncia impugnata abbia riconosciuto ai fratelli NOME esclusivamente la loro quota sul valore risultante dalle vendite eseguite da NOME COGNOME, fino alla data di attribuzione dei beni ereditari. In questo modo in sostanza si sostiene che gli interessi maturati sul prezzo delle vendite per le quote di proprietà dei fratelli NOME fossero finalizzati a determinare i valori degli immobili al momento della divisione; però, tali interessi non possono essere concettualmente finalizzati a rapportare la stima degli immobili ai valori
del momento della divisione, perché non sussiste una automatica coincidenza tra l’importo degli interessi maturati sul prezzo percepito al momento della vendita obbligatoria e la variazione di valore degli immobili fino al momento della divisione.
Diversamente, è proprio tale tesi a confermare la fondatezza dell’ulteriore doglianza della ricorrente, riferita al fatto che la decisione impugnata ha pronunciato oltre i limiti del principio posto dalla sentenza n. 21632/2010 della Cassazione che ha disposto il rinvio, secondo il quale « il valore dei beni da dividere va considerato con riferimento al momento della divisione, al fine di garantire il rispetto dell’equilibrio tra le quote ». Specificamente, la sentenza impugnata ha esattamente dichiarato che la massa da dividere era già stata accertata con pronuncia passata in giudicato, che la domanda di riconoscimento dell’aumento di valore degli immobili per i lavori eseguiti da NOME COGNOME e le domande sui vantaggi di NOME COGNOME per i mutui e su ll’incidenza dell’espropriazione immobiliare sul valore di stima dello stabilimento vinicolo erano nuove; infatti si trattava di domande volte a incidere sul valore di stima degli immobili da dividere oggetto della pronuncia della Cassazione, ma che non erano state devolute alla cognizione della Cassazione e perciò rimanevano estranee al giudizio, non potendo essere proposte per la prima volta in sede di rinvio. Esattamente la sentenza ha anche dichiarato che le ipoteche e i pignoramenti iscritti dai creditori di NOME COGNOME dopo la domanda di divisione sarebbero state cancellate dai beni assegnati a NOME COGNOME. La sentenza ha altresì esattamente compreso nella massa i beni che NOME COGNOME aveva venduto in corso di causa, in quanto quelle vendite, prima dello scioglimento della comunione ereditaria, avevano effetti solo obbligatori (Cass. Sez. 2 30-8-2023 n. 25462 Rv. 668876-01, Cass. Sez. 15-2-2007 n. 3385 Rv. 594740-01); solo al momento del passaggio in giudicato della sentenza con la quale
è stato disposto lo scioglimento della comunione e sono stati determinati i lotti, questi entrano a fare parte del patrimonio di ciascuno degli ex comunisti (Cass. Sez. 2 29-2-2016 n. 3933 Rv. 638975-01, Cass. Sez. 2 25-5-2001 n. 7129 Rv. 546991-01). Invece, erroneamente la sentenza ha ritenuto di garantire il rispetto dell’equilibrio delle quote al momento della divisione attraverso il riconoscimento degli interessi sul prezzo delle vendite dei beni in comunione eseguite da NOME COGNOME in corso di causa perché, si ripete, non è concettualmente concepibile tale coincidenza di valori.
6. L’accoglimento del primo motivo di ricorso impone la cassazione della sentenza impugnata, dovendo il giudice del rinvio provvedere alla divisione degli immobili considerandone il valore con riferimento al momento della divisione, al fine di garantire il ri spetto dell’equilibrio tra le quote, senza esaminare la domanda di rendiconto già abbandonata in causa e senza che il valore degli immobili al momento della divisione possa essere determinato attraverso il riconoscimento degli interessi sui prezzi degli immobili venduti in corso di causa.
7. Dall’accoglimento del primo motivo nei termini esposti e dalle ragioni svolte consegue l’assorbimento per il resto dei successivi motivi; i motivi perdono di rilevanza decisoria, involgendo questioni che -in quanto non precluse perché nuove secondo quanto già espostopotranno essere esaminate in sede di rinvio, nell’esecuzione di divisione rispettosa dei principi enunciati.
E’ utile l’ulteriore considerazione che i l giudice del rinvio è vincolato esclusivamente all’esecuzione di progetto divisionale sulla base della stima degli immobili al momento della divisione, senza essere vincolato anche a rispettare le assegnazioni eseguite in forza del precedente progetto divisionale illegittimo: stante il diverso andamento delle variazioni dei valori dei vari immobili nel tempo, non può automaticamente ritenersi che la divisione nel rispetto del principio
di cui all’art. 718 cod. proc. civ., secondo il quale ciascun condividente ha diritto alla sua quota in natura, possa avvenire limitandosi a eseguire nuova stima degli immobili sulla base della precedente assegnazione. Si esclude anche che il giudice del rinvio sia vincolato a eseguire le assegnazioni sulla base delle istanze delle parti, così che le assegnazioni dei beni non rispondenti alle relative richieste siano eseguite in violazione del principio della domanda. La divisione deve essere eseguita nel rispetto del criterio di massima posto dall’art. 727 cod. civ. per la formazione delle quote e del criterio posto dall’art. 729 cod. civ. dell’estrazione a sorte per l’assegnazione delle quote di uguale valore; neppure il criterio posto dall’art. 729 cod. civ. ha ca rattere assoluto, ma soltanto tendenziale e, pertanto, è derogabile in base a valutazioni discrezionali, che possono attenere non solo a ragioni oggettive, legate alla condizione funzionale ed economica dei beni, ma anche a fattori soggettivi di apprezzabile e comprovata opportunità, la cui valutazione non è sindacabile in sede di legittimità, se non sotto il profilo del difetto di motivazione; ne consegue che, neppure a fronte della richiesta di una parte di attribuzione di una delle quote di identico valo re, il giudice è obbligato a darvi seguito, avendo solo l’onere di giustificare la scelta in favore della conferma o della deroga al principio del sorteggio (Cass. Sez. 6-2 6-5-2021 n. 11857 Rv. 661173-01).
8.Il giudice del rinvio deciderà facendo applicazione dei principi esposti e attenendosi a quanto sopra statuito, provvedendo anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo, terzo e quarto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Lecce in diversa composizione anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione