Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5852 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5852 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10538/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE,
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrenti, ricorrenti incidentali- e di COGNOME NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME
NOME COGNOME NOME COGNOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANZARO n. 1914/2019 depositata il 07/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Era stata introdotta nel 1951 avanti al Tribunale di Vibo Valentia la causa per lo scioglimento della comunione ereditaria sui beni morendo dismessi da NOME COGNOME al quale erano succeduti per testamento i sette figli NOME, NOME, NOME, NOME, NOME, NOME ed NOME, quanto alla quota di legittima, e i soli figli maschi quanto alla disponibile -salva la nuda proprietà di un fondo legata al nipote NOME COGNOME. Nel corso del giudizio era intervenuto il decesso di diversi eredi di NOME COGNOME e infine i dividenti erano risultati essere NOME COGNOME per la quota di 20/42, NOME COGNOME e NOME COGNOME per la quota di 17,8/42 e NOME COGNOME e NOME COGNOME per la quota di 4,2/42. Nell’ambito del contenzioso era intervenuta sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria in data 9.5.1975 che, in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione, aveva accertato la proprietà esclusiva in capo a NOME COGNOME, dante causa di NOME COGNOME, sulla quota di 4/6 dell’ampio fondo denominato RAGIONE_SOCIALE, rimasto, per i rimanenti 2/6, in comunione ereditaria. La causa era stata quindi riassunta avanti al Tribunale di Vibo Valentia per procedere alle operazioni di divisione e, esperita una consulenza tecnica d’ufficio, erano stati attribuiti ai condividenti beni specifici, previa ripartizione della massa ereditaria nelle tre quote sopra individuate.
La sentenza era stata sottoposta ad appello avanti alla Corte d’Appello di Catanzaro da NOME COGNOME; nel giudizio di impugnazione si erano costituiti NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME mentre erano rimasti contumaci NOME e NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME. Erano intervenuti nel giudizio di appello anche i terzi NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME e il terzo NOME COGNOME
rivendicando la proprietà su porzioni immobiliari invece ricomprese tra i beni in comunione ereditaria divisi con la sentenza del Tribunale di Vibo Valentia.
Disposto il rinnovo della CTU esperita in primo grado, la Corte d’Appello aveva pronunciato sentenza non definitiva con la quale aveva riconosciuto la proprietà dei signori COGNOME sulla particella n.117 del foglio 30, escludendola dalla massa ereditaria da dividere. Esperita quindi la CTU e sentito il Tecnico nominato a chiarimenti anche alla luce delle osservazioni svolte nei confronti dell’elaborato dai CTP dei condividenti, la Corte aveva accolto anche la domanda di NOME COGNOME escludendo dalla divisione anche le particelle 195, 196, 197 e 198 del foglio 10, ed aveva quindi proceduto alla divisione aderendo alle considerazioni del CTU in punto di determinazione dell’asse ereditario e ritenendo condivisibile l’ipotesi di identificazione del valore dei beni da dividere con riguardo allo strumento urbanistico attualmente in vigore.
La motivazione della sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro presenta, in sintesi, la seguente articolazione: -in punto determinazione dell’asse ereditario appare corretta, esaustiva, logicamente motivata e riscontrata dagli atti, la CTU depositata dall’ing. NOME COGNOME che ha individuato e indicato i beni da dividere e il loro valore tenendo conto sia delle porzioni immobiliari risultate di proprietà di terzi, sia delle intervenute espropriazioni, e ha fornito chiarimenti precisi, esaustivi e frutto di valutazioni tecniche immuni da vizi logici sugli aspetti evidenziati; -le richieste delle parti di approfondimento dell’analisi del CTU circa le possibili attuali occupazioni di terzi non sono giustificate; in proposito i condividenti non specificano quali potrebbero essere i beni occupati da terzi né l’eventuale titolo del possesso di questi, con conseguente carattere meramente esplorativo dell’analisi richiesta; quanto all’identificazione del valore dei beni, si condivide la seconda ipotesi prospettata dal CTU, che prende a riferimento per la determinazione del valore degli immobili lo strumento urbanistico attualmente in vigore; -appare corretta la divisione dei beni con la formazione, come richiesto, di due quote ereditarie, l’una pari ai 20/42 dell’intero, di spettanza di NOME COGNOME, l’altra pari a 22/42 di spettanza dei signori NOME e NOME COGNOME e NOME e NOME COGNOME proprietari per un quarto ciascuno.
Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME COGNOME affidandolo a tre motivi:
I) Violazione dell’art.112 c.p.c. -art.360 n.3 c.p.c.- omessa pronuncia sulla richiesta di revoca di ordinanza istruttoria, fondamentale per il giudizio.
La Corte d’Appello avrebbe ‘clamorosamente’ omesso di prendere posizione sulla richiesta di revoca dell’ordinanza istruttoria del 2.7.2018, richiesta sempre riproposta nei verbali di udienza, nella precisazione delle conclusioni e negli scritti conclusionali; tutte le richieste di chiarimenti, assolutamente decisive per l’esito del giudizio, sarebbero rimaste inevase a causa di un’ordinanza reclamata, con lampante violazione dell’art.112 c.p.c.
II) Art.360 n.5 c.p.c. omesso esame di fatti storici decisivi la cui esistenza risulta dagli atti processuali.
La Corte di merito avrebbe completamente omesso di prendere contezza delle cinque vendite immobiliari intervenute tra il 10/7/2002 e il 14/7/2010 effettuate dai signori COGNOME/COGNOME in corso di giudizio, pure se il ricorrente aveva manifestato dissenso anche con apposita formale diffida. Si tratterebbe di fatti storici la cui esistenza risulterebbe dagli atti processuali, fatti oggetto di discussione e aventi carattere decisivo ai fini dell’esito della controversia.
La Corte d’Appello di Catanzaro avrebbe omesso anche un altro fatto decisivo, costituito dall’accertamento dell’esclusiva proprietà in capo al ricorrente dell’estensione di 4/6 del fondo denominato RAGIONE_SOCIALE, facente parte dell’asse ereditario solo per i rimanenti 2/6; il CTU avrebbe invece incluso nella massa ereditaria tutto il fondo RAGIONE_SOCIALE.
III) Violazione art.360 n.4 c.p.c. e art.132 n.4 nullità della sentenza per motivazione apparente, parificabile a motivazione inesistente, su punti essenziali del giudizio.
Nell’atto di appello e nelle difese successive NOME COGNOME aveva chiesto espressamente una diversa formazione delle quote ereditarie rispetto a quanto effettuato dal CTU nominato in primo grado, e invece ciò non sarebbe avvenuto. La Corte d’Appello avrebbe richiamato in modo adesivo la consulenza tecnica d’ufficio disposta in appello ma sarebbe impossibile individuare le argomentazioni obbiettivamente idonee a far conoscere il ragionamento seguito dal Giudice. La motivazione sarebbe quindi apparente, essedo state esaminate in modo specifico solo le rivendicazioni degli intervenuti Barbuto e Ortona, nonostante la vastità e la rilevanza del patrimonio da dividere, con un richiamo alle considerazioni e valutazioni del CTU che sarebbe totalmente generico.
Hanno presentato controricorso NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME con ricorso incidentale in ordine alle quote di proprietà per un quarto ognuno attribuite loro, errate perché individuate per capi e non per stirpi, come invece era stato richiesto e sarebbe stato comunque necessario in presenza di una divisione ereditaria per rappresentazione.
Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso NOME COGNOME COGNOME lamenta la mancata presa di posizione della Corte d’Appello rispetto alla richiesta di revoca dell’ordinanza istruttoria del 2.7.2018, che prospetta come violazione dell’art.112 c.p.c., rilevante ai sensi dell’art.360 co 1 n.3 c.p.c.
Il motivo è infondato.
8.1. Si deve escludere che la mancata considerazione, nella sentenza della Corte d’Appello, della richiesta di revoca dell’ordinanza istruttoria del 2.7.2018 -che ha ritenuto ‘ pressochè tutte inammissibili ‘ le richieste di chiarimenti al CTU formulate da NOME COGNOME COGNOME e riportate nella parte espositiva del ricorso per cassazione- possa costituire violazione dell’art.112 c.p.c.: l’ordinanza istruttoria non ha carattere decisorio e le istanze istruttorie delle parti non rilevano ai sensi della norma richiamata, che si riferisce alle domande ed eccezioni identificanti il thema decidendum sottoposto dai contraddittori alla valutazione del Giudice, ma riguardano più propriamente la formazione del convincimento del Giudice attraverso il vaglio del materiale probatorio allegato e quindi l’interpretazione e la valutazione delle emergenze istruttorie.
Ed infatti, secondo consolidato orientamento interpretativo di legittimità, ‘ Il vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., rilevante ai fini di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, dello stesso codice, si configura esclusivamente con riferimento a domande attinenti al merito e non anche in relazione ad istanze istruttorie per le quali l’omissione è denunciabile soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione’ -così Cass. n.13716/2016; in termini anche Cass. n.24810/2017 e le pronunce successive sul punto-.
Poiché la mancanza di espressa considerazione della reiterata richiesta di revoca dell’ordinanza istruttoria richiamata è valorizzata solo sotto il profilo di una pretesa violazione dell’art.112 c.p.c. -inammissibile, per quanto detto sopra-, il motivo si deve considerare inammissibile.
8.2. Si osserva comunque che l’asserita rilevanza determinante -esclusa dal Giudice di merito espressamente nell’ordinanza richiamata, confermata in modo implicito nella sentenza, sia attraverso le considerazioni reiterate di adesione alla relazione tecnica d’ufficio, sia per la definizione del giudizio nel merito, presupponente la valutazione di completezza e idoneità degli elementi istruttori acquisiti nel corso del processo- dei singoli chiarimenti che il ricorrente avrebbe voluto sottoporre al CTU, e che sono riportati nella parte espositiva del ricorso assieme alle contestate considerazioni svolte dal Tecnico d’Ufficio, è solo genericamente ribadita mentre l’affermazione della loro decisività deriverebbe esclusivamente dalla significatività invece ad essi attribuita, in contrasto con le considerazioni del CTU fatte proprie dalla Corte di merito, dallo stesso NOME COGNOME.
Ma, anche utilizzando la parte introduttiva del ricorso per cassazione per integrare con il suo contenuto i motivi di ricorso proposti, e quindi il motivo sub iudice quanto ai punti di richiesta di integrazione della consulenza tecnica d’ufficio prospettati e alla loro incidenza, tutti i rilievi svolti dal ricorrente riguardano, in concreto, le modalità attraverso le quali il Giudice, anche attraverso l’adesione alla relazione peritale e la valutazione negativa della richiesta di ulteriori approfondimenti sulle conclusioni della stessa, ha inteso valorizzare ai fini della decisione il materiale istruttorio acquisito, nell’esercizio di attività propria in via esclusiva del Giudice di merito.
9. Il motivo di ricorso articolato sub 2 è infondato.
Con la doglianza in esame NOME COGNOME COGNOME individua due specifici fatti decisivi discussi che la Corte di merito avrebbe omesso di valutare, con rilevanza ex art.360 co 1 n.5 c.p.c., e cioè: le vendite intervenute in corso di causa di beni facenti parte della comunione ereditaria; il riferimento esclusivo al ricorrente della proprietà dei quattro sesti del Fondo RAGIONE_SOCIALE, in comunione ereditaria solo per la rimanente parte di due sesti.
9.1. Le vendite intervenute in corso di causa sono state tutte tenute presenti dal CTU -e dal Giudice di merito- il quale ha considerato i beni oggetto di esse nella quota di spettanza dei comunisti che li avevano ceduti a terzi, con la specificazione che ciò non avrebbe comportato alcuna alterazione degli equilibri nelle attribuzioni ai condividenti.
Il ricorrente propone sostanzialmente una diversa valutazione della rilevanza in concreto delle vendite, che non è quella effettuata del Giudice di merito e che, in
assenza di violazioni di legge -essendosi tenuto espressamente conto di esse in sede di divisione-, non può essere riesaminata in sede di legittimità perchè attinente al merito.
9.2. Quanto alla pretesa omessa considerazione della ‘proprietà esclusiva’ della porzione di quattro sesti del fondo Feudotto in capo al ricorrente, emerge proprio dagli stralci della relazione peritale e dai punti della richiesta di chiarimenti formulati dal ricorrente che la questione era ben presente al Tecnico d’Ufficio, il quale aveva fornito spiegazioni sul punto affermando di averne tenuto il dovuto conto: anche in questo caso le osservazioni del ricorrente contrappongono la sua valutazione del materiale istruttorio in atti a quella, diversa, operata dal Tecnico d’Ufficio nel procedere alle attività di scioglimento della comunione e di formazione dei lotti e fatta propria dai Giudici del merito, nell’ambito di una valutazione appunto meritale preclusa a questa Corte.
Anche il terzo motivo di ricorso è inammissibile, perché in realtà meritale.
Il ricorrente si duole della motivazione della sentenza d’appello, affermandone la carenza o l’apparenza perché la Corte avrebbe disatteso la sua richiesta espressa di una diversa formazione delle quote ereditarie rispetto a quanto effettuato dal CTU nominato in primo grado, e invece ciò non sarebbe avvenuto senza offerta di alcun supporto argomentativo.
La Corte d’Appello di Catanzaro ha motivato in modo logicamente comprensibile la decisione, con la conseguenza che non si può affermare né l’omissione, né l’apparenza della motivazione, che non può certo consistere nell’aver disatteso la richiesta di una diversa formazione delle quote ereditarie formulata da NOME COGNOME COGNOME nell’atto di appello.
La Corte di merito ha del resto dato conto esplicitamente della censura del ricorrente, appellante in quella sede, ‘ per una sorta di irragionevolezza nella formazione delle quote, anche tenuto conto del fatto che un nuovo strumento urbanistico (PSC) in corso di approvazione, avrebbe modificato la natura di alcuni terreni, da agricola ad edificabile, e quindi il loro valore ‘ e per la mancata considerazione dell’intervento di espropri, in cui sarebbe incorso il Tribunale -così la sentenza, a pag.3, ove riassume le doglianze di NOME COGNOME: gli altri rilievi di irragionevolezza e di errori nell’individuazione dell’asse ereditario, attribuiti dall’appellante alla sentenza di primo grado, sono quelli esaminati nel motivo di ricorso precedente-: la decisione della Corte d’Appello su questi profili è riportata a
pag.5, ed è adesiva rispetto al contenuto della relazione tecnica d’ufficio quanto alla determinazione dell’asse ereditario, all’indicazione dei beni da dividere e al loro valore, operati anche ‘ tenendo conto … delle intervenute espropriazioni ‘, con la precisazione che ‘ né sul punto possono essere accolte le contestazioni delle parti, atteso anche i chiarimenti forniti dal CTU in data 14.9.2018 (ai quali si rinvia in maniera ricettizia), in ordine ai criteri di individuazione dei beni, ed alla loro stima, appaiono sul punto chiari ed esaustivi e frutto di corrette valutazioni tecniche immuni da vizi logici ‘; i criteri di stima utilizzati dal CTU con riguardo allo ‘ strumento urbanistico attualmente vigente’ sono pure stati considerati condivisibili. Cass. n.15804/2024, che precisa come ‘ propria adesione acritica alle predette conclusioni risulta affetta da nullità
La sentenza d’appello appare pertanto in linea con l’orientamento interpretativo di questa Corte che, in ipotesi di adesione alle considerazioni e conclusioni della relazione tecnica d’ufficio pur in presenza di contestazioni ad opera delle parti, sottolinea come in via generale, il giudice di merito che aderisce alle conclusioni del consulente tecnico esaurisce l’obbligo di motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento, non dovendo necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte che, anche quando non sono espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili -cfr., sul punto, ove, invece, le censure all’elaborato peritale si rivelino non solo puntuali e specifiche, ma evidenzino anche la totale assenza di giustificazioni delle conclusioni dell’elaborato, la sentenza che ometta di motivare la ‘: ma non è questo, all’evidenza, il caso di specie, come emerge dalle parti di motivazione sopra riportate e come conferma la totale genericità dei rilievi reiterati dal ricorrente, come sopra sintetizzati-.
Anche in questo caso ciò che il ricorrente vuole ottenere è una rivalutazione diversa rispetto a quella operata dal Giudice di merito degli esiti dell’istruttoria, inammissibile in sede di legittimità.
11. Deve invece essere accolto il motivo di ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME che si dolgono della sentenza d’appello nella parte in cui ha loro assegnato la quota di 22/42 imputandola per un quarto ognuno: non vi è invece contestazione alcuna sulla formazione della quota di 22/42 secondo le indicazioni del CTU, fatte proprie dalla Corte d’Appello di Catanzaro nella sentenza di cui si discute.
Effettivamente la divisione della comunione ereditaria era stata richiesta con formazione di due grandi quote, pari ai venti quarantaduesimi per l’intero per la posizione di NOME COGNOME e ai ventidue quarantaduesimi per la quota da attribuire a NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME nel cui ambito l’attribuzione ai comunisti sarebbe dovuta avvenire per stirpi, ex art.469 c.c., non essendo mai stata oggetto di contestazione la sussistenza dei presupposti di operatività della norma richiamata.
Sulla richiesta dei signori COGNOME/COGNOME non vi è del resto opposizione da parte del ricorrente principale.
Si può pertanto procedere, ex art.384 c.p.c., a modificare l’assegnazione della quota ai signori COGNOME/COGNOME non per un quarto ognuno ma per stirpi.
12. In conclusione, il ricorso principale deve essere respinto, mentre, in accoglimento del ricorso incidentale, la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro deve essere corretta nella parte in cui dispone che la quota di 22/42 sui beni già in comunione ereditaria con NOME COGNOME COGNOME sia loro assegnata in proprietà per un quarto ciascuno, invece che per stirpi.
13. Tenuto conto della complessità e della durata del giudizio esitato nella sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro e della necessità, comunque, del presente giudizio in relazione all’accolto motivo di ricorso incidentale, non contrastato dal ricorrente principale, sussistono giustificati motivi per una compensazione integrale delle spese del giudizio di legittimità.
14. Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento a carico di NOME COGNOME COGNOME di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il ricorso incidentale, rigetta il ricorso principale e, decidendo nel merito, ferma l’individuazione della quota ereditaria di 22/42 così come formata, all’esito dello scioglimento della comunione ereditaria di cui alla successione di NOME NOME, nella sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro, dispone che l’assegnazione dei beni facenti parte della quota indicata sia disposta a favore di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per stirpi;
compensa integralmente le spese processuali del giudizio di legittimità;
dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 10