Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8578 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8578 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/03/2024
Oggetto: successioni
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25439/2018 R.G. proposto da COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, rappresentati e difesi da ll’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, con domicilio in Roma, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO.
-RICORRENTI –
contro
COGNOME NOME E COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, con elezione di domicilio digitale all’indirizzo pec: EMAIL -CONTRORICORRENTI-
e
COGNOME NOME.
-INTIMATO- avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 534/2018, pubblicata in data 21.3.2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27.2.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione notificato in data 1.8.1984, NOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME hanno evocato in giudizio i fratelli NOME e NOME COGNOME, il padre NOME COGNOME e il cognato NOME COGNOME, chiedendo di dichiarare la nullità, per difetto di autografia, sia del testamento olografo della madre NOME COGNOME, con cui la de cuius aveva lasciato al marito NOME COGNOME la quota di ½ del fondo sito in agro di San Severo (partita 158324, foglio 104, particella 361, Ha 0.63.50), sia dell’atto di vendita con cui NOME COGNOME aveva trasferito alla figlia NOME e al genero NOME COGNOME, l’intero fondo, inclusa l a quota ricevuta per succe ssione, instando, infine, per la divisione dell’asse ereditario che includeva anche l’appartamento sito in INDIRIZZO Severo alla INDIRIZZO (part. 1016910, foglio 31 n. 7219, sub 3, cat. A3, classe 3), di cui hanno chiesto l’assegn azione con pagamento di eventuali conguagli.
Espletata c.t.u. grafica, all’esito il Tribunale di Foggia, con sentenza n. 2124/2004 passata in giudicato, ha dichiarato l’autenticità del testamento, respingendo anche la domanda di accertamento della nullità della successiva compravendita; quindi, con sentenza definitiva n. 710/2010, ha dichiarato aperta la successione di NOME COGNOME, escludendo dall’asse da dividere il fondo olivetano poiché integralmente di proprietà di NOME COGNOME, nonché la quota di ½ dell’appartamento in S. Severo, di cui il COGNOME era divenuto proprietario esclusivo e che aveva poi alienato alla figlia, disponendo che la restante quota fosse accresciuta agli altri coeredi, essendo il COGNOME deceduto in corso di causa.
Ha assegnato la casa a NOME COGNOME, già proprietaria della metà, compensando le spese processuali.
Su appello di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, la Corte di Bari ha riformato parzialmente la suddetta decisione definitiva di primo grado.
Dopo aver dato atto che era passata in giudicato la pronuncia con cui era stata respinta la querela di falso ed era stata accertata l’autenticità del testamento, il giudice distrettuale ha negato che la quota spettante a NOME COGNOME si fosse accresciuta a favore degli altri eredi; ha, inoltre, evidenziato che questi, marito della de cuius , aveva accettato l’eredità della moglie, regolata in parte per testamento (riguardo al fondo) ed in parte per legge (riguardo all’appartamento), ed era divenuto proprietario esclusivo del fondo – poi validamente alienato alla figlia (bene che ha escluso COGNOME divisione) unitamente alla quota di 1/3 dell’appartamento ricevuto per successione legittima, risultando titolare di 4/6 dell’intero, dovendosi ripartire i restanti 2/6 tra tutti gli altri coeredi, a ciascuno dei quali competeva 1/21 del relictum , per un controvalore di € 2.035,71.
Ha assegnato il bene immobile sito in San Severo a NOME, quale quotista maggioritaria, e ha posto le spese processuali del doppio grado a carico degli attuali ricorrenti, compensando quella della c.t.u. estimativa.
Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME sulla base di tre motivi, cui NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso e con memoria illustrativa.
NOME COGNOME è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 581 c.c., 112 c.p.c. e 111 Cost., sostenendo che la Corte di merito, incorrendo nel vizio di ultrapetizione, abbia ricalcolato d’ufficio l’importo dei conguagli e le quote spettanti a ciascun coerede e abbia assegnato all’abitazione un valore diverso da quello quantificato dal c.t.u. in € 85.000,00, senza tener conto, per la quota di NOME COGNOME, del
valore del fondo rustico che questi aveva ricevuto in conto legittima.
Il secondo motivo denuncia l’illogicità della motivazione, la violazione degli artt. 132 n. 4 c.p.c. 156 c.p.c., 457 e 734 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo, sostenendo che le domande di validità del testamento e della successiva compravendita non erano oggetto del giudizio di appello e che, rispetto ad esse, i ricorrenti non potevano considerarsi soccombenti, essendo la sentenza di appello confermativa di quella di primo grado, salvo che con riferimento all’impossibilità di accrescere a favore degli altri chiamati la quota di NOME COGNOME, deceduto in corso di causa, identica essendo anche la ricostruzione delle vicende sostanziali operata nei due gradi di giudizio.
Affermano i ricorrenti che la quota di loro spettanza era pari a 2/3 e non ai 2/6, e che su tale profilo si era formato il giudicato in assenza di contestazioni, ribadendo che le doglianze sollevate dagli appellanti erano state solo parzialmente accolte, non essendo essi totalmente soccombenti in giudizio.
Sostengono che, avendo NOME COGNOME ricevuto il fondo in conto legittima, di tale valore del bene occorreva tener conto, detraendolo COGNOME quota ricevuta per legge.
I due motivi, che possono essere per connessione esaminati congiuntamente, sono infondati.
La Corte di merito ha correttamente affermato: a) che l’asse ereditario da dividere tra gli eredi legittimi era costituito dal solo appartamento in INDIRIZZO, poiché il fondo era stato devoluto per ½ a NOME COGNOME , già proprietario dell’altra metà, che ne aveva disposto a favore della figlia con atto inter vivos ; b) che, riguardo alla successione legittima relativamente all’appartamento , i figli concorrevano nella quota di ½ spettante alla de cuius , posto che l’altra metà era già di NOME COGNOME; 3) che questi aveva sommato la propria metà alla quota ex lege di
1/3, divenendo proprietario di 8/12, pari a 4/6; d) che la quota residua era quindi pari a 2/3 di ½, ossia 2/6 dell’intero da dividere per sette figli, spettando a ciascuno 1/21 dell’intero, per un valore di €. 2 .035,71 della singola quota.
Deve, invero, evidenziarsi che i ricorrenti, concorrendo nella successione materna con il padre, avevano titolo, ai sensi dell’art. 581 c.c., non ai 2/3 dell’intero, ma ai due terzi della metà dell’appartamento (pari ad 1/21 dell’intero), essendo l’altra metà di proprietà esclusiva di NOME COGNOME.
I conguagli andavano, perciò, calcolati non sull’intero valore del bene (pari ad € 85.500,00), ma sul valore della quota di ½ caduta in successione, per un importo di €. 42.750,00, come correttamente affermato dal giudice distrettuale.
A tale valore non poteva sommarsi la metà del valore del fondo olivetano, che era integralmente di proprietà di NOME COGNOME, avendolo egli acquistato in comunione indivisa con la moglie e avendo ricevuto da quest’ultima per testamento il restante 50%, con la conseguenza che il bene non era caduto in comunione ereditaria e non doveva esser diviso.
La successione era regolata dal testamento, quanto al fondo, e dalle norme in tema di successione legittima riguardo all’appartamento; non essendo dedotte anche eventuali lesioni di legittima e non essendo stata proposta azione di riduzione, non vi era alcun obbligo di NOME COGNOME di imputare alla sua quota quanto ricevuto per testamento, né doveva procedersi alla collazione, che opera solo riguardo alle donazioni in favore dei coeredi (art. 737 c.c.).
Non sussisteva alcun vincolo di giudicato né riguardo alla formazione delle quote, né riguardo all’ ammontare dei conguagli: l’appello propost o da COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME aveva posto in discussione l’intera divisione disposta dal Tribunale e la Corte di appello, confutando la conclusione cui era pervenuto il giudice di
primo grado, per il quale la quota di NOME COGNOME, deceduto in corso di causa, era soggetta ad accrescimento a favore di tutti gli altri eredi, aveva dovuto ricalcolare le quote e i conguagli e procedere ad una nuova divisione, dovendo ritenersi ricompresi nell’oggetto dell’appello e nei motivi di impugnazione anche le questioni strettamente connesse e consequenziali rispetto a quelle dedotte con il gravame (Cass. 5134/2004; Cass. 2372/2007; Cass. 13964/2019).
3. Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 91 e 112 c.p.c. e del D.M. 55/2014, sostenendo l’erroneità e contraddittorietà della condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di appello, sebbene la Corte distrettuale avesse compensato quelle di c.t.u., e per non aver la sentenza tenuto conto del comportamento delle parti, delle domande e della stessa nota spese, non potendosi diversamente regolare quelle di primo grado relativamente alla sentenza parziale, non fatta oggetto di riserva di appello, essendo infondate anche le contestazioni avverso la compensazione disposta in primo grado per il giudizio di falso, con la conseguenza che i ricorrenti non erano totalmente soccombenti in nessuno dei due gradi di giudizio.
Il motivo è infondato.
La sentenza di primo grado n. 2124/2004 aveva riservato alla pronuncia definitiva la liquidazione delle spese di entrambe le fasi (sentenza pag. 2), e sempre il Tribunale, con la pronuncia definitiva, aveva regolato le spese per l’intero giudizio, compensandole, con statuizione che è stata oggetto di appello e che è stata riformata in considerazione delle decisioni adottate, in coerenza con il principio che il criterio della soccombenza, al fine di attribuire l’onere delle spese processuali, non si fraziona a seconda dell’esito delle varie fasi del giudizio, ma va riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi definitivamente soccombente abbia
conseguito un esito ad essa favorevole (Cass. 13356/2021; Cass. 9785/2022).
Nel caso in esame, i ricorrenti erano soccombenti sia riguardo alla domanda di nullità del testamento, sia rispetto alle azioni di nullità della successiva vendita, oltre ad aver infondatamente preteso che fosse incluso nell’asse da dividere anche il fondo, non ravvisandosi alcuna contraddittorietà rispetto alla disposta compensazione delle spese della c.t.u. estimativa, poiché detti esborsi erano finalizzati alla divisione.
Nel giudizio di divisione, infatti, vanno poste a carico della massa le spese che sono servite a condurre nel comune interesse il giudizio alla sua conclusione, mentre valgono i principi generali sulla soccombenza per quelle spese che, secondo il prudente apprezzamento del giudice di merito, sono state necessitate da eccessive pretese o da inutili resistenze, cioè dall’ingiustificato comportamento della parte (Cass. 1635/2020; Cass. 2810/2017; Cass. 22903/2013).
In definitiva, il ricorso è respinto, con aggravio di spese secondo soccombenza.
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, liquidate in € 200,00 per esborsi ed €. 6.500,00 per onorario in favore di ciascun controricorrente, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%. Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda