Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 728 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 728 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
Oggetto: divisione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23750/2022 R.G. proposto da NOME
COGNOME, rappresentata e difesa dall’avv. COGNOME con domicilio eletto in Roma, alla INDIRIZZO
-RICORRENTE –
contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso in proprio ai sensi dell’art. 86 c.p.c., con domicilio in Roma, INDIRIZZO
-CONTRORICORRENTE-
e
NOME E NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME con domicilio in Roma, INDIRIZZO
-CONTRORICORRENTI- avverso la sentenza della Corte d’appello di ROMA n. 4537/2022, pubblicata in data 30.6.2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18.12.2023 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma i fratelli NOME e NOMECOGNOME chiedendo la divisione dell’asse
ereditario della madre NOME COGNOME deceduta ab intestato, affermando che le parti aveva già diviso parte del patrimonio in quote uguali e si erano impegnate a dividere i cespiti residui con il medesimo criterio paritario.
NOME COGNOME costituendosi in giudizio, ha eccepito l’esistenza di un testamento olografo con cui la de cuius, in data 1.9.1986, le aveva lasciato tutti gli immobili, nominandola erede universale, volendo che la quota riservata per legge agli altri figli fosse soddisfatta in denaro.
Il Tribunale, accertata l’autenticità del testamento, ha dichiarato NOME COGNOME erede universale, attribuendole i beni elencati in sentenza e confermando gli atti di divisione già compiuti.
La sentenza è stata parzialmente riformata in appello, con il rigetto della sola domanda di NOME COGNOME volta ad incamerare anche le somme depositate su un conto corrente presso la Banca Monte dei Paschi Di Siena, con conferma di ogni altra statuizione.
La sentenza di appello è stata cassata da questa Corte, che, in accoglimento del quarto motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME ha osservato che, una volta ritenuto valido ed efficace il testamento, il giudice di appello avrebbe dovuto effettuare la divisione nel rispetto dei diritti dei legittimari, con attribuzione di una quota in denaro del valore del patrimonio relitto.
Riassunto tempestivamente il giudizio, la Corte distrettuale, con sentenza n. 1285/2015, ha quantificato in €. 3.319.000,00 il valore rivalutato dei beni non espropriati al momento dell’apertura della successione, riconoscendo ad NOME e NOME COGNOME la quota di legittima, pari ad €. 737.555,56 in favore di ciascuno, oltre interessi dalla data di introduzione del giudizio (14 gennaio 1987), nonché ulteriori €. 291.925,96, corrispondenti alla quota di legittima (2/9) calcolata sul valore dei beni espropriati – cd.
vigenze -(pari a complessivi €. 1.313.666,80) – attribuendo i residui 5/9 a NOME COGNOME
Anche tale pronuncia è stata cassata con sentenza n. 25346/2016, che, in accoglimento di motivi terzo e quarto del ricorso principale proposto da NOME COGNOME ha statuito che gli interessi sull’importo liquidato a titolo di legittima dovevano decorrere dalla data della stima o dal passaggio in giudicato della pronuncia di rinvio, non dal momento della domanda, e, in accoglimento dell’unico motivo del ricorso incidentale di NOME e NOME COGNOME ha stabilito che, con riferimento ai beni espropriati, la legittima doveva essere calcolata non sull’indennità di esproprio, ma sul valore dei cespiti al momento dell’apertura della successione, senza tener conto dei fatti sopravvenuti.
Il processo è stato nuovamente riassunto e, all’esito, la Corte distrettuale di Roma ha riconosciuto gli interessi sulle somme spettanti agli attuali resistenti a far data dalla pronuncia del 23.3.2015 al soddisfo e ha condannato NOME COGNOME al pagamento in favore dei fratelli di una somma pari ai 2/9 ciascuno del valore dei beni sottoposti ad esproprio dopo l’apertura della successione, liquidati in €. 224.222,00 (rivalutati secondo indici Istat), oltre agli interessi legali dalla prima decisione di rinvio all’attualità, regolando le spese.
Per la cassazione della sentenza NOME COGNOME propone ricorso in cinque motivi.
NOME COGNOME nonché NOME e NOME COGNOME eredi di NOME COGNOME, resistono con separati controricorsi.
In prossimità dell’adunanza camerale le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 112, 115, 116 c.p.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5 c.p.c.
Lamenta la ricorrente che la Corte di merito, nel liquidare in favore dei fratelli l’ulteriore importo di € 224.222,00, pari alla quota di legittima sul valore dei beni espropriati, sia incorsa in un’evidente duplicazione, avendo computato anche il valore dei terreni in località Volano di Acireale, già ricompreso in quello di €. 3.319.000,00, suddiviso tra i coeredi con l’attribuzione a ciascuno di essi di €. 737.555,56, pari a i 2/9 del valore complessivo dei beni non espropriati.
Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 384 c.p.c., 1362 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3, 4 e 5 c.p.c., sostenendo che la ricorrente, nel proporre ricorso in cassazione avverso la sentenza n. 1285/2015, non aveva chiesto di procedere alla stima e alla divisione anche dei terreni in Volano, ma solo di rettificare la decorrenza degli interessi sulle somme liquidate dalla data della sentenza e non dalla domanda di divisione.
La Corte di appello avrebbe, inoltre, disatteso la sentenza di cassazione n. 23456/2016, che aveva ordinato di procedere alla stima e alla ripartizione del valore dei soli terreni sottoposti ad esproprio al momento dell’apertura della successione, non considerati nella quota già liquidata ai legittimari con riferimento ai beni non espropriati.
I due motivi sono fondati.
Con la pronuncia n. 1285/2015 era stato disposto lo scioglimento della comunione ereditaria, riconoscendo ad NOME e NOME COGNOME l’importo di €. 737.555,56, oltre accessori, pari ai 2/9 di €
3.319.000,00, quale valore complessivo dei beni residuati dalle procedure di esproprio al momento dell’apertura della successione.
Questa Corte, nel cassare con rinvio la sentenza, si era limitata a disporre che gli interessi fossero calcolati non dalla domanda, ma dalla pronuncia oggetto di ricorso, confermando ogni altra statuizione adottata dal giudice del rinvio con riferimento beni diversi dalla cd. vigenze.
Come dedotto in ricorso, la prima c.t.u., redatta dall’ing. NOMECOGNOME aveva distinto i beni non soggetti ad espropriazione o per i quali non fosse stata avviata la procedura ablatoria o fosse stata proposta opposizione alla stima, inclusi nel calcolo del valore dell’asse, calcolato in €. 3.319.000,00 (i cui 2/9, pari alla legittima, era pari ad €.737.555,46), dai beni espropriati, per i quali non fosse stata proposta opposizione alla stima.
Il valore dei terreni in Volano era stato quantificato in € 1.020.000,00 (per una superficie di mq. 17.000), al 26.9.2011 (cfr. c.t.u. pag. 41) secondo i prezzi correnti di mercato, valore poi riconfermato, senza ulteriori riduzioni, nella relazione integrativa depositata il 18.5.2012, per il fatto che l’indennità provvisoria di esproprio, nel frattempo liquidata, non era stata accettata (cfr. risposta ai rilievi, pagg. 11 e 12).
In definitiva, i terreni di cui si discute non erano compresi nelle consistenze che il successivo consulente (dott. COGNOME nominato nel successivo giudizio di rinvio, avrebbe dovuto nuovamente stimare, secondo quanto disposto dalla sentenza di legittimità n. 25346/2016.
Invece, come evidenziato in ricorso, nel valore finale dei beni espropriati, pari complessivamente ad €. 1.009.000,00 figurano anche i terreni in località Volano (cfr. ricorso, pag. 51 e c.t.u. COGNOME, pagg. 148-149), valore che la Corte di merito ha fatto
proprio, liquidando ai legittimari €. 224.222,00 , pari ai 2/9 dell’intero, in violazione della menzionata pronuncia di legittimità. La circostanza che nell’importo di €. 737.555,56, già liquidati con sentenza n. 1285/2015, fosse compreso il valore dei beni in Volano trae ulteriore conferma dal fatto che la sentenza di questa Corte n. 25346/2016 aveva dichiarato inammissibile il sesto motivo di ricorso riguardante l’errata valutazione proprio di tali cespiti, affermando che la censura, oltre che carente di specificità, era ininfluente, giacché la Corte di Appello ‘ risultava aver correttamente considerato il valore di mercato dei beni e l’eventuale valore conseguente alla allegata espropriazione non poteva costituire punto di riferimento della decisione della controversia ‘.
Delle suddette consistente non si poteva, quindi, tener conto ai fini della liquidazione della legittima sui restanti terreni già oggetto di procedura ablatoria.
Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 336, 384 c.p.c., 733, 734, 1362, 1591 e 2909 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo.
Assume la ricorrente che la Corte di merito, per conformarsi ai principi enunciati dalla pronuncia di legittimità, che aveva prescritto di calcolare gli interessi sulla somma liquidata a titolo di legittima con decorrenza dalla sentenza di rinvio n. 2185/2015 o dalla stima, avrebbe dovuto procedere ad una nuova valutazione dei beni non espropriati all’apertura della successione, in considerazione anche del l’effetto espansivo interno della pronuncia di cassazione alle parti della sentenza dipendenti da quelle cassate e del carattere unitario ed inscindibile del procedimento di liquidazione della legittima, che sostanzia un debito di valore.
Si obietta che, a differenza del giudice del rinvio, la pronuncia di legittimità, nell’esaminare il quarto motivo di ricorso, aveva posto in rilievo che non si era mai costituita alcuna comunione tra i chiamati alla successione, versandosi in un’ipotesi di divisione compiuta dal testatore ai sensi dell’art. 734 c.c.; la necessità di una nuova valutazione dell’asse deriv erebbe, inoltre, dal dichiarato assorbimento del settimo motivo di ricorso, vertente sulla violazione e falsa applicazione della Legge 25 giugno 1865, n. 2359 e del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, e sull ‘errata suddivisione delle somme riconosciute a titolo di indennità di esproprio, assorbimento determinato dall’accoglimento del sesto motivo di ricorso che investiva la già compiuta stima dei terreni in Volano, dovendosi interpretare la pronuncia di legittimità alla luce del complessivo contenuto del ricorso che questa Corte aveva ritenuto fondato.
Il motivo non merita accoglimento.
Pronunciando sul ricorso avverso la sentenza 1285/2015, il Collegio di legittimità aveva accolto i motivi terzo e quarto proposti da NOME COGNOME riguardanti rispettivamente la violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver il giudice applicato gli interessi dalla domanda e non dalla stima del 2011, come richiesto da NOME COGNOME e la violazione degli artt. 1224, 1282, 718, 726, 728 e 766, per aver riconosciuto gli interessi legali sul valore della legittima rivalutato al momento della pronuncia, con decorrenza dalla domanda di primo grado (cfr. sentenza n. 23456/2016, pag. 8).
Nel ritenere fondate entrambe le censure, la sentenza n. 23456/2016 non aveva devoluto al giudice del rinvio il compito di procedere ad una nuova valutazione dei beni residuati dall’esproprio, già oggetto della relazione de ll’ing. NOME COGNOME i cui valori immobiliari erano stati attualizzati al 2011.
Difatti, con il terzo motivo era stato dedotto un vizio di ultrapetizione riguardo alla decorrenza degli interessi da calcolare sulla quota di NOME COGNOME che questi aveva richiesto di applicare dalla data della stima, vizio ritenuto fondato solo limitatamente alla violazione dell’art. 112 c.p.c.
Analogamente, il ricorso di NOME COGNOME è stato accolto non relativamente al riconoscimento ai legittimari dell’equivalente monetario della legittima calcolata sul valore dei beni rivalutato al momento della sentenza, ma solo in merito alla decorrenza degli interessi legali che il giudice del rinvio aveva fatto erroneamente decorrere dalla domanda e non dalla sentenza, emendando il metodo di liquidazione della legittima solo per tali aspetti, senza alcuna possibile espansione della disposta cassazione alle statuizioni concernenti la quantificazione del valore dell’asse.
Ne è conferma la pronuncia di rigetto del sesto motivo di ricorso, riguardante la correttezza della stima dei terreni in Volano, il cui valore era incluso nell’importo complessivamente liquidato ai legittimari, con statuizione che questa Corte ha ritenuto incensurabile.
E’ invece irrilevante il dichiarato assorbimento del settimo motivo del ricorso principale, poiché la censura attingeva la liquidazione del valore delle cd. vigenze (ossia dei beni espropriati; cfr. ricorso pag. 84 e sentenza n. 23456/2016), non quella dei beni non espropriati, di cui di discute in questa sede.
La sentenza impugnata non ha ecceduto dal perimetro dei compiti assegnati dalla decisione di legittimità, dovendo ribadirsi che, quando la sentenza è cassata per la sola violazione di legge, il giudice di rinvio è tenuto soltanto ad uniformarsi, ai sensi dell’art. 384, comma 1, c.p.c., al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare
l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo e senza poter porre in contestazione i presupposti su cui si fonda la pronuncia di legittimità (Cass. 17240/2023; Cass. 448/2020; Cass. 27337/2019; Cass. 2411/2016).
4. Il quarto motivo denuncia la violazione degli artt. 112, 115, 116, 156, 194 c.p.c. e vizio di motivazione ai sensi dell’art. 132, comma primo, n. 3 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, n. 3,4, e 5 c.p.c., lamentando che la Corte di merito abbia acriticamente recepito le valutazioni del c.t.u. nominato nel giudizio di rinvio, che a sua volta aveva fatto proprie le stime dei beni espropriati eseguite nel 1985 nel giudizio di primo grado, senza rispondere ai rilievi mossi dalla ricorrente quanto alla notevole riduzione del valore di mercato degli immobili per effetto dei vincoli già imposti o delle procedure ablatorie in corso e all’erroneità delle destinazioni urbanistiche attribuite ai cespiti.
Il quinto motivo denuncia la violazione degli artt. 720, 726, 733, 734 c.c. 132, n. 4 c.p.c., per aver il giudice distrettuale rivalutato il valore degli immobili, stimato al 2011, in applicazione delle variazioni dei prezzi secondo gli indici Istat, adottando un parametro inadatto ad esprimere le oscillazioni del mercato immobiliare e del valore degli immobili nel periodo considerato.
Il quarto motivo è fondato; dal suo accoglimento consegue l’assorbimento del quinto motivo.
La sentenza di legittimità, accogliendo il ricorso incidentale di NOME ed NOME COGNOME aveva ordinato che la legittima fosse calcolata sul valore del patrimonio relitto, inclusi i beni espropriati in tutto o in parte dopo l’apertura della successione, rilevando che il c.t.u. aveva ” escluso dalla stima all’attualità beni interessati da vicende espropriative, comunque successive all’apertura della successione testamentaria, e che la valutazione con riferimento
all’attualità non potesse prescindere dagli effetti determinati dalle varie espropriazioni “, enunciando il seguente principio di diritto cui avrebbe dovuto conformarsi il giudice del rinvio: ‘ gli eventi succedutisi temporalmente dopo il momento dell’apertura della successione ereditaria sono indifferenti in relazione alla concreta individuazione e determinazione della massa ereditaria, di guisa che gli elementi costituenti quest’ultima, anche se all’attualità del successivo momento della loro valutazione, risultano di altro proprietario devono essere comunque considerati e stimati al fine della corretta determinazione delle quote ereditarie ‘.
Occorreva, dunque, procedere ad una nuova valutazione aggiornata che interessasse anche i beni espropriati a successione ormai aperta, senza alcun vincolo riguardo ai metodi di valutazione, senza, peraltro, trascurare quale fosse la condizione giuridica dei beni al momento dell’apertura della successione: la stima dei beni da dividere deve esser compiuta, tenendo conto non solo della destinazione urbanistica attuale, ma anche di quella potenziale già accordata o in itinere (Cass. 39368/2021; Cass. 24711/2009), di eventuali pendenze di procedure espropriative (Cass. 55/1998; Cass. 5993/2020), o dei pesi o incrementi derivanti dall’attuazione di previsioni urbanistiche locali adottate (Cass. 1901/1963), ossia in base a tutti i fattori che normalmente incidono sul valore di mercato dei beni da dividere (Cass. 4251/1980).
Nel secondo giudizio di rinvio, il c.t.u. ing. COGNOME aveva elaborato una duplice valutazione, l’una dichiaratamente conforme ai valori formulati dal consulente nominato in primo grado, già ritenuta inutilizzabile dalla pronuncia di legittimità; l’altra , in risposta ai rilievi dei tecnici di parte, risultante dall’applicazione di percentuali variabili di riduzione sui valori estratti dalla prima
consulenza in considerazione dei vincoli e delle procedure ablatorie in essere.
La Corte di merito ha aderito alla prima soluzione, reputando apodittiche ed immotivate le riduzioni operate dal c.t.u.: nel calcolare la legittima sul valore delle cd. vigenze (€ . 1.000.900,000), ha -quindi – fatto proprie le medesime valutazioni frutto di errori di metodo censurati dalla sentenza n. 25346/2016, senza rispondere ai rilievi di parte e senza dar conto in maniera puntuale dell’eventuale incidenza dei vincoli preordinati all’esproprio o alla pendenza di procedure ablatoria sussistenti al momento della successione.
In conclusione, sono accolti i motivi primo, secondo e quarto, è respinto il terzo ed è assorbito il quinto. La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per la