Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1277 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1277 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20744/2022 R.G. proposto da
COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME
-RICORRENTE –
contro
COGNOME rappresentat a e difesa dall’avv. NOME COGNOME con domicilio in Belluno, INDIRIZZO
-CONTRORICORRENTE-
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 263/2022, pubblicata in data 8.2.2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30.11.2023 dal Consigliere NOME COGNOME
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
La Corte di appello di Venezia ha confermato, con diversa motivazione, la pronuncia di primo grado emessa dal tribunale di Belluno, dichiarando infondata, anziché tardiva, la domanda proposta da NOME COGNOME per ottenere la revocazione per ingratitudine della donazione di un immobile fatta da NOME COGNOME madre delle parti in causa, in favore della figlia NOME
Oggetto:
donazione
COGNOME cui era stato contestato di essersi appropriata di somme cospicue, prelevandole dai conti della donante.
La pronuncia di appello ha evidenziato che, a dimostrazione dei prelievi non autorizzati, erano stati dimessi un estratto conto della banca, che rappresentava le movimentazioni effettuate sui conti dal 2000 al 2018, e due riepiloghi con i prospetti dei prelievi, documentazione che ha ritenuto insufficiente per provare le contestate appropriazioni, trattandosi di atti provenienti dalla donante, privi di valore probatorio. Ha reputato inammissibile l’ordine di esibizione della docum entazione bancaria e non rilevante la prova per testi, osservando che gli unici capitoli che riguardavano i fatti giustificativi della revocazione (cap. 16 e 17) non erano ammissibili poiché non dimostravano che i prelievi fossero stati effettuati da NOME COGNOME Ha infine liquidato le spese di entrambi i gradi di causa, ponendone l’onere a carico della ricorrente.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso NOME COGNOME affidato a due motivi di censura.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale le parti hanno depositato memorie illustrative.
2. Il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 132 e 244 c.p.c., per aver la sentenza giudicato inammissibili, perché generiche, le prove per testi volte ad accertare che dal 2006 al 2017 la resistente si fosse appropriata di € 172.000,00, sebbene i due capitoli di prova si integrassero reciprocamente, contenendo precise indicazioni su quali fossero i prelievi contestati, e per non aver pronunciato sulla richiesta di ammissione dell’interrogatorio formale di NOME COGNOME COGNOME Il motivo è infondato.
Il giudizio di rilevanza delle circostanze dedotte ad oggetto di prova è rimesso al giudice di merito, le cui valutazioni sono censurabili per vizio di motivazione che riguardi un punto decisivo della controversia, potendo la parte dolersene ove la prova non ammessa o non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” risulti priva di fondamento (Cass. 11457/2007; Cass. 5654/2017; Cass. 16214/2019).
Con l’istanza di ammissione di prova orale sulle circostanze di cui ai capitoli 16 e 17), era -invece – chiesto ai testi di dichiarare se la donante avesse o meno lamentato la denunciata appropriazione dei fondi tramite prelievo non autorizzato, sicché i due capitoli, sebbene interpretabili congiuntamente e sufficientemente dettagliati anche nell’individuazione delle operazioni sospette, riguardavano pur sempre dichiarazioni rese al teste da NOME COGNOME
La testimonianza, per come articolata, non aveva, dunque ad oggetto la prova diretta dei prelievi non autorizzati, apparendo assimilabile alla testimonianza de relato actoris, priva di autonomo valore processuale (Cass. 8358/2007; Cass. 18352/2013; Cass. 569/2015), avendo ad oggetto dichiarazioni dell’originaria dante causa destinate a far prova a vantaggio di NOME COGNOME che, avendo agito quale successore a titolo universale della donante, rivestiva la medesima posizione processuale che avrebbe assunto la madre NOME COGNOME ove avesse chiesto personalmente la revocazione della donazione.
Irrilevante era anche la richiesta di interrogatorio, basata sulle medesime circostanze già ritenute irrilevanti a fini di giudizio.
3. Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., lamentando che la pronuncia abbia posto a carico della ricorrente anche le spese di primo grado, che erano state compensate dal Tribunale , benché l’appellata non avesse proposto , sul punto, appello incidentale.
Il motivo è fondato.
La pronuncia di appello ha solo formalmente riformato la pronuncia appellata, essendo in realtà confermativa della prima decisione, salvo che nella motivazione, avendo dichiarato non la tardività della domanda di revocazione, ma la sua infondatezza.
In tale situazione non era modificata la regolazione che scaturiva dalla prima decisione, restando immutata la totale soccombenza dell’appellante . Qualora, difatti, la domanda sia stata dichiarata inammissibile in primo grado, il giudice d’appello che riconosca erronea quella declaratoria e, tuttavia, decida nel merito la causa, respingendo comunque la domanda dell’attore, non può che rigettare il gravame e confermare la sentenza impugnata, non dovendo specificare in dispositivo che la motivazione della sentenza d’appello non è del tutto identica in linea di diritto a quella del primo giudice (cfr. Cass. 531/1966; Cass. 18044/2020).
La non corretta affermazione in dispositivo della riforma parziale della decisione di primo grado, diversa solo nella motivazione, ma avente il medesimo esito negativo per l’attrice, non consentiva di riformare anche la pronuncia sulle spese di primo grado, non avendo l’appellata proposto appello incidentale sul punto, posto il divieto di “reformatio in peius” che consegue alle norme, dettate dagli artt. 329 e 342 c.p.c. in tema di effetto devolutivo dell’impugnazione di merito e di acquiescenza, che presiedono alla formazione del “thema decidendum” in appello.
Pertanto, una volta stabilito il “quantum devolutum”, l’appellato non può giovarsi della reiezione del gravame principale per ottenere effetti che solo l’appello incidentale gli avrebbe assicurato e che, invece, in mancanza, gli sono preclusi dall’acquiescenza prestata alla sentenza di primo grado (cfr. Cass. 21504/2020; Cass.3896/2020; Cass. 760/2021; Cass. 14947/2023).
In conclusione, è accolto il secondo motivo di ricorso, con rigetto della prima censura.
La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda