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Distanze tra costruzioni: Stato vs Regione, chi vince?

Un costruttore edifica un immobile violando le distanze legali, invocando una norma regionale. La Corte di Cassazione interviene, confermando che la normativa statale sulle distanze tra costruzioni prevale. Le deroghe regionali sono ammesse solo se inserite in piani urbanistici complessi e non per singoli interventi edilizi. Di conseguenza, l’ordine di arretramento della costruzione è stato confermato.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Distanze tra costruzioni: Stato vs Regione, la Cassazione fa chiarezza

La regolamentazione delle distanze tra costruzioni rappresenta un punto cruciale del diritto immobiliare, un terreno di scontro tra interessi privati e normative pubblicistiche. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale: la prevalenza della normativa statale in materia, anche nei confronti delle leggi emanate dalle Regioni a statuto speciale. Analizziamo questa importante decisione per capire i limiti del potere legislativo regionale e le tutele per i proprietari di immobili confinanti.

I Fatti del Caso: Costruzione sul Confine e Violazione delle Distanze

Il caso ha origine dalla decisione di un gruppo di proprietari di edificare una nuova costruzione sul confine di un fondo, in sostituzione di un fabbricato preesistente. I proprietari di un appartamento nell’edificio vicino, ritenendo violata la distanza minima di dieci metri prescritta dalla normativa nazionale (D.M. 1444/1968), avviavano un’azione legale chiedendo l’arretramento della nuova costruzione.

Il tribunale di primo grado dava ragione ai costruttori, sostenendo che nel centro storico, dove si trovavano gli immobili, si applicassero le normative locali che consentivano la costruzione sul confine. La Corte d’Appello, tuttavia, ribaltava la decisione, riconoscendo l’illegittimità dell’opera per violazione della distanza di dieci metri e condannando i costruttori all’arretramento e al risarcimento del danno. La controversia giungeva così dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sulle distanze tra costruzioni

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dei costruttori, confermando integralmente la sentenza della Corte d’Appello. La decisione si fonda su un’attenta analisi del riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni, anche a statuto speciale, in materia di edilizia e urbanistica. I giudici hanno stabilito che le norme sulle distanze legali attengono all'”ordinamento civile”, materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato, e non possono essere derogate da leggi regionali se non a condizioni molto specifiche.

Le Motivazioni: La Prevalenza della Normativa Statale

La Corte ha articolato la sua decisione su diversi punti chiave, chiarendo i confini tra le diverse fonti normative.

Competenza Esclusiva dello Stato in Materia di Ordinamento Civile

Il cuore della motivazione risiede nel principio, più volte affermato anche dalla Corte Costituzionale, secondo cui la disciplina delle distanze tra costruzioni tra fondi finitimi è parte integrante dell’ordinamento civile. Di conseguenza, spetta esclusivamente allo Stato dettare le regole fondamentali. Le Regioni, anche quelle a statuto speciale come la Sardegna, non possono invadere questa competenza introducendo discipline che riducano le tutele previste a livello nazionale.

Limiti alle Deroghe Regionali sulle distanze tra costruzioni

La Cassazione ha chiarito che una deroga alle distanze statali da parte della normativa regionale è legittima solo a una condizione: deve essere inserita all’interno di strumenti urbanistici complessi, come “piani particolareggiati” o “lottizzazioni convenzionate” con previsioni planovolumetriche. Tali strumenti devono riguardare un “gruppo di edifici” e conformare l’assetto complessivo di un’intera zona. Nel caso di specie, la norma regionale invocata dai ricorrenti (il cosiddetto “decreto Floris”) non rispettava questo requisito, poiché consentiva deroghe per singoli lotti basate su criteri generici come “l’inutilizzabilità dell’area” o “soluzioni tecniche inaccettabili”. Questo tipo di deroga, applicata a edifici isolati, è stato ritenuto illegittimo perché incide sui rapporti tra privati senza essere giustificato da un interesse pubblico superiore legato a una pianificazione territoriale unitaria. Allo stesso modo, non era applicabile l’eccezione prevista dalla normativa nazionale per i piani particolareggiati, poiché l’intervento riguardava la sostituzione di un singolo edificio e non un complesso edilizio unitariamente pianificato.

La Questione del Litisconsorzio Necessario

Un ulteriore motivo di ricorso riguardava la presunta erronea chiamata in causa di alcuni comproprietari dell’edificio. La Corte ha respinto anche questa doglianza, affermando che in un giudizio che mira alla demolizione o all’arretramento di una costruzione, tutti i comproprietari devono necessariamente partecipare al processo (litisconsorzio necessario). Questo perché la sentenza finale incide direttamente sui diritti di proprietà di tutti, compresi coloro che possiedono solo unità come autorimesse o quote delle parti comuni (es. muri perimetrali, passo carraio).

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza, offrendo importanti spunti pratici:

1. Certezza del Diritto: Viene riaffermata la prevalenza della normativa statale sulle distanze (D.M. 1444/1968), che funge da baluardo a tutela della salubrità e della sicurezza abitativa. I proprietari possono fare affidamento su questo standard minimo inderogabile.
2. Limiti alla Legislazione Regionale: Le Regioni non possono legiferare liberamente in materia di distanze. Le loro deroghe sono legittime solo se funzionali a un disegno urbanistico complessivo e unitario, e non a favorire interessi edilizi su singoli lotti.
3. Tutela Processuale: In caso di azioni legali per la demolizione, è essenziale coinvolgere tutti i comproprietari dell’immobile, per evitare che la sentenza sia inefficace (inutiliter data).

Una legge regionale può stabilire distanze tra edifici inferiori a quelle previste dalla legge nazionale?
No, di regola non può farlo. La disciplina delle distanze tra costruzioni rientra nella materia dell'”ordinamento civile”, di competenza esclusiva dello Stato. Una legge regionale può prevedere deroghe solo se queste sono inserite in strumenti urbanistici complessi (come piani particolareggiati) che riguardano gruppi di edifici e definiscono l’assetto di intere zone, non per singoli interventi edilizi.

Quando è possibile costruire a una distanza inferiore ai 10 metri da un altro edificio?
È possibile solo in casi specifici previsti dalla normativa nazionale, come ad esempio per gruppi di edifici che formano oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche. L’intervento deve far parte di un progetto unitario e complesso che regola i rapporti tra le varie costruzioni, non può essere una decisione isolata per un singolo lotto.

In una causa per la demolizione di un edificio, devono essere citati in giudizio tutti i comproprietari?
Sì. La Corte ha confermato che si tratta di un’ipotesi di litisconsorzio necessario. Poiché un’eventuale sentenza di demolizione o arretramento incide sul diritto di proprietà di tutti i contitolari del bene (comprese le parti comuni), è indispensabile che tutti partecipino al processo affinché la decisione sia valida ed efficace nei confronti di tutti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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