Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19469 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19469 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17967/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME unitamente all’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME unitamente all’avvocato COGNOME NOMECOGNOME
– controricorrenti – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI ROMA n. 3822/2023, depositata il 26/05/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME conveniva innanzi al Tribunale di Roma la società RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, proprietaria di immobili a confine, lamentando l’esecuzione di lavori di demolizione e ricostruzione di un capannone aderente al muro di confine con la sua proprietà. Lamentava in particolare che tali lavori avevano modificato le linee delle fogne e comportato l’eliminazione di un pozzetto ove confluivano le acque nere della sua proprietà, così da impedirne l’ispezione; che il nuovo fabbri cato aveva una cubatura maggiore del preesistente, violando sia la normativa sulle distanze nelle costruzioni di cui all’art. 873 ss. cod. civ., sia quella individuata dal Piano Regolatore e, comunque, la normativa vigente (tra cui l’art. 9 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444).
Chiedeva, pertanto, l’accertamento delle suddette violazioni, e la condanna della convenuta al ripristino dello stato dei luoghi e del pozzetto delle acque nere in modo da renderlo ispezionabile da parte dell’attore, nonché la condanna al risarcimento dei danni in misura di €. 25.000 ,00.
Il Tribunale di Roma accoglieva parzialmente la domanda dell’attrice (limitatamente alla violazione delle distanze) e respingeva la domanda riconvenzionale relativa alle spese di rifacimento dell’impianto fognario .
La pronuncia veniva impugnata dalla società convenuta innanzi alla Corte d’Appello di Roma; l’ attrice proponeva appello incidentale.
Il giudice di seconde cure rigettava l’appello principale e quello incidentale osservando, per quel che qui ancora rileva:
che la verifica, anche d’ufficio, della normativa applicabile e, in particolare, delle norme regolamentari, al fine di stabilire la fondatezza della domanda con riferimento alla distanza tra nuovo edificio e confine
del fondo dell’attore, non costituisce violazione dell’art. 99 cod. proc. civ;
che, come riscontrato dal primo giudice, il nuovo manufatto ‘ non ha mantenuto la forma e le dimensioni del precedente e non ha conservato le distanze con la proprietà attrice ‘ ;
che il rigetto della domanda riconvenzionale di partecipazione d ell’attore alla spesa per la realizzazione del nuovo sistema fognario effettuata dalla società convenuta, nonché alla corresponsione di un indennizzo per l’utilità ricevuta, si fondava sul rilievo che la scelta e le modalità di realizzazione del nuovo impianto fognario rispondeva alle necessità dell’appellante .
Avverso la sentenza propone ricorso per la cassazione la società RAGIONE_SOCIALE di COGNOME Sergio e C., affidandolo a tre motivi.
Resistono con controricorso COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME nella loro qualità di eredi di NOME COGNOME.
A séguito della proposta di definizione accelerata del Consigliere Delegato dal Presidente di Sezione, la ricorrente ha chiesto la decisione ex art. 380bis , comma 2, cod. proc. civ.
In prossimità dell’adunanza entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, non sussiste nessuna incompatibilità del consigliere NOME COGNOMEautore della proposta ex art. 380 bis cpc) a comporre il Collegio giudicante (cfr. Cass. SSUU n. 9611/2024).
Sempre in via preliminare il Collegio rileva che con l’istanza di decisione la società ricorrente ha concluso affinché questa Corte rilevi il difetto di legittimazione ad causam , in considerazione del
provvedimento acquisitivo al patrimonio comunale della proprietà COGNOME.
L ‘eccezione è inammissibile perché implica inevitabili accertamenti in fatto non consentiti in questa sede e si fonda su documentazione inammissibile ex art. 372 cpc.
Passando all’esame dei motivi di ricorso, con il primo di essi si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 112 e 113 cod. proc. civ ed art. 873 ss. cod. civ . in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ , per avere la Corte d’Appello pronunciato la sentenza in violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato. La ricorrente lamenta che la Corte si sia espressa sull’accertamento della violazione della disciplina delle distanze tra fabbricato e confine senza che sia stata promossa dalla parte esplicita domanda sul punto, posto che in nessuna parte del giudizio l ‘originaria parte attrice ha mai lamentato la violazione delle distanze dal confine né, contrariamente a quanto riferito dalla Corte di Appello, si è riferita ad alcuna normativa regolamentare. Tanto in violazione del principio della domanda, che non dà al giudice il potere di interpretare come esistente una volontà inespressa dalla parte; comunque, conclude la ricorrente, essendo il piano regolatore e sue norme di attuazione norme secondarie, l’onere della loro allegazione incombeva sulla parte interessata, e non sul giudice.
Il motivo è infondato.
Allorché sia proposta dall’attore domanda di arretramento del fabbricato eretto dal convenuto, per violazione delle distanze nelle costruzioni, non incorre nel vizio di ultrapetizione la pronuncia che accerti il rispetto della distanza della medesima costruzione rispetto al confine, in quanto, dato l’effetto di condanna domandato e il fatto presupposto, la violazione delle distanze tra costruzioni non può
sussistere senza la seconda . E’ stato anche precisato che , ove sia stato richiesto il ripristino della situazione preesistente all’inizio delle opere senza specifico riferimento alle norme regolamentari, non è viziata da extrapetizione la pronunzia del giudice del merito che, accertata la violazione, abbia ordinato la demolizione della parte dell’immobile in contrasto con le disposizioni sulle distanze legali, dal momento che il giudice ha il dovere di verificare sotto ogni profilo la sussistenza della violazione denunciata alla stregua dei criteri normativi da identificarsi e applicarsi d’ufficio, quand’anche non indicati precisamente dalla parte (tra le varie, Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 22116 del 26/09/2013, Rv. 627898 -01; più di recente: Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 2044 del 2019, in motiv.).
2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 873 ss. cod. civ. e del D.M. 1444/68 in relazione all’art. 360 n. 3) cod. proc. civ , per avere la Corte d’Appello errato nel confermare la violazione della distanza tra edificio e confine. In particolare, la ricorrente lamenta il fatto che dalla motivazione non è dato comprendere quale sia la normativa civilistica e/o regolamentare applicata per la condanna all’arretramento. A giudizio della ricorrente, l’opera intanto non costituisce né una nuova costruzione – in quanto l’edificio che risulta dall’intervento non è stato costruito per la prima volta né un’opera abusiva, essendo la sua costruzione dotata di tutti i permessi richiesti dalla legge. Da ciò deriva l’irrilevanza che il manufatto di cui è causa non abbia mantenuto la forma e le dimensioni dell’edificio demolito, sia perché in termini urbanistici ai sensi dell’art. 3 (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, Testo Unico in materia edilizia, ‘ T.U.E. ‘) sono stati rispettati gli standard dell’edificio demolito, sia perché le norme edilizie, come quelle delle leggi urbanistiche, non sono integrative del codice civile in materia di distanze in quanto attengono
esclusivamente all’aspetto formale e descrittivo dell’attività costruttiva, e non rilevano quindi nei rapporti tra privati, non essendo l’art. 3 cit. norma impositiva di vincoli ai fini del ripristino dello stato quo ante.
Per tali ragioni, a parere del ricorrente, dovrebbe tornare ad operare il principio codicistico della prevenzione per le costruzioni edificate in adiacenza al confine.
Il motivo è fondato.
Le prescrizioni dei piani regolatori generali e degli annessi regolamenti comunali edilizi che disciplinano le distanze nelle costruzioni, anche con riguardo ai confini, sono integrative del codice civile ed hanno, pertanto, valore di norme giuridiche (anche se di natura secondaria), sicché spetta al giudice, in virtù del principio iura novit curia , acquisirne conoscenza d’ufficio, quando la violazione di queste sia dedotta dalla parte (per tutte: Sez. 2, Ordinanza n. 2661 del 05/02/2020, Rv. 657089 – 01).
La Corte d’Appello capitolina ha osservato che «la valutazione delle distanze doveva necessariamente tener conto della normativa ricavabile dai regolamenti e dunque, qualora previsto, delle distanze fra costruzione e confine» (v. sentenza p. 9, 2° capoverso), senza tuttavia accertare a quale normativa regolamentare si faccia riferimento e, in definitiva, quali siano le distanze regolamentari violate in concreto.
Inoltre, la Corte territoriale , lungi dall’approfondire la natura del manufatto, avrebbe anche dovuto adeguatamente verificare se gli interventi posti in essere dall’odierna ricorrente fossero qualificabili come di «ristrutturazione edilizia» ai sensi dell’art. 2bis , comma 1ter del T.U.E.
La sentenza impugnata merita, pertanto, di essere cassata con rinvio per nuovo esame anche con riferimento alla previsione dell’a rt. 3 DPR n. 380/2001 come di recente modificato.
3. Con il terzo motivo si deduce, infine, violazione e falsa applicazione dell’art. 1069, comma 3, cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ , per aver la Corte d’Appello escluso in modo erroneo il diritto di parte ricorrente, proprietaria del fondo servente, alla contribuzione delle spese sostenute per il rifacimento del sistema fognario. La ricorrente contesta l’esattezza delle conclusioni cui è giunta la Corte d’Appello, che ha escluso il diritto dell’appellante a vedersi riconosciuta la partecipazione alle spese in quanto le scelte e le modalità di realizzazione del nuovo impianto fognario hanno risposto a suoi interessi, evidenziando come dalle risultanze della CTU, nonché dal giudizio di primo grado, emerga un effettivo vantaggio anche a favore di controparte, risultante dalla conservazione del diritto di servitù grazie alle opere di manutenzione realizzate. Orbene, conclude la ricorrente: in virtù di un’interpretazione estensiva dell’art. 1069, comma 3, cod. civ. – consentita dalla Corte di legittimità in applicazione d i un più generale principio di equità ispirato all’esigenza di evitare indebiti arricchimenti deriva l’obbligo del proprietario del fondo dominante di contribuire alle spese di manutenzione del fondo servente in misura proporzionale all’uso.
Infine, la ricorrente contesta la valutazione espressa dalla CTU che, pur riconoscendo il vantaggio di parte avversa nel rifacimento dell’impianto fognario, limita la partecipazione alle spese alla metà del solo valore degli oneri concessori, per un totale di €. 154,80, senza procedere al computo metrico estimativo e senza utilizzare parametri analitici sulla base di prezziari ufficiali al fine di definire la qualità e quantità delle opere di rifacimento fognario.
Il motivo è fondato.
Le spese inerenti le opere necessarie alla conservazione della servitù, eseguite – sia pure nel proprio interesse – dal proprietario del fondo servente, vanno sostenute sia da quest’ultimo che dal proprietario del fondo dominante, proporzionalmente ai rispettivi vantaggi, in applicazione estensiva dell’art. 1069, comma 3, cod. civ. (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 6653 del 15/03/2017, Rv. 643382 -v. anche Cass. n. 24124/2020 in motivazione; Cass. Sez., Ordinanza n. 29641 del 2024).
La sentenza impugnata si è discostata da questi principi laddove a pagina 10 ha negato la contribuzione da parte dell’attore in base all’erroneo rilievo che si trattava di opere rispondenti alle necessità dell’appellante: essa merita, dunque, di essere cassata.
Il giudice di rinvio (che si individua nella stessa Corte d’Appello in diversa composizione) rimedierà agli errori di diritto sopra evidenziati e deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo e terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2024.