Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12306 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12306 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/05/2025
COGNOME
– intimato – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI SALERNO n. 24/2022 depositata il 13/01/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la pronuncia qui impugnata, la Corte d’Appello di Salerno rigettava il gravame di NOME Salvatore avverso la pronuncia del Tribunale di Salerno, che aveva accolto la domanda proposta da
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12699/2022 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in SALERNO, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME comproprietario di un appartamento al primo piano ricompreso nello stabile condominiale situato in Battipaglia.
L’attore in prime cure chiedeva di accertare che la convenuta aveva sopraelevato l’immobile di sua proprietà in violazione delle distanze legali, condannandola a ridurre in pristino la situazione con l’arretramento fino alla distanza di legge.
2. A sostegno della sua decisione, la Corte d’Appello di Salerno sosteneva che: l’intervento edilizio oggetto di controversia d eve essere qualificato come nuova costruzione in sopraelevazione, non già come volume tecnico; la nuova costruzione è difforme rispetto al progetto n. 98 del 30.06.2004, in quanto la realizzazione della copertura del sottotetto da adibire a deposito e stenditoio non corrispondeva all’opera finale realizzata, giacché i locali risultavano destinati a studio professionale; per essere pattuita legittimamente, la costruzione della soprelevazione di un piano avrebbe necessitato di uno specifico contratto ex art. 1058 cod. civ., in deroga alle distanze legali: deroga non contenuta nell’atto notarile del 20.12.1962, e comunque improduttiva di effetti giacché, nella vicenda in esame, vengono in rilievo le distanze previste nello strumento urbanistico, che non tollera deroghe convenzionali; né può trovare accoglimento la tesi per cui detto atto notarile fornirebbe al contempo prova del mancato rispetto delle distanze da parte dell’intero fabbricato ove è ubicato l’appartamento di Mirra, trattandosi di questione nuova; non può trovare applicazione l’art. 879 cod. civ., non essendo stata allegata o comprovata né l’esistenza di una convenzione tra i proprietari della strada in questione e l’ente pubblico, avente ad oggetto la servitù pubblica di passaggio; né è possibile sostenere che tale servitù sia stata acquisita per usucapione, non concorrendo i requisiti richiesti contemporaneamente da un consolidato orientamento della Corte di legittimità.
La suddetta pronuncia è impugnata per la cassazione da NOME COGNOME e il ricorso -illustrato da memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. -è affidato a sei motivi.
Resta intimato NOME COGNOME
A séguito della proposta di definizione accelerata del Consigliere Delegato dal Presidente di Sezione, la ricorrente ha chiesto la decisione ex art. 380bis , comma 2, cod. proc. civ.
E’ utile p recisare che, a séguito della decisione di questa Corte resa a Sezioni Unite (Cass. Sez. U., n. 9611 del 10.04.2024), e per le ragioni ivi chiarite, la partecipazione del Consigliere Delegato proponente, in qualità di componente del Collegio che definisce il presente giudizio, non rileva quale ragione di incompatibilità, ai sensi dell’art. 51, comma 1, n. 4 e dell’art. 52 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, deve rilevarsi che tutti e sei i motivi del ricorso impugnano la pronuncia anche con riferimento al n. 5) dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ.
Tale censura è inammissibile, in quanto ricorre l’ipotesi della c.d. «doppia conforme» prevista dall’art. 360, comma 4, cod. proc. civ. In tali ipotesi, il ricorrente per cassazione, al fine di evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5 ), cod. proc. civ. per difetto di specificità, deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse ( ex plurimis : Cass. Sez. 6-2, n. 8320 del 2022-Rv. 664432 – 01; Cass., Sez. 3, 14.07.2022, n. 22244; Cass., Sez. L, 20.07.2022, n. 22782; Cass., Sez. 6-2, 15.03.2022, n. 8320; Cass., Sez. L, 06.08.2019, n. 20994).
Nella specie, la ricorrente non ha indicato dette ragioni di diversità fra le due pronunce.
Con il primo motivo si deduce violazione ex art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. – Violazione di legge (artt. 112, 115 e
116 cod. proc. civ. – in relazione agli artt. 872, 873 e 879 – comma 2 cod. civ. e agli artt. 23 e 25 R.E. del Comune di Battipaglia) -Errato esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. A giudizio della ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe erroneamente ritenuto che l’intervento edilizio reputato illegittimo integrasse una vera e propria sopraelevazione, e quindi una nuova costruzione, sulla base del mero cambio di destinazione d’uso del sottotetto preesistente, passando da luogo di stenditoio e lavanderia ad un uso professionale.
2.1. Il motivo è infondato.
2 .2. Il giudice dell’appello ha ritenuto violate le distanze legali -previste per mt 12 dal regolamento comunale mentre, invece, la nuova costruzione risulta realizzata alla distanza di mt 4,47 dall’appartamento dell’allora appellato in quanto ha rilevato lo spostamento in alto della copertura del lastrico solare, con aumento della volumetria accertato dalla CTU: situazione di fatto non conforme al progetto n. 98 del 30.06.2004, che prevedeva la sola copertura del lastrico. Tanto spiega la qualificazione della ristrutturazione come nuova costruzione realizzata per sopraelevazione, a differenza di un mero volume tecnico configurabile soltanto laddove l’opera edilizia, priva di qualsiasi autonomia funzionale, sia destinata a contenere impianti serventi (v. sentenza impugnata p. 5, 1° capoverso).
La statuizione è coerente con l’insegnamento di questa Corte, poiché la modifica della sagoma e della volumetria dell’edificio originario implicano sempre una nuova costruzione, soggetta all’obbligo di rispetto delle norme in tema di distanze. In termini, va ribadito infatti che «Nell’ambito delle opere edilizie -anche alla luce dei criteri di cui all’art. 31, primo comma lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 457 -la semplice ristrutturazione si verifica ove gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un edificio del quale sussistano e rimangano
inalterate le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura, mentre è ravvisabile la ricostruzione allorché dell’edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, dette componenti, e l’intervento si traduca nell’esatto ripristino delle stesse operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell’edificio, e, in particolare, senza aumenti della volumetria. In presenza di tali aumenti, si verte, invece, in ipotesi di nuova costruzione, come tale sottoposta alla disciplina in tema di distanze vigente al momento della medesima» (Sez. U, Ordinanza n. 21578 del 19/10/2011, Rv. 619608; Sez. 2, Ordinanza n. 12196 del 14/04/2022, Rv. 664390).
2 .3. L’argomentazione in virtù della quale l’opera realizzata risultava difforme da quella assentita con il menzionato permesso di costruire, giacché i locali non erano destinati a stenditoio bensì ad studio professionale (v. sentenza impugnata p. 5, ultimi cinque righi) viene resa dal giudice di seconde cure in risposta ad un ulteriore rilievo sollevato dall’appellante, ossia l’asserita conformità dell’opera al permesso di costruire. Tale affermazione viene confutata dalla Corte d’Appello sostenendo che, a séguito del sopralluogo espletato dal CTU nel marzo 2012 – quindi in epoca successiva al sopralluogo effettuato dalla polizia municipale il 30.08.2004, che nulla eccepiva sulla conformità dell’intervento tale difformità risulta anche dalla documentazione fotografica allegata alla relazione tecnica d’ufficio (v. sentenza p. 5, 2° e 3° capoverso).
3. Con il secondo motivo si deduce violazione ex art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. – Violazione di legge (artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ. – in relazione agli artt. 872, 873 e 879 – comma 2 cod. civ. e agli artt. 23 e 25 R.E. del comune di Battipaglia) -Errato esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La ricorrente ripropone in questa sede la tesi della decisività dei due documenti depositati dall’appellante
nell’udienza di trattazione scritta. Quanto al primo, ossia l’atto notarile del 20.12.1962 (solo di recente pervenuto nella disponibilità della ricorrente), erroneamente il giudice di seconde cure ne avrebbe dichiarato l’inammissibilità, posto che si trattava di un documento indispensabile, dotato di influenza causale decisiva ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ., in quanto con esso era costituita una legittima servitù di sopraelevazione di un solo piano; inoltre, da detto atto notarile risultava la preesistenza del fabbricato di proprietà dell’appellante rispetto all’immobile ove era ubicato l’appartamento d ell’appellato . Infine, conclude la ricorrente, era stata controparte a realizzare -successivamente -opere abusive in violazione del regime delle distanze, come risulterebbe dal secondo documento prodotto in appello, ossia la relazione del Responsabile dell’Ufficio abusi edilizi del Comune di Battipaglia datata 01.12.2020, prot. N. 79100.
3.1. Il motivo è inammissibile sotto diversi profili.
La parte della sentenza censurata con il motivo in esame relativa all’erronea dichiarazione di inammissibilità della produzione tardiva in appello dell’atto notarile rappresenta, all’evidenza, un’ulteriore motivazione che la Corte d’Appello ha reso ad abundantiam : l’atto in questione, infatti, è stato poi esaminato dal giudice di merito, e quindi l’iniziale affermazione della tardività della sua produzione (contenuta a pag. 6 della sentenza, 1° capoverso) rappresenta un argomento non decisivo.
In tali casi, questa Corte ha avuto modo di affermare che è inammissibile, in sede di giudizio di legittimità, il motivo di ricorso che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta ad abundantiam , e pertanto non costituente una ratio decidendi della medesima. Infatti, un’affermazione siffatta, contenuta nella sentenza di appello, che non abbia spiegato alcuna influenza sul dispositivo della stessa, essendo improduttiva di effetti giuridici, non può essere oggetto di ricorso per cassazione per difetto di interesse
( ex multis : Sez. 2, Ordinanza n. 36299 del 2023; Sez. 1, Ord. n. 8755 del 2018).
In ogni caso, anche volendo attribuire alla statuizione della Corte territoriale un’autonoma rilevanza , la censura sarebbe comunque infondata : l’art. 345 cod. proc. civ. vigente ratione temporis prevede che: «Non sono ammessi i nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile». La ricorrente si è limitata ad affermare che l’atto notarile era pervenuto nella disponibilità della ricorrente «solo di recente» (v. ricorso, p. 14, righi 17-18), senza spiegare la causa ad essa non imputabile che avrebbe reso indisponibile un documento redatto il 20.12.1962.
3.2. Il motivo è, altresì, inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi : la Corte d’Appello, ben consapevole della costituzione -nell’atto notarile di cui si discute – di una servitù altius non tollendi limitata alla sopraelevazione di piani superiori al primo, ha sostenuto una diversa tesi, conforme all’orientamento di questa Corte, ossia che la soprelevazione di un piano, per essere comunque legittimamente pattuita, avrebbe necessitato di uno specifico contratto ex art. 1058 cod. civ. in deroga alle distanze legali (Sez. 2, Ordinanza n. 3684 del 12/02/2021, Rv. 660327 – 01).
Né può trovare accoglimento la tesi -e qui si rileva l’ulteriore motivo di inammissibilità del gravame -per cui detto atto notarile fornirebbe al contempo prova del mancato rispetto delle distanze da parte dell’intero fabbricato ove è ubicato l’appartamento dell’allora appellato, peraltro asseritamente realizzato in maniera totalmente difforme dal progetto approvato, trattandosi di questione nuova già in fase di appello (v. sentenza p. 7, penultimo capoverso).
Con il terzo motivo si deduce, ex art. 360 cod. proc. civ. , comma 1, nn. 3 e 5, violazione di legge (artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ. – in relazione agli artt. 872, 873 e 879 – comma 2 cod. civ.
e agli artt. 23 e 25 R.E. del comune di Battipaglia) -Errato esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. A giudizio della ricorrente deve applicarsi l’esonero sulla disciplina delle distanze previsto dal comma 2 dell’art. 879 cod. civ., riferito anche alle costruzioni a confine con strade di proprietà privata gravate da servitù pubbliche di passaggio. Si afferma in ricorso, innanzitutto, che non sussiste alcun obbligo di convenzione ai fini dell’attribuzione del carattere pubblico di una strada, essendo sufficiente la sussistenza dell’uso concreto di essa da parte della collettività. Uso pubblico, prosegue la ricorrente, dimostrato dalla documentazione versata in atti, nonché accertato dallo stesso CTU, il quale ha rilevato nella sua relazione la presenza degli indici di concreta destinazione ed utilizzo pubblici della strada (illuminazione pubblica, punti di accesso alla rete idrica comunale, presenza di cabine ENEL, libero ed indiscriminato accesso da parte di terzi).
4.1. Il motivo è inammissibile.
Innanzitutto, la doglianza non coglie la ratio decidendi : la Corte territoriale, in conformità ai principi costantemente affermati da questa Corte (Sez. 2, Sentenza n. 6006 del 05/03/2008, Rv. 602248 -01; Sez. 2, Sentenza n. 9077 del 16/04/2007, Rv. 596355 -01; Sez. 2, Sentenza n. 6401 del 24/03/2005, Rv. 581702 -01; Sez. 2, Sentenza n. 8619 del 29/08/1998, Rv. 518495 -01) ha correttamente ritenuto non già obbligatoria, bensì alternativa all’acquisto per usucapione, la convenzione ai fini dell’attribuzi one del carattere pubblico di una strada privata (v. sentenza p. 8, ultimo capoverso); sì che la Corte conclude nel senso che non può trovare applicazione al caso di specie l’art. 879 cod. civ., che esonera dal rispetto delle distanze legali per le costruzioni a confine con piazze e vie pubbliche e che va riferito anche alle costruzioni a confine delle strade di proprietà privata gravate da servitù pubbliche di passaggio (Sez. 2, Ordinanza n. 27364 del 29/10/2018, Rv. 651024 – 02) «non
essendo stata allegata o comprovata l’esistenza di una convenzione tra i proprietari della strada in questione e l’ente pubblico avente ad oggetto la costituzione della servitù pubblica di passaggio» (v. sentenza p. 9, 2° capoverso).
4 .2. Quanto all’acquisto per usucapione dell’assoggettamento ad uso pubblico della strada privata, come ben spiegato dalla Corte territoriale alla luce delle risultanze della CTU, gli indici di uso pubblico della strada privata ora elencati in ricorso non sono sufficienti, poiché difetta la prova della contemporanea sussistenza dell’uso generalizzato del passaggio da parte di una collettività indeterminata di individui quali portatori di un interesse generale; dell’oggettiva idoneità del bene a soddisfare il fine di pubblico interesse perseguito tramite l’esercizio della servitù; del protrarsi del passaggio per il tempo necessario all’usucapione (Sez. 2, n. 28632 del 29/11/2017, Rv. 646531 -01; Sez. 2, n. 354 del 10/01/2011, Rv. 616131 -01; Sez. 2, n. 10772 del 2003). La Corte di merito, quindi, pur dando atto che sulla strada esiste libero accesso ed illuminazione pubblica, ha comunque escluso la sussistenza dei concomitanti requisiti sopra menzionati ai fini della comprovata esistenza di una servitù pubblica di passaggio acquisita per usucapione (v. sentenza p. 9, 2° capoverso; p. 10).
A tale complessiva valutazione del fatto e delle prove, la parte ricorrente, senza neppure confrontarsi con tutti gli argomenti offerti dal giudice di seconde cure, contrappone un’inammissibile lettura alternativa del compendio istruttorio, senza tener conto che il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Sez. 2, n. 19717 del 17.06.2022; Sez. 2, n. 21127 dell’08.08.2019; Sez. U, n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).
Con il quarto motivo si deduce, ex art. 360 cod. proc. civ. , comma 1, nn. 3 e 5 violazione di legge (artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ. – in relazione agli artt. 872, 873 e 879 – comma 2 cod. civ. e agli artt. 23 e 25 R.E. del comune di Battipaglia) -Errato esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. A giudizio della ricorrente, la Corte d’Appello ha errato nel ritenere che le aperture (abbaini) realizzate con l’intervento costituiscano vedute e non luci che, in quanto tali, sono compatibili con la disciplina del regolamento della Regione Campania n. 15 del 2000.
5 .1. Il motivo è infondato: una volta acclarato che l’intervento di cui si discute ha realizzato una nuova costruzione (v. supra , punto 1.2.), le distanze devono essere rispettate, a prescindere dalla tipologia delle aperture praticate, o modificate, per dar luce ed aria al nuovo manufatto.
Con il quinto motivo si deduce, ex art. 360 cod. proc. civ. , comma 1, n. 3 e 5, violazione di legge (artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ. – in relazione agli artt. 872, 873 e 879 – comma 2 cod. civ. e agli artt. 23 e 25 r.e. del comune di Battipaglia) -Errato esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La ricorrente sostiene che il fabbricato di sua proprietà sia stato costruito in epoca antecedente alla realizzazione del fabbricato ove è ubicato l’app artamento del COGNOME; il giudice di seconde cure, pertanto, erroneamente non ha applicato il principio della prevenzione temporale, oltretutto partendo dall’errato presupposto per cui l’intervento della Salvatore sull’immobile debba qualificarsi come nuova costruzione, mentre si tratta di semplice ristrutturazione e recupero del sottotetto.
6.1. Avendo il Collegio dichiarato inammissibili il primo e secondo motivo del ricorso (v. punti 2.2., 3.2.) il quinto deve dichiararsi assorbito.
7. Con il sesto motivo si deduce, ex art. 360 cod. proc. civ., comma 1, nn. 3 e 5 – violazione di legge (artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ. – in relazione agli artt. 872, 873 e 879 – comma 2 cod. civ. e agli artt. 23 e 25 r.e. del comune di Battipaglia) -Errato esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La ricorrente lamenta il mancato accoglimento del motivo di appello in ordine alla violazione del divieto di ultra-petizione commesso dal giudice di prime cure, per essersi questi pronunciato anche in merito al rispetto delle norme in materia di urbanistica vigenti all’epoca della realizzazione dell’intervento urbanistico, pur in assenza di esplicita domanda.
7.1. Il motivo è infondato.
Non può configurarsi alcun profilo di ultrapetizione, poiché l’accertamento in punto di violazione, o meno, delle distanze, implica necessariamente la considerazione dell’esistenza, o meno, di norme regolamentari locali diverse da quelle generali poste dal codice civile, secondo il principio iura novit curia. Apprezzamento, quest’ultimo, che va peraltro necessariamente condotto con riferimento alla data in cui viene realizzato l’intervento edilizio di cui è causa.
8. In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso.
Non si procede alla determinazione delle spese del presente giudizio non avendo la controparte svolto attività difensiva.
Essendo la decisione resa nel procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380bis cod. proc. civ. (novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e il giudizio definito in conformità alla proposta, parte ricorrente deve essere, inoltre, condannata al pagamento dell ‘ ulteriore somma ex art. 96, comma 4 cod. proc. civ., come liquidata in dispositivo (sulla doverosità del pagamento della somma di cui all’art. 96, comma 4, cod. proc. civ. in favore della Cassa delle Ammende: Cass. S.U. n. 27195/2023).
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 4 cod. proc. civ. , al pagamento della somma di € . 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda